Ringrazio Cristina Annino, e Gian Franco Fabbri per la cura con cui si è dedicato al libro sotto il profilo editoriale.
Scrive Cristina:
Una forte eloquenza corporea basata su un esordio di silenzio, cioè su un grado zero di comunicazione, fa sì che questo testo di Guglielmin dia al lettore l’idea di trovarsi dentro un Piccolo Purgatorio oppure di leggere un trattato sull’indifferenza quale sospensione concorde della comunicabilità, nel momento in cui, come l’autore ben sintetizza, la vita svacca. [...]
Poesia percussiva che sottrae all’orizzonte spazio, creando invece un immaginabile tetto-limite-cornice contro cui le parole sbattono il loro significante per poi riabbassarsi. Movimenti ripetuti e cortocircuitati che costituiscono la bufera semantica per l’effettiva bufera che Guglielmin sta mettendo in scena.
Qual è infatti l’origine, il motivo di ciò che leggiamo? Direi: indagare secondo ragione la vita vera quando collassa. [...]
In questo senso la bufera divarica ma non divide ciò che costituisce la sua propria essenza, cioè la doppia visione del reale. E del resto il libro è un continuo bifrontalismo gianico: una ragione che interpreta la realtà con giudizio critico, e un quotidiano vissuto senza ragione alta. [...] La Storia, intanto, ingloba ogni differenza, diventando bufera proprio grazie a quel dualismo dinamico. I verbi si rincorrono, per un lato monetizzando la realtà; facendosi invece metaforici nell’altro pensiero, che mette la qualità intellettuale al centro del tempo. Questo Giano, questo grande accumulatore di forze di intensità uguale e contraria che lo spingono in su fermo, ha insieme, appunto, i volti del desiderio e dell’estasi. Tale bufera viene poi “riconsegnata” alla madre, (nella strofa conclusiva del libro, così come si potrebbe restituire a una stella il nostro destino, o le infinite possibilità di essere che quella ci ha dato come scelta). E Guglielmin le indica, con quest’opera, la propria valutazione critica di sé e del mondo. Si ha vertiginosamente l’idea di rimettere i piedi sulla terra, dopo aver sorvolato al cubo, un perfetto grande contrario.
C'è bufera dentro la madre
1.
piegato il guinzaglio, versa monete nel vaso, e profumo.
come a febbraio la pioggia nel lago, pensa. poi tocca il ramo, tuttavia
per dire: ecco il mio sesso nel delirio della specie. così si spiega
l'impazienza nella fila e il fatto che, se accende un mutuo,
la luce cambia.
3.
capisce quando la vita svacca. ne sente il crepo destro
e il sinistro. cura per questo la piaga che è sua, salta di lato.
poi la sera, in groppa al leone che è stato, sfila la calma dal chiodo
la scuce. mentre dorme, una ventata di femmine gli stira le pieghe
gli alza il livello del mare.
7.
quando serve, dà alla fabbrica sfogo: di notte
cola sifoni e fa mestruo nei fondi. di giorno, spurga lavoro.
toglie pane e scarpe, se chiude, svena. oppure il profitto
che è grano, matura, e allora cieca
la gatta lecca nel gruppo, prepara per tutti il natale.
10.
anche suo figlio impara. tasta la lingua del multimedia
da quand'era bulbo. bulbo o seme di grande albero stecco.
dice grazie a tempo, poi dimentica. e vuole il resto
che è spicciolo, da convertire in polpa. pare che preghi
ed invece contratta, come suo padre.
18.
sui negri non ha nulla da dire, ma per principio
a nessuno volta la schiena. nemmeno al giallo crespo del tatto
quando lei, dolce, lo scuote. vorrebbe il suo cane obbediente
invece la bestia sbava dal labbro, lascia le feci in cucina.
di notte, tutto questo lo sfianca, gli bagna il nervo spinale.
23.
poi c'è l'anima universale, la ghisa su cui tutto cresce.
anche l'azzardo in bilico sul vuoto, che è altro modo d'intendere
lo spazio, quel solido nulla dove la vita trottola e canticchia.
pare che sotto ci sia un formicolio di gente, una teppa scura
che ringhia. lui però vede la luce ovunque, paga da bere ai cani.
