martedì 20 novembre 2012

Ma scherziamo?



Vi siete accorti dell'incredibile salto nell'Europa che ha fatto Sanguineti con Laborintus? E del modo straordinario in cui poi ha coniugato la deriva storica con quella personale negli anni Settanta? E della Ragazza Carla, che ne dite? L'avete letta? Avete colto la complessità del poemetto di Sereni Un posto di vacanza? Tornare alla semplicità? Sì, forse, ma con le nevrosi di Saba e Penna, con la montagna di libri sulle spalle di Caproni. E Zanzotto? Pare che non abbia epigoni oggi.

Non è facile scrivere dopo questo cimitero portentoso? Beh, allora, si smetta o resti tutto nel vostro cassetto, ma non mi si dica: "questa è poesia" perché si sta offendendo il pensiero luminoso di una tradizione che probabilmente non conoscete. Oppure siete troppo presuntuosi per non sentirne la grandezza e non vi accorgete che i vostri versi sono acqua stagna, cispe, escrescenze per dermatologi, macchie da mettere in candeggina. E a voi che siete un passo più avanti, dico di avere l'umiltà, ma soprattutto l'ostinazione per cercare, senza sedervi soddisfatti alla prima rima ben riuscita e dirvi poeti soltanto perché avete vinto un premio. Ma dov'è il tormento, l'insoddisfatta febbre che tiene viva la voce? Comunque sappiate che non si è mai poeti, non lo si è mai abbastanza. E alla fine di ogni testo, non lo si è più, sino al prossimo, se viene. 

74 commenti:

  1. sono d'accordissimo con lei nella misura in cui dal pulpito la predica conosca anche lo specchio.
    giusto? altrimenti si rischia di predicare sempre bene sul culo degli altri.
    :)
    un caro saluto Guglielmin
    natàlia castaldi

    RispondiElimina
  2. Ho perso l'antefatto, che cos'è successo?

    RispondiElimina
  3. Concordo con natàlia castaldi. Se non ci fosse stato così tanto astio nelle parole di Guglielmin avrei pensato fosse un'autocritica (non certo per l'assenza di letture da parte di Guglielmin, mi pare ovvio, ma quanti versi memorabili, o belli si ricordano scritti da lui?). Un post che tra l'altro viene dopo un'evidente marchetta (sarà bello ciò che piace, ma bianchi pare piaccia perché organizzatore di incontri): e pure io reggo a fatica chi, pure in letteratura (ambito che almeno idealmente dovrebbe essere immune da ipocrisie), si imbelletta con parole eticamente irreprensibili contro altri quando si è appena dimostrato il contrario (appunto, offrire il culo degli altri). Non abbiamo bisogno di questo anche in poesia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. se legge bene, non ho scritto che mi piace Matteo Bianchi. la mia sembra più una stroncatura che un leccata di culo.

      Elimina
    2. Appena pubblicato il post ho pensato: Accidenti, ho dimenticato di scrivere delle consulenze a pagamento! Poi ho visto che se ne è ricordato qualcun altro, per fortuna (va bene il discorso della consulenza del medico, ma ci sono critici, recensori o altro che leggono ciò che gli si manda in modo gratuito. Penso comunque che non servano ulteriori commenti sul Suo tariffario, pratica che credo si tiri fango addosso già di suo). Per quanto riguarda Bianchi, ho letto la recensione (prima del post), e ho visto che non lo elogia. Però comunque bisogna parlarne, no? Per dare visibilità lo stesso, perché alla fine è quello che conta (è sempre una recensione in più). Cioè, qui si parla di Bianchi, per carità, magari diventerà un Grande Poeta, ma basta scorrere la lista qui a fianco e mancano dei nomi ben più rilevanti. Non che il blog debba essere un'enciclopedia di tutti i poeti, naturalmente. L'oggetto in ogni caso non era bianchi, era giusto per fare un esempio recente di come si predichi bene e poi si razzoli male (ah poeti poeti miserrimi, siete disprezzabili: prego, la ricevuta). sara santagostino

      Elimina
    3. se avessi un tempo infinito, risponderei gratis a tutti quelli che vogliono da me un parere (tradotto in tempo spicciolo: 3-4 ore di lavoro). Lo farei perché credo sia utile alla democrazia e dunque anche a me e ai miei cari. Invece ho un tempo limitatissimo, anche se pare che sia sempre in rete. E nemmeno posso perderlo a rispondere alle decine di poeti che mi scrivono via mail. Se queste persone vogliono da me un giudizio, pagano. altrimenti non continuino a scrivermi mail perché li trascuro. Non trova ragionevole questa scelta?

      Elimina
    4. Bah. Non credo che i signori cucchi, buffoni (che mi risulta non si facciano pagare) abbiano tempo da buttare, e penso che ricevano più richieste di Lei (postulo). Continua a non convincermi. Comunque non devo convincermi, non ho niente da mandarle. Sara

      Elimina
    5. conosce persone che lavorano gratis? Io no.
      Nemmeno io voglio convincerla, se non a continuare a leggere poesie. non mie, che sono mediocri come ben saprà.

