venerdì 18 novembre 2011

Simone Cattaneo


Sin dalla sua prima apparizione canonica, Simone Cattaneo (1974-2009) mette in chiaro il suo perché alla poesia; recita infatti il testo d'apertura ne L'opera comune curata da G. Ladolfi (Atelier, 1999): «vorrei scheggiare» «quella forza che tramuta / il giorno in sera / e la sera in giorno», per essere trascinato «in quel nulla, quell'umore / dove nuda si libra / la gemma del tuo dolore»: ancora ingenuamente fedele all'idea che la poesia debba avere un codice elegante per esistere, egli dispiega le sue tragiche ragioni anzitutto nella violenza dei verbi (scheggiare, tramutare, trascinare) quale condizione iniziatica di un librarsi al centro del dolore, e per dirlo, finalmente, in tutta la sua crudezza. E così è successo in Made in Italy (Atelier, 2008), il libro più compiuto, di cui è possibile leggere qualcosa in Nella borsa del viandante. Poesia che r(esiste), a cura di Chiara De Luca (Fara Editore, 2009). Lo dico dopo aver appreso non soltanto della sua morte violenta, evento reso subito pubblico dalla rete, ma del fatto che Atelier chiude la collana dove Peace & Love. Tutte le poesie di Cattaneo doveva uscire. Rammaricandomi per questa resa, ma intuendone i motivi, e nella speranza che qualche altro editore raccolga il testimone, mi preme sottolineare il valore di questo poeta che ha preso corpo e voce dell'altro inavvicinabile, dell'appestato che finalmente dice tutta la violenza implicita nel profano contemporaneo, così come Cristo l'ha rivelata a proposito del sacro. Leggere Cattaneo significa entrare nella propria animalità, nel rumore del corpo assetato di spazio abitabile, dove farsi la tana con altri fratelli derelitti. Persino l'umanesimo, in lui, suona fasullo e così tutto il suo apparato valoriale: la trasmutazione nietzscheana qui diventa biografia e pratica poetica, un grido contro la Milano da bere, ma anche in conflitto con la solidarietà ottimista, incapace di vedere il tragico che pervade la Storia e che in Cattaneo vira talvolta in grottesco, come il gesto dell'amico che «si scolava un bicchiere di detersivo davanti ai clienti del bar» o nel cinismo più insopportabile: «Non mi importa niente dei bambini del Burchina Faso che muoiono di fame [...] / Voglio solo salute, soldi e belle fighe».

Queste poesie – fatte in un Italia di brutta gente e spedite come cartoline direttamente all'inferno da un uomo solo, che vede nel cielo «un grande defibrillatore» incapace tuttavia di sciogliergli in canto (o in pianto) la totale disillusione – non hanno nessuna patina a soffocarle, nessuno schermo. Eppure siamo lontanissimi anche dal gesto spontaneo, dalla poesia naif: è chiaro che Cattaneo aveva nel sangue il ritmo dell'universo quando s'ingorga nella mente dell'uomo disperato, e lo traduce in un verso sintatticamente facile, affinché ci intossichi per bene, come dev'essere in uno spirito senza dimora come il suo.





La madre di un mio compagno delle scuole medie
mi ha bloccato in una strada del vecchio quartiere
dicendomi che suo figlio era morto.
Non si è sbilanciata più di tanto e mi ha invitato al funerale.
Mi è parso buona educazione accettare.
Una settimana dopo mi ha fermato sotto casa e con aria decisa
mi ha confidato che calzo lo stesso numero di piede del suo povero figlio,
così mi ha regalato due paia di scarpe e un giubbotto giallo.
Qualche sera fa sono finito in un bar di Milano e
ho abbordato una ragazza sudamericana molto sensibile
al mio nuovo giubbotto canarino. Ho stretto gli occhi
e le ho sussurrato che per i particolari non bado mai a spese.



