giovedì 29 ottobre 2009

Ai potenziali autori di Blanc




Ogni settimana ricevo parecchi libri di poesia da amici, da editori e da autori che non conosco. Dopo averli sfogliati, organizzo due torri: la più bassa aspetta di essere ripercorsa, meditata con più attenzione. La più alta viene riposta in libreria a documentare la frenetica attività del poetese contemporaneo. Via email, inoltre, mi arrivano raccolte inedite oppure, soltanto, una rosa di poesie, tutte da commentare e, magari, da pubblicare. Per non dire dei blogger-poeti che mi vado a cercare direttamente in rete, come nel caso dell'ultimo post. Insomma: per stare dentro le ragionevoli aspettative degli autori, ogni settimana dovrei leggermi almeno un centinaio di testi, analizzarli e scriverne scientemente. Di fatto, non riesco a commentare più di 2-3 libri al mese, oltre che un paio di inediti. 4 o 5 poeti in tutto. Chiedo dunque agli autori di avere un po' di pazienza se del loro libro, in Blanc, non si vede traccia, anche se magari sono passati 3 o 4 mesi dalla spedizione. Probabilmente qualcosa uscirà ma, se non succede, potrebbe essere banale distrazione, vista la pila di libri buoni che nel frattempo si è accumulata.



Dietro a tutto ciò, rimane comunque una domanda, cui chiedo a tutti un parere: presupposto che la prima fase della poesia in rete si sia conclusa (mappatura della poesia italiana di autori non ancora del tutto emersi; messa in circolo di nomi canonici), in che cosa consisterà la seconda fase? Ha ancora senso continuare a presentare autori, che magari girano di blog in blog, con un nomadismo spesso solo virtuale? E ancora: di che cosa dovrebbe occuparsi un blog di poesia che voglia staccarsi dall'impronta dopolavoristica dei migliaia d'altri siti tendenzialmente autoreferenziali?

lunedì 26 ottobre 2009

Rafael Castellar das Neves



Navigando si leggono poesie inaspettate, a volte. Come per esempio queste, del blogger brasiliano Rafael Castellar das Neves. Aiutato da Alessandro Ghignoli e dallo stesso Rafael, posto la seguente traduzione senza pretese, utile se non altro ad avviciare il suo mondo, fatto di buone letture (c'è Baudelaire nella minha epreita?) e rancori amorosi e sociali. Il canto tradotto forse non decolla, ma il grido autentico per sopravvivere alla deriva - sua e dei suoi personaggi - mi sembra chiaro e cosi il tentativo di dargli forma. Certo c'è molto ancora da lavorare, magari a partire da un maggior coraggio nel sostenere l'immaginazione, così cara agli autori sudamericani. E poi nel modellare un verso meno lapidario, più amico della metamorfosi e del dubbio.


Improvavelmente...



E foi numa noite desta que o improvável deixou de sê-lo para tornarse impossível.
E por improvável, história não pode ser, pois nunca existiu.
Existiu em mim e em mim foi verdade, foi futuro: improvável, impossível.
E em mim será lembrança, terna e eterna, sem permissão de ser minha própria história.
Talvez, vez ou outra, possa ser provável em meus sonhos. Sonho!
E quando tudo sucumbiu, entre poeiras e ruínas, pude ver a mim mesmo, novamente.


São Paulo, 15 de janeiro de 2009.



Improbabilmente...


E fu in una notte come questa che l'improbabile smise di esserlo per farsi impossibile.
E improbabile, la storia lo dice, non è mai esistito.
È esistito in me ed in me fu verità, fu futuro: improbabile, impossibile.
Ed in me sarà ricordo, tenero ed eterno, senza permesso d'essere storia mia.
Magari, prima o poi, probabile mi vivrà nei sogni. Sogno!
E quando tutto soccomberà, fra polveri e rovine, potrò vedere da solo, nuovamente.


San Paolo, 15 di gennaio di 2009.



À minha espreita


Sei que está aí, me seguindo soturna como cobra furiosa, transbordando veneno.
Há tempos tem rondado meu caminho, escondendo-se nas minhas sombras, não é?
Lhe vejo nas curvas da estrada, do outro lado da rua, no carro que vem, no homem que se vai.
No meu retrovisor, sentada no banco de trás, sorrindo para mim. Irônica!

Seu olhar me arrepia, seu sorriso me petrifica, minhas mãos gelam, ao simples lhe notar.
Meu coração dispara e o sossego me some,
Minha testa se derrete em um suor frio e incontrolável. Sádica!

Está se divertindo, não está?
Não é capaz de se satisfazer nem mesmo com este genocídio purificador?
Se aquiete, descanse, tem feito muito ultimamente. Tire umas férias.

Haverá outros sem oportunidades com quem poderá se ocupar.
Não ouve os pedidos? As preces? As súplicas? Ora, deleite-se!

