venerdì 30 luglio 2010

La sfiducia a Fini: la democrazia piange



La natura della democrazia si fonda sul paradosso secondo cui è necessario difendere e sostenere le libertà individuali a patto che queste non minaccino il sistema stesso di riferimento, ossia, appunto, la democrazia. Se questa difendesse la tesi antidemocratica, imploderebbe, toglierebbe a se stessa la possibilità di essere praticabile. Nelle democrazie è dunque essenziale il dibattito fra le parti, proprio perché – con esso – si rifonda di volta in volta l'essenziale pluralità dei punti di vista, la disseminazione degli interessi, legittimi a patto che accettino di rimanere nella cornice di riferimento, che non è soltanto dato dalla difesa delle libertà, ma anche dalla condivisione d'essere parte di qualcosa di più necessario: la sovranità popolare. Quest'ultima insomma legittima ogni singola azione finalizzata alla difesa della propria identità, la quale, a propria volta, accetta di essere comune, parte attiva di un tessuto che non può essere prevaricato.

Quanto è capitato ieri all'interno del Popolo della Libertà, ossia l'esclusione di un iscritto (non conta che sia fondatore) perché minacciava l'integrità del partito, attesta che quest'ultimo si fonda su principi differenti dalla democrazia. Far coincidere l'unità (sempre plurale, in democrazia) con il pensiero unico è, infatti, fascista; far decidere al capo del partito le sorti dei 'dissidenti' è fascista; preoccuparsi dell'immagine del partito anziché della corrispondenza di questo ai principi democratici, è fascista; dire che un partito con le correnti avrebbe vita breve (cosa non vera vista la storia lunghissima della Democrazia Cristiana) e per questo uniformarlo al modello imposto dal leader, l'unico detentore della libertà, è fascista.

Chiaro dunque che il Pdl è una forza politica che minaccia l'essenza della democrazia proprio perché pratica la negazione dei principi su cui essa si fonda. Sarebbe il caso che il popolo sovrano ne prendesse atto.

27 commenti:

  1. Parole sante.
    Non apprezzo Fini nè il suo comportamento, e certo non sarà lui a farci uscire da questo letamaio. Ma quanto è successo non ha altre interpretazioni...
    Molto preoccupante, da molto tempo.

    ft

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  2. Fini ha una storia politica complessa. ha fatto i conti con i suoi fantasmi, ne è uscito bene, da liberale convinto e da democratico. Sicuramente non sarà lui a portarci fuori dal letamaio. hai ragione, né alcun altro politico. Sarà il popolo italiano quando comincerà ad esistere. (forse mai?)

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  3. La democrazia non esiste. è questo che dovrebbe capire il popolo sovrano e comportarsi di conseguenza, ovvero: prendersi la responsabilità della propria vita e smettere di delegare a vanvera.

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  4. democrazia diretta? allora la dai per esistente o, più correttamente, per possibile (anzi: auspicabile).

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  5. Più che democrazia diretta (non mi è mai piaciuta la parola democrazia, così come tante altre parole abusate ultimamente - soprattutto quelle che finiscono con crazia) parlerei di responsabilità del singolo all'interno di piccole comunità autonome collaboranti (o anche no). è più lungo ma meno vago. E poi è la forma di convivenza più vicina all'anarchia, forma di non governo che preferisco di gran lunga su tutte le altre. Se esiste Dio e una schiera di adepti che la domenica la trascorrono in un luogo ampio e preferibilmente buio, allora tutto è possibile. Basta crederci.

    Luigi

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  6. sì, anarchia in effetti è parola che si adatta alla tua descrizione. oppure falanstero. forse sei un socialista utopista e non lo sai :-)

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  7. " La coesistenza umana diventa possibile solo se si trova una maggioranza che sia più forte di ogni singolo e faccia blocco contro ogni singolo. Il potere di questa comunità si contrappone poi come diritto al potere singolo, che è condannato come forza bruta. Questa sostituzione del potere del singolo con quello della comunità è il passo decisivo a favore della civiltà...La prossima necessità che quindi la civiltà fa valere è quella della giustizia, cioè l'assicurazione che l' ordinamento giuridico una volta stabilito non sarà nuovamente infranto a favore di un singolo"

    Dal Disagio della civiltà di Sigmun Freud ; da ciò si deduce che l' Italia non è un paese civile.

    Sergio Z.

