Nella postfazione a Se fossimo immortali (Joker ed 2006), Mauro Ferrari indica con chiarezza l'orizzonte entro cui si muove il libro: "l'infanzia, la memoria, il crescere e l'onnipresenza della morte, la follia e la molteplicità di maschere dell'Io, la riflessione metapoetica, il luogo buio che permette una immersione uterina nell'Io e, da qui, una più netta coscienza di sé e del mondo". Temi invero che appartengono a tutti i poeti, mentre "luogo buio" e "immersione uterina" già segnano un'area più specifica del viaggio di Lucetta Frisa. Viaggio appunto nel buio, verso il profondo, là dove tutto è cominciato. Per questo l'acqua è archetipo dominante nella sua poesia, che talvolta si confonde con la grande madre: "Nessun vaso resiste l'acqua" recita un verso di Vaso etrusco, additando l'acqua-diluvio, l'acqua-vita come flusso che non tollera le maschere se non per breve tempo (Pirandello non è lontano da questa prospettiva), maschere che sono pietre funerarie, dominio dell'immobilità: "L'acqua mia madre era eterna/ il sasso mio padre le frenava" (Vaso etrusco). Attraverso la consistenza di questi due elementi (acqua e pietra, oppure, parallelamente, notte e giorno) si può leggere l'intero volume, a patto di inserire un'altra costante: il fango dell'esistenza quotidiana, "la spina aguzza del torsolo" delle cose, spina che attenua la valenza mitica dei testi, riportandoli nell'età del disincanto, nella modernità, appunto, terra che non permette illusioni. In questo senso, Lucetta Frisa depotenzia il romanticismo che le è connaturale, facendolo incontrare con il rivo del realismo borghese. Lei si ferma al bivio dei due fiumi, in modo che il sacro possa ancora mostrarsi. Così come i buddisti costruiscono templi là dove due fiumi si incontrano, lei edifica poesie, monumenti ad un presente abitato dalla tensione verso l'infinito ("io mi inchino/ alla notte stellata") e, nello stesso tempo, dall'urgenza grigia dei piatti da lavare, come esemplarmente si legge nel Quarto autoritratto diurno.
L'affetto
[...]
Tra sillaba e sillaba metti il lungo respiro
di chi non crede all'esilio
e ti fissa con tenerezza
dietro una persiana.
Ti resta quello sguardo per millenni.
Un filo mai spezzato con la forza
tenace dell'acciaio di chi bussa
ribussa a una porta chiusa ma tu
fai cadere il seme nella terra
anche se la terra è inconsistente
fai cadere una sillaba
tra tutte le sillabe del mondo
semina il tuo vento
come sai
la tua luna invernale
nella tua prima e ultima neve.
Le parole non arrivano dal mare sono
nella bocca
appaiono e scompaiono dall'acqua torbida
per galleggiare come scorze.
Non hai guerre da combattere non hai nemici
solo la morte hai se ancora ami soffrire
e ridere. Non hai che il cordone ombelicale
delle parole.
Qui non c'è molto da fare
e sempre è troppo tardi per capirlo.
Copriti col tuo abito di sillabe di poco fiato
ama il tuo desiderio più che puoi e aspetta:
e mentre aspetti chiedi anche all'aria di aspettare,
prima di scorticarti.
limite
Ci hanno detto di non toccare il limite
ma dalla riva al mare non si salpa
e dal mare alla riva non si approda
le voci sottovento
ci assediano violente l'acqua tace.
Non perdete la calma ci hanno detto
e noi stiamo bravi sulla nave
non pensiamo
respiriamo calmi
soffriamo calmi per farvi un favore.
lettera agli annegati
La prima lotta fu uscire da un ventre
verso l'asciutto vuoto verticale
l'ultima è il ritorno all'acqua.
Lo sai che i pesci tacciono muoiono
non tentano nessun limite nuotano
nella rete chiusa del mare.
Può ancora respirare chi continua a scrivere
lettere agli annegati
e chiedere eternamente quale fessura
fine di sasso separi
chi fugge da chi resiste.
L'affetto
[...]
Tra sillaba e sillaba metti il lungo respiro
di chi non crede all'esilio
e ti fissa con tenerezza
dietro una persiana.
Ti resta quello sguardo per millenni.
Un filo mai spezzato con la forza
tenace dell'acciaio di chi bussa
ribussa a una porta chiusa ma tu
fai cadere il seme nella terra
anche se la terra è inconsistente
fai cadere una sillaba
tra tutte le sillabe del mondo
semina il tuo vento
come sai
la tua luna invernale
nella tua prima e ultima neve.
Le parole non arrivano dal mare sono
nella bocca
appaiono e scompaiono dall'acqua torbida
per galleggiare come scorze.