Agora vamos, saia de trás dessa porta e volta!
Diga a ele que agora não. Quem sabe depois, mas não agora.
Não é a hora, não quero, não lhe permito: há muito que ser feito, e o será!

Não adianta, lhe ignoro, lhe excomungo, rio de você. Criança!
Apenas espere por mim. Longe de mim.
Prometo que quando decidir, lhe chamo. Mas não agora!


São Paulo, 25 de janeiro de 2009.



A coli che mi sorveglia


Lo so che ci sei, che mi segui sorniona come biscia furiosa, traboccando veleno.
Talvolta fai ronda al mio cammino, nascondendoti nelle mia ombra, vero?
Ti vedo nelle curve della strada, nell’altro lato della via, nella macchina che viene,
nell’uomo che va.
Nello mio specchietto retrovisore, seduta alle mie spalle, ridi di me. Ironica!

Il suo sguardo mi fa rabbrividire, il suo sorriso m' impietra, le mie mani gelano, solo a guardarla.
Il mio cuore scoppia e la pace s'allontana da me,
La mia fronte si fonde in un sudore freddo e incontrollabile. Sadica!

Stai divertendoti, vero?
Nemmeno questo genocídio purificatore ti soddisfa?
Acquietati, riposati, hai fatto molto ultimamente. Va' in vacanza.

Ci saranno altri senza opportunità di cui ti potrai occupare.
Non ascolti richieste? Preghiere? Suppliche? Su, ora dilettati!

Vai, esci da questa porta e però torna!
Digli che adesso non puoi. Dopo, che lo sappia dopo, non adesso.
Non è l'ora, non voglio che lo sia, non permetterlo: c’è molto da fare, e lo sarà!

Basta, ti ignoro, ti scomunico, rido di te, bambina!
Semplicemente aspettami. Lontano da me.
Prometto che quando sarà l'ora, ti chiamerò. Ma non adesso!


Brasile, San Paolo, 25 di gennaio di 2009.




Moleque de rua


Lá vai ele: menino moleque!
Vai feito barata às janelas dos carros
Que se fecham em desespero à sua presença.

Menino fedido, que de nariz escorrendo à boca
Lambuza as portas dos carros com suas mãos imundas.
Embaça os vidros dos carros com seu hálito malicioso.

Arrasta os pés encardidos, com dedos rachados e unhas gastas
Que tentam se esconder no que resta do chinelo de tira estourada.

Sua mão é ligeira aos olhos cuidadosos.
Sua língua é afiada aos ouvidos misericordiosos.
Sua face é tirana aos corações piedosos.

Leva essas moedas que não são suas.
Míseros centavos que nunca justificam sua existência
E ao menos compram seu veneno.

Deita moleque menino,
Estira ao relento esse corpo usado,
Talvez amanhã alguém lhe note,
Se o caminho atrapalhar.

Não se preocupe, menino sem nome,
Os jornais nada dirão,
Os números não mudarão,
Você nunca foi estatística.

Descansa menino imprestável,
Como você, outros virão,
Sua falta nunca será sentida,
Mas talvez de seus centavos.

Voa anjo pagão!
Seus pecados já foram pagos
Por todas suas vidas.



Monello di strada


Lui va lì: bimbo monello!
s'è perso alle finestre delle macchine
Che si chiudono alla sua presenza.

Bambino fetente, che di naso scorrendo alla bocca
Imbratta gli sportelli delle auto con le sue mani immonde.
Ne appanna i vetri con il suo alito malizioso.

Strascica i piedi rocciosi con le dita spaccate e le unghie logorate
Che tentano di nascondersi in ciò che rimane della babbuccia slacciata.

La sua mano è veloce agli occhi attenti.
La sua lingua è affilata alle orecchie misericordiose.
La sua faccia è tiranna ai cuori pietosi.

Porta queste monete che non sono sue.
Miseri quattrini che mai giustificano la sua esistenza
E almeno comprano il suo veleno.

Sdraia monello, stendi
Alla rugiada questo corpo usato,
Forse domani qualcuno lo nota,
Se il loro cammino impaccia.

Non preoccuparti, bimbo senza nome,
I giornali non diranno niente,
I numeri non muteranno:
Mai sei stato statistica.

Riposa bambino birichino,
Come te, altri verranno,
Mai sentiranno la tua mancanza,
Se non forse dei loro quattrini.

Vola angelo pagano!
I suoi peccati sono già pagati
Per le altre sue vite.


