Noterelle sulla poesia e sul cervello che la produce
(a proposito di una discussione sull’utilità della poesia oggi)
Questi nostri
tempi moderni ci presentano un uomo alle prese con il mercato, sempre più teso
ad adattare se stesso e ciò che lo contorna alla ricerca di beni che possano
dargli una qualche requie. Tutto
questo, con una irrequietezza che lo porta avanti e indietro, con moto
circolare, simile a quello del cane che si morde la coda: una fatica insensata
che dà la dimensione del mare di vacuità in cui nuota l’uomo moderno. Come
salvarsi da questo? In cosa poter sperare?
Può la poesia dare una mano? O è davvero morta come certifica il
post-moderno? Cos’è che si intende per
poesia? Qual è il suo terreno? Chi è il poeta? A queste domande l’immagine
più familiare e immediata, che mi si presenta è quella di due lunghissime,
diritte rotaie parallele, analoghe a quelle di una linea dell’alta velocità che
si leva al di là e al di sopra del visibile.
Luccicano, perdendosi nell’orizzonte remoto e sembrano, per una
prospettiva falsata, incontrarsi in un punto lontanissimo. Sempre la stessa immagine, a suo modo vicina
e a suo modo lontana dalla realtà di ogni giorno. Il luccichio della rotaia, la
gioia estetica, del visibile che si prova incamminandosi verso la conoscenza, la percezione corporale
di questo piacere che è partecipazione ; questo aspetto può ridursi in
“maniera” quando si riduce ad una beatitudine epidermica. Occorre rimuovere le ombre
del visibile, che fanno da contrasto e si allungano costantemente di fronte al
punto luce dell’orizzonte lontano. Le due rotaie sono l’itinerario obbligato
lungo il quale scivolano e si formano le parole della poesia che, in parallelo,
inseguono fantasie drammatiche,
oscillando e incrociando speculazione ed immaginazione, cielo e terra, veglia e
sonno, ombra e luce, silenzio e suono, eccesso e difetto, carne e cuore, terra
ed aria. Sempre in bilico, in equilibrio instabile tra speculazione razionale ed
immaginazione cosciente. Il campo di forze prodotto, condizionando il
reale ne sconvolge le connotazioni
naturali, in un vortice caotico dove dimensione e distanza intrecciano
possibili polarizzazioni affettive. Ecco una prima utilità della poesia: quella
di vestire con più garbo e naturalezza la circolarità di rapporto che le nuove
scoperte delle neuroscienze sembrano mostrarci
tra neuroni e natura corporale,
tanto che gli stessi fenomeni neuro-mentali interattivi finiscono per
modificare la stessa natura corporale e
dei neuroni e dell’intera struttura emotiva e motoria. L’essere umano, per sua
natura, non riesce ad accontentarsi. La stasi gli provoca noia, il muro di
fronte, una sofferenza alla libertà visiva e quindi ha la necessità di
ricorrere alla immaginazione per uno slancio cosciente. Di là dal muro c’è il
divino, l’impercettibile, l’infinito. Da qui nasce l’istanza di poesia. Ed ecco
perché, tutti sentono la necessità di esprimere poesia. È naturale ed è un modo
di rapportarsi con se stessi e con il mondo. La seconda utilità è
consequenziale perché realizza uno strumento per conoscersi e modificarsi e per
conoscere e modificare l’apparente visivo. Ho parlato di parallele e di
cerchi, le prime non s’incontrano mai se non in un punto lontanissimo, i
secondi sembrano limitare uno spazio ma non un movimento. Questo perché la
poesia è utopia è rincorrere all’infinito la vita per irretirne il profumo o la
puzza in una manciata di parole. E mentre tutti sentono il bisogno di esprimere
poesia, questa però si presenta a pochi e non sempre per vie costruite. Il poeta è un condannato ad una instabilità
perenne, che si guarda intorno cercando di riconoscersi, dà fondo a tutto
quello che ha, la mente va in ebollizione e si sorprende dilatando se stessa e
l’orizzonte visivo. È l’ebollizione
della mente che surriscalda le parole rendendole materia fluida, come dire,
plastica, rendendole immediatamente
percepibili come miracolo. E questo avviene perché il nostro cervello non ha
comparti stagni. È un reticolo di interconnessioni tra mente razionale,
emozionale e radici nervose. L’intuizione dello scienziato non provoca solo la
reazione razionale per la ricerca ma anche l’emozione per una possibile
scoperta. Non solo, ma innesca addirittura una reazione a catena che è
anch’essa circolare e che migliora la funzionalità dell’organo nel suo
complesso. Merleau-Ponty diceva che
“tutto è scienza e tutto è filosofia” io aggiungerei che tutto può in-formarsi
in poesia.
Ci vuole il
Poeta.
Dante Alighieri è l’esempio principe.
La modernità non riesce a porre confini netti tra
ragione ed immaginazione, rigore
scientifico ed intuito entusiastico, è costretta ad utilizzare una malta che
impasta insieme sensi, emozioni, sentimenti e raziocinio. La razionalità che
potrebbe apparire il tarlo dell’uomo moderno, ha una sua potenziale capacità di
dilatarsi ed impregnarsi, durante i processi conoscitivi, di emozioni e
senso. C’è un’ interdipendenza tra le
varie funzioni cerebrali grazie ai progressi delle neuroscienze, con la scoperta
dei neuroni specchio, che nella meccanica cerebrale dell’emotività, sembrano il
registro neurobiologico dell’empatia tra individui. Sembra che questi neuroni
abbiano la funzione di riportare a galla memorie sopite portandole alla
coscienza: queste risiedono, per lo più senza farci caso, entro spazi
invisibili come in quelli visibili, e le sue conoscenze riecheggiano un
infinito sconosciuto mentre l’immaginazione, appare come il proiettile di una
fionda da scagliare sempre più verso l’inimmaginabile. Ce lo permette la percezione di noi stessi.