      Elimina
  4. A me non sembra che nel pezzo ci sia la presunzione incorporata di trovarsi dalla parte giusta del guado scrittorio; semmai la constatazione che la parte giusta del guado non esiste, esiste solo la ghiandola pineale del salmone che non cessa di sfidare la corrente, risalendo semplificazioni e cliché; e questo vale per i pesci poeti dietro ai pesci piloti, mai sedicenti e sempre a spingere, controvoce e controfoce...

    RispondiElimina
  5. Mi tocca accodarmi a chi mi ha preceduto, parlo dei primi commenti, il signor Guglielmin si fa pagare per leggere queste "non poesie" se non erro, se sbaglio chiedo venia,ma in entrambi i casi resta il mio pensiero e cioè che smetta di farlo, ma smetta anche di leggerle.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. mi faccio pagare se mi si chiede una consulenza, come quando lei va dal medico per vedere se ha le emorroidi.

      Elimina
  6. Non conosco i termini sottesi alla polemica. Condivido la desolazione di certa poesia contemporanea che non si chioda dalla contemplazione del proprio mal di testa e ignora la tradizione, ahimè ciclopica, che grava sulle spalle dei poeti, veri o autoproclamati. E mi piace la metafora di Ranieri,della naturalità e quindi della necessità di risalire la corrente.

    RispondiElimina
  7. Andrea Raos20/11/12 20:59

    Stefano, che bello che sei quando ti incazzi :)

    RispondiElimina
  8. Sottoscrivo dalla prima all'ultima parola, anche se mi piacerebbe conoscere l'antefatto per tale esternazione: la sua stessa arrabbiata amarezza giunge più forte perché Stefano mi è sempre sembrato equilibrato, e giustamente severo. Quando leggo o rileggo certi capolavori trascorsi, mi chiedo perché oggi ci si accontenti di così poco e - peggio ancora - ci si imbelletti di quel poco come se fosse la "nuova" poesia...

    Basterebbe qualche prelievo testuale, qualche analisi appena approfondita per mostrare quanta inconsistenza ci sia nella maggior parte della poesia pubblicata e proposta.

    RispondiElimina
  9. l'antefatto si irradia in decine e decine di persone che osannano i propri a-capo. Non c'è nessun cattivo da colpire. Solo un invito a lavorare seriamente sui propri testi, senza mai accontentarsi. Se qualcuno si offende ha la penna di paglia.

    RispondiElimina
  10. Le spiego una cosa, Guglielmin, per chiarire che i tempi grami stanno nello spessore che gli individui riescono a conferire al proprio agire nel contesto sociale in cui operano. Io l'ho "attaccata"? apparentemente sì, ma a viso aperto, con un sorriso e con nome e cognome. Perché? perché lei spara nel mucchio, non si assume alcuna responsabilità, non fa distinguo, lei con quel testo fa un elogio di sé implicito, giudica senza giudicato, senza assumersi il compito e il dovere morale di dire chi e cosa stia giudicando. Probabilmente nella sua idea lei ha nomi e cognomi da "criticare", ma non li fa, si limita all'anatema tout court. Trovo questo assolutamente gramo come i tempi che corrono, trovo che non sia né educativo né utile a nessuno questo sparare nel mucchio restando uccel di bosco. Ecco, io mi tiro dietro molte antipatie e mi faccio molti nemici, a torto o ragione, ma sempre difendendo una mia idea senza nascondermi dietro a un dito e senza chiedere compensi per presunti pareri e consulenze. Non critico lei, Guglielmin, beninteso!, critico un modo di fare critica che non trovo limpido come dice di essere. tutto qui e sinceramente la saluto senza alcunché di personale. natàlia castaldi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. legga le recensioni che ho pubblicato su Blanc in questi 7 anni e mi dica se sono valide oppure inutili.


      Gentile Castaldi, lei non è "nel gruppo", lo sa bene, e altrettanto bene sa quanto ciarpame esce in facebook. Dovrei passare il tempo a nominalo per nome e cognome?

      Elimina
    2. chiudi facebook e apri dante se sei un poeta....

      Elimina
    3. a parte il fatto che Dante lo apro tutti i giorni visto che lo insegno in un liceo, la poesia di oggi ha più a che fare con facebook che con il comune medioevale.

      Elimina
  11. so che forse non c'entro nulla nel dibattito, ma da poeta (se posso definirmi tale) vorrei spezzare una lancia a favore del critico.
    a me lo sfogo è piaciuto. ogni tanto ci vuole incazzarsi, fa bene al proprio equilibrio, poi credo che non è che si debba fare nomi e cognomi sempre. credo più nella responsabilità collettiva che individuale, e fare nomi e cognomi, proprio quando si pensa di assestare un colpo duro al sistema, secondo me non fa che fornirgli implicitamente un alibi.
    io adoro i poeti citati qua sopra, scrivo con molta facilità, e non me ne vergogno, e non sono nella lista a fianco né ci tengo particolarmente ad esserci. per cui non mi sono sentito toccare dalla querelle.
    visto che aggiornarsi è importante e non ho la possibilità economica di comprare molti libri ritengo che un blog come questo sia un bel posto per restare aggiornati su cosa succede oggi nel mondo della poesia, ed è gratis! (molto più gratis di alcune celebrate riviste).
    per finire credo che il lavoro, in tutte le sue forme, anche di consulenza, se ben fatto vada pagato. vorrei essere pagato anche io per le poesie che scrivo. ma a tutt'oggi sono ancora al primo gradino della scala: scrivo per cuccare le ragazze ;)

    RispondiElimina
  12. A scanso di equivoci: nessun poeta pubblicato in Blanc ha mai pagato un centesimo per esserci. Li ho scelti io e li ho anche ringraziati per la disponiblità.