Brasile, San Paolo, 5 agosto, 2008



Rafael Castellar das Neves, was born in Santa Gertrudes 30 year ago and nowadays live in São Paulo city. Graduated in Computing Engineering, is an enthusiast in literature, music and general artistic expressions. Retract his feeling in many moments of his life by his visceral poetry, which goes from an extreme to another, awaking for social questions. He works at prototypes of books under existentialistic themes. Divulge his work between friends and publish them at his internet blog  Desce Mais Uma!, from where has got exciting recognition of his work, like for example, the publication of one of his poetry in the January edition of the Italian magazine Multipoesia.

mercoledì 21 ottobre 2009

Victoria Surliuga


Rilancio una scoperta di Viadellebelledonne, la poetessa e studiosa Victoria Surliuga, il cui ultimo libro, Forbici, uscì nel 2006 per LietoColle. Non avendo a disposizione il libro nella sua interezza, bensì le poche poesie rintracciabili nel suo sito texano, rilevo quanto segue:


l'antisublime che diventa racconto familiare dispiegato per foto esemplari, scene sforbiciate a rallentare il tempo che scema, a fissare il quotidiano che sprofonda nel buio;

il dialogo con la caducità, pensata quale sorella della morte, che con le sue lame rende la terra instabile, obliqua, procurando vertigine a chi la vorrebbe dimora;

La scelta di immagini domestiche (ma non addomesticate), care alla tradizione americana ma anche a differenti linee nazionali (mi si scusi l'approssimazione nell'avvicinare poetiche differenti sotto altri aspetti): penso alla linea lombarda (per es. Erba, Neri, Raboni, Rossi) a quella marchigiana (es. D'Elia, Gezzi, Piersanti, Mancinelli, Babino, Nota, Seri) e alla scuola romana (da Bellezza a Zeichen, ai poeti di "Prato pagano" e "Braci");

l'ironia verso la donna vanitosa, laddove ella alimenti la propria vetrina, imbellettandosi quasi fosse una regina. La prima lirica mette a fuoco tutto questo, citando nemmeno troppo velatamente "Onde dorate", un sonetto di Giovan Battista Marino. Se là, la fanciulla fa tremare di desiderio il voayeur mentre la osserva pettinare i suoi capelli-onde dorate con un pettine-vascello d'avorio, qui Victoria ci mostra una donna impacciata, in conflitto con la propria immagine: una donna moderna per nulla vanitosa e senza pubblico, costretta a modellare la propria immagine per sopravvivere alla civiltà dell'apparire.

Qui il suo sito (dove fra l'altro trovate la corretta impaginazione della poesia "mio padre guidava")



icone


rovescia l'acqua nella borsa
pesta il manico inciampa
non vede la lampada le cade in testa
preso il sonnifero livido senza dolore
finestra lasciata aperta di notte a – 6
bronchite e cervicale il giorno dopo
se arriva viva a fine giornata

occhi pesti esce da un match
di box lei contro lei
in velocità dà pennellate
di verde oro rosso effetto barocco
nel suo beauty case un pettinino
cioccolato di petronio
alambicchi pietre filosofali
onde a buchi d'emmental nei capelli
affonda le mani, non vengono più via




**


la valle cadeva a picco nel buio
mentre si valutava il tempo
in eccesso per sentire il silenzio
tranciare netto le tempie
si poteva rantolare paura
tra affannosi respiri
oppure cercare una cabina telefonica
poi risalire in macchina
a spaccare i vetri dei vicini di casa



mio padre guidava

mia madre sbucciava le mele
io guardavo dal finestrino
immaginando

lungo una lettera C dalle punte aguzzate a sinistra
dei due estremi interrotti mancava la memoria
a vent'anni la prima svolta a trent'anni la seconda
il resto si sfumava negli occhi non vedenti

mio padre ci insegnava il croato sulla spiaggia
vuk era lento gli piaceva l'orologio meccanico
erika aveva il gommone però a vuk cadeva il costume
nel tirarlo su con noi mentre suzanne nuotava
il y a une meduse così le aveva toccato la gamba
pestavo formiche nell'erba dove c'era una cicala secca

spingevo da sempre l'anima sui gomiti
come facevo con la valigia piena di libri



le porte dell'ascensore liberty

l'ascensore saliva in diagonale
roteavano a lato i piani
porte vecchie contrapposte
torino trasuda sempre morte

ero un'ospite seduta sul davanzale
non si chiudevano del tutto
in via valfré 17 gennaio 2004
ho sudato un po' nel cappotto
il terreno poteva sparire
con i piedi a penzoloni
mia madre si è buttata
per anni dalla finestra
ma i fili della biancheria
sono stati il suo telone



da bambina camminavo

sulle ali degli aerei
a volte infilavo un braccio
nel tritacarne sull'ala destra
impassibile mio padre
mi tirava per la bretella
e chiudeva il finestrino
gli aerei sfondano le case
per prendere quota
attraversano gli attici
mentre al primo piano
la portinaia taglia
una fetta di torta
i passeggeri abbassano
i finestrini in un colpo
per una boccata d'aria
passando sulla mongolia




i padri aprivano le mani

sulle trecce scompigliate
delle figlie iscritte al college
che si appoggiavano al vetro
con le forcine spezzate
e il gelo percorreva
i capelli impolverati
le orecchie incapsulate
dita intirizzite sulle tempie
si paralizzavano i neuroni



