Propongo un beve ragionamento sull'ultimo libro di Pierangela Rossi, Avventure di un corpoanima, appena uscito da puntoacapo con una
introduzione di Filippo Ravizza; raccoglie i due libri,penso di esordio,Conchiglie (1993) e Crisolito, questo un vero e proprio poemetto uscito sulla rivista Steve fra il 2002 e il 2003.
Intanto il titolo: Corpoanima
è un neologismo d'autore efficace, plurale, nuovo, ma anche di antica
tradizione, dal Nuovo Mondo; nella mia lettura arriva dritto dritto dalla
espressione "trascendentalista" di Emerson e Thoreau:quel sentire non
solo forte ma certo che le cose che ci circondano, i fatti che accadono, ci
riportano e soprattutto hanno a che fare con altro. Questo altro nella poesia
di Pierangela Rossi è sia la materia, sia la capacità insita in essa di
testimoniare (al di là dell'accadere delle parole) la propria, sempre remota
origine.
L'autrice esegue questa impresa raccontando (e dentro
il racconto evocando) i casi quotidiani, le abitudini, gli spostamenti di umore
e desiderio, suggerendone sempre, però, la loro significante
extraterritorialità. Questo, a mio avviso, il legame, più che tematico empatico,
fra Conchiglie e Crisolito. Legame autentico, ma mobile, come vedremo.
Conchiglie propone una poesia "selvatica", sempre
elegante nel linguaggio, ma molto diversa da quella che conosciamo ora
dell'autrice; lontana, in particolare, dalla sorvegliatissima trama metaforica
e filosofica di Carte del tempo, il
suo importantissimo libro del, mi sembra, 2015.
Rilevo, in Conchiglie,
una maggiore enfasi nella costruzione del testo, naturalmente indice di una
ricerca, non di una lingua, (che già è salda e sofistica e efficace), di un
posizionamento esistenziale, interiore con quelle "persiane messe lì / da
chissà quale dio operaio".
Si avverte moltissimo, come poi sarà nel prosieguo di tutta la sua opera ,il peso specifico che l'autrice dona alle singole parole, al di là della composizione nel verso, per altro sempre rigoroso e molte volte sorprendente. Qui, Pierangela Rossi è come in attesa del suo discorso più ampio, lo evoca e lo prepara. Lo troverà pienamente, e con cifra personalissima, nei libri che seguiranno, mai tradendo però questa intima stringatezza di lingua ed emozione che crea un cortocircuito, appunto emotivo, che pochi poeti italiani sanno dare con altrettanta limpidezza.
Si avverte moltissimo, come poi sarà nel prosieguo di tutta la sua opera ,il peso specifico che l'autrice dona alle singole parole, al di là della composizione nel verso, per altro sempre rigoroso e molte volte sorprendente. Qui, Pierangela Rossi è come in attesa del suo discorso più ampio, lo evoca e lo prepara. Lo troverà pienamente, e con cifra personalissima, nei libri che seguiranno, mai tradendo però questa intima stringatezza di lingua ed emozione che crea un cortocircuito, appunto emotivo, che pochi poeti italiani sanno dare con altrettanta limpidezza.
"Mette la vita / in allarme di morte: / invisibile
lo senti / lavorare di rincorsa."
E anche: "paracadute elicotteri e streghe / da bambini erano nomi di fiori."
E ancora: "della conchiglia tu / hai sentito l'abbraccio / io sento il sono del mare // il dentro del fuori conosco."
E anche: "paracadute elicotteri e streghe / da bambini erano nomi di fiori."
E ancora: "della conchiglia tu / hai sentito l'abbraccio / io sento il sono del mare // il dentro del fuori conosco."
Crisolito è un'altra storia. Una diversa vicenda poetica, non
solo un già differente posizionamento esistenziale. Dedicato al marito Paolo, inizia
affermando: "voglio nominarti piano piano."
Rimanendo fermo il già acquisito senso fortissimo del
peso specifico della singola parola, di cui dicevo, qui è la struttura della
scrittura a diventa protagonista di una vicenda poetica e autoriale che, sempre,
mi sembra di potere dire, ha variato negli anni fra questi due poli, facendo della
poesia di Pierangela Rossi una scrittura di pluralità, pur rimanendo così
fortemente fedele all'intenzione iniziale (mi verrebbe da dire ontologica) della
presenza del trascendente nell'immanenza. Presenza educata, non invasiva, che
non toglie nulla alla evidente materialità delle cose e alla certezza empirica
dei fatti.
Il grande merito di Crisolito è appunto che mai gli occhi dell'autrice sono distolti
dalla realtà, dalle cose, dalle persone che ne sono l’origine, ma il verso e
con lui l’emozione e il pensiero che la sostiene iniziano a volare alto, molto
alto.
"Impercepito e chiuso / fantasma dell'oltranza / leva del disessere svelata".
"Impercepito e chiuso / fantasma dell'oltranza / leva del disessere svelata".
E anche: "Come inabitata dall'assenza mi
dirigo / al centro intimo di me/guarda."
Qui suona Emily Dickinson, ma la musica di Emily è senza alcun dubbio suonata dal piano di Pierangela. È una influenza fertile, autonoma, destinata nei libri che seguiranno a portare una voce singolarissima, riconoscibilissima, elevata e semplice nella scena della poesia italiana di oggi.
Qui suona Emily Dickinson, ma la musica di Emily è senza alcun dubbio suonata dal piano di Pierangela. È una influenza fertile, autonoma, destinata nei libri che seguiranno a portare una voce singolarissima, riconoscibilissima, elevata e semplice nella scena della poesia italiana di oggi.