    RispondiElimina
  13. Perche' una consulenza di qualsiasi tipo (economica, legale, ecc.) e' sacrosanto pagarla e una critica no? non mi risulta che sia meno gravoso lettere attentamente e criticare con giudizio, cosa che mi sembra Stefano abbia sempre fatto.

    Ma cosi' e' l'Italia. Questo sabato qui a Nottingham un poeta presenziera' a un evento, il prezzo del biglietto e' di 5 sterline: nessuno grida allo scandalo, perche' come si pagano i concerti e le mostre d'arte, non vedo perche' un poeta (o un critico) no.

    Questo non vuol dire che tutti coloro che scrivono critica debbano farsi pagare (anche io non mi sono mai fatto pagare, ne' lo faro'); dico solo che manca una struttura sociale e un ruolo sociale che renda questo compenso ovvio e scontato. Altrimenti continuiamo, da buoni italiani, a ritenere la poesia e la critica altrove e separata da tutte le altre attivita' umane. Non e', non deve essere cosi'.

    ps: a volte su facebook non resisto e dico quel che penso: ma criticare chi scrive male (l'ho fatto, su un sito, per oltre 4 anni) non serve a niente, il 90% delle volte continuera' a scrivere male e a darsi ragione, accusando anzi di intellettualismo e arroganza chi li critica. Ci sono persone per le quali il confronto e' accettabile finche' non li tocca in prima persona.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. quanto scrive Davide sulla mancanza di contesto e sulla permalosità dei poeti la condivido pienamente.

      E se per caso nei prossimi mesi parlerò del suo libro di poesie, non è per questo suo commento, sia chiaro! Nel dubbio, si legga "Per ogni frazione" (Campanotto 2010)

      Elimina
    2. :) Davide, se lei rileggesse il suo ultimo periodo per concordanze di genere e tempo, dovrebbe forse rivedere anche qualche sua posizione sul valore e l'ampiezza della scrittura.
      Detto questo, scherzosamente, ciò che mi ha portata ad intervenire è stata l'ilarità provata a prima lettura per quest'articolo in forma di sfogo, che nulla ha di diretto a me o a persone e cose di mio interesse personale; l'ilarità che però, dicevo, nasce proprio dal tono che anima l'articolo, dunque dalla sua più totale assenza di mira e messa a fuoco; ma va be', è uno sfogo, al quale ho risposto con un altro sfogo, prendiamoli e lasciamoli come tali.
      Un caro abbraccio a Guglielmin e un saluto all'omniblogpresente Castiglione.
      natàlia castaldi

      Elimina
    3. non è uno sfogo. E' un invito rivolto a tutti coloro che praticano la poesia senza conoscerla a fondo. Il tono è partecipato, con intenzione fàtica: infatti ci sono stati un sacco di commenti e soprattutto un sacco di lettori. La speranza è che qualcuno si legga i poeti citati. E anche Cucchi e Buffoni, ottimi poeti. Ma non si tratta solo di leggerli: bisogna anche comprenderne la funzione entro la storia della cultura italiana. Porsi domande sul senso del fare poesia oggi. Non basta essere intelligenti e sensibili e conoscere le regole della grammatica.

      Elimina
    4. per il resto, un caro abbraccio a te!

      Elimina
  14. Nemmeno io conosco l'antefatto, dunque esprimo solo un paio di pensieri. Il primo: Stefano è una persona estremamente disponibile, e non lo dico per il fatto di essere nella lista qui a fianco. Io gli devo molto come tanti altri. E' anche molto gentile, dunque se sbotta come ha fatto qualche motivo ci sarà. Tutto sommato uno si conquista il diritto di esternare anche con il lavoro svolto sul campo. Infine non trovo per nulla scandaloso che chieda di essere pagato: ha lo spessore critico per farlo, e ha già regalato abbastanza. Certo non è un obbligo rivolgersi a lui, dunque se altri rispondono gratis si vada pure da loro.
    Insomma, non condivido i toni del post, ma conoscendo Stefano tendo naturalmente a giustificarli, anche perchè in poesia la presunzione spesso supera la qualità. Ovviamente escludo da questa considerazione molti degli intervenuti, che conosco, e al contrario ci includo me stesso.

    Francesco t.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Francesco, grazie per le parole.
      Sui toni, vedi la mia risposta delle 16,28.
      ciao!

      Elimina
  15. Luca Rizzatello21/11/12 21:16

    Ezra Pound, Make It New, 1934: “La critica inglese e americana della generazione precedente alla mia, e l'attività del tutto spregevole e maledetta della burocrazia letteraria al potere (materialmente al potere nelle redazioni, nelle case editrici, ecc.) si sono risolte più che altro nella vacua asserzione che la giraffa non esiste, e magari non solamente la giraffa, ma intere tribù di animali, il puma, la pantera, il ben noto bufalo indiano. Pecore e giovenchi castrati essi ne avevano visti, ma non si poteva permettere che un W. H. Hudson tornasse dalle Ande portando notizia di uccelli che «fin dall'antichità abitavano la terra», né che un Beebe si calasse in acqua con un apparecchio brevettato per tirare fuori dalle profondità marine nuove sorta di pesci. La più grossa di tutte le bestie era l'alce cornuto del Dominion, e così via. Bisognava pure segnare dei limiti al concetto di fauna. E via di questo passo. Il fatto che questi tangheri siano stati smascherati come pazzi più di una volta, finora non ha avuto quasi nessun effetto sul commercio librario. Una chiara testimonianza contro tutto quello storto sistema è la cospicua incapacità della plutocrazia di fare qualcosa per rianimare la letteratura”.
    Quindi, Stefano, tu che lo sai fare, fallo.

