Stellezze (LietoColle, 2012, a cura di Anna Maria Farabbi) nasce da
un’amicizia, anzi, da un sorellanza generazionale, geografica ma soprattutto
spirituale. La morte prematura di Paola Febbraro ne è l’occasione immediata,
dentro il comune fuoco della passione per la poesia e per la propria natura
femminile, raccontata sin dal primo scambio epistolare raccolto nel libro.
Paola, dopo aver letto alcune poesie di Anna, le scrive infatti, quasi in
versi: “lasciati abbracciare /fidati di me / prova a farti prendere la mano e
ad attraversare il bosco insieme ad un’altra donna // niente niente niente e
nessuno può essere così concretamente vero per una donna come / come /
l’abbraccio di un’altra donna” e conclude: “niente e nessuno è stato così
rivoluzionario per me /quanto la fiducia in un’altra donna”. Parole di
straordinaria autenticità, che assumono ulteriore valore se, in quest’intima
scena, aggiungiamo la donna primaria, l’origine di ogni legame femmineo futuro,
sua madre Giovanna. E alla madre, Paola scrive versi come questi, perfetti nel
chiarire la forza della fonte, ma anche la distanza che ogni nuova generazione
pretende: “teniamole le madri al loro
posto semplice / nel posto che spetta loro di diritto / prima di noi”.
Stellezze è sia la
storia di un’amicizia attraverso la corrispondenza epistolare (alla quale
partecipa anche Vittoria Ravagli, fondatrice del circolo culturale “Le Voci
della Luna” di Sasso Marconi), e sia un'ulteriore conferma delle qualità
espressive di Paola Febbraro, della quale, in Senza riparo scrivevo: “Diversamente da alcune poetesse italiane
contemporanee, che hanno ricondotto la scrittura femminile alla mistica del
corpo sessuato, peccando talvolta di un manierismo narcisista, Paola F.
Febbraro ha certamente scelto lo scrivere quale strumento per esplorare se
stessa, ma a partire dall’enigmaticità dei segni linguistici, dal loro corpo
vivo e virale, sperimentato sin da subito attraverso la poesia visiva;
attitudine che la Stein e William Burroughs (ma anche Rilke e la Dickinson) le
hanno poi scientemente potenziato, aprendole il passo oracolare di un verso
rettilineo intenzionato a riprodurre l’energia profonda dell’esserci, alla
maniera del ‘verso proiettivo’ di Charles Olson, nel quale la pagina diventa un
campo-di-forze dove i sintagmi operano per forza associativa e secondo un ritmo
nato dal respiro”. La vicinanza con Anna è evidente: Sin dalla Fioritura
notturna del tuorlo (Tracce, 1996), la sua poesia modula infatti “il canto
in un furore iniziatico e metamorfico, che da Orfeo la trasforma in ‘lupa di
guerra/ [...]/ zitta gravida e ancestrale’, in strega che addensa gli arcani
notturni, facendo fiorire il tuorlo della lingua, così che il caduco s'aduni”.
Per entrambe la radice terrestre è decisiva, di una matria ben precisa,
l’Umbria, per quanto la Febbraro vivesse esule a Roma, fra casermoni e traffico,
lontanissima dal paesaggio rurale di Ammeto, suo paese natio. Per Farabbi è
invece Montelovesco, non molto lontano. Due borghi attraversati dai lupi,
probabilmente.
Stellezze si apre
con confidenze legate agli odori dell’origine, con i suoi suoni arcaici, le
ninnenanne, prosegue con la corrispondenza privata - le “cinque lenti
d’ingrandimento” che ci aiutano ad avvicinare Paola nella sua dimensione
creaturale - e sfocia in un’antologia i cui testi comparvero inediti nei loro
scambi epistolari, talvolta con varianti che la Farabbi annota in appendice con
rigore filologico. In verità, il libro comincia dalla copertina, dove troviamo
un disegno di Paola su quaderno a righe dal titolo “la mia giornata”: una
passare ordinario, tra lavoro e casa, tra scrittura e sigaretta, tra TV e
autobus, un passare che la sua poesia fissa facendo leva sull’invisibile che
gli sta dentro. Quell’invisibile che solo i poeti sanno trasformare in
profondità della superficie.
Nel sito di LietoColle altri dettagli
Su Blanc de ta nuque un ricordo.
ansiosa di leggerla, tutta, e fare giustizia..parola carica di riscatto, verso la sua opera. Grazie ad Annamaria Farabbi e e Stefano, qui
RispondiEliminaMaria Pia Quintavalla
Sarà interessantissimo leggere questo libro soprattutto per chi, come me, è stata amica di Paola, ne ha conosciuto il carattere (che però non finisce mai di essere vissuto, se non parzialmente,occasionalmente, da una sola persona). Interessante soprattuto perché ne ha compreso il valore indivisibile di "essere" e di poeta. Un aspetto che io purtroppo non ho avuto modo di approfondire in tempo o in pieno, a causa di tante "differenze" tra noi. Ringrazio dunque Annamaria Farabbi per questo suo lavoro di "riunione" che ci restituisce ancora più grande e unica l'alta voce poetica di Paola Febbraro.
RispondiEliminaCristina Annino.
non ci sono molte poesie di Paola in rete. Non ricordo se Poesia 2.0 ha fatto un quaderno. Penso che occorrerebbe rimediare.
RispondiEliminache buona notizia, questo libro.
RispondiEliminagrazie, saluti.
giampaolo dp
credo che "poesia 2.0" rimedierà :-)
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