giovedì 7 maggio 2009

Pensare la fine


Cari amici, vi giro questa mail di Marco Guzzi. La questione è secolare: dobbiamo pensare la fine. Pensarci per la fine. Pensare la luce costodita dalla notte, salvarci imparando ad ascoltare la maceria quale destino dell'Occidente, maceria che è compimento di una cultura segnata dalla morte. Sgusciare la morte per trovare quando ci addita.



buona lettura


"Mai come in questi ultimi anni abbiamo avuto in Occidente la triste sensazione di un mondo e di una intera cultura che si vanno sbriciolando, riducendo a nulla, a insipido omo-geneizzato.

La pappa mentale, il Blob universale cola dai mille televisori e video e computer come una melma uniforme e appunto sempre più omogenea, che a volte sa di palude stagnante e a volte sa proprio di fogna: il dibattito politico e l'onnipervadente varietà dei "comici", il Grande Fratello e Ballarò, l’ennesimo Festival della Filosofia/Matematica/Gastronomia/Poesia/Apicultura/Francobolli
/Arte/Cetrioli/Cinema/Comunicazione (ormai
immancabile)/Castagne/Spiritualità/Piadina/Letteratura/Carciofi etc., e l'ennesima gara tra giovani aspiranti
Cantanti/Ballerini/Servi/Veline/Letterine/Scimmiottine/Schiavettine, schiavi comunque, servi e serve dei programmisti-autori di Mediaset e della Rai, pronti a tutto, e via così degradando senza più vergogna di nulla: cultura e pubblicità, prostituzione e università, corruzione e giornalismo, spettacolo e santità: un'unica melassa incolore e maleodorante.

L’antropologo René Girard vede in tutto questo un chiaro segnale della o almeno di una fine, l’accelerazione finale di un processo che trova i suoi ultimi momenti cruciali in Hitler, in Stalin, e nelle conseguenze di questi orrori: “vale a dire il nulla, il non pensiero americano in Occidente. Oggi ci troviamo veramente di fronte al nulla. Sul piano politico, sul piano letterario, su tutti i piani”.

Ci vuole una grande fede per non disperare in questa notte di nullificazione, di "non pensiero americano", e per non farsi avvelenare il cuore come la scimmia di Zarathustra.
Bisogna imparare a vedere in questo finire un Fine, non solo una Fine, ma un esito, un eschaton, uno scopo.
Negli anni '50 Heidegger scriveva: "Se penseremo in base all'escatologia dell'essere, dovremo un giorno aspettare l'estremo del mattino nell'estremo della sera, e dovremo imparare oggi a meditare così su ciò che è all'estremo".

Questa in realtà è l'unica e l'ultima speranza.

Già, ma chi lo fa? Chi se ne occupa? Chi pensa per fini/inizi?
Il grande problema contemporaneo è proprio che tutto ciò non venga pensato.
Manca ancora una cultura escatologica, che sappia pensare i fini della fine, la direzione di questo sfinimento.
Ed è proprio questa incapacità di pensare per estremi temporali che rende così omo-geneizzato il nostro tempo.
Se infatti non diamo un pensiero a questo finire finiamo nel suo annientamento, viviamo la fine solo come definitivo sfinimento di ogni aspetto della cultura e della vita.

Ciò accade in modo plateale nel mondo della politica: oggi in Europa vince normalmente chi rappresenta al meglio questo Nulla (di pensiero) ben amministrato, questo spappolamento mentale somministrato a dosi massicce ma che però mantengano i corpi illusoriamente vivi, almeno per un po'.
E chi perde alle elezioni si appresta subito dopo a nullificarsi meglio per vincere la prossima volta: meno pensiero, meno dignità, più farsa, più retorica, più menzogne, più rissa tra fratelli gemelli sempre più simili tra di loro, e proprio per questo sempre più violenti, in base ai codici ineluttabili del mimetismo umano.

D’altronde pensare seriamente, e cioè escatologica-mente questa Fine non è affatto facile, in quanto significa confrontarci con una completa ridefinizione dell’Identità Umana, con la possibilità dell'emersione di una Nuova Figurazione dell'essere umano, proprio attraverso la dissoluzione in atto di tutte le figurazioni storiche precedenti.
Intravedere in altri termini proprio nella omo-geneizzazione la genesi di un nuovo Genere Umano, finalmente unito, conscio di essere uno e unico: Ein Geschlecht, un solo Genere, come cantava Georg Trakl".



Chi volesse approfondire clicchi qui

2 commenti:

  1. La frontalità della fine è evidente ma Cassandra è sempre sola e attorno “tutto affonda nel farisaismo”; che la fine poi non sia una ma mille ne attesta semplicemente la capillarità che direi burocratica, non trascendentale, perché la fine di cui stiamo parlando è bassa e capziosa; non stiamo finendo nella gloria dell’evento ma sepolti dall’ignoranza, dalla sopravvalutazione consueta della banalità del carnefice; tuttavia, quando la salma inizia a deperire e si ricopre di forme perlopiù verminose, quelle che vediamo ogni giorno straripare nella fogna a cielo aperto della comunicazione, aiuta pensare che la fine sia già avvenuta, che quanto abbiamo sotto gli occhi sia la decomposizione, il lezzo che ne consegue, come dire che non siamo immersi nella vita ma già nella morte perché la vita si è spostata in un altro luogo; quello che finisce sono gli strumenti culturali che cercano la vita, non la vita stessa; il paradosso è che la vita è da qualche parte “viva e vegeta” e i nostri strumenti vitali sono morti … im realtà c’è sempre qualcuno nel mucchio - anche se non sarò io - che si finge morto e quando tutto tace, nel buio pesto, apre gli occhi, si alza, prende una via inattesa, taglia per i campi e si riprende l’inizio, la fuga, il discorso, la rivolta, la bellezza, per tutti.
    paolo

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  2. la salvezza è individuale e raminga, come la cagna fra le tombe, in foscolo?

    molto densa la tua analisi.e molto vera, temo.

    la morte delle ideologie chiede anche di pensarci fuori dagli unuiversali e dai nomi collettivi.
    Invero, nemmeno "individuo" regge più la bufera della verità, che ci sa plurali, segnati dalle fini, dall'essere per la fine che s'immilla.

    ciao!
    gugl

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