    RispondiElimina
  16. sì, ho sempre pensato che la mia ignoranza sia un limite..
    sono tante le cose che non ho letto, troppe, e una scudisciata come questa, discutibile o meno, la trovo molto utile alla scrittura quanto un memento mori alla vita..

    la cosa strana è che ho letto in giro molti articoli similari proprio in questi giorni, come fosse una febbre collettiva...

    RispondiElimina
  17. in effetti è meglio tornare a modellare l'argilla,
    la scrittura è una cosa seria!
    un saluto all'arciere :-)

    RispondiElimina
  18. mi piace decisamente lo spostamento del discorso che ha fatto Luca Rizzitello, perché per quanto riguarda
    la responsabilità di metterci la faccia qui c'è (si possono anche usare le freccette: è in bella vista sul blog :)). Il chi (preso di mira) nel gruppo mi pare oltremodo irrilevante come anche il sentirsi (eventualmente) presi di mira, perché qui si parla della poesia (e solo di conseguenza dei poeti).
    Semmai c'è da discutere se "conoscere" la tradizione possa contribuire a rendere meno presuntuosi (e non che si aggiunga anche la supponenza culturale) o, cosa più importante, che lo scritto diventi poesia sotto l'egida della cultura.
    Rispetto al discernere, limitare, mettere in evidenza ecc..,io credo più al ruolo della critica (diciamo quella libera, non certo di quella "burocrazia letteraria al potere"di cui Pound riportato da Rizzitello, dice) piuttosto che al ruolo autolimitante e autocritico di chi scrive (la brutta poesia è una brutta bestia, più brutta della brutta bestia della bella poesia, dato che la bella poesia è poesia..)
    Ciao

    RispondiElimina
    Risposte
    1. la cultura non cambia il carattere: i presuntuosi li trovi dappertutto. Io tuttavia non volevo sembrare presuntuoso (e tu lo hai capito). Nemmeno falso modesto. non ho proprio parlato della mia poesia. Ho solo detto che in giro si leggono brutte poesie che gli autori spacciano per capolavori. Per serietà non ho fatto nomi, altrimenti ciascuno avrebbe meritato una giustificazione: a Natale sarei ancora lì a scriverla: a che pro?
      ciao e grazie!

      Elimina
  19. Porto un piccolo contibuto alla discussione,
    che in reatà non è il mio ma di due Autorità
    intellettuali e poetiche riconosciute dalla storia.
    Il primo è una considerazione di Montaigne, che scriveva nel
    XVI sec.:"Ci sono più poeti che critici e interpreti
    di poesia." Il secondo è di Osip Mandel'stam,
    che per ogni discreto conoscitore di poesia dovrebbe
    essere nome noto e apprezzato; nel 1923 scriveva:
    "Chi abbia
    dimestichezza, anche solo superficiale,
    con la cerchia di coloro che scrivono versi, entra in un mondo malato e patologico, un mondo di eccentrici,
    di gente il cui sistema nervoso centrale del cervello
    e della volontà è infermo, di falliti totali che sono
    incapaci di adattarsi alla lotta per l'esistenza e che
    spesso soffrono di cachessia non solo intellettuale, ma anche fisica." (Trovate l'intero scritto in Poesia n°
    81, Crocetti Editore).
    Vogliamo prendercela con Mandel'stam per la sua tagliente scudisciata? Vi consiglio di leggere la storia, oltre che la
    poesia, di questo poeta Russo.
    In effetti il tuo invito, Stefano, ad essere sempre coscienti, autocritici, umili, in 'divenire' rispetto
    alla propria scrittura e ai propri 'risultati' è, in fondo,
    pura saggezza. Armando Bertollo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. grazie Armando, ma lo sai bene che non sono né saggio né puro. I santi stanno in altri blog. La poesia stessa, da molti decenni, non può essere candida.

      Elimina
  20. a me quando chiedono dei giudizi poetici, dico la (mia) verità. ho pochi amici poeti.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

    RispondiElimina
  21. "in giro si leggono brutte poesie che gli autori spacciano per capolavori"

    Se un autore "pubblica" un artefatto evidentemente lo ritiene degno di considerazione. Ma da parte di chi? Un conto è venire sollecitati a dare un parere e quindi, in una certa misura, ad "occuparsi" di qualcosa, un altro conto è l'imbattersi semplicemente in esso evidentemente trovandoci intorno (perché altrimenti non si capirebbe il motivo stesso d'una menzione) dell'attenzione che si ritiene male indirizzata.

    Riguardo al primo frangente, il compromesso delle consulenze a pagamento mi sembra una "difesa" ragionevole: è implicito che il pagante dovrà come prima cosa condividere "valori", visione gerarchica e le relative direzioni di "elevazione".