28.
teme la morte perché non viene a mezzadria. dopocena, poi
lascia i vermi sul piatto e non dà il resto. lui preferisce
il negozio: dare e avere, comprare. ma la morte è una bocca
impagabile, una ciste che va in fregola appena la sfiora.
quando la tocca, tutta la madre trema.
30.
dichiara una cosa per volta, come: qui io, oppure
ogni mia scelta, e: mai abbastanza guadagno, mai tremato
però. adesso che c'è bufera sin dentro la madre
qualcosa gli zoppica, tuttavia. sa che solo dormendo
può seguirne le tracce, capire quale piede manchi.
32.
le lascia i graffi sul collo. e un bacio, talvolta.
capita quando smette di stare a vedetta, quando striscia
sul colmo del bene. appena la bile sfiorisce, lei lo veste
d'affetto come fosse un pulcino. gli alza le dita dal mondo
se le posa sul petto.
39.
a proposito del sesso. e del frutto al petto suo denaro. a proposito
della ciliegina sulla tomba e dell'angelo che sfoca la sua foto.
a proposito di lui, che suona le parti e fa bottega, di lui, fratello,
e di me. a proposito di noi e della faccia che mette lui per me.
a proposito di questo, ora, torna indietro, e rileggi.
da Stefano Guglielmin, C'è bufera dentro la madre, L'arcolaio 2010, pp.56, euro 11,00
Qui un inedito.
Complimenti Stefano e complimenti anche a Gian Franco che non sbaglia un colpo. Me lo procurerò e lo leggerò con vero piacere. Mi sa le ho quasi tutte le tue raccolte e non posso perdermi questa perla...
RispondiEliminaUn caro saluto
Luca Ariano
Complimenti! ciao antonella
RispondiEliminaSì, è proprio una perla il libro di Stefano che L'arcolaio ha pubblicato nella collana "I codici del '900". All'interno delle pagine troverete un poeta rigoroso, eppure diverso nelle arie timbriche.
RispondiEliminaSono orgoglioso di avere quest'opera in catalogo.
Stefano, prenditi il mio caloroso abbraccio.
Tuo Gianfranco
Complimenti Stefano!
RispondiEliminaNon so come mai, ma quando ho letto questi versi, ti ho proprio immaginato a leggerli....quasi sentivo la tua voce...
Anila R.
Proprio vero, L'arcolaio si arricchisce di un tassello prezioso...congratulazioni Stefano e Gianfranco.
RispondiEliminaUn caro saluto,
Giovanni
vi ringrazio per l'accoglienza. è un libro difficile perchè sembra semplice ed invece contiene una tradizione forte, del "solido nulla", e un presente cristallizzato, che balbetta, che procede per visioni monche, mutilate, senza futuro. Il canto, sordo, ne mima l'indifferenza, qui non più "divina".
RispondiEliminaCONGRATULAZIONI! GTZ
RispondiEliminacaro Stefano,
RispondiEliminati auguro che ogni mia, e non solo, congratualazione sia presto alle spalle, così che questo libro possa segnare dove deve.
dalla selezione che qui si... dico... trangugia... s'intravede un'operazione scritturale che ha la stessa decisione, de-cisione, tagliar via, di una mossa marziale orientale.
La sensazione che ne ricevo è quella di assistere ad una sequenza di mosse di tai chi, dove un avversario non è mai coinvolto in diretto appello: l'evoluzione dei gesti colpisce l'aria, né prende forma il fantasma di un antagonista di cui prevedere le mosse, semplicemente si prepara il corpo a quel massimo di elasticità ed efficacia che ogni imprevista manifestazione reale di avversa condizione saprà reggere
- perché sono 39 le "stanze"?
CONGRATULAZIONI, Stefano! Era un po' di tempo, mi sembra, che non leggevamo testi poetici tuoi. Ben vengano! E con la presentazione di Cristina, sarà indubbiamente un piccolo gioiello.
RispondiEliminaMe lo procurerò.
un abbraccio
lucetta
Congratulazioni, Stefano!
RispondiEliminastefania c.
grazie ancora.
RispondiEliminarispondo al quesito posto da Mario Bertasa.