la neve cadeva sulla collina

in un rumore da trapanare
l'anima esorcizzata a tutto
mentre noi un po' imbalsamati
fissavamo la microsuperficie
spalmata di latte scremato e corn flakes
davanti ai mozziconi ghiacciati

e pensare che dieci anni dopo
sarebbero stati gli anni migliori
della poca vita di lamentele
proprio quando si alitava il ghiaccio
nell'aria percorsa dall'ululato di lupi
in corsa sulla collina di neve sporca



se la costa del texas si aprisse sul lago maggiore

potrei uscire di casa e sedermi sulle panchine
vedere uno spazio chiuso e una scheggia di cielo
non i diecimila chilometri tra i continenti
posso sfogliarle per anni seduta a scrivere
sempre dirò le cose sbagliate a mia madre al telefono




Nata a Londra nel 1972 e cresciuta a Torino, Victoria Surliuga si trasferisce negli Stati Uniti nel 1991. E' Assistant Professor di Italianistica alla Texas Tech University, a Lubbock, nel Texas. È autrice di tre volumi di poesie, Risposte del silenzio (Farnesiana 1994), Allergia alla notte (Campanotto 2000), Forbici (LietoColle 2006) e della plaquette dal titolo Abbandono (Edizioni PulicinoElefante 2003). Si occupa di poesia italiana contemporanea e ha dedicato particolare attenzione all'opera di Giampiero Neri. Le sue pubblicazioni più recenti includono una monografia su Neri, Uno sguardo sulla realtà. L’opera poetica di Giampiero Neri (Edizioni Joker 2005) e la cura del volume di prose La serie dei fatti. Quindici prose di Giampiero Neri (LietoColle 2004). Ha anche scritto sul lavoro poetico di Franco Loi e Giancarlo Majorino, e si è occupata del rapporto tra pittura e poesia in Giambattista Marino. I suoi lavori critici si trovano su Annali d’Italianistica, clanDestino, La Clessidra, Gradiva, Humanitas, L’immaginazione, Metamorphoses, Nuova prosa, Quaderni d’Italianistica, la Rivista di studi italiani, Steve, Yale Italian Poetry e sulla rivista telematica Sinestesie.

giovedì 15 ottobre 2009

Tomada legge Alborghetti


Ospito molto volentieri la lettura critica di Francesco Tomada all'ultimo libro di Fabiano Alborghetti, Registro dei fragili 43 canti (Casagrande 2009). Posto alcuni canti, utili a dare un'idea della scrittura di Fabiano più che a supportare la lettura di Francesco.


"Nel 2006, in un paese di provincia, una madre uccide il proprio figlio: da questo fatto di cronaca trae origine e spunto il nuovo lavoro di Fabiano Alborghetti, Il Registro dei fragili – 43 Canti (Casagrande), che racconta non tanto l’avvenimento in sé, quanto il percorso familiare che alla fine ha assunto la forma di un gesto così tragico. Come era già accaduto per L’Opposta Riva, il lavoro di Alborghetti si nutre prima di tutto del vissuto: infatti l’autore racconta di avere a suo modo studiato il soggetto, non solo ricercando e raccogliendo materiali legati alla cronaca, ma seguendo e osservando numerose famiglie nei centri commerciali, nei supermarket, nei ristoranti, infine filtrando e restituendo le impressioni attraverso la lente della propria esperienza individuale. Poesia-reportage, la definisce acutamente Fabio Pusterla nell’introduzione, sottolineando però come nell’opera di Alborghetti ci sia molto di più di un – per quanto profondo – documentarismo, in quanto egli scava alla ricerca delle cause, dei meccanismi umani e di coppia che hanno condotto verso l’epilogo da cui è partita la sua ricerca.


I protagonisti dei Canti sono quasi sempre i genitori del bambino, una famiglia normale verrebbe da dire, sufficientemente benestante e in apparenza senza problemi evidenti. Il padre è un uomo che ci appare arrivista ed arrivato, e riversa sul figlio, che vorrebbe un figlio-uomo, aspettative che derivano più da un desiderio di affermazione personale che da una speranza per il futuro del bambino; la madre è invece una donna che, fallita sul nascere l’ipotesi di una carriera da velina, vede la propria vita spegnersi nel matrimonio ed il proprio corpo trasformarsi come conseguenza della maternità. Entrambi finiscono con l’addossare al figlio la colpa del vuoto che progressivamente si approfondisce tra di loro, opprimendolo con il peso di rivendicazioni che quando sono non-dette diventano ancora più difficili da affrontare: non bastavano i robot a difendere lo spazio: messi in circolo a vegliare / messi intorno alle lenzuola // non distanti dalle mani…