**


Hanno infilato il cane in una pentola bollente
alla povera Rosaria Ceriani detta Sarina in arte Zaira – moglie
di uno che contava – così mi diceva sempre,
raccolta su una ringhiera falcata di ghisa,
ogni volta che mi incontrava.
Per questo ha girato l’occhio e se ne è andata,
hanno ucciso l’unico essere vivente a cui non l’aveva ancora data.
Si è impiccata giù alla caldaia con un guinzaglio di cuoio
fra gli avanzi di un frigorifero e un divano rotto.
I ragazzi sono scesi a vederla per l’ultima volta e
l’hanno salutata a modo loro: pacche, calci, sputi e qualche
coro di scherno. Tutto questo entusiasmo è svanito in meno di cinque minuti.



**

Non mi importa niente dei bambini del Burchina Faso che muoiono di fame,
non ne voglio sapere delle mine antiuomo,
se si scannassero tutti a vicenda sarei contento.
Voglio solo salute,soldi e belle fighe. Giovani belle fighe, è chiaro.
Che gli appestati restino appestati, i malati siano malati e
i bastardi che vivono in un polmone d’ acciaio
fondano come formaggio in un forno a microonde. Voglio bei vestiti,
una bella casa e tanta bella figa. Buttiamo gli spastici giù dalle rupi,
strappiamo fegato e reni ai figli della strada
ma datemi una Mercedes nera con i vetri affumicati.
Niente piani per la salvaguardia delle risorse energetiche planetarie
vorrei solo scopare quelle belle liceali che sfilano tutti i sabato pomeriggio
con la bandiera della pace. Non ho soldi e la botta è finita.
Ma sono un uomo rapace, per le vacanze pasquali
quindici milioni di italiani andranno in ferie lasciando
le loro comode case vuote.
Alla fine non sono razzista. Bianchi, neri, gialli e rossi
non mi interessano un granché.



**


Mi sono svegliato di colpo e ho visto le finestre aperte della camera da letto
e un’aria densa e grigia che mi faceva tremare dalla testa ai piedi.
La mia ragazza ucraina nuda sul davanzale mi indica il confondersi
senza retorica della luna con il sole attraversato
da un lampo d’aeroplano schiacciato.
L’avrei voluta strangolare sul posto con la cintura dei pantaloni
se solo li avessi avuti addosso. Quindi le ho chiesto gentilmente di chiudere
le finestre e di tornare a letto per un ultimo chiarimento.
Due giorni dopo l’ho prestata al mio migliore amico in cambio
di tre prime linee di Versace e di un aperitivo al bar.
Perchè l’amicizia è sempre l’amicizia.



**


Troppo bello per essere un pugile,
troppo brutto per fare il magnaccia
camminavo nel centro di Buccinasco
senza lavoro e inzuppato di grano
aspettando l’ora dell’aperitivo
quando mi sale la voglia di farmi fare le carte dalla vecchia strega del quartiere.
In realtà i suoi tarocchi non sono altro che
pezzi di bibite strappati a dentate ma alla fine ci si arrangia con quel che si può.
Rifilato un carico da venti alla vecchia le chiedo brutale
quando morirò, lei mi sorride e risponde presto a ventisette compiuti.
La informo dei miei ventinove e la mia anziana strega di Buccinasco mi
conforta dicendomi, vedi allora sei un uomo fortunato.
I soldi migliori spesi negli ultimi dieci anni.



**


Si è tagliata le vene e ha disegnato con il sangue
sul muro che costeggia il mio palazzo dei dolci gabbiani d’amore.
Non è servito l’intervento di pulizia del comune, un po’ di pioggia
nella notte ha cancellato tutto. Chi fosse questa strana tipa
non si è voluto mai sapere, aveva solo una specie di ponteggio
che le reggeva il mento. Sarà stata una grave malattia dal decorso fulminante.
Certo è che novizi, discepoli e santoni
portano tutti gli stessi cognomi
contraggono il viso ed è un omicidio,
credono nell’ospitalità di un’unica soluzione,
una sola dimensione, una fatale emarginazione.