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  8. Il problema mi sembra l'abissale
    distanza tra l'eccesso di consape-
    volezza rivolta al conseguimento
    dell'interesse particolare e dei
    mezzi per conseguirlo (quella di un
    certo modo di chiedere e di gestire
    la delega del potere) e l'eccesso
    di incoscienza dell'interesse comu-
    ne dall'altro (la 'massa' di elet-
    tori incantati dalla demagogia e
    dal populismo). Auspicabile sarebbe
    qualche deciso passo indietro da u-
    na parte, e qualche altrettanto de-
    ciso passo avanti dall'altra, verso
    una maggiormente condivisa respon-
    sabilità del comune 'stato di pre-
    carietà': verso un sistema democra-
    tico inteso come opportunità per
    tutti anziché come opportunismo per
    pochi. L'educazione e la formazio-
    ne dovrebbero esserne i pilastri
    imprescindibili, il 'quinto pote-
    re', ma purtroppo anche in questo
    caso c'è un condizionale di troppo.
    Armando Bertollo

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  9. avete ragione entrambi: a citare Freud, maestro ancora oggi, e a ribadire la necessità di un rafforzamento della comsapevolezza politica da parte dei cittadini

    ciao Sergio, ciao Armando.

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  10. A me piace la democrazia. Non tanto nel suo etimo (potere del popolo) o nel suo vacuo uso/abuso. Penso alla democrazia come a un grande contenitore nel quale inscrivere le mie libertà e quelle del mio vicino. E non mi sento affatto limitata (ne ho fin d'avanzo) da questo contenitore (che deve però essere il più intelligente possibile e il più possibile costruito sui diritti e sui doveri di tutti). Difficile, ma necessario. Sacrosanto. D'accordo su tutto con Stefano. Sarò ovvia, banale e ripetitiva, ma questo Presidente del Consiglio e il suo governo mi fanno orrore. luisa p.

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  11. Il mio commento traeva spunto da quello di Luigi B. L'ho pubblicato nn avendo letto quelli dopo, che leggo ora. luisa p.

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  12. Il kraton non mi piace. Il concetto di governo e di forza (perché di questo si parla) isolati dal contesto politico che li giustifica sono insopportabili. Il governo non è del popolo madel singolo. Se è vero che l'uomo è un animale sociale, il singolo padrone di se stesso sa che da solo non può andare lontano. il suo interesse è anche quello dei suoi simili.

    L'anarchia etimologicamente è mancanza di causa, di principio. Ovvero la gratuità dell'atto della convivenza. Questo non è impossibile, a patto che vi sia il rispetto degli equilibri naturali. Fondamentalmente siamo troppi. In un campo di fiori il papavero vive accanto la magherita senza problemi alcuni. Ma se dal campo li trasferiamo in un vaso per uno solo di loro, l'uno soccomberà all'altro.
    Stef, non so nemmeno cos'è un socialista utopista. La politica non mi piace. L'anarchia (nonostante sia stata politicizzata) è quella che più si avvicina al mio modo di vedere le cose perché la gratuità su cui si basa è la stessa su cui dovrebbe basarsi l'arte. L'anarchia è l'arte al governo, ovvero l'accettazione dell'assurdo su cui si fonda la condizione umana.
    Luigi

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  13. Luigi, non hai studiato storia dell'ottocento europeo quand'eri al liceo? :-)

    Luisa, non dobbiamo mai stancarcidi dire ciò che pensiamo, anche se sembriamo ripetitivi.

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  14. margherita ealla2/8/10 14:41

    "Per la prima volta nessun ministro alla celebrazione" nell'anniversario della strage di Bologna
    ecco, detto tutto.

    Poi, condivisibile la tua analisi gugl, anche se temo che la sfiducia a Fini, una volta che sia passata l'interrogazione dei cittadini (comunque pochi...) sui massimi sistemi (della politica ecc..), diventi addirittura una specie di manfrina che paracula Berlusconi, il quale può mettere su la solita solfa che non è colpa sua se non riforma (o meglio se non governa per lo Stato, che in quanto all'interesse proprio...),
    la Lega dirà lo stesso di fronte al proprio elettorato rispetto al federalismo, Fini potrà cmq vantare una coerenza con i suoi.
    L'opposizione?


    Per riallacciarmi infine alle riflessioni di Luigi e a quanto riportato di Freud da Sergio Z. ("Il potere di questa comunità si contrappone poi come diritto al potere singolo, che è condannato come forza bruta"),
    essendomi passato fra le mani in questi giorni "le centoventi giornate di Sodoma" di Sade, ecco, aggiungo, che lì è proprio descritto l'orrore per l'assoluta libertà che per Sade è data dal fatto che la natura ci fa nascere soli e che il più grande dolore altrui conta meno del piacere personale ("che importa se devo acquistare il più piccolo godimento con un inaudito cumulo di delitti, dal momento che il godimento mi lusinga, è in me, mentre l'effetto del crimine è fuori di me").
    Singolare cmq è che questo libro (poi disperso nel saccheggio conseguente la presa della Bastiglia!) sia stato scritto in carcere e che mentre Sade "teorizzava" quanto sopra, andava incitando i cittadini alla rivolta, gridando dalla finestra della prigione: "Popolo di Parigi, qui si sgozzano i prigionieri!"


