sabato 3 dicembre 2011

Sergio Rotino


Loro di Sergio Rotino è il primo volume della nuova collana PoEtica (diretta da Manuel Cohen) delle edizioni Dot.com Press, nate per continuare tutte le collane già edite con il logo Le Voci della Luna, e realizzarne altre a marchio proprio. Libro straordinario questo di Rotino, poeta laureato in Storia del cinema, che monta i piani sequenza di una vicenda nominata soltanto per indizi e dettagli, come nei migliori polizieschi: "il sottile scroscio di benzina", "un foro nel cristallo dell'utilitaria", "l'uno dice [...] l'altro comprende", "spingono gli otturatori ad agire", "l'omino in tuta blu"; e una data: il "19061991" scritta come un codice a barre o il numero della divisa di un carcerato. Vicenda esemplare per gratuità, ma che poteva essere qualsiasi altra: l'omicidio del benzinaio Graziano Mirri, a Cesena, da parte dei fratelli della UNO bianca, serve infatti a Rotino per mettere in scena lo stato di natura che da sempre ci abita, quel "buco nero aperto dalla specie", cui abbiamo apparentemente rinunciato assoggettandoci allo Stato, come ipotizza la teoria giusnaturalista. Che l'animalità non si possa sedare tramite la morale e la legge lo sappiamo per esperienza, oltre perché l'intera letteratura moderna lo ribadisce di continuo; da qui la "paura" diffusa, "quella che perdura" nelle vittime e nei carnefici, quasi che la vita fosse una continua lotta non tanto con la natura sui generis, ma con il suo aspetto più subdolo, l'aggressività, che "sguscia illesa" come "faina" da un buio eternamente presente in noi, in tutti noi, al punto da non potere più distinguere i dannati dai salvati (e la memoria corre ad un film che sicuramente piace al poeta, "Mucchio selvaggio", la cui banda criminale ha occhi innocenti, come "le mani" dei protagonisti del libro). Lo stesso Rotino, mi pare, s'incesella in quest'inferno naturale in cui nessuno vince, criptandosi nell'aggettivo "serotino", riferito al "privato silenzio" della scrittura dell'"uomo dal quale il fiato prende inizio".

"La bestia che abbiamo nel cuore" si muove sottotraccia nel tempo ordinario, diventando sovrana in alcune persone, sino a trasformarli in uomini-lupo, con "facies pallida, oculi sicci et cavi, visus hebes" come recita la voce Lycantropia nella biblioteca digitale dell'antica Grecia, citata da Rotino a proposito dello sguardo rancoroso che il fratello dominante dà al recessivo, sguardo proprio alla selva, ai predatori, e che caratterizza emblematicamente la relazione fra i due durante l'intero racconto. Eppure loro, come detto, sono l'incarnazione del nostro dualismo cannibale e di quanto in noi ci spaventa: loro, come in un romanzo horror, sono l'alieno che pulsa dalle origini, l'alterità che ci spaventa, che tuttavia dobbiamo conoscere, non per addomesticarla, ma per una più profonda conoscenza di noi stessi, sino a diventare, ciascuno, come già Rimbaud aveva insegnato, "il gran criminale, il gran maledetto – e il sommo Sapiente! –".

Per evitare accostamenti della propria poetica alle abissali altezze dei simbolisti, Rotino opera con metodologico distacco emotivo sui materiali, con scientifica neutralità, sia moltiplicando i punti di vista e i fotogrammi (come appunto fece il regista Sam Peckinpah nel Mucchio selvaggio), e sia tramite la regressione dell'io lirico, per consegnarci una sorta di documento lapidario, un regesto di criminologia e, al tempo stesso, un copione cinematografico, un petrolio pasoliniano in versi, costruito non per accumulo di materiali ma per selezione, decantazione decennale. Tanto più accurata se si pensa che questa è opera prima, ma nulla contiene delle urgenze emotivo-terapeutiche che sovente contraddistingue tali inizi.