Utilizzando scelte metriche scandite da una ritmica cadenzata e talora volutamente ossessiva, la poesia di Alborghetti racconta una famiglia e attraverso di essa una drammatica crisi di valori, dove bastano i ritagli le riviste che comprava in settimana per sapere / della vita. Bastano, però, soltanto in apparenza, perché nella realtà non è vero che il prodotto è un senso primo / colma fitto ogni altro smarrimento; arriva il momento in cui il senso di fallimento diventa più evidente ed a farne le spese, appunto, sono i Fragili (genitori e figli, tutti sono fragili). Tutto il libro vive del proprio restare sospeso in un equilibrio difficile da sostenere – ma Alborghetti lo fa, e questo è un suo grande merito - tra tensioni apparentemente opposte, fra il racconto freddo e quasi distante dei fatti ed il senso di compartecipazione che necessariamente i protagonisti suscitano, fra il rigido susseguirsi del pattern degli accenti e la comparsa di improvvise aperture e fratture che rivelano il vero cibo di cui il reale umano si nutre, fino a trasformarlo in poesia.

Se da un lato dunque Il Registro dei fragili è un gesto ultimo di compassione per questa famiglia, dall’altro – e soprattutto - il suo significato si allarga al concetto di “normalità”, perché le famiglie che Alborghetti ha seguito e a suo modo studiato non sono state al centro di nessun fatto di cronaca, né i luoghi, né i gesti come fare la spesa, andare al cinema, ospitare gli amici, che qui vengono descritti: si tratta di azioni in cui è fin troppo facile riconoscersi almeno in parte, in quanto appartengono ad una quotidianità largamente condivisa e abituale. Il senso di disagio che il Registro dei fragili lascia non è per gli altri ma per sé, per tutti coloro che, pur non condividendo - a parole o per istinto - i valori dei protagonisti (protagonisti: so di usare un termine quasi cinematografico, ma la raccolta procede spesso per fotogrammi, proprio come un film), finiscono poi per assumerne di fatto gli stessi atteggiamenti, o quantomeno comportamenti simili. La poesia di Alborghetti dunque, oltre a rendere in qualche modo giustizia alle vittime, evidenzia come questo potrebbe accadere a chiunque, se solo la vita si producesse in un piccolo-grande scarto di lato, imprevedibile ed inatteso ma non impossibile, e davanti al quale la certezza dell’ultimo verso, questo a noi non può accadere, lascia il passo a quei dubbi che è sempre meglio porsi in anticipo, prima che le conseguenze di ciò che abbiamo ignorato finiscano per sopraffarci".




Canto II


Occorre l’ordine al vestire, occorre la coerenza
per l’inganno. Cosi ripeteva mentre a mani lisce tutto il bordo
della giacca a risalire, i risvolti, la camicia intonsa attorno al collo

troppo stretta eppure esatta per l’immagine allo specchio.
Un ampio gesto, un ritocco anche ai capelli
già perfetti nell’assetto e tutto il resto: perfezione ripeteva

offrirsi certi come il volto di quell’uomo imparato alla tivù.
Sono meglio a ben vedere, anche più vero:
guardava gli occhi nel riflesso, l’adesione

dell’immagine per il verso che voleva…
Anche la pelle era esatta nel colore, con il tono preso a tempo
nel solarium dietro casa. Perfezione ripeteva

e si mostrava sulla porta alla moglie già vestita.
Mano a mano senza dire. Non dicevano mai nulla. Troppo spesso
non trovavano che dire. E non trovava altre cose a ben vedere:

una ragione per restare soprattutto…



Canto III


Poi la sera c’era il film, da guardare sul divano tutti fermi
c’era il film e se piace ne facciamo un duplicato.
Mi conviene noleggiare e magari li rivendo ai colleghi giù in ufficio

cinque franchi ad ogni copia: è cosi che si guadagna
e annuiva con il braccio attorno al figlio, con la mano sulla spalla
come a dire mi hai capito? che tuo padre sa gli affari

e annuiva di certezze che sapeva d’insegnare…



Canto IV


Occorrevano quei riti alla forma di famiglia
allo stato fermo e ricco di famiglia benestante:
il bambino da lasciare nel recinto a piano terra

con lo scivolo ed i giochi, con le bolle in gommapiuma
poi ognuno alla funzione, certi acquisti nel carrello
da riempire in ogni spazio, certe marche che sapeva

esser meglio come il detto chi più spende meno spende
e l’offerta raccoglieva, il tre per due con il regalo
con il punto che spedito mette in gara all’estrazione.

Occorre molto, occorre avere
per sapere che felici non si accade e il prodotto è un senso primo
colma fitto ogni altro smarrimento: è una vita che lavoro

certe cose sono diritto come prendere il prodotto
senza il marcio della rogna senza essere fregati
e chi si fida di quei nomi, i mai sentiti alla tivù?