39, come si vede ad occhio, ha due numeri appartenenti al sacro (3 e 9), tuttavia, tale pregnanza salvifica viene meno se pensiamo il numero nella sua unità: 39, nella numerologia del lotto, significa "corda al collo" e nei ching rinvia all'impedimento, alla presenza di ostaoli ch si possono superare solo unendo le forze della comunità. E' dunque un numero tao, dove gli opposti nonsi annullano a vicenda, bensì muovono il tutto, lo fanno essere ciò che è. Nel caso specifico, muovono la scrittura, la fanno essere vertiginosa naturalmente ciò accade se si leggono tutte e 39 le sezioni)
allora bisogna fare in modo che che si leggano necessariamente tutte le 39 sezioni affinchè si possa muovere il tutto. quindi lo comprerò molto presto! un saluto e ancora complimenti a te e anche a gianfry che ha in catalogo i migliori. antonella
RispondiEliminaun caro saluto a stefano e al suo editore, caro amico, gianfranco. entrambi in continua crescita, entrambi sempre alla ricerca...
RispondiEliminavi auguro ogni bene.
roberto c.
Complimenti. Leggerò presto (spero) e con attenzione. Sai che per me la tua poesia è difficile ma affascinante.
RispondiEliminaFrancesco t.
Gli squarci che la prefazione di Annino apre e i testi postati fanno si che leggerò con molto interesse il libro. Un saluto all'autore e a Cristina.
RispondiEliminanadia agustoni
congratulazioni e benvenuto al nuovo nato. GTZ
RispondiEliminaChe dire, caro Stefano. Affascinante questa tua raccolta sin dal titolo.
RispondiEliminaUn verso diverso dal solito che mi ha lasciato stupito. Molto materico, essenziale, "operaio". Ad occhio pare prosa o prosastico, ma non lo è. Alla lettura (magari ad alta voce) si sente il ritmo secco, netto, deciso, di stantuffo o pistone. Il suono e il tono è un moderno canto spiritual dei nuovi schiavi negri. Chissà, nascerà un altro Blues? Non c'è bisogno di strafare per sperimentare, e questa è una prova. Ma non posso dire molto poiché l'impressione e generale su una lettura parziale. Cercherò di procurarmelo sicuramente. Anche io ho una domanda: ha qualche particolare spiegazione l'assenza di maiuscole o è solo una scelta puarmente stilistica?
Luigi
Saluto e ringrazio i nuovi intervenuti e provo a rispondere a Luigi: nelle poesie scritte in questo decennio ho usato pochissimo la punteggiatura e pratiamente mai le maiuscole. In quedsto caso specifico, l'assenza di scabrosità visive, dà alle singole stringhe (le frasi) un peso omogeneo, una struttura compatta, così da potenziare il ritmo percussivo e la pronuncia secca. in generale, ho voluto togliere le ridondanze emotive e normative, le polpe sentimentali, spolpando il linguaggio alla sua funzione apparentemente informativa. In realtà, il materico e il metaforico (oltre al ritmo percussivo) si trascinano dietro un timbro drammatico, che agisce sul corpo del lettore, anzitutto, al modo dello spaesamento. Del resto, come già nello sperimentalismo dei Novissimi, questo libro "si misura con la degradazione dei significati e con l'instabilità fisiognomica del mondo verbale in cui siamo immersi" (A. Giuliani). A differenza dei maestri, io ho cercato di normalizzare sintatticamente l'instabilità e la degradazione (ecco la prosaicità), consegnando al ritmo, al materico e al metaforico (mai barocco) il compito di allarmare il lettore, di muoverlo a pensare.
RispondiEliminae seguendo le tracce lasciate da Francesco ... vengo, prendo nota e vado ad ordinare a Gianfranco.
RispondiElimina:)
E' troppo invitante il senso di Poesia che trapela da questa pagina.
RispondiEliminaNon si resiste ad ordinarlo.
E così ho fatto.
Complimenti con tutto il cuore.
Manca la morte c’è la polpa buona c’è la vita c’è la vite che rinasce al momento giusto
RispondiEliminaviene anche da sola la morte, arriva sempre per due la vita da vivere in contumacia è prelazione dell’amore per le anime perse per quello che mi dice la voglia di vivere per la traduzione del male
per il vago sospetto che i sensi introducono il senso morale del percorso umano. Grazie della Tua Poesia
il tao, i Ching, la percussività, la pronuncia secca... allora il sentore di arti marziali orientali non era solo una mia fantasia notturna...