Al di là della vicenda, di per sé originale e senza contare l'impianto filosofico che la presuppone, di per sé sufficienti a fare di Loro un libro meritevole di parola, è proprio il montaggio a colpire il lettore, la scansione delle scene, in cui azione, commento, paesaggio, primo piano, voce fuoricampo si susseguono, dando vita ad una trama con tante piccole tensioni, punti focali, entro una fabula che parte dall'avvicinamento al luogo del delitto, passa per l'omicidio, la prigione e si conclude con una data,"13092019", un fermo immagine dove loro "tengono lo sguardo fisso sull'argine della rotaia / sul punto vuoto che divide la terra dall'acciaio". Un punto vuoto in cui il fertile e lo sterile s'incontrano, un crocevia dove ciascuno di noi è chiamato a rispondere di sé, del proprio agire e non agire.

Segnalo infine la scelta metrica, con alcuni versi lunghi più di 50 sillabe (ed altri brevissimi), in un discursus ininterruptus che sta in bilico tra il flusso di coscienza ed una scansione logica riconoscibile, come accade all'inizio del prologo: "la bestia che abbiamo nel cuore con noi sempre si adagia dentro il freddo componimento delle ragioni uggiolando verso l’enorme ragno cui portare rispetto oltre ogni senso del dovere". Si tratta di un unica bocca di fuoco, nella quale è possibile ricavare novenari, endecasillabi, e che ricorda, per l'azzardo riuscito, quel lunghissimo piano sequenza incipitario de L'infernale Quinlan, di Orson Welles, anche lì pieno di uomini-lupo, in cui nessuno è innocente.



prologo


la bestia che abbiamo nel cuore con noi sempre si adagia dentro il freddo componimento delle ragioni uggiolando verso
[l’enorme ragno cui portare rispetto oltre ogni senso del dovere
per ammirazione e certo un po’ di invidia vedi il caso sia arrivato prima abbia nidificato prima partorito prima perciò di
[diritto a lui tocchi il boccone migliore quello da noi tolto ad altri senza alcuna forma di mandato insomma per dovere
eccola ci chiama da lontano quasi fosse una sirena antica dopo aver filiato i suoi giri di parole l’esatto pensiero dei suoi pensieri
per ricordare a noi involucri quali siano le regole basilari del comando le leggi da elencare nel continuo giro di rappresentanza
a noi mandatari di un potere senza fondamenta se dio solo volesse e tolta al conto la paura
quella cromosomica dell’uomo sostanza netta appena cinque lettere quella che perdura




entrata


eccoli dunque i servi fedeli la mano sinistra del dio crudele che governa sui molti col fuoco dei nervi e l’acciaio riparatore
eccola quella mano di fabbro farsi avanti immersa nell’incandescenza dei mattini per tramutarsi in spada lancia bastone
al seguito di un cavalier servente da cui offrirsi come lume di altra coscienza




intermedia


ammirano lo strato secondario della luce
quella piega meridiana che strappa forme dal paesaggio
riducendole a fondale necessario
qui andrebbe fatto lo sforzo si dicono
qui non poco oltre
fermando il tempo nell’istante imposto alla natura
e l’uno capisce la parolina la formuletta magica
composta dalla metà a se stesso identica
allora con gli occhi immagina il boato avvenire
prendere forma prima dell’orizzonte
senz’altro bisogno di sapere




azione seconda


sanno che dietro ogni presenza esiste solo il vuoto offerto dalle risposte
e con questa certezza fissata nelle tasche decidono di ripetere l’azione
così da rafforzarne il senso al cospetto della vista per meglio ingannarla
e da lei essere ingannati senza darsi pena nello specchio messo loro davanti
giocando al gioco cui sono impegnati

entrano in scena si fingono avvocati pronunciano sentenza




presenza

l’uomo dal quale il fiato prende inizio e attorno si propaga in quanto legge sovrumana
il di loro padre putativo contro cui mai rivolgerebbero parola o mano
quell’uomo tutto segna coscienzioso sul quadernino rosso degli appunti
nel privato silenzio serotino mappando i territori sottomessi con grafia sottile
affinché illegibile appaia alla maggioranza dei curiosi ma al di sotto osservi una tramatura secca dove l’errore da sempre
[è sconosciuto