Simone Cattaneo (1974-2009). Sue poesie sono state pubblicate su “Atelier”, “La clessidra”, “Hebenon”, “ Poesia”, “Letture”, “Graphie”, “Tratti”, “Clandestino”, ”La Mosca di Milano”, “Il primo amore” e “Ore piccole”. E’stato incluso nel testo curato da Giuliano Ladolfi, L’opera comune. Antologia di poeti nati negli anni settanta ( Atelier, 1999 ). Suoi testi, con una presentazione di Roberto Roversi, sono presenti nell’antologia Dieci poeti italiani ( Pendragon, 2002 ), a cura di Maurizio Clementi. E’ stato incluso in Lavori di scavo. Antologia dei poeti nati negli anni ‘70 (Antologia web di Railibro 2004) e in 100 Poesie di odio e di invettiva a cura di Antonio Veneziani ( Coniglio Editore, 2007). Inoltre è presente nell’antologia curata da Davide Brullo La stella polare. Poeti italiani dei tempi “ultimi” ( Città Nuova, Roma ). Ha pubblicato due libri: Nome e soprannome ( Edizioni Atelier, 2001 ) e Made in Italy ( Atelier, 2008 ).

40 commenti:

  1. Conoscevo la poesia di Simone Cattaneo. Mi fa sempre l'effetto di un pugno allo stomaco rileggerla, perché è un misto di rabbia e disperazione. Il suo verso è quasi prosa, in alcuni passaggi, eppure riesce a tenere ritmo e musicalità. Non c'è all'apparenza finzione artistica, non c'è filtro: e invece, l'io del poeta a ben vedere rappresenta se stesso, come un antieroe epico, giudicandosi parte del tutto marcescente, e odiandosi per questo. Distinguendosi e fondendosi allo stesso tempo con il "nulla eterno".
    Non ho letto niente di simile, nel contemporaneo; alcuni si avvicinano ma non è la stessa cosa.


    Un saluto a Stefano.

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  2. niente di simile: è appunto per questo che Cattaneo è poeta. Ci sono altri suoi fratelli, per esempio Victor Cavallo e Salvatore Toma.
    Il problema della poesia in rete è invece l'eccessiva omologazione. come dice Sannelli in 'Scuola di poesia' (Vydia, 2011) riferendosi anche a quanto si scrive fuori dalla rete: il problema è l'indistiguibilità delle opere: nei temi e nella lingua"

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  3. l'ho immensamente apprezzato. immensamente! sto diventando davvero polemica... ma cattaneo: un bel vaffanculo ai soliti buonismi.

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  4. sì, ma firma (che almeno si sappia da dove parte il vaffa :-)

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  5. volevo dire un sacco di cose, ma
    meglio rileggere tante volte e poi ancora.
    Grazie.
    vincenzo celli

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  6. Prima ho letto le poesie, trovandomi a farfugliare qualcosa, fra me e me, riguardo all'ambivalente natura di farmaco della poesia stessa (ovviamente quando non sia un noioso placebo, o meglio, un "ricostituente" per il solo autore). Poi ho letto la (pregevole) presentazione apprendendo, come uno schiaffo, della "morte violenta" - di cui sono andato, su google, a ricercare la natura. Così ora tutte le precedenti considerazioni sulla selettività dello sguardo, sulla necessità di "smarcamento" eccetera, hanno preso a vorticare come impazzite, sintetizzabili soltanto da un senso di sgomento. Mi dispiace molto che questa poesia, così forte, non abbia avuto su di lui un effetto salvifico.

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  7. la poesia, mi pare, salva il lettore, talvolta, lo cambia.
    talaltra, mangia l'autore, lo sprofonda.

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  8. (paola lovisolo) cara polvere20/11/11 22:04

    (avevo lasciato un commento ma mi sa che ho fatto pasticcio. auspico che questo vada a buon fine)

    buona sera Stefano e ai tuoi ospiti.
    leggendo l' articolo le poesie i commenti e in ultimo quello di Elio
    mi permetto di lasciare qualche riflessione:

    non vorrei irritare... ma: cos'è la salvezza? o meglio cosa siamo noi - se esistesse la salvezza - per essere "salvati"? e da cosa, soprattutto. la butto lì con molta faciloneria, lo so. e poi in merito a Cattaneo che " sapeva" già di voler andarsene o meglio la sua poesia lo sapeva: chi può dirlo che non si sia "salvato"? o dicendo la stessa cosa: chi può dire che non restando egli si sia perduto? e ai restati qui: siamo da salvare? o... chi ci ha perso? siamo stati sempre qui o altrove o da quale altrove ci siamo persi ? mancano appigli, pare. e poi cosa dovrebbe o potrebbe salvare la poesia al suo medium? la vita? il senso della vita? dovrebbe contenere una formula salvifica dell' antemortem? una postmortem? non so scrivere chiaro per spiegarmi e me ne scuso.