    Ciao

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  15. dici che B è come S (non Sergio, ma Sade)?

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  16. margherita ealla3/8/10 19:06

    oh no! il godimento -oltretutto teorizzato in modo letterario- di Sade è, secondo me, "puro", nel senso che nn è altro all'infuori di se stesso (nn è un tramite verso altro o l'altro, nn è un veicolo per mostrarsi per es.,).
    Poi, scendendo sul dettaglio più basso e pratico, nn bastano quattro escort intruppate e lacché che cantano "meno male che Silvio c'è"o il lettone di Putin, a fare lo scatenamento dell'uomo...
    d'altra parte se uomo nn c'è ..
    insomma. sarebbe un ingiusto contrappasso svilire Sade (scrittore) con un simile paragone-

    Mi interessava il discorso sulla libertà (e aggiungo responsabilità) individuale che faceva luigi, con l'aggiunta ottima della riflessione su Freud.

    cmq, vedi, che dei massimi sistemi nn si parla più, ora si "gioca" su quando sia più conveniente rovesciare la partita. Io spero che l'opposizione (sin), come i nostri, scherzo :), arrivi...
    ciao!

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  17. è ma il discorso di luigi ha una lunga tradizione, rimasta però 'in-potenza'. mentre quella di B credo che sia, in efftti, "im-potenza"- uno è in-principio, l'altro im-becille (nel senso etimologico, s'intende :-)

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  18. Per Margherita:

    Freud riprende una lunga tradizione storicizzata di riflessioni e di giudizi sull' origine della civiltà e del diritto e li reinterpreta alla luce della teoria psicanalitica ; ho citato Freud proprio perchè la regressione narcisistica di B. potrebbe offrire notevoli spunti di analisi e di verifica per i tecnici e per gli appassionati del settore e ciò potrebbe tornare utile al progresso sociale, della serie “ non tutto il male viene per nuocere” :-) . Freud è comunque molto pessimista nei confronti dell' uomo, in quanto concepisce un vertice, lo Stato di Natura , alla maniera di Hobbes ; d' altro canto anche il progresso della civiltà , il vertice opposto, ( che , sempre secondo Freud , dovrebbe attuarsi grazie alla maturazione di una coscienza individuale e sociale alla luce del principio altruistico ) non è esente da pericoli, in quanto potenzialmente a rischio di nevrosi: infatti la maturazione di una coscienza individuale ( e sociale), che Freud identifica nel Super_Io, necessariamente si accompagna allo sviluppo inconscio del senso di colpa . La civiltà si trova cioè sempre sul limite di uno strapiombo, in cui da una parte esiste l' abisso schizofrenico del potere assoluto, dall' altra l' abisso nevrotico dell' infelicità del cittadino. La psicologia dell' uomo è infatti strutturata in modo tale che la conoscenza ( con buona pace dell' Homo hominis Deus di Spinoza ) è condizione necessaria ma non sufficente per la giustizia .

    S.Z.

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  19. margherita ealla3/8/10 23:04

    dovrei riprendere a vedere un film, dunque nn posso fermarmi, ma ho letto con molto interesse l'ultimo intervento di S.Z. (su quel discorso rimasto in potenza come dicevi tu gugl) che ringrazio tantissimo.
    Mi ha molto colpita,e perciò devo proprio fare i complimenti (oops stavo per dire 'mi consenta' :D), la capacità di sintesi, unita alla profondità dei raccordi e alla chiarezza.
    Trovo stringenti in particolare il discorso sulla condizione necessaria ma non sufficiente :) (poi citi Spinoza :)) per la giustizia
    e quell'immagine della società sul limite dei due strapiombi.

    Grazie davvero,
    buona serata!

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  20. rigrazio anch'io Sergio per questo sua prezioso intervento.

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  21. In questa discussione potrebbero
    entrare anche le dichiarazioni di Aldo Busi rilasciate ieri a Radio 24ore e riportate oggi dal "Fatto Quotidiano".
    Un saluto a tutti, Armando B.

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  22. Da laureato in Scienze Politiche, mi limito a far notare che l'autore ha confuso due piani: quello della necessità di democrazia all'interno di un'organizzazione e quello della necessità di democrazia all'interno di uno Stato.