lui che tutto sa perché ha progettato perché ha capito il senso del comando
incarnato dal gesucristo massimo fattore con in mano quel cuore il crocefisso
pena e dolore punizione quanto orrore per chi al suo cospetto mai si è chinato
capendo dell’operaio quanto si è voluto capire quanto basta a proseguire ignorato dagli ignoranti
ha capito che semina con orpello vanno di pari passo l’uno fratello all’altra
l’uno dell’altra cuneo trivella scasso pronti nel più prossimo dei ritorni a sollecitare
con la calma perentoria dei discepoli l’unzione il pentimento annesso alla questua giornaliera dato in forma di richiesta
[tanto che vi costa

in contraccambio a ogni rinato offre la tranquillità solare di un posto tranquillo dentro la filiera alimentare e
un muro alto di parole da custodire assieme alla parete del silenzio poi
nuovamente reiterata la domanda di obolo l’incasso
giusto sèguito al fraseggio seriale della scabra predica patriarcale
allo spettacolo dei botti dei fuochi regalati a chi vuole il male contro il suo stesso bene
sottolineato forte con l’indice a scorrere sulla pagina
proprietà dell’uomo concetto eterno di chi tutto immagina




19061991: una dichiarazione


di fatto il benzinaio sarebbe morto appena qualche anno dopo
per una deficienza del miocardio o per un danno cerebrale
partito da una bolla infinitesimale nata casualmente
ma che con decisione esponenziale si sarebbe fatta largo
fino al centro della fronte dove scattano sinapsi neuronali
affinché l’anima apprenda nuove forme di esperienza
debellando così quanto l’omarino in tuta blu voleva per suo materialistico tornaconto
giuriamo di saperlo ci pensava sempre ossessivamente

graziarlo prima del suo tempo naturale
è stato il naturale volere di dio entrato nei camici in metallo
per meglio rivelare l’alto suo comando
attraverso il nostro il mio chiudergli desideri e costrutto

non per questo vi permettiamo di dire ci siano ore del giorno
in cui il buio appare sempre più fitto




tredicesima


non dio non il concetto calcificato e pio catturato negli affreschi
ma l’arcangelo alla sua destra
il primo fra i pari a percepirne l’intenzione messa davanti al gesto
alla di lui prosecuzione
questo è quanto vorrebbe essere nella finzione del suo continuo misurare lo spazio stretto in cui si muove per obbedienza sola
di cui in fondo si accontenterebbe ancora pur di agire nell’ombra con discrezione
dismettendo la parola che sempre lo riduce lasciandogli secca la gola
perché in lui nessuna visione mai si riproduce


Sergio Rotino È nato a Lecce nel 1958, ma vive a Bologna dove lavora in campo editoriale e giornalistico. Ha fatto parte della cooperativa culturale “Dispacci” presieduta da Roberto Roversi ed è stato fra i fondatori delle riviste “Versodove”e “Carmilla”.Ha pubblicato il romanzo Un modo per uscirne (Abramo editore, 2009)
e curato varie antologie di narrativa fra cui RZZZZZ! Scritture Sotterranee6000 raudi e 2mila paranoie (1993, 1996, Transeuropa), Resistenza60 (Fernandel, 2005), Quello che c’è fra di noi (Manni, 2008).
Suoi testi sono apparsi su quotidiani italiani e su varie riviste italiane e straniere. Compare inoltre su alcune antologie fra cui Giallo, nero & mistero (1994, Stampa Alternativa), a cura di Marcello Fois; Kaori non sei unica e Miguel son sempre mi (1995, 1996, Tempi Stretti), a cura di Matteo Bianchi; Fantastorie dal terzo pianeta (1998, L’altritalia), a cura di Valerio Evangelisti; Indagine sulla poesia (1997, Pendragon), a cura di Gilberto Centi; Akusma. Forme della poesia contemporanea (2000, Metauro Edizioni); Le poesie del Navile 2000 (2000, Mobydick); Cinque anni dopo il duemila (2006, Giraldi), a cura di Bruno Brunini e Carla Castelli; Corale (2007, Le Voci della Luna), a cura di Fabiano Alborghetti.
Questo è il suo primo libro di poesia.