    il corpo non è che un ghetto a sorte e in sorte e alcuni spiriti lo sanno altri non lo sapranno mai. la poesia ti fa cadere nel mondo e dal mondo al contempo. quoto la risposta di Stefano che esprime la mi stessa sensazione.
    un saluto a tutti.
    paola

    ps non da ultimo:
    il corpo non è che un ghetto a sorte e in sorte e alcuni spiriti lo sanno altri non lo sapranno mai. la poesia ti fa cadere nel mondo e dal mondo al contempo. quoto la risposta di Stefano che esprime la mia stessa sensazione.

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  9. (paola lovisolo) cara polvere20/11/11 22:08

    ho trovato questa poesia inserita nel contesto di un articolo che riguardava la poesia e la salvezza tramite essa e la riporto scusandomi semmai per avere usato spazio qui, forse anche troppo.

    Czeslaw Miłosz, Il senso

    – Quando morirò vedrò la fodera del mondo.
    L’altra parte, dietro l’uccello, la montagna, il tramonto.
    Il vero significato che vorrà essere letto.
    Ciò ch’era inconciliabile si concilierà.
    E sarà compreso ciò ch’era incomprensibile.

    – Ma se non c’è una fodera del mondo?
    se il tordo sul ramo non è affatto un segno
    ma solo un tordo sul ramo, se il giorno e la notte
    si susseguono senza badare a un senso
    e non c’è nulla sulla terra, oltre questa terra?

    Se così fosse, resterebbe ancora la parola
    suscitata una volta da effimere labbra,
    che corre e corre, messaggero instancabile,
    nei campi interstellati, nei vortici galattici
    e protesta, chiama, grida.

    [traduzione di Valeria Rossella]

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  10. Convengo che, a rigore, nessuno potrebbe dire nulla, dato che non è possibile sapere cosa significhi essere un altro e dato che, in fin dei conti, si comprende assai scarsamente anche cosa significhi essere se stessi. Dunque la mia era soltanto una banale proiezione, nella quale si può sostituire "salvifico" con "autoconservativo".

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  11. me lo ricordo ancora quel giorno, quando si seppe della sua morte... fu un brutto colpo per tutti. ma ripensandoci a distanza mi viene da dire quello che già pensai all'epoca. ci sono dei destini che semplicemente sono scritti, e cattaneo non poteva che morire così. la sua poesia non avrebbe potuto accettare un destino diverso, sarebbe sembrato fuoriposto o stonato o addirittura falso. più grave mi sembra che il suo lavoro possa perdersi nella crisi dell'editoria poetica (come leggo qui sopra). allora sì che tutto perderebbe di significato, la sua vita, la sua morte, persino la sua scrittura...

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  12. conrdo con te Paola. Hai espressto benissimo la questione. In effetti, si parla troppo spesso di "salvezza"; retaggio di un cattolicesimo con insiste anche negli spiriti più laici.

    @ lillo: grazie per la testimonianza. chissà mai, però, se la coerenza, in questo caso, sia una virtù.

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  13. non lo so, ma immagino che cattaneo, se ci avesse sentito anche solo il profumo della virtù, sarebbe andato dall'altra parte...

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  14. Ringrazio il poeta che ha il coraggio di sbatterci in faccia la realtà più degradata, interiore intendo.
    Il nostro tempo marginale, perchè sempre più stretto diviene lo spartiacque che ci divide dalla deriva,qui già rappresentata con forza e senza mistificazioni salvifiche.Cattaneo se n'è andato,a noi resta la sua parola e il suo avvertimento.

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  15. @ lillo: lo credo anch'io.
    @ Fabia: la poesia deve (anche) in effetti parlarci di ciò che non osiamo guardare o di quanto ci infastidisce,

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  16. pari pari con Paola Lovisolo, in particolare per quanto riguarda la "salvezza".