    Riguardo al secondo invece, trovo dissonante un certo atteggiamento "pedagogico" non richiesto.

    Perché intromettersi nelle "orgie" altrui?

    Lo trovo dissonante soprattutto con una certa idea di "superiorità" dell'autore: ma come? - vien da chiedersi - perché tanta frustrazione? Il suo talento, la sua attività privilegiata, neppure lo consolano? E che razza di "dono" pretenderà allora di poter fare agli altri? Soltanto quello di convincerli della propria indegnità, e quindi dell'impellenza d'una redenzione, attraverso studi disperati che lentamente metamorfizzeranno in godimenti lontani? Mi sembrerebbe un atteggiamento ingenuo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. non so se ho compreso bene le osservazioni. Mi soffermo sull'aspetto pedagogico: Blanc è nato con questa intenzione. Gli autori che mi spedisco il libro, spesso, mi chiedono un giudizio (e quindi un consiglio). Le recensioni che pubblico su rivista hanno un tono differente. Credo sia importante capire la funzione di "Blanc de ta nuque" dentro la rete. E questa funzione l'hanno decisa i lettori, nel tempo.

      Elimina
    2. Certamente non criticavo Blanc - opera(-zione) che ritengo ineccepibile - soltanto certe valenze che mi è parso di cogliere in questa specifica lamentazione. Un saluto.

      Elimina
    3. sì, è una "lamentazione" amara e anche irritante.

      Elimina
  22. Ciao Stafano,
    non è mia intenzione 'santificarti' e
    per dire cose 'sagge' non si deve necessariamente
    ritenersi puri. Certo è che la tua puntualizzazione,
    o sfuriata, -chiamiamola come vogliamo- è assai più
    'delicata' -ed è questo che volevo far capire- di
    quella di Osip Mandel'stam. (Pur se il contesto di 'frustrazione' -mi concedi di dire così- che l'ha suscitata, mi sembra assai simile.)
    Però è anche vero che ora il tuo bersaglio principale non è chi scrive ma chi diffonde 'moneta scaduta', spacciandola per 'moneta corrente'. Armando Bertollo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. sì, perché distrae dalla grande poesia: rileggiamo il canone novecentesco, quello per esempio che c'è in Mengaldo: non fa male a nessuno

      Elimina
  23. Concludo con un altro passo di Osip Mandel'stam:
    "Nella maggioranza dei casi, coloro che scrivono
    poesie sono pessimi e disattenti lettori di poesia. Essi pensano che scrivere sia solo dolore.
    Assolutamente incoerenti in fatto di gusto, privi
    di istruzione, non-lettori nati, si sentono
    invariabilmente offesi dai consigli di imparare
    a leggere prima di cominciare a scrivere.
    Non passa loro nemmeno per la testa che leggere
    poesia è l'arte più grande e difficile, e che
    la vocazione alla lettura non è meno rispettabile della vocazione alla poesia."
    (da POESIA n°81, Crocetti Editore)
    a.b.

    RispondiElimina
  24. perchè la poesia non può essere candida?
    l'hai scritto tu in un post qui sopra...
    io ho sempre pensato che la poesia può essere TUTTO.
    Proprio perchè libera da ogni costrizione
    (anche quella metrica).

    ciao!

    RispondiElimina
  25. … “non si è mai poeti, non lo si è mai abbastanza. E alla fine di ogni testo, non lo si è più, sino al prossimo, se viene”. Sono d'accordo con te, Stefano.
    Vale un po' per tutti, credo. Per chi scrive senza conoscere i “grandi”, ma anche per chi li conosce come le proprie tasche.
    C'è chi scrive senza avere una grande “cultura” letteraria alle spalle, ma che, consapevole dei propri limiti, legge, studia, approfondisce. A volte esce qualcosa di buono, altre volte no. C'è chi conosce il “cimitero portentoso” e, nonostante questo, non riesce a proporre poesia degna di essere ricordata.
    A me non danno fastidio le ondate di poesia che si trovano in giro, nei blog o nei social network. Lascio perdere, vado oltre (così come altri lasciano correre quando trovano qualche mio verso...). Quello che mi infastidisce, semmai, è scoprire che testi che trovo anonimi, vuoti, puri esercizi di stile (dal mio modesto punto di vista, s'intende) trovano grande riscontro, perché sono “poesie di...”. Forse mi sbaglio, sicuramente conosco poco la poesia, ma a volte mi vien da pensare che “il re è nudo” (e, ahimè, non ho gli strumenti teorici per avvalorare questa mia impressione). Detto questo, credo che l'immodestia di chi scrive poesia spesso raggiunga livelli preoccupanti. E, (ancora ahimè), siamo tutti (o quasi) coinvolti.
    Ciao Stefano, un abbraccio :-)
    Stefania

    RispondiElimina
    Risposte
    1. la poesia è una polpa molle con dentro i chiodi che ci mettiamo noi.
      ciao!