Non hai guerre da combattere non hai nemici
solo la morte hai se ancora ami soffrire
e ridere. Non hai che il cordone ombelicale
delle parole.
Qui non c'è molto da fare
e sempre è troppo tardi per capirlo.
Copriti col tuo abito di sillabe di poco fiato
ama il tuo desiderio più che puoi e aspetta:
e mentre aspetti chiedi anche all'aria di aspettare,
prima di scorticarti.
limite
Ci hanno detto di non toccare il limite
ma dalla riva al mare non si salpa
e dal mare alla riva non si approda
le voci sottovento
ci assediano violente l'acqua tace.
Non perdete la calma ci hanno detto
e noi stiamo bravi sulla nave
non pensiamo
respiriamo calmi
soffriamo calmi per farvi un favore.
lettera agli annegati
La prima lotta fu uscire da un ventre
verso l'asciutto vuoto verticale
l'ultima è il ritorno all'acqua.
Lo sai che i pesci tacciono muoiono
non tentano nessun limite nuotano
nella rete chiusa del mare.
Può ancora respirare chi continua a scrivere
lettere agli annegati
e chiedere eternamente quale fessura
fine di sasso separi
chi fugge da chi resiste.
secondo autoritratto diurno
Tu non ci sei e io non cucino per me:
mangerò una mela rossa non sarò la prima
a succhiare quella polpa
sentire la spina aguzza del torsolo il mio becco
farsi insistente verso la fine quando i morsi
sono più avidi e stretti e guarderò
compiaciuta denti e gengive colare succo
le labbra ritmicamente baciarsi
senza ragione o torto da ingoiare
nessun veleno ci sarà o verme rannicchiato
che già non sappia. Tutto mi sembrerà buono.
Devo solo ricordarmi della fame.
settimo ritratto notturno
Di notte al balcone
il plenilunio entra nei pori e io mi inchino
alla notte stellata ai tetti muti e ai muri
buonasera a tutti dico sono qui e ho finito
il monologo non scomodatevi ad applaudirmi
so che le cose celesti si comportano
come quelle terrestri e nessuno ci guarda
e risponde nessuno fa un gesto e sorprende.
Rientro nella mia tana
che ho voluto trasparente per capire
e illudermi più lucidamente e chiudo il vetro
e attendo lì dietro.
Lucetta Frisa è nata e risiede a Genova. E’poeta e traduttrice. Tra i suoi più recenti libri di poesia: La follia dei morti (Campanotto,1993) Notte alta (Book,1997), L’altra (Manni,2001), Disarmare la tristezza (Dialogolibri, 2003), Siamo appena figure (GED,2003) e Se fossi immortali (Joker,2006). Ha tradotto Emily Dickinson, Henri Michaux e due libri di Bernard Noêl (Artaud e Paule, 2005 e L’ombra del doppio, 2007), entrambi per la collana "I libri dell’Arca" delle edizioni Joker, di cui è curatrice insieme a Marco Ercolani. Collabora a diverse riviste come "La mosca di Milano" e "La clessidra" ed è presente in antologie, tra cui Il pensiero dominante (a cura di Davide Rondoni e Franco Loi, Garzanti, 2001) Trent’anni di novecento di Alberto Bertoni (Book,2005) Altramarea a cura di Angelo Tonelli (Campanotto, 2006), La poesia erotica contemporanea (Atì, 2006) e Voci di Liguria, a cura di Roberto Bertoni, (Manni 2007). In coppia con Ercolani, scrive libri di storie immaginarie e non, come Anime strane (Greco&Greco 2006). Con i suoi racconti per ragazzi collabora al quotidiano "Avvenire". Tra i diversi riconoscimenti, il più recente è il Lerici-Pea del 2005 per l’Inedito
è lucida e trasparente... che è quasi come se dal suo stesso nome prendesse origine la sua poesia.
RispondiEliminala sua poesia, una piccola luce o specchio, forse, un'entità di natura lunare, magari, che riflette il quotidiano, ciò che la costituisce, innanzi tutto. ma percependo la radice ed il limite che si contempla, che quasi si vorrebbe osare alle volte... ma, la verità, forse, non è troppo lontana dal piacere che dà, semplice, la polpa di una mela. che , forse è tra questi piccoli gesti che ci dice di cercare, nonostante la tensione all'immensità del mare:
"le parole non arrivano dal mare sono nella bocca".
bye,bye!
Patty!
sì, ottimo. Lucetta sarà molto contenta.
RispondiEliminagugl
Io le trovo fantastiche.
RispondiEliminaMi hanno commossa.
Rita
grazie Rita. Allora, sei sempre la grande Rita che conoscevo.