8 commenti:

  1. mi coinvolgono molto queste riprese del flusso di “presenza” /coscienza, sicché non si rimane da lettori sullo sfondo o inerti davanti al palco (malgrado la parola “finzione” sia spessa e si trovi fra le righe)
    perché
    magari non “giusto sèguito““al fraseggio seriale della scabra predica patriarcale”
    (che è duro da dire e che dunque dice bene delle quinte e della messa in scena, della prosecuzione-persecuzione umana)
    però sicuramente dentro, tanto da sentire, come dice gugl in questa disamina (speciale), il coup de théâtre del montaggio e nello stesso tempo sentirsi profondamente parte dell'ingranaggio.
    C'è l'uomo e c'è un Dio che si dichiara fatto uomo, (anche minuscolo quando ridotto a immagine e nostra somiglianza...),
    ma anche alla destra del padre la prosecuzione è in questa finzione (direi ontologica) iniziale: “tredicesima” è la scena nella quale si dichiara la finzione “che si muove per obbedienza sola” e tuttavia “si accontenterebbe” di ciò e di “agire nell'ombra” se potesse “dismettere la parola”,
    perché quell'arcangelo (il tredicesimo “apostolo”) a me fa pensare a Lucifero, alla sua ribellione, alla caduta – venuta del male.

    Trovo molto bello questo post e senz'altro un forte spunto a leggere questo libro.

    Grazie! una buona serata a tutti

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  2. @ Margherita
    Grazie, l'interpretazione di tredicesima è una delle più calzanti che si possano dare. Per me è una delle rappresentazioni del Male, del suo essere nel mondo, ontologicamente, e spalleggiato dal Bene, in qualche modo.

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  3. buona domenica a Stefano e ai suoi ospiti.
    in coda al bel commento di Margherita mi permetto:
    il tredicesimo apostolo lo sento/interpreto tra versi di Rotino anche come Giuda secondo Giuda (Giuda I e Giuda secondo quello gnostico quello del Vangelo veicolo di salvezza umana - dal bacio amoroso e non traditore - e anche sento questa scrittura come espressione millesimale d' ogdoade soverchiante dove Abramo Isacco e Giacobbe più vicini alla pure luce: mi rende positive connotazioni, mettiamola così. sono punti di vista di ascolto da lettore non sullo sfondo come dice bene Margherita e così diversificati lettori con diversi strumenti siamo istanti d' interpretazione o scatti soggettivi soggetti a tangibile ispirazione poetica verso quello che leggiamo. (segue)

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  4. (paola lovisolo) cara polvere4/12/11 15:44

    spezzo in due il commento altrimenti non si pubblica.

    interessante poetica questa di Serotino - che non conoscevo - dalla portata biblica dall' inclimazione apparente a dividere il Bene dal Male e fare di questa contrapposizione la Natura assoluta radicata nel genere umano in portata genetica. eppure c'è anche dell' altro in questo stile fibrillatorio senza inizio né fine. uno stile a flusso di coscienza filmica da un piatto della bilancia all' altro) ermeticamente alchemico in contraddizione con l' apparenza. una ricerca (richiesta) profonda di come affrontare Dio (la di lui Alterità in terra (?)uno scavo ardito nella necrosi che la realtà comporta senza mai definitivamente compiersi in qualcosa di certo. ecco quanto alla mia lettura ma c'è da scriverne. e molto attingibile la presentazione di Stefano. grazie. un saluto.
    paola

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  5. leggere pagina dopo pagina è ancora più chiarificante per comprendere la natura 'cinematografica' del libro. sulla natura ontologica ed etica, bene avete detto voi.

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  6. è la pineta di porto Selvaggio nella foto?

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    1. Caro anyos, ci sei andato vicino. La pineta che intravedi è quella di Santa Caterina, località adiacente a Porto Selvaggio.

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  7. non lo so, dovresti chiederlo all'autore

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