      Elimina
    2. mica solo i chiodi, anche i semi...
      :-)

      Elimina
  26. piccola considerazione - era un bel po' che non si vedevano 50 interventi nel blog (come in altri, visto il loro graduale fisiologico affievolirsi...). complimenti a stefano per avere colpito nel segno sollevando questo, non unico, spinoso problema. un saluto
    roberto cogo

    RispondiElimina
  27. Enzensberger, all’inizio degli anni Sessanta, affermò che la poesia moderna «deve essere non soltanto conosciuta, ma criticata: non è più possibile separare il produrre dalla critica». Il 27 maggio 2012 si legge su ‘Il Sole 24 ore’ un articolo di Alfonso Berardinelli da cui ho tratto un pensiero: ‘… anche la tradizione classica prevedeva il poeta "doctus" e il poeta-critico: da Orazio a Dante fino a Coleridge, Leopardi, Heine. È solo in questi ultimi decenni e soprattutto dagli anni Settanta in poi, dopo Pasolini e Zanzotto, che le cose sono cambiate. Si ha l’impressione che i poeti siano diventati così innumerevoli soprattutto perché credono che la poesia sia un genere letterario senza regole e che non richiede a nessuno di avere qualcosa da dire. Tanta malintesa libertà ha però "liberato" la poesia da un pubblico di lettori e dal giudizio critico, riducendo un genere prima ritenuto arduo fino all’ascetismo in una terra di nessuno a cui chiunque può accedere.’
    Il liberalismo poetico non ha fatto altro che ingabbiare la poesia stessa in una forma che ha strattonato la metrica e il contenuto, cioè ha sottovalutato ‘l’invenzione formale che è una configurazione, una strutturazione del contenuto’(Biagio Cepollaro). Lo stile "creative writing” proposto dalla poesia americana (ricordiamo gli eccellenti e raffinati lavori di William Carlos Williams) ha portato la scrittura verso uno stile scevro da forme retoriche utilizzando l’andare ‘a capo’ e l’assenza di punteggiatura o la sospensione della spaziatura del foglio, come una nuova forma di fare poesia. Infatti la categoria postmoderna dei poets si sofferma su caratteristiche, ora intimistiche, ora socio filosofiche, liberandosi dall’obbligo della forma per entrare nella pratica del verso libero quasi come un’ acquisizione e una riappropriazione di libertà. La legittimazione, da parte della critica moderna, a ‘fare poesia’ in questi termini, ha diffuso la concezione che il poeta è in grado di affinare l’estro lirico nel suo verso libero considerato universalmente oggettivo, staccato quindi, dal suo racconto personale...
    (I Parte)Rita Pacilio

    RispondiElimina
  28. La critica letteraria militante (quando la critica è vera è sempre militante e antagonista) o illuminismo letterario, così come afferma Massimo Onofri, dovrebbe riformulare e riproporre i doveri di una ragione, sia pur minima, fallace e certo relativa, ma ancora universalizzabile, confortato dalla certezza che la critica resti, nonostante tutto, l’unica possibilità dell’uomo e del cittadino per uscire dal suo stato di minorità. Onofri va oltre le definizioni di Giacomo Debenedetti (la poesia, il romanzo che leggiamo saranno nostri, ci daranno la certezza di essere nostri, quando li avremo assimilati a qualche esperienza più profonda e sedimentata, che ci garantisca ormai di non sfuggirci più. Il rintocco che ci avverte che stiamo sulla strada buona è quello che si sprigiona dal fondo … e ci garantisce che il verso che leggevamo o il romanzo o il capitolo di romanzo ha arricchito la nostra conoscenza del destino, del senso e dei fini della vita) e si pone interrogativi cruciali che rimanda a chi vuole impegnarsi in modo sostanziale nell’esercizio di scrittore/critico letterario: sino a che punto la critica letteraria può valere anche come una forma di critica della vita? E poi: la critica militante può diventare a tutti gli effetti se stessa, attingere alla sua più profonda verità, proprio se si va a costituire come critica della vita? La teoria della letteratura con l’avvento del nuovo critico si è fortemente opposta al classico ‘giudizio di valore’ che andava di moda nel Settecento. Onofri ci consiglia di emanciparci da Barthes che a sua volta si distaccava dal giudizio di gusto sostenendo che è dunque giusto affermare che nel momento in cui nasce una scienza della scrittura, che è la scrittura stessa, muoiono ogni Letteratura e ogni Critica...
    La critica non è mai dogmatica anche se è intrisa da un esercizio di responsabilità senza che mai e poi mai il critico si possa vestire da pubblicitario al servizio dell’Editoria commerciale o delle riviste di settore o in voga. Citando sempre Onofri, ne ‘La ragione in contumacia’ 2007, il critico è colui che sa inventare tutti gli argomenti per verificarlo. Ecco: il giudizio di gusto non è il semplice assenso che il critico assicura ad un’opera che irrompe nel mondo, non è la sua dogmatica, gratuita, celebrazione. Il giudizio di gusto nasce, semmai per garantirne il mistero e giustificarne l’essenza... ('La poesia sulla pelle' a cura di Rita Pacilio - Dire e fare poesia oggi - Seminario organizzato da La Vita Felice Sett/ott 2012)

    Il critico letterario va rispettato e riconosciuto come professionista se ne ha le competenze e le mette al servizio della cultura. E' un lavoro difficile, serio, di grande responsabilità. Pochi sono i critici con queste qualità.
    Il poeta va riconosciuto come 'sacro'se lo è. E solo pochi critici possono confermarlo. Il poeta non sempre sa di essere tale.
    (II Parte) Rita Pacilio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. grazie per questa testimonianza. Sposo, fra tutto, l'idea della critica come "esercizio di responsabilità" aggiungo: non tanto verso la società letteraria, ma nei confronti di un'idea di mondo in cui il pensiero creativo (anche la critica è una forma d'arte) sia riconosciuto quale elemento essenziale a una democrazia reale, non solo formale come quella di oggi.