RispondiEliminagrande, Stefano
Il senso dell'acutezza domina questi versi che invitano ad una visione più nitida delle cose. La forma, ora breve, ora più distesa, nel verso ha un suo profondo significato: è un ondivago sogno di verità, una gioia della mente che spazia, s'interroga e spigola sulla vita, sfuggendo sempre alle definizioni. Ma la passione resta, coinvolge l'uomo, il poeta, in una ricerca attiva di scopi vitali, orientamenti interiori e propositivi. Il linguaggio non è dunque fine a se stesso, uno sfoggio di eleganza, viceversa denuncia una lotta, tra mille difficoltà d'espressione, in un mondo arido come il nostro, e l'intelletto vince, suscita idee, sogni, provoca risposte spassionate sul mistero, s'interroga. Non lascia perciò indifferenti questa prova di poesia! MARZIA ALUNNI
RispondiEliminaBravo Stefano,
RispondiEliminauna scrittura che taglia e lacera una realtà già rotta, ma nello stesso tempo mantiene la leggerezza e la difficoltà del calore, nella forma e nella struttura di un sentimento che è uno dei segnali della tua poesia.
/.../appena la bile sfiorisce,lei lo veste/d'affetto come fosse un pulcino/.../
Ciao, un caro saluto a te e a tutti.
Giorgio Bonacini
devo leggere assolutamente
RispondiEliminac.
Caro stefano, devo leggere meglio, ma già da una prima, veloce lettura (faccio sempre così, all'inizio, per poi tornare) l'impatto è solido, succoso. Mi piace. Mi sembri cresciuto, da quanto avevo letto di tuo in precedenza. Si sente un cammino interessante, utile, disadorno, moderno. Bravo. (bella sensazione: di sentirti "dei miei" - "dei nostri"? -). luisa pianzola.
RispondiEliminacari Amici i vostri commenti mi lusingano. Temevo che questi versi, volutamente asciutti, dessero l'impressioni di povertà d'immaginazione e di pensiero. Mi pare che, invece, riescano a trasmettersi con vitalità. Ciò mi entusiasma. Vi ringrazio dunque, anche a nome di Gian Franco Fabbri, l'editore, che ha creduto nel libro sin dal primo momento. Fare l'editore è molto difficile oggi, per cui sostenere il suo impegno comprando il libro è un atto che rende onore alla poesia, a voi, e alla speranza che la cultura possa sopravvivere in questa nostra italietta caimana.
RispondiEliminagrazie ancora.
sono versi che meritano di essere letti e riletti.
RispondiEliminaComplimenti per il nuovo nato, Stefano!
Anna R.
Complimenti anche da parte mia, a te e a quella vecchia volpe di Gianfry. Ci sono parecchi elementi di interesse, e anche di vicinanza culturale, in quello che ho letto qui. Compulserò con attenzione,
RispondiEliminaun abbraccio
Giacomo
Stefano, sono bellissime. adesso le rileggo, ma non c'è niente da fare, sono bellissime da subito, dal primo verso. grazie, sono un regalo.
RispondiEliminaerika c.
Bene Stefano.
RispondiEliminaPur mantenendo il tuo 'suono' e il
tuo 'ritmo' sullo sfondo, hai e-
splorato una dimensione linguistica
che tende allo 'scarto', allo
'smarcamento' rispetto ai tuoi pre-
cedenti libri. Questa di "C'è bufe-
ra dentro la madre" è poesia che
affiora 'sulla superficie' del tem-
po in cui viviamo e che porta lo
'sfregio' di questo tempo, lo 'sop-
porta' e oggettivato nella parola,
lo vuole 'ricordare'. Quasi a voler
prevenire il pericolo di un suo
'incistarsi' come rimosso. Quello
del rapporto scrittura/arte e 'Mon-
do', tra ' poesia dalla torre'
, la poesia 'pura', e la 'commedia dante-
sca' che si 'sporca' con la 'gra-
vità' del 'tempo', è un mio continuo
e irrisolto rovello.
Un abbraccio, Armando Bertollo.
dovrei raccogliere questi commenti perché sono preziosi anche per me.
RispondiEliminagrazie!
Complimenti anche da parte mia. E' un libro su cui sarà doveroso ritornare.
RispondiEliminafm
Una parola che stride.il linguaggio si contorce.in continua tensione muscolare la lingua.