RispondiEliminagugl
E come non potevo esserlo ancora? :)
RispondiEliminaRita
L’acqua è sposata per sempre alla meditazione, ha scritto Melville nelle prime pagine del “Moby Dick”. I versi di Lucetta Frisa dedicati all'acqua e alle mille forme che essa sa assumere, dal mio punto di vista, si possono tradurre come orgogliosa accettazione della metamorfosi.
RispondiEliminaL. Frisa attraverso la metafora dell'acqua (e della pietra - parlo di quel che mi ha colpito e che mi risuona in particolare) fa una rivisitazione dell’“anima mundi”, cioè dell’attribuzione di un’anima al mondo.
Una prima persona che si interroga e ci interroga, talvolta fa asserzioni o ha improvvise intuizioni. la poesia ne risulta mossa, per temi e atmosfere, ma sempre ancorata alla serietà del domandare.
RispondiEliminaPer Lucetta Frisa "le parole...appaiono e scompaiono dall'acqua torbida/per gallegiare come scorze", ma anche "cordone ombelicale" indispensabile per chiedersi "quale fessura/fine di sasso separi/ chi fugge da chi resiste". Quasi scientifica l'autanalisi nel "Secondo autoritratto diurno", mentre nel "Settimo autoritratto notturno", ultima poesia riportata, si è tentato il connubio tra ragione e illusione: "ho voluto...illudermi più lucidamente".
Un saluto cordiale alla brava Lucetta e a Stefano Gugliemin, che con la sua presentazione fa intravedere la ricchezza del contesto poetico nel quale ha operato la scelta di queste poesie (facendo venire il desiderio, ad esempio, di leggere il quarto autoritratto diurno, che cita in chiusura come esemplare).
Antonio Fiori
il maestro è sempre il maestro, inoltre il tema dell'acqua, dei fiumi, è a lui molto caro. la lettera agli annegati è quella che più mi colpisce e che sento più nelle mie corde, metafora della nascita e della morte, dell'andare verso la vita e del tornare indietro, la lettera è di carta sottile ma lo stesso fatica ad infilarsi nella fessura del tempo. un caro saluto al maestro e alla belladonna lucetta. antonella
RispondiEliminaciao a tutti i nuovi ospiti. E ciao Bianca che, se non sbaglio, è la prima volta che commenta in questo blog. Anche a me, la metamorfosi pare una cifra della poesia di Lucetta. per esempio, nel primo testo riportato, la sillaba diventa terra, pesce, abito, madre. Evento che sottolinea anche Antonio, aggiungendo l'aspetto oppositivo (e caratterizzante) del sintagma: lucida illusione.
RispondiEliminae un caro saluto ad Antonella, che ha scelto la poesia che anche a me piace molto perché coniuga libertà e sguardo consapevole verso l'anello che tiene il principio e la fine.
gugl
E' una poesia colloquiale questa di Lucetta Frisa, che trova una sua misura elegante nella musicalità del ritmo e del verso.
RispondiEliminaEcco, questo è l'impatto avuto a una rilettura dei testi stamattina.
Un caro saluto Mapi
un Grazie di cuore a tutti quelli che hanno commentato le mie poesie in modo così intelligente, pertinente, intuitivo e anche appassionato. Come dire che ascolto tutti e sono d'accordo con tutti i commenti? Volevo aggiungere quanto è sempre stato nelle mie intenzioni-ma non per questo le ho sempre realizzate : coniugare l'alto e il basso, il quotidinao domestico e non, con il metafisico, dimensione che mi ha sempre visitato fin da piccola. La poesia-come sostengono i greci-nasce dal pensiero e dal ritmo in cui sviluppa questo pensiero, la sua sonorità, a volte danzante, a volte meno. A volte questo ritmo danzante esprime meglio l'ironia, l'amara e lieve ironia che non può non attraversare la nostra vita come i nostri versi.
RispondiEliminaCara Lucetta, aggiungerei, ancora, l'elemento civile della tua scrittura, quella pazienza sulla soglia che resiste alla tracimazione, solo per amore verso i propri simili, anche loro in sofferenza. Pazienza ma anche, come dici, ironia amara verso i potenti.
RispondiEliminagugl
"Non hai che il cordone ombelicale
RispondiEliminadelle parole." Questo verso mi sembra racchiudere tutta la poetica di Lucetta Frisa, almeno quella che emerge dalle poesie qui proposte, perchè dice di quel legame che non si spezza con le cose, con il passaggio dall'acqua non solo all'aria del respiro, ma alla terra dei passi, delle cadute, dei viaggi. In uno scambio di sostanze nutritive reciproco, così che le parole nutrono e sono nutrite dalla fertilità del sentire innanzi tutto umano e poi poetico,anche se non credo che poi le due cose si possano scindere.