      Elimina
  29. scusate ma stavo aggiornando il blog della carpi e ho pubblicato un mio commento senza ricordarmi che la sua identità era ancora "aperta". rifaccio da capo, sotto le mie vere sembianze!

    RispondiElimina
  30. problema numero UNO: la mediocrità non auto-riconosciuta dei poeti che scrivono, pubblicano, si dibattono qua e là. io, per esempio (così facciam nomi e cognomi! ;) so di aver scritto qualche volta qualcosa di bello e artisticamente valido, tra tutto quello che ho pubblicato e non. ma nell'insieme mai un capolavoro... sono/sono stata perfettamente conscia della mia mediocrità, e lo ammetto serenamente, adesso. cioè lo accetto. perchè amo la poesia e ho due/tre strumenti critici a mia disposizione. e perchè (forse) non sono abbastanza egocentrica...;) certo quando ho pubblicato (e quindi mi sono esposta ad un gruppo più ampio di persone che non fossero solo amici e conoscenti) non mi hanno aiutato i "critici" (problema numero DUE), quelli che non ti considerano perchè non sanno chi sei, cioè non ti hanno mai visto da nessuna parte insieme a qualcuno che conoscono, o quelli che usano le parole per dire quello che è giusto e conveniente dire, col pensiero che riceveranno in cambio lo stesso trattamento. non faccio di tutta l'erba un fascio. ho anche incontrato persone che hanno letto le mie poesie e mi hanno fatto delle osservazioni utili, costruttive, interessanti. davanti ad una birra, ad un caffè, ad un chinotto (come si fa quando si parla di qualcosa di importanti). e persone che hanno letto le mie poesie perchè ne avevano voglia. proprio come faccio io, con quelle degli altri: leggere perchè mi va. a me la poesia piace davvero. mi è sempre piaciuto leggerla (quella bella, cioè quella-che-piace-a-me ;) e ho corso il rischio di perderlo, questo piacere. perciò, anche se ho un paio di altre cose per la testa che vorrei dire per colpa di questo post, caro stefano, mi fermo qui così mi avanza del tempo per leggermi in santa pace qualcosa... ;) e chiudo con una proposta: la GIORNATA MONDIALE DEL COMING OUT DEI POETI MEDIOCRI.
    silvia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. essere artisti veramente mediocri è un gesto di avanguardia. E' quel "veramente" che manca agli artisti mediocri.

      Credo che la tua giornata cedrà poca partecipazione. E comuque non è questo il porblema: abbiamo perso un criterio di giudizio perché abbiamo perso una comunità interpretante. Oggi ci viviamo in una società corporativa, che muove l'acqua per gestirne il potere.

      Elimina
  31. magari il commento sarà doppio, mi si è cancellato il primo...

    Anch'io, come Guglielmin e come giustamente rileva anche Stefania, penso che non "si è mai poeti, non lo si è mai abbastanza". Trovo che definirsi poeta sia
    un gesto arrogante. Ed è significativo il numero di commenti al post; appena si critica la mediocrità dilagante, ecco che arrivano bordate. Per evitarle, da "brava" scrivente, metto le mani avanti dicendo che non sono mai soddisfatta di quel che scrivo ed è forse per questo che continuo, sperando di alzarmi un poco dalla mediocrità e per tentare un giorno, forse, di arrivare almeno a un verso memorabile. @Silvia, bella l'idea!:). Liliana Z.

    RispondiElimina
  32. non ci crederete, ma ho letto e riletto il post di stefano ed è incredibile il travaso di energia che mi ha lentamente investito con le sue parole. energia per continuare a cercare e per mettere ancora una volta in discussione tutto il mio piccolo, mediocre lavoro poetico che solo il dubbio (e la curiosità) ha tenuto in movimento per tutti questi anni. a proposito sanguineti una volta disse - non si è poeta e di conseguenza si scrivono poesie, ma si scrivono poesie e quindi si è poeta. forse vale la pena (ri)partire da lì. roberto cogo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. mi sembra questo l'atteggiamento più utile al poeta: trovaresempre nuove occasioni per riflettere sul proprio lavoro. ciao!

      Elimina
  33. guglielmin, lei per me è una guida importante per leggere buona poesia.
    esiste poesia buona e poesia non buona.
    poi esiste la vita, è lì c'è più poesia che in qualsiasi componimento. anche poesia sporca, dolorosa, fastidiosa di verità.
    non entro nel merito del farsi o non farsi pagare. sono scelte personali e vanno rispettate.

    io della grande tradizione poetica conosco qualcosa ma naturalmente mai abbastanza. mai mi sento abbastanza.
    mai.
    a volte, invece, la grande poesia mi inibisce, e lo trovo giusto. forse aumenta il pudore. e questo lo trovo cosa buona e giusta: avere il pudore nel chiamare o credere poesia ogni cosa che va accapo.
    la ricerca della poesia non finisce mai. è uno scavo continuo. e chi si prende la briga di leggerle, deve scendere in queste buche.