Nella nostra mente, da dentro, avvertiamo, in una miscellanea di emotività e
raziocinio, una sorta di carnalità strutturale e potenziale pressoché infinita
che si snoda grazie ad un motore mirabilmente complesso chiamato cervello. Il
cervello può essere immaginato come un mare magnum da cui la mente emerge con
più visibilità e produce il pensiero che resta bagnato da quel mare, da tutta
la complessità di quel mare. Antonio
Damasio e Semir Zeki ( neuro scienziati) sono convinti che non c’è pensiero
prodotto, vestito di solo raziocinio, in esso confluiscono sempre anche affetti
e sentimenti corporali. C’è una circolarità fra i soggetti corpo, mente e
cervello. Ciascuno non potrebbe essere senza gli altri due, ciascuno, agli
altri due funzionale. Nella sua storia l’uomo è indotto a rompere il cerchio ma
questo, sempre, si ricompone, per sua natura: funziona sempre allo stesso modo,
sia nelle operazioni elementari che in quelle più elevate e geniali. Sono vie
faticose e talvolta piene di mistero quelle che il circuito
corpo-mente-cervello può innescare quando l’uomo tende a riconoscersi nel
mistero dei misteri del suo cervello, in un viaggio dentro e fuori dai suoi
limiti verso l’Arte o verso Dio. Possibilità sempre in bilico ma che il
cervello comunque mette sul banco, in offerta.
Salvatore
Violante nasce
a Boscotrecase (NA) nel 1943, vive a
Terzigno in provincia di Napoli. Titoli
di studio: Maturità Classica e Abilitazione Magistrale. Da universitario, non
completa gli studi (Giurisprudenza a Napoli, Lettere a Salerno) preso dalla
lotta politica e sindacale nelle fila della C.G.I.L. in quegli anni 60 che sembravano farsi carico di un
cambiamento epocale. Frequenta il corso di economia con Gino Giugni, nelle fila
del P.C.I., alle Frattocchie. Ha
pubblicato in versi: “Moti e Terremoti” (L’Arzanà-Il Piombino, TO 1984); “Punto e a capo” (Marcus
ed. NA 2007). “Sulle tracce dell’uomo”
(Marcus ed. NA 2009). “La meccanica delle
pietre nere” (CFR Edizioni Sondrio 2013) Con Antonio Baglivo, per Ibridilibri, “La
casa, questa terra il suo profumo”( 2008),“Su questo altare” (2008). È presente in varie riviste: La luna e i falò, La Recherche, Secondo Tempo,
Capoverso, Talento, L’Area di Broca, Gradiva, La nuova Tribuna Letteraria. In antologie: Selected Passages from international
authors (ed. Andreozzi, 1971). Alchimie
poetiche, ed. Pagine (Roma,
2008), In linea con la poesia , (Ed.
Pagine 2011), L’impoetico Mafioso (Edizioni
CFR 2010), La Giusta Collera (Ed. CFR
2011), Le Strade della Poesia (Delta
3 Edizioni, 2011), A che punto è la notte (Ed. CFR 2012) Oltre le Nazioni (Ed.
CFR 2012), La poesia è più viva che mai
(Magi Editore, 2012), Immagini (Ed.
Pagine 2012), I poeti contemporanei
(Ed. Pagine 2012). È presente nel volume primo dell’Enciclopedia degli autori di poesia dell’anno 2000 (Ed. CFR 2012). Ha collaborato con: Il giornale di Napoli, La voce della
Campania, Dossier Sud. Attualmente
collabora con articoli, racconti e
saggi con Il Gazzettino Vesuviano,
Secondo Tempo e Il Vesuviano.
Sulla sua poesia si sono
espressi numerosi critici, fra i quali: Giorgio Bàrberi Squarotti, Franco Loi, Valerio Magrelli, Giampiero Neri,
Mario Lunetta, Gianni D’Elia, Lino Angiuli, Mariella Bettarini, Luigi
Fontanella, Plinio Perilli e Antonio Spagnuolo.
Molta carne sul fuoco. Su idee staminali, potenti. Bella anche la foto di te che tieni le carte in giardino. Ciao.
RispondiEliminaLasciamo stare la foto, non ne ho molte. La carne sul fuoco può essere ben cotta da due saggi di Rubina Giorgi che affrontano il problema sul piano filosofico:"Che farò senza il mio ben" e "Sofismi" entrambi editi da Ripostes, il primo del 2011, il secondo del 2012
RispondiEliminaS. V.
Enzo
RispondiEliminaudimmo
Carpino
sciummo!
e odor di fiume.
O Salvatore!
anonimo sei e tale resti
RispondiEliminaComplimenti, Sal!. Per me le tue poesie sono a volte troppo complessi (per la lingua italiana, che non so perfetto, ma ci sono versi che mi piacciono tantissimo. Ho tradotto alcune, ma per adesso ci sono ostacoli per stamparle. Ancora complimenti.
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