mercoledì 15 marzo 2017

Pier Damiano Ori su Pierangela Rossi


Propongo un beve ragionamento sull'ultimo libro di Pierangela Rossi, Avventure di un corpoanima, appena uscito da puntoacapo con una introduzione di Filippo Ravizza; raccoglie i due libri,penso di esordio,Conchiglie (1993) e Crisolito, questo un vero e proprio poemetto uscito sulla rivista Steve fra il 2002 e il 2003.

Intanto il titolo: Corpoanima è un neologismo d'autore efficace, plurale, nuovo, ma anche di antica tradizione, dal Nuovo Mondo; nella mia lettura arriva dritto dritto dalla espressione "trascendentalista" di Emerson e Thoreau:quel sentire non solo forte ma certo che le cose che ci circondano, i fatti che accadono, ci riportano e soprattutto hanno a che fare con altro. Questo altro nella poesia di Pierangela Rossi è sia la materia, sia la capacità insita in essa di testimoniare (al di là dell'accadere delle parole) la propria, sempre remota origine.

L'autrice esegue questa impresa raccontando (e dentro il racconto evocando) i casi quotidiani, le abitudini, gli spostamenti di umore e desiderio, suggerendone sempre, però, la loro significante extraterritorialità. Questo, a mio avviso, il legame, più che tematico empatico, fra Conchiglie e Crisolito. Legame autentico, ma mobile, come vedremo.

Conchiglie propone una poesia "selvatica", sempre elegante nel linguaggio, ma molto diversa da quella che conosciamo ora dell'autrice; lontana, in particolare, dalla sorvegliatissima trama metaforica e filosofica di Carte del tempo, il suo importantissimo libro del, mi sembra, 2015.

Rilevo, in Conchiglie, una maggiore enfasi nella costruzione del testo, naturalmente indice di una ricerca, non di una lingua, (che già è salda e sofistica e efficace), di un posizionamento esistenziale, interiore con quelle "persiane messe lì / da chissà quale dio operaio".
Si avverte moltissimo, come poi sarà nel prosieguo di tutta la sua opera ,il peso specifico che l'autrice dona alle singole parole, al di là della composizione nel verso, per altro sempre rigoroso e molte volte sorprendente. Qui, Pierangela Rossi è come in attesa del suo discorso più ampio, lo evoca e lo prepara. Lo troverà pienamente, e con cifra personalissima, nei libri che seguiranno, mai tradendo però questa intima stringatezza di lingua ed emozione che crea un cortocircuito, appunto emotivo, che pochi poeti italiani sanno dare con altrettanta limpidezza.
"Mette la vita / in allarme di morte: / invisibile lo senti / lavorare di rincorsa."
E anche: "paracadute elicotteri e streghe / da bambini erano nomi di fiori."
E ancora: "della conchiglia tu / hai sentito l'abbraccio / io sento il sono del mare // il dentro del fuori conosco."

Crisolito è un'altra storia. Una diversa vicenda poetica, non solo un già differente posizionamento esistenziale. Dedicato al marito Paolo, inizia affermando: "voglio nominarti piano piano."

Rimanendo fermo il già acquisito senso fortissimo del peso specifico della singola parola, di cui dicevo, qui è la struttura della scrittura a diventa protagonista di una vicenda poetica e autoriale che, sempre, mi sembra di potere dire, ha variato negli anni fra questi due poli, facendo della poesia di Pierangela Rossi una scrittura di pluralità, pur rimanendo così fortemente fedele all'intenzione iniziale (mi verrebbe da dire ontologica) della presenza del trascendente nell'immanenza. Presenza educata, non invasiva, che non toglie nulla alla evidente materialità delle cose e alla certezza empirica dei fatti.

Il grande merito di Crisolito è appunto che mai gli occhi dell'autrice sono distolti dalla realtà, dalle cose, dalle persone che ne sono l’origine, ma il verso e con lui l’emozione e il pensiero che la sostiene iniziano a volare alto, molto alto.
"Impercepito e chiuso / fantasma dell'oltranza / leva del disessere svelata".
E anche: "Come inabitata dall'assenza mi dirigo / al centro intimo di me/guarda."
Qui suona Emily Dickinson, ma la musica di Emily è senza alcun dubbio suonata dal piano di Pierangela. È una influenza fertile, autonoma, destinata nei libri che seguiranno a portare una voce singolarissima, riconoscibilissima, elevata e semplice nella scena della poesia italiana di oggi.

Mi sembra che Pierangela Rossi, da Crisolito in poi, quindi quasi da subito, esegua un continuo passaggio dal pensare il fare poetico ad eseguire la poesia della vita quotidiana, la sua, governando però questa esperienza come all’interno di un più vasto spontaneo "sistema di pensiero" in cui collocare l'esiste. Conchiglie e Crisolito sono stati l'inizio di un percorso autoriale alto, dagli esiti plurali ma coerenti, che segnano da allora ad oggi una poesia sempre emozionante, ardita a volte e (questo è il grado di fusione che ne fa una poesia cruciale in questi decenni) consapevolissima.