    Anche se fosse stato espulso qualcuno (cosa che non è: si è votato di deferire tre finiani ai Probiviri!), questa è prassi abituale nei partiti d'ogni dove. Ci sono, certo, molti modi d'espellere qualcuno. Alcuni modi sono più gentili: mettono quel qualcuno nelle condizioni d'andarsene, così da farla sembrare un'autonoma decisione. Il recente caso di Rutelli (catapultato a massacrarsi come candidato sindaco di Roma contro Alemanno) ne è un lampante esempio.

    Lo dico a onor di verità, non per difendere qualcuno.

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  23. capisco la distinzione, ma i modi e i presupposti fanno dubitare della natura democratica del segretario/presidente.

    Aggiungo: evidentemente, fra i capi di partito, non è il solo ad avere un'idea di democrazia poco fondata. la differenza è che qui la patologia è più evidente e il ruolo (capo di governo) preoccupa maggiormente i cittadini

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  24. G.le Sig.Giorgio

    La democrazia è solamente un patto sociale oppure è qualcosa di più pregnante, ovverosia un ideale? Mi sembra di capire che nel primo caso la democrazia risulti correlata alla necessità di governare un gruppo , ovverosia abbia la sola funzione sociale di mantenerlo unito e ciò implica il fatto che possano coesistere applicazioni democratiche differenti (anche contrastanti) in gruppi differenti di cittadini all' interno del medesimo Stato, mentre nel secondo caso l' ideale democratico si propone come un valore assoluto, un imperativo categorico che lega più strettamente le regole democratiche alle loro modalità applicative. In altre parole, nel primo caso l' applicazione si ispira alla regola, nel secondo caso invece l' applicazione è vincolata strettamente alla regola e ne consegue come l' effetto alla causa; nel primo caso si deve adoperare la bilancia , nel secondo caso la squadra ed il compasso.
    Ora, quando Machiavelli scrisse il famigerato diciottesimo capitolo del suo Principe in cui per la prima volta venne pubblicamente posto in discussione il sacrosanto principio dell' osservanza dei patti e dei contratti ( Pacta servanda sunt) , egli venne tacciato di immoralità da tutti i regnanti ed ecclesiastici dell' epoca e soprattutto da coloro che sistematicamente applicavano di nascosto la trasgressione di questo principio ( compreso il Papa), ma dice esattamente ciò che lei afferma nel suo intervento al post di Stefano Guglielmin dal momento che entrambi subordinate il modo di applicazione della regola democratica alla necessità del caso contingente; sovente però ci dimentichiamo che Machiavelli , il quale partecipò attivamente alla Repubblica di Firenze e fu di chiare aspirazioni democratiche, scrisse il Principe in un periodo di crisi profonda ed irreversibile della Città di Firenze ( degenerazione della Repubblica in Signoria dei Medici) e dell' Italia in generale e probabilmente con lo scopo precipuo di cercare di salvare in extremis, per quanto possibile, quel poco di giustizia sociale ancora esistente; infatti , secondo il Machiavelli, il Principe, allo scopo di conservare il proprio potere, avrebbe dovuto essere una persona illuminata e cioè a) predisposta al benessere dei propri sudditi ( NB : in quel tempo benessere significava in prima istanza mera possibilità di sopravvivenza) e b) in grado di ottimizzare l' economia dello Stato ( efficienza, ovverosia massimo risultato con il minimo sforzo, soprattutto in previsione del futuro) .Proprio con il diciottesimo capitolo il Machiavelli tolse il vincolo che legava l' Ideale democratico ( poiché “Pacta servanda sunt” è un ideale o principio di coesistenza democratica tra le parti che stipulano il patto in quanto riconosce l' alterità ; esso si propone infatti come un imperativo categorico che si fonda su una istanza etica superiore , che può essere Dio, l' Imperatore, l' Umanità. La Costituzione o altro ) all' applicazione di questo ideale , cioè affermò il dovere per il Principe di adeguare il proprio operato agli eventi contingenti e quindi il dovere di trasgredire , all' occorrenza ( cioè di necessità) , qualsiasi patto se e solo se l' osservanza assoluta di questo patto avesse messo in serio pericolo il suo potere di buon governo , ovverosia se ciò avesse comportato una maggior perdita di cittadini ed una perdita troppo onerosa di beni.