    E siccome come dice Miłosz (riportato da Paola) “la parola” è altro dalle labbra “effimere” che una volta l'hanno “suscitata”, questa parola, fodera o non fodera, al di là della spoglia (mortale), se ne sta in giro interstellare e “protesta, chiama, grida”
    la parola mica è roba che fa niente...è roba forte

    e gugl lo dici ottimamente a proposito di questo autore:
    “un verso sintatticamente facile, affinché ci intossichi per bene”

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  17. Simone Cattaneo mi affidò alcune poesie per una plaquette genovese, "Scriptions", n. 8. Ne riporto due.

    "E' un mestiere che mi va poco a sangue
    tagliare i margini dei pini il mattino
    e salto all'inizio di vene secche a fiorire
    raccolte a caldo sopra i rimbalzi dei muri
    dove il colore si dimezza come l'ombra dietro il tiglio.

    Ora che mi sanguina il naso
    e il mio sudore pare
    linfa d'amianto,
    steso sul pavimento
    non sono altro
    che un gelato spiffero di carne"

    Mi sembrava giusto ricordare così questa poesia inconfondibile e disperata.

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  18. grazie Marco, dono prezioso.

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  19. oh, a me cattaneo ha sempre mortificato il cazzo, poi fate voi.

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    1. Cattaneo aveva pudore a definirsi poeta, tantomeno aveva la pretesa di piacere a tutti. Ma sulla mancanza di rispetto non transigeva: uno sfigato come Aldo Nove che gioca a fare il poeta maledetto se lo sarebbe bevuto a colazione. Lo avrebbe ucciso con uno sguardo. Figuriamoci quello ancora più sfigato che si fingesse Aldo Nove ...

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    2. al di là di chi mangia e di chi viene mangiato, credo che il rispetto dei morti, anche se nemici, debba essere una pratica indiscutibile.

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    3. Esatto. Erano mesi che avevo la risposta in canna ad Aldo Nove ma non volevo trascendere, e poi il tuo "facciamo noi" è perfetto. Solo che alla lunga ti continui ad imbattere nella stessa frase e sembra una provocazione continua, inaccettabile. Ad ogni modo sono appena usciti "Peace and Love" e un'antologia di Atelier su Cattaneo, che dimostrano quanto rispetto meriti, non solo in quanto defunto. Grazie.

      http://www.facebook.com/pages/Simone-Cattaneo/329312550478588

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    4. non sarebbe male se però firmassi :-)

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    5. Ha poca importanza. Comunque per Simone ero Ras, Cristian per gli altri.

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    6. 'mortificato il cazzo' ovviamente è micaletto, se avete un po' di fiuto per l'usus scribendi. che dire, una volta mi son chiesto cosa avrebbe pensato di cattaneo, e non mi stupisco di verificarlo.

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  20. di gran lunga uno dei migliori 3/4 poeti italiani degli ultimi trentanni
    saluti
    c.

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  21. A chi interessa, la casa editrice "Il ponte del sale" ha ultimamente pubblicato un libro di poesie di Simone Cattano, il quale comprende le tre raccolte: Nome e soprannome (Atelier, 2001), Made in Italy (Atelier 2008) e l'inedita ultima Peace & Love.
    Questo il link per maggiori informazioni: http://ilpontedelsale.csvrovigo.it/27-simone-cattaneo-–-peace-love/

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  22. Poesia questa? MAH. Andare a capo non fa per forza una poesia, diceva Luzi, e almeno parlava di Ungaretti.

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    1. infatti Luzi ha avuto un'altra vita.

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    2. I
      Vorrei essere custode del mio sguardo,
      il teschio dove
      incastonare i miei occhi
      di alabastro con cui
      raschio i pomeriggi

      Ho detto queste cose
      ed altre
      un giorno in un giardino
      ad una vecchia cieca
      che si dice compia
      un passo in un anno.
      Mi ha risposto che deve decidere dove andare a morire:
      se sulla sedia di vimini o sotto il pergolato
      all’ombra dei vitigni

      Le ho farfugliato l’accompagno
      si senta libera di morire dove vuole
      ho pure una macchina
      va a gas, è tutto un guadagno

      Ma nel suo assurdo pallore
      lei ha taciuto
      e fissando il pallone
      del nipote appeso al reticolato:
      “Giovane, non ti illudere
      di vedere le cose senza sprofondarci”

      Ho saputo solo anni dopo
      da una suora:
      “Chi era?
      Era la custode
      del dentro delle case”

      Bravo Bernardo, invece questa tua, è grande poesia. Tu sì che possiedi la verità profonda della poesia. Sei un psoeseta e puoi col tuo dito sprofetico, giudicare tutti qeusti meschini poetanti. Sommo sei, mosto di verso.