Pierangela Rossi, Avventure di un corpoanima, puntoacapo 2017



da Conchiglie



tu eri l'oro maturo
io ero
la luna nera
che ti mancava

per amore ci siamo amati
per ridestarci fusi
al chiaroscuro una sera
occhi negli occhi belli,
castani

7 maggio 1984


***


della conchiglia tu
hai sentito l'abbraccio

io sento il suono del mare

il dentro del fuori conosco

28 novembre 1984


***


Dans les tournures de ma chair
demeurent mes coeurs
les yeux cachés 
les choses sans lieu
légères et frissonnantes: moi

(Nelle pieghe della mia carne / dimorano i miei cuori / gli occhi nascosti /
le cose senza luogo / leggere e scosse da brividi: me)

1985


***



dal poemetto Crisolito




quando ti sono postuma ti ritrai
negando il nesso
tra suono e pensiero pensato.
Era il corpo che parlava le sue voci 
sottili. Attutito, l'intorno
al greve 
che credevamo d'essere àncora e ancòra

stasera ti mostrerò i capelli
e smetterò di parlare con l'ingiro corpo
la voce se ricordi serviva per parlare
di cose inusuali: c'è oggi il sole
o il tempo del malumore (inesausta 
carezza certezza a rinfrancare i giorni)

tu custodivi dormendo
la figura in clausura

tenere i cancellati giorni a te
turista là dove più nascosto
è il dire a segno o verbo
diverbio dell'intercalare
confusivo eloquio di persone
ciononostante vivo o viva se

a cifra, segno insolito dell'abbandono a te
la costante presenza dell'uno all'altra
resa così che riscrivere dovrei 
la storia al lieto lietissimo indizio finale


***


lo scisma al punto interno
lacerato all'esterno si mostrava
nova salus nel silenzio rumoroso
dolore in ectoplasma, denunciato
infermo da similprotesi

questo sangue versato interno
fuoco fatuo peso del vuoto interstiziale
inedito  allusivo incorporo dei media
vene spazi opposti all'univoco del male


corpo dilemma divaricato
esito del respiro franto
un ancipite dislega


***


il tuo corpo a me si fa parola
o più sintagma e cerco
le sillabe che illudono il nulla
congruente ancora 
di numerose sedi metonimiche
assumendo a proprio evento i ritmi circadiani

a retroverso e crittografata
tu cominciavi dove io finivo


***


(il poeta) come tutti ha un corpo solo
fatuo o desolato traversato
dagli immensi meridiani
della terra, al centro un vuoto
esasperato nòcciolo di fuoco 
turbamento eventuale, logo
del vulcano un tempo.
Attardato ai sensi da accordare
in sentimento o ciclo o pelle o anima

più non si sa dove, più non sa che le parole
sono così spesso carne.
   (il poeta) è un corpo solo
arruffa speme
seme di inquietudini
dormienti il giorno
in un risveglio prossimo 
all'assenza o confusione
di pensieri in tracce 
(pensieri di pensieri)
  (il poeta) è un corpo solo
inesatto nell'accento e di parole 
trasformate ad arte più concreta
d'esser vivi- Quando scrive 
ha un corpo imperfettamente teso
all'apparire del sovrasenso bisbigliato
povero, già destinato

sempre al limite riprendersi
quel tutto dato a incanto
dispiegata forma dell'ineguale
all'esercizio del nascondere 
e parlare di tempo, di tempo, di tempo
di che tempo fa in questo esatto 
punto del continente australe
arrovesciato svolto il corpo dell'attesa




Pierangela Rossi è nata a Gallarate (Varese) nel 1956. Ha pubblicato le raccolte di poesia “Coclea e Kata” (Campanotto), “Zabargad” (Book editore), “Crisolito” (sulla rivista “Steve”), “Kairos” (Aragno, finalista nella terzina del Viareggio-Rèpaci), “Zenit” (Raffaelli), “Ali di colomba”, “Punti d’amore” , il libro di poetica “Intorno alla poesia” (Campanotto), “Euridice” (sulla rivista “Incroci”), “Euridice e l’Haiku” (LietoColle), (Campanotto) e le  plaquette “Conchiglie”,  “A Paolo” (Pulcinoelefante), “A Paolo” (M.me Webb,)., “Avventure di un corpoanima” (puntoacapo).  E’ autrice di saggi di critica d’arte, tra cui “La cucina del senso” (Martano), “Gli specchi abominevoli” (Dov’è la tigre), “Una promessa di felicità” (Cantoni), “C’era una volta” (Legnano) e “I limiti dell’arte” (Il dialogo). Ha collaborato con artisti con propri testi poetici. Vive a Milano, dove collabora ad “Avvenire” e a “Studi Cattolici”.


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