Poi la fame nominava: niente basta
mentre fuori nel parcheggio tra le auto tutte in fila
il carrello accanto e pieno

scaricava nel baule,
ogni sporta chiusa bene perché niente si smarrisse
perché nulla andasse perso

fosse preda d’altre mani…



Canto V


Metteva il figlio in fondo al dire con l’orgoglio
del buon seme messo bene nella donna e ne vantava in ampi gesti
con parole da rivista da barbiere: figlio forte

ripeteva quando cresce come me deve pensare
e poi gli insegno anche il mestiere. Lo prendeva per le spalle
lo scoteva come merce mentre il figlio gli annuiva

troppo intenso d’emozione per quel ruolo designato…



Canto VI


Ogni giorno a mezzogiorno accendeva la tivù
per guardare la puntata, quella soap di vita vera
ambientata in posti belli

dove ognuno è straordinario
nonostante l’accadere nonostante
i mille nodi della trama da seguire.

Parteggiava in devozione per la donna e i suoi problemi:
ricordavano la vita e non sembrava poi un copione
perché nella vita vera quelle cose per davvero…

E viveva quelle storie come un colpo al basso ventre
trapuntare le emozioni
nel trovare quel conforto

come odore di minestra quando scopre di star male…



Canto VII


Il collier con l’orecchino, col brillante da un carato
gli pareva un bel regalo, un valore dell’amore ripeteva
mentre in cassa il totale era battuto e pagava con la carta

come a dire che l’amore non ha prezzo né confini
e guardava la commessa coi capelli fatti a coda
ricercandole lo sguardo, sorridendo come a dire

le capisco certe cose, aspettando un suo segnale….



Canto XII


Sulla spiaggia col costume con le forme in evidenza
il colore della pelle e la pelle tutta tesa si piaceva, era bella
come prima di sposare, sono bella ripeteva

e lo dice anche l’amica mentre insieme all’estetista:
quelle foto da sfogliare ripetevano la forma, rimandavano la prova
ch’era bella da morire e certi segni non vedeva

non i fianchi un po’ pesanti maturati in gravidanza, non la faccia
tutta tesa di chi accumula stanchezza, non le mani
consumate dai lavori dai bucati

era bella e si piaceva, si piaceva
ma lontana non presente in questo tempo
dove tutto ti rapina, dove il tempo è sottomesso

alle cose della casa. Là in albergo
era vita da signora: con la cena preparata con la stanza fatta bene
la piscina con le sdraio con il bar e l’ombrellone

col servizio di qualcuno che ti serve in ogni cosa
basta solo domandare e si esaudisce il desiderio.
Riponeva poi le foto nel cassetto del salotto

ritornava in questo mondo dove niente è come pare…



Canto XVIII


Altre sere era diverso, accadeva che il silenzio fosse rotto
dalle grida, dalle cose manovrate come fossero appendice
e si rompeva quel qualcosa

si rompevano i bicchieri mentre altro proveniva
dal livore che dell’odio era adiacente
che dell’odio aveva forma

come il fiato che si espelle dentro l’aria di dicembre
e altro fiato appena dopo
mentre il bimbo non dormiva, ad occhi fissi rimaneva

con l’ascolto e la paura e non basta neanche l’orso
non bastavano i robot a difendere lo spazio: messi in circolo a vegliare
messi intorno alle lenzuola

non distanti dalle mani…



Fabiano Alborghetti nasce a Milano nel 1970. Vive a Paradiso (Lugano, Svizzera)
Ha pubblicato:

- Verso Buda (Faloppio, LietoColle, 2004)
- L’opposta riva (ibid, 2006)
- lugano paradiso - plaquette d'arte - (Osnago, Pulcinoelefante, 2007)
- Ruota degli esposti - plaquette d'arte - (Mendrisio, edizioni fuoridalcoro, 2008)
- dieci gennaio - plaquette - (edizione fuori commercio)
- Registro dei fragili, 43 Canti (Bellinzona, Casagrande, 2009)

Ha curato i volumi

- Corale (Sasso Marconi, Le Voci Della Luna editore, 2007)
- Il Segreto delle fragole 2008 - con Giampiero Neri - (Faloppio, LietoColle, 2008)

Oltre a pubblicazioni in riviste in lingua italiana, è stato tradotto in spagnolo, francese, tedesco, arabo, inglese e sloveno. E’ incluso in una moltitudine di antologie.

E’ drammaturgo teatrale e scrive di critica letteraria per riviste e sul Web.

Dirige la collana Free Press per Le Voci della Luna Editore ed è consulente editoriale per le case editrici LietoColle e Kolibris

Collabora con le edizioni d'arte Fuoridalcoro

Nel 2008 ha rappresentato la Svizzera a San Francisco per l’International Poetry Festival Other Words (su invito del Consolato Generale di Svizzera) e l’Italia all’ VIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo (su invito dell’Istituto Italiano di Cultura)
Nel 2009 rappresenta la Svizzera in Slovenia al Medana International Poetry Festival.