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  23. facciamo che ognuno scrive le poesie che vuole e poi, se vogliamo giudicarle, scriviamo una critica fondata? Caro Bux perché la poesia di Pacino non ti piace?
    (se vuoi, scrivi questa lettura critica e poi te la pubblico autonomamente)

    ciao!

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  24. ho letto questa poesia, e non capisco come si possa quindi fare critica poetica a Cattaneo che è una delle voci più originali e sicure degli ultimi anni, tutto qui. Non sono critico, però mi sono stancato di tutta questa gente che muove critiche senza un fondamento preciso. Tutto qui, era una provocazione, ovviamente, una provocazione inneggiando a un più sensato silenzio, se si deve sparare a zero senza fondamento, che sia Pacino, o altri. Cosa ti devo dire, a pelle? non mi suonano bene al mio orecchio parole come incastonare, alabastro. Mi ha risposto che deve decidere dove andare a morire: questo passaggio mi suona duro.

    “Giovane, non ti illudere
    di vedere le cose senza sprofondarci”

    Niente, non mi risulta originale e di buon ritmo. Ma tutto questo c'entra poco. Era per dire che è facile sparare a zero ma prima bisognerebbe fare magari auto critica, prima di muovere critiche solo per il gusto di dire qualcosa.

    Tuttavia vorrei rispettare questo spazio riservato a un gran poeta dei nostri tempi, e rispettare il nostro lento commiato da lui ma non dalla sua poesia.

    Non commenterò oltre, sicuramente.

    A presto, saluti cari

    Antonio

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    1. la mia provocazione voleva che tu evidenziassi i punti che ritieni deboli della poesia di Pacino. Direi che in parte lo hai fatto. Certo è che non può valere solo l'orecchio nel giudizio oppure ci vorrebbe l'orecchio di Dio (cosa che potrebbe sembrare un po' presuntuosa).
      Peggio ha fatto Pacino volendo essere la parola di Gesù che raccomanda suo Padre

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  25. Non ero entrato per criticare i punti deboli della poesia di nessuno, ripeto, ma non mi va di leggere continuamente critiche senza nervo, magari parlare di Cattaneo e della sua metropoli poetica, o della somiglianza, penso, con Cavallo, per certi versi. O contestare la durezza di alcuni passaggi, la permeabilità ritmica.
    Era provocazione, dato che non mi pare si possa scrivere una poesia "normale", senza voli pindarici di chissà quale sorta, come questa del Pacino, e poi voler risolvere la critica ad un poeta come Cattaneo citando una frasetta del Luzi che avrà sparato in età avanzata, frase che davvero mi sembra discutibile, tra l'altro e molto qualunquista. È come parlare d'aria fritta, così.

    Preciso che non voglio fomentare un tipo di discussione del genere, ma ormai....a presto

    Antonio B.

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  26. Ho molto apprezzato questa tua nota sulla poesia di Simone Cattaneo, Stefano.
    Ti porgo sinceramente i miei complimenti.
    Un cordiale saluto.

    Gabriele Gabbia

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  27. Segnalo che il n.67 di "Atelier" (settembre 2012) è incentrato sull'opera di Cattaneo.

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  28. http://vertigine.wordpress.com/2013/06/24/simone-cattaneo-lultimo-maledetto-poeta-italiano-poesie-tratta-da-peace-love-il-ponte-del-sale-2012/

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  29. Cercare di definire cosa sia una poesia e cosa no mi pare senza senso. tanto più coinvolgendo solo la costruzione del verso e l'idea della musica. So che ogni riga di Cattaneo mi fa venire voglia di leggere quella successiva. E ogni poesia quella dopo. Sviluppi imprevedibili, mai scontati. Che lasciano sempre un segno.Vorrei avere mille libri suoi.

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