Elegia pasquale
(Andrea Zanzotto)
Pasqua ventosa che sali ai crocifissi
con tutto il tuo pallore disperato,
dov'è il crudo preludio del sole?
e la rosa la vaga profezia?
Dagli orti di marmo
ecco l'agnello flagellato
a brucare scarsa primavera
e illumina i mali dei morti
pasqua ventosa che i mali fa più acuti
E se è vero che oppresso mi composero
a questo tempo vuoto
per l'esaltazione del domani,
ho tanto desiderato
questa ghirlanda di vento e di sale
queste pendici che lenirono
il mio corpo ferita di cristallo;
ho consumato purissimo pane
Discrete febbri screpolano la luce
di tutte le pendici della pasqua,
svenano il vino gelido dell'odio;
è mia questa inquieta
gerusalemme di residue nevi,
il belletto s'accumula nelle
stanze nelle gabbie spalancate
dove grandi uccelli covarono
colori d'uova e di rosei regali,
e il cielo e il mondo è l'indegno sacrario
dei propri lievi silenzi.
Crocifissa ai raggi ultimi è l'ombra
le bocche non sono che sangue
i cuori non sono che neve
le mani sono immagini
inferme della sera
che miti vittime cela nel seno.
Immagini potenti, caro Stefano. La durezza dei termini, l'attrito volvente del vento, il freddo pasquale da paragonare al freddo dell'acciaio; il sangue che si scorpora dalla sua metafora e si inietta in modo sacro e comprensivo nel talento di questo grande autore. Sono commosso, mio caro amico. Grazie per aver postato questo gioello!
RispondiEliminaTuo Gianfranco
come sai è una poesia che ha una sessantina d'anni. come uscirne, senza ripetere questa passione?
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