    Daniela Andreis

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ben detto! (e grazie per avermi eletto guida impagabile :-)

      Elimina
  34. Ma perché la discussione sulla poesia diventa sempre un fatto personale?
    Noto un egotismo malato in poeti (o sedicenti) e critici (o sedicenti) che nulla a che vedere con la poesia.

    Stante che molti credono di fare e di essere e non fanno e non sono, a rigor di logica seguendo il discorso qui postato dopo Omero (gli Oméri) non avrebbe più scritto nessuno e a Zanzotto, Sereni e bella compagnia cantando non ci saremo arrivati mai.

    Ileana Izzillo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. se non fanno e non sono, di chi e cosa stiamo parlando?

      Elimina
  35. Non trovo così egotico l'intervento di Stefano. Mi basta leggere la lista qui sulla destra per accogliere la buona fede del suo sfogo, anche se apparentemente lanciato nel mucchio. Detto tra noi Il fatto che non ci sia il mio nome è di per sè una conferma :-)
    Buon lavoro!
    Jacopo Ninni

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Jacopo, la scelta è difficile. ultimamente mi arrivano libri davvero belli, e ho solo due occhi e mezzo cervello (a sentire qualcuno). Però non bisogna disperare. ciao e grazie per l'intervento!

      Elimina
  36. manuel cohen11/12/12 17:49

    Sono pronto a sottoscrivere parola per parola questo articolo di Stefano. Splendido, utile (direi necessario, ma è aggettivo abusatissimo) e onesto.

    Quanto ai commenti: ho goduto molto, davvero.
    Molto avrei da dire sulla questione della 'consulenza': ma è evidente che in un paese in cui la cultura è considerata una sorta di orpelletto da esibire alla festa del Rotary club, o alla sagra della polenta, e nello stesso paese in cui molti sono invece pronti a buttare tanti denari in beni di consumo o futili, la sottostima del lavoro culturale porta inevitabilmente a conseguenze nefaste: avvicinato da un tipo ad una delle tante presentazioni di libri che (quasi sempre) gratuitamente faccio su e giù per la penisola, mi sono ritrovato tra le mani un peso abnorme di libri (ben 12)... considerando che avrei dovuto fare circa 450 km tra treno, aereo, metropolitana e bus extraurbano, ho chiesto al tipo se, gentilmente, avrebbe potuto spedirmi il tutto a casa... il tipo ne è stato seccatissimo, e mi ha confidato: 'raramente vado all'ufficio postale, non mi fido delle spedizioni, e poi, sono venuto fin qui per portarle i miei libri ( che, naturalmente, non avevo richiesto, non conoscendolo). Morale, prendo il doloroso fardello, e commetto l'errore di lasciare il mio indirizzo e-mail.
    Era venerdì. dalla domenica mattina, a distanza di tre ore l'una dall'altra, inizio a ricevere con una puntualità soffocante, mail alla mia casella elettronica: il tipo vuole sapere se ho letto i libri (quando? a cena? a letto? sul treno del ritorno? ) e vuole un parere. A questo punto, molto preoccupato, ripeto quanto già detto a voce: mi occorre del tempo, sa, nella vita faccio ANCHE altro.... Dopo quattro giorni di autentico mobbing, il tipo passa all'insulto: non sono di parola, non sono serio, ed è un crescendo: l'unica arma non-violenta che posseggo è assicurargli che lo leggerò, lo sto leggendo e che cercherò di occuparmi di lui. Cogliendo l'occasione dell'ultimo libro fresco di stampa, assicuro una recensione, sperando di placarlo. Scrivo la nota, gliela invio, e lui mi ringrazia sentitamente (non esimendosi dal consigliarmi di aggiungere qualche aggettivo qualificante, o altro, che naturalmente non aggiungerò).

    Due mesi dopo, sono invitato ad un piccolo festival: ad un'ora stabilita, leggerò versi dal mio ultimo libro. Prima di me, legge un altro autore, anch'egli, hailui, critico: bene, alla sua lettura si ripresenta il tipo. Consegna il malloppone di 12 libri, chiede l'e-mail. Mi saluta cordialmente. Sa che tra poco leggerò dal mio libro. Ma questo a lui non interessa minimamente. La sua mission era consegnare la sua opera ad un altro abbordabile critico...

    ero basito: neppure un inimo di curiosità per i miei versi. Eppure mi ha pedinato, ossessionato, costretto in qualche modo ad occuparmi di lui: il dramma è che per alcuni non c'è l'altro. C'è l'io, minuscolo, minimo, narcisista e egoista.

    Tutto questo per dire che una lezione è sicuramente da trarre: nel mondo delle merci e del profitto sei e vali per quanto sei pagato. Ci sono occasioni in cui sarebbe lecito chiedere una tariffa. Il nostro impegno, il nostro entusiasmo, la nostra passione, meritano (meriterebbero) il congruo apprezzamento. baci,
    manuel

    sperando di non essere frainteso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. è così tragicamente bella questo tuo racconto, che quasi quasi lo trasformo in post, che ne dici?

      Elimina
    2. manuel cohen12/12/12 11:41

      va bene, Stefano. Fai pure: non ho tempo per ricorreggerlo. <ma va bene così: di getto e d'impulso! abbracci.

      Elimina