Il suo Blog

lunedì 12 ottobre 2009

Silvia Monti dark tube



La stretta affinità fra musica e poesia cui Silvia Monti ci ha abituati, in questo video si arricchisce di sperimentalismo e tinte dark. Oltretutto, qui emerge anche il suo sense of humor, dote che non guasta ai poeti.

buon ascolto (cliccando sopra il nome).  Silvia Monti

mercoledì 7 ottobre 2009

Francesca Sallusti



Opera prima di Francesca Sallusti, La lepre cede il passo all'oro (L'arcolaio 2008) gira in rete da parecchi anni, anche se non in stesura definitiva. Già nell'ottobre 2005, su Absolutepoetry, rispondendo ad una provocazione di Christian Sinicco, Jacopo Ricciardi scriveva: «Nutrire l’animo, è questo quello che lei vuole, e come una cerva in un bosco rizza di colpo le orecchie per un rumore, così lei utilizza la poesia nei confronti del mondo, nutrendosi di essa come una materia primaria dell’uomo, per la sua vita, lavorandola come si lavora l’istinto». E Lorenzo Carlucci, nel medesimo post, aggiungeva: «Penso sia costitutivo della poesia di Francesca, della ricerca di "purezza" che la muove, e "nudità", il distacco dal ritmo e il tendere verso una forma epigrammatica, o di narrazione arcaica». Quando Gianfranco Fabbri, inaugurando la collana "I germogli", nel febbraio 2008 presentò il libro sul suo blog, ne evidenziò, fra l'altro, la connotazione luminosa e ferina: «La luce, - scrisse - ovunque lungo i vari testi, è posta in grande rilievo; essa, comparata al ragno e ai reticoli della moderna metropoli, pare un elemento pernicioso e penetrante. La ferinità è poi in dotazione pressoché esclusiva di agguerriti aggettivi possessivi, a dimostrare sia la gelosia del sé sia l’essere madre in senso lato (non solo del figlio, ma della polis tutta)». Ancora, nella densa postfazione, Stelvio Di Spigno afferma: «La lepre cede il passo all'oro è una raccolta di versi nella quale la disarmonia del vivere quotidiano si riempie di simboli preziosi, di chiaroscuri ricchi e viziosi, di echi deformanti, di continue slabbrature che mimano la causalità della vita».

Ciò che accomuna questi quattro autorevoli giudizi è il riconoscere l'elemento arcaico presente nella poesia della Sallusti, il contatto con le forze ctonie, che – mi verrebbe da dire – non diventa incendio, ma si condensa in frasi paratattiche e lisce come la verità monda dall'inferno. Inferno che tuttavia ancora s'intravede e pulsa e tiene la poetessa viva sulla soglia di una reggia diventata casa popolare, come una Clitemnestra pasoliniana, che canta sulla strada sterrata e fradicia dopo un temporale. Il suo canto patisce lo stesso smottamento, la stessa precarietà, che è quella del mondo moderno, luminoso eppure malato, solido soltanto nelle copertine patinate e nella retorica del potere.



Dicembre

In quel tempo la luce premeva nel cielo
e il cielo giaceva nella stanza, ci portava il ristoro,
chino su di me come fosse il casto rifugio prima del cammino.
La volontà si sporgeva in quel giaciglio e glorificava il mio corpo.


*

Lasciammo quelle pareti calde,
la delicatezza della prima mattina e l’ultimo gioco.
Lui cerca la parola lungo il corridoio assolato,
in questa luce che riscalda le ossa a chiunque la trapassi.
C’è solo questo cammino di linee di ferro illuminate dal sole,
le sacche sbattono sulle gambe come cuccioli di giraffa.
Nel cuore un pendio, le braccia si cingono l’un l’altra.

[...]


lettere a mio marito

L’Amore
Si masturba con le scarpe del nonno, riposte nell’armadio di noce.
È devastante.
La mattina morde gli angoli dei biscotti piangendo tra i muri rossi.
Lavora nel turismo sessuale sotto il sole con le scarpe del nonno.
La sera è di fianco.


*

Caro marito,
oggi stiamo insieme sei di là, Teresa ti sta accarezzando la testa
di nascosto. So che ti ama molto, dille che per me è meraviglioso...
Dille di venire a vivere qui con noi... So che non sa dove stare...
Dille che quello smalto le sta bene, quando si passa le mani
sulle labbra e piange ti guarda. Oggi mentre dormivi sono andata
con tuo figlio in battello... è disperato, è molto vivo, ti somiglia,
ha la stessa pelle divina... Sotto quella carne c’è lo stesso mondo.
Mi ha dato un bacio. Si è innamorato, ci siamo fumati
una sigaretta dove lei passa sempre... Ha le caviglie devastate
è felice.