Un saluto a Lucetta e un saluto a Stefano, Lucianna
in effetti, in questi testi dall'andamento piano e tagliente ad un tempo, di rara lucidità semantica e tematica, vi è l'ampia resa metastorica su quell'ancestralità che scaturisce da una fonte amniotica come origine del viaggio attraverso tempi e luoghi in cui non si dà ragione cronachistica. E non poteva essere altrimenti, dal momento che la poesia sa essere, ambiguamente e fascinosamente, sincronia e diacronia.
RispondiEliminaSono testi, questi, che aprono all'immenso senza l'escamotage di comodo verso gli eccessi di certa metafisica, anzi, vi è espresso quasi con stupore infante il senso panico (ed epifanico) della fisicità, la riconduzione delle parti al tutto dell'acqua, il grembo dell'origine in una visione presocratica.
A questo punto ritengo necessario approfondire la lettura di quest'opera nell'urgenza della sua complessità.
A Lucetta le mie più vive congratulazioni.
mirko
confesso che non è nelle mie corde una tornitura del verso e della strofa così limpida, classicheggiante direi, che sembra rasentare la perfezione, l’equilibrio armonico, la cristallinità, anche nella libertà ritmico-geometrica della struttura (v. “L’affetto” come caso più eclatante)
RispondiEliminaperò si tratta di una voce poetica degna di essere riascoltata: produce risonanze metafisiche di indubbia forza, ma le plasma con un minimo ricorso a termini astratti, o propri del linguaggio filosofico
non è infrequente incontrare usi smodati o manieristici di categorizzazioni, di ermetismi, di orfismi, nel goffo tentativo di accedere alla rivelazione di un qualche sguardo illuminante sul senso delle cose – così pure scavi psicologici che scavano solo alla superficie di un linguaggio preso di peso dalla psicologia, ma senza averlo ruminato, né traslato sul filo di immagini che rendano visibile e ripercorribile lo scavo
questa di Lucetta Frisa è una via alla contemplazione e all’introspezione che va sicuramente segnalata per la sua irriducibile pertinenza con l’etimologia “fattuale” del poetico (poieo=faccio), in direzione del “far essere”
Mario Bertasa
Lucetta Frisa è una realtà della poesia italiana: lo confermano anche i vostri commenti.
RispondiEliminagrazie a tutti
gugl
Che belle Lucetta ! Dovrò comprare il libro, vi sono temi a me cari - (il mare - la quotidianità )che tu esprimi con naturalità , armonia e nello stesso tempo energia, senza mai cadere nel banale o nella retorica. Sandra
RispondiEliminaspero di non giungere in ritardo(ma è il mio handicap, sono sempre in ritardo in tutto) a ringraziare tutti quelli che ancora e molto generosamente e con grande intelligenza si sono espressi sui miei versi.
RispondiEliminaA cominciare dallo stesso Stefano che afferma che sono "una realtà della poesia italiana". E quella sottolinatura, che fa sulla poesia civile...Caro Stefano, mi hai colpito,accidenti! Spero anche in seguito di non deluderti.E' un bell'impegno, una sfida dura! Ma avendo passato la vita sui versi,non potendo spendermela in altro modo, per come sono fatta,terrò fede all'impegno, alla sfida soprattutto con me stessa. GRAZIE 1000 per questa bella ospitalità.
Grazie a te, Lucetta, sei dolce.
RispondiEliminagugl
Ho dimenticato di ringraziare personalmente Mario Bertasa che si è espresso in modo notevolissimo sui miei versi.
RispondiEliminaIl suo commento merita di essere riletto, cosa che ho fatto a distanza di molti giorni dal post.
Mi limito a tenere aperto un sacco e farci entrare, di volta in volta, tutte queste belle parole che mi nutrono per lungo tempo, dandomi molta forza...
Vi sorrido col mio miglior sorriso, dato che replicare è assolutamente superfluo per chi, come me, non ne è neppure capace.
lucetta
leggere l'intero blog, pretty good
RispondiEliminaGli autoritratti e la lettera agli annegati mi hanno colpita profondamente. C'è una misura totale, del verso e del contenuto, che ammiro molto, così come la capacità di snodare un discorso ininterrotto che non ha quasi bisogno di punteggiatura per essere seguito, con le sue pause, gli stacchi, le sospensioni dense. La poesia di Lucetta Frisa è pura lirica, secondo me, sublimazione dell'io nel mondo; quel dialogo al balcone, per esempio, il dialogo mentale con l'universo: ci ho sognato su tutta una sera!
RispondiEliminaFiorella