    Z.S. prima parte

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  25. Nel nostro caso , mi chiedo innanzitutto chi sia il Principe e chi sia l' Imperativo assoluto :

    a) Partiamo dal caso 2: se l' Ideale democratico ( Pacta servanda sunt) è per definizione un imperativo assoluto allora esso deve essere vincolante sia per lo Stato sia per il Partito e la sua applicazione per coerenza logica deve uniformarsi in linea di massima in entrambi i piani statale ed organizzativo; inoltre , poiché il piano statale supera per autorità il piano organizzativo poiché l' Organizzazione è di ordine inferiore allo Stato e allo Stato deve uniformarsi , ne consegue che le regole di Partito sussumono quelle dello Stato (e non viceversa ) e comunque mai possono discostarsi dall' Ideale democratico ( cioè dalla Costituzione , che rappresenta l' espressione fisica di questo Ideale); quindi le applicazioni in seno ad un Partito od Organizzazione si adeguino alle applicazioni dello Stato , da cui possono divergere ( = in linea di massima) solo per motivi intrinseci alla struttura organizzativa ed in ogni caso senza mai contraddire l' Ideale. Il Principe , ossia S.B, deve uniformarsi ed agire in maniera coerente sia come Capo di Governo sia come Presidente di partito e non può usare due pesi due misure , come sostiene Giorgio.

    b) Consideriamo ora il caso 1: se l 'Ideale democratico ( Pacta servanda sunt) è una regola democratica contingente ( cioè , non essendo causa sui , si adegua alle circostanze ed ha la mera funzione di mantenere unito e solidale un gruppo) , allora l' applicazione di questa regola può variare di necessità all' interno dello Stato e/o dell' Organizzazione che la applicano, ma per coerenza logica deve ancora uniformarsi in linea di massima in entrambi i piani statale ed organizzativo; vige infatti ancora il principio della superiorità del piano statale sul piano organizzativo poiché l' Organizzazione è di ordine inferiore allo Stato e allo Stato deve uniformarsi, altrimenti ne conseguirebbe l' assurdo democratico del singolo che predomina sul tutto, poiché si verifica la possibilità della dipendenza del tutto dalla suddivisione in parti progressivament più piccole ( lo Stato deve uniformarsi al Partito , il quale deve uniformarsi alla sua corrente maggioritaria, la quale deve uniformarsi al suo gruppo più rappresentativo , il quale deve uniformarsi al singolo predominante : è ciò che è successo in Germania con Hitler) ;
    quindi le applicazioni in seno ad un Partito od Organizzazione si adeguino anche in questo caso alle applicazioni variabili dello Stato in crisi ,( poiché la variazione consegue ad uno stato di crisi, non avrebbe senso cambiare se le cose vanno bene per tutti), da cui possono divergere ( = in linea di massima) solo per motivi intrinseci alla struttura organizzativa ed in ogni caso senza mai contrapporsi alle applicazioni statali ( onde evitare il conflitto interno, che per definizione è ciò che si vuole e si deve evitare: si applica il caso 1 infatti proprio per mantenere unito e solidale un gruppo , in questo caso il gruppo di tutti i cittadini dello Stato , che comprende anche quello dell' Organizzazione in questione).Ne consegue che anche in questo caso il Principe , ossia S.B, deve uniformarsi ed agire in maniera coerente sia come Capo di Governo sia come Presidente di partito e non può usare due pesi due misure , come sostiene Giorgio.

    Z.S. seconda parte

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  26. c)esiste un terzo caso , e cioè il caso in cui l 'Imperativo assoluto corrisponda all' interesse personale del Principe, nel nostro caso sempre personificato dal buon S.B, e questo interesse non coincida propriamente con il buon governo proposto dal Macchiavelli.... lascio il lettore trarre le conclusioni di questa possibilità, perchè ora è tardi e devo andare a dormire, ma penso che anche in questo caso il Principe , ossia S.B, debba uniformarsi ed agire in maniera coerente sia come Capo di Governo sia come Presidente di partito e non possa usare due pesi due misure , come sostiene Giorgio, proprio per il carattere assoluto dell' Imperativo assoluto ( siamo però al limite dell' assurdo e dell' incoerenza logica , poiché in questo caso il Principe ritiene che il proprio interesse personale corrisponda all' Ideale democratico cioè all' interesse di tutti , e questo è per definizione assurdo , o meglio può essere vero solo nel caso in cui il Principe sostenga la proposizione : “Io sono Tutti” )




    Buona notte
    S.Z.

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  27. il caso c, mi sembra una trasposizione democratica del leviatano hobbesiano, con la differenza, sostanziale, che là l'autore è composto sai sudditi (è il leviatano è l'attore che mette, appunto, in atto la volontà dei sudditi. i quali rimangono responsabili finali dell'esito del comando), mentre qui, autore e attore sono la medesima persona (però a pagare sono gli altri, i 'non aventi diritti a priori').

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