Mi sembra che Pierangela Rossi, da Crisolito in poi, quindi quasi da
subito, esegua un continuo passaggio dal pensare il fare poetico ad eseguire la
poesia della vita quotidiana, la sua, governando però questa esperienza come
all’interno di un più vasto spontaneo "sistema di pensiero" in cui
collocare l'esiste. Conchiglie e Crisolito sono stati l'inizio di un percorso
autoriale alto, dagli esiti plurali ma coerenti, che segnano da allora ad oggi
una poesia sempre emozionante, ardita a volte e (questo è il grado di fusione
che ne fa una poesia cruciale in questi decenni) consapevolissima.
Pierangela Rossi, Avventure di un corpoanima, puntoacapo
2017
da Conchiglie
tu eri l'oro maturo
io ero
la luna nera
che ti mancava
per amore ci siamo amati
per ridestarci fusi
al chiaroscuro una sera
occhi negli occhi belli,
castani
7 maggio 1984
***
della conchiglia tu
hai sentito l'abbraccio
io sento il suono del mare
il dentro del fuori conosco
28 novembre 1984
***
Dans les tournures de ma chair
demeurent mes coeurs
les yeux cachés
les choses sans lieu
légères et frissonnantes: moi
(Nelle pieghe della mia carne
/ dimorano i miei cuori / gli occhi nascosti /
le cose senza luogo / leggere
e scosse da brividi: me)
1985
***
dal poemetto Crisolito
quando ti sono postuma ti
ritrai
negando il nesso
tra suono e pensiero pensato.
Era il corpo che parlava le
sue voci
sottili. Attutito, l'intorno
al greve
che credevamo d'essere àncora
e ancòra
stasera ti mostrerò i capelli
e smetterò di parlare con
l'ingiro corpo
la voce se ricordi serviva
per parlare
di cose inusuali: c'è oggi il
sole
o il tempo del malumore
(inesausta
carezza certezza a
rinfrancare i giorni)
tu custodivi dormendo
la figura in clausura
tenere i cancellati giorni a
te
turista là dove più nascosto
è il dire a segno o verbo
diverbio dell'intercalare
confusivo eloquio di persone
ciononostante vivo o viva se
a cifra, segno insolito
dell'abbandono a te
la costante presenza dell'uno
all'altra
resa così che riscrivere
dovrei
la storia al lieto lietissimo
indizio finale
***
lo scisma al punto interno
lacerato all'esterno si
mostrava
nova salus nel silenzio
rumoroso
dolore in ectoplasma,
denunciato
infermo da similprotesi
questo sangue versato interno
fuoco fatuo peso del vuoto interstiziale
inedito allusivo
incorporo dei media
vene spazi opposti
all'univoco del male
corpo dilemma divaricato
esito del respiro franto
un ancipite dislega
***
il tuo corpo a me si fa
parola
o più sintagma e cerco
le sillabe che illudono il
nulla
congruente ancora
di numerose sedi metonimiche
assumendo a proprio evento i
ritmi circadiani
a retroverso e crittografata
tu cominciavi dove io finivo
***
(il poeta) come tutti ha un
corpo solo
fatuo o desolato traversato
dagli immensi meridiani
della terra, al centro un
vuoto
esasperato nòcciolo di
fuoco
turbamento eventuale, logo
del vulcano un tempo.
Attardato ai sensi da
accordare
in sentimento o ciclo o pelle
o anima
più non si sa dove, più non
sa che le parole
sono così spesso carne.
(il poeta) è un
corpo solo
arruffa speme
seme di inquietudini
dormienti il giorno
in un risveglio
prossimo
all'assenza o confusione
di pensieri in tracce
(pensieri di pensieri)
(il poeta) è un corpo
solo
inesatto nell'accento e di
parole
trasformate ad arte più
concreta
d'esser vivi- Quando
scrive
ha un corpo imperfettamente
teso
all'apparire del sovrasenso
bisbigliato
povero, già destinato
sempre al limite riprendersi
quel tutto dato a incanto
dispiegata forma
dell'ineguale
all'esercizio del nascondere
e parlare di tempo, di tempo,
di tempo
di che tempo fa in questo
esatto
punto del continente australe
arrovesciato svolto il corpo
dell'attesa
Pierangela Rossi
è nata a Gallarate (Varese) nel 1956. Ha pubblicato le raccolte di poesia
“Coclea e Kata” (Campanotto), “Zabargad” (Book editore), “Crisolito” (sulla
rivista “Steve”), “Kairos” (Aragno, finalista nella terzina del
Viareggio-Rèpaci), “Zenit” (Raffaelli), “Ali di colomba”, “Punti d’amore” , il
libro di poetica “Intorno alla poesia” (Campanotto), “Euridice” (sulla rivista
“Incroci”), “Euridice e l’Haiku” (LietoColle), (Campanotto)
e le plaquette “Conchiglie”, “A Paolo” (Pulcinoelefante), “A Paolo” (M.me
Webb,)., “Avventure di un corpoanima” (puntoacapo). E’ autrice di saggi di critica d’arte, tra cui
“La cucina del senso” (Martano), “Gli specchi abominevoli” (Dov’è la tigre),
“Una promessa di felicità” (Cantoni), “C’era una volta” (Legnano) e “I limiti
dell’arte” (Il dialogo). Ha collaborato con artisti con propri testi poetici.
Vive a Milano, dove collabora ad “Avvenire” e a “Studi Cattolici”.
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