*

Caro marito, oggi `e morto mio padre! Lo so, lo sai... eri vicino
a me, eri metallo vicino alla sua bara laccio vicino alla sua bocca
mano sulla mia gamba. Io non ho sentito niente, ma tu soffrivi.
La prima volta che ti ho visto eri di fronte a me radioso, sulla
sedia di paglia, e i tuoi capelli ridevano, i tuoi riccioli insabbiati.
Io sono salva, giuntura di dio, tu l’altra mia gamba tra le luci
aranciate, il mio rigore. Quanti anni avevi? La mia indifferenza
è un fardello. Domani insieme.



Claudia


Vorrei essere la signora di mezza età
alla fermata dell'autobus
che indica il numero
alla sua amica.

Vorrei essere la donna con il bimbo in mano
ancora gravida.
Vorrei essere la ragazza che cerca la via
lontana dal suo quartiere.

Invece sono una puttana con il suo bambino.

Vorrei essere l'uomo che giace
e un muro di casa
rinfrescato dalla pioggia di fuori
dipinto di un colore
ben intatto, non rovinato
dal tempo e guardare i miei cari mangiare.

Vorrei essere la mano che dirige
un piccolo veicolo
nel pomeriggio mite di un giorno autunnale
vorrei essere un individuo caro al tempo.



Primavere e visioni


*

Il pastore, nelle polveri, come candidi infarti.



*

Donne aprono libri come foglie di tè nei lombi delle lune.



*

La lepre cede il passo all’oro.





Altre poesie su Reb Stein

Francesca Sallusti è nata a Roma nel 1976. Lavora come insegnante di portamento in un'agenzia di moda e pubblicità a Roma. E' autrice dì cortometraggi. Suoi testi sono apparsi nell'antologia "Da Napoli/verso" a cura di Antonio Spagnuolo e Stelvio Di Spigno (Kairòs, 2007). E ' stata finalista al premio De André 2006.

venerdì 2 ottobre 2009

Ida Travi a Vicenza (e altro)






Di_segnolibero in collaborazione con il
Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica di Artemis


Promuove una

 Lettura scenica di Ida Travi


Brani scelti da: Neo/Alcesti - Canto delle quattro mura

Moretti e Vitali ed.


Commento musicale a cura del Prof. Massimo Celegato

Del Centro Musica di Vicenza


Presenta

Stefano Guglielmin


Domenica 4 ottobre - ore 17.30

presso gli spazi dell’Atelier e del Centro Musica


Intervengono:
Marta Longo - pittrice - curatrice e titolare dell’Atelier
Ivana Cenci - responsabile del Laboratorio di lettura e scrittura Poetica di Artemis


Questo incontro apre la stagione 2009-2010 del Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica di Artemis condotto da me presso la Libreria Mondadori Quarto Potere, Piazza delle Erbe 9/A VICENZA, che avrà i seguenti momenti :

16 Ottobre: SILVIA ZOICO, Testa e Croce, Valentina 2006

6 Novembre: STEFANO GUGLIELMIN, Senza riparo. Poesia e finitezza, La Vita Felice 2009

 17 novembre: Poesia e linguaggio in MARTIN HEIDEGGER (fotocopie)

27 novembre: FRANCESCA RUTH BRANDES, Trasporto, LietoColle 2009

1 dicembre: YVES BONNEFOY, Seguendo un fuoco. Poesie scelte 1953-2001, Crocetti 2003

15 dicembre: Lettura testi dei frequentanti

12 gennaio: ANDREA ZANZOTTO, Vocativo, in ID, Poesie (1938 1986), Oscar Mondadori 2000

26 gennaio: ELSA MORANTE, Il mondo salvato dai ragazzini e altri poemi, Einaudi 2006

9 febbraio: Lettura testi dei frequentanti

23 febbraio: MAURIZIO CUCCHI, Il disperso in ID, Poesie 1965-2000, Oscar Mondadori 2003

9 marzo: IOLE TOINI, Spaccasangue, Le voci della Luna 2009

23 marzo: Lettura testi dei frequentanti


SONO IN CANTIERE ALTRE DUE PRESNTAZIONI:

Gennaio: Leggere variazioni di rotta 20 poeti dal blog LiberInVersi, Le Voci della Luna 2008


Marzo: ALESSANDRA CONTE, Breviario di Novembre, Raffaelli 2009
- il libro della Conte lo presenterò anche a Dueville (Vicenza) sabato 10 ottobre in biblioteca (con 40 carte dipinte, ispirate alle sue poesie, opere di Lia Malfermoni)

(gli incontri con gli autori sono ad ingresso libero)

Informazioni e iscrizioni al corso:
Ivana Cenci e-mail: moderato_cantabile2006@yahoo.it



Ricordo infine che ho aperto un nuovo blog, Senza riparo, dedicato al libro ma anche alla saggistica letteraria e filosofica.  Lo trovate qui