RispondiEliminaun saluto gugl e complimenti
margherita rimi
"quel solido nulla dove la vita trottola e canticchia.
pare che sotto ci sia un formicolio di gente, una teppa scura
ciao Margherita, hai scelto due versi geologici :-)
RispondiEliminaverrebbe intanto da dire: bellissimo titolo!
RispondiEliminasaluti, a presto (leggerlo, il libro).
giampaolo
ci si distrae un attimo... e guarda che combini! :)
RispondiEliminache si dice, felicitazioni? complimenti? era ora?
kissssssssss
s.
sì, era ora :-)
RispondiEliminacaro Stefano,
RispondiEliminada quando abbiamo ricevuto il dono del tuo libro- siamo stati tra i privilegiati- volevamo ringraziarti e complimentarci, almeno dare segno della nostra presenza,interessamento e apprezzamento per questa nuova opera che intensifica la tua ricerca poetica.Infatti, apparentemente,con i tuoi versi ci si scotta- sia il ghiaccio come il fuoco producono la stessa sensazione,no?- ma sobrietà stilistica e controllo perfetto di ogni elemento in questo tuo "nastro poetico" che scorre vertiginosamente en avant, non sono frutto di aridità, ma di un travaglio che vuole mostrare l'essenziale, il nodo di sé stesso. Ho però bisogno-dato che sono lentissima- di rileggere il tuo libro con calma. Libro che disperatamente cercavamo sotto una montagna d'altri libri, cose che accadono a due disordinati come noi che smarriscono anche le cose più preziose (per poi ritrovarle).Solo adesso infatti siamo qui,- cerca di scusarci- contenti del ritrovamento e anche dopo la soluzione di vari problemini col pc.
GRAZIE 1000
un caro saluto da Lucetta e Marco
carissimi, in questo caldo, il gelido nastro-madre spero vi rinfreschi.
RispondiEliminagrazie a voi per il commento.
Ecco! si parlava appunto di poesia maschile e logica
RispondiEliminapoi c'è l'anima universale, la ghisa su cui tutto cresce.
anche l'azzardo in bilico sul vuoto, che è altro modo d'intendere
lo spazio, quel solido nulla dove la vita trottola e canticchia.
pare che sotto ci sia un formicolio di gente, una teppa scura
che ringhia. lui però vede la luce ovunque, paga da bere ai cani.
qui parlerei oltre che di "logica", di ritmo che incalza con le dovute e calibrate pause di respiro, nonché di una cosa, per me fondamentale, e che si riallaccia naturalmente alla logica: la conseguenzialità dei versi, una conseguenzialità che pur nella forma spezzata e riallacciata propria al verso, si mantiene intatta, "conducendo" la danza del pensiero con un occhio al cielo ed i piedi ben piantati in terra.
intendevo proprio questo oggi, lo ritrovo qui.
p.s.: Gianfranco Fabbri non sbaglia mai un colpo.
[Luce a te, Stefano ;)]
natàlia
grazie Natalia; ho trovato una nuova lettrice?
RispondiEliminal'avevi già :)
RispondiEliminanatàlia
Un cuore grande come un elicottero in un cielo da imparare a memoria.
RispondiElimina"ero, come sempre, in ritardo" (e il funerale già nel cuore etc):
RispondiEliminaquesta di Sereni me la devo tatuare, mannaggia.
avrei avuto bisogno di queste poesie già da tempo. provvedo al più presto.(to be continued)
fabio teti
grazie Fabio. non ci conosciamo, ma direi che sarebbe ora.
RispondiEliminaciao!
caro Stefano,
RispondiEliminaseguo spesso (e con frutto) il blog anche se quasi mai ho lasciato un commento. qui poi era inevitabile: avevo inserito il tuo libro nel mio listone del "da leggere" (nelle migliaia di libri che a 25anni si devono *ancora* leggere) già da tempo, quasi a scatola chiusa, per una sorta di "ottima impressione" istintiva, già nomimalmente legata al titolo.
ora che ne ho scovato alcuni testi, quella curiosità ha sterzato verso una più convinta necessità, dunque cerco di procurarmi l'opera al più presto e - coi miei tempi sempre geologici - tornare poi più avanti, magari, col mio inservibile parere.
un caro saluto, e buon lavoro e buona vita,
fabio teti
se ti va di scrivere qualcosa sul libro, poi te lo pubblico su Blanc.
RispondiEliminaciao!
st.
ne leggo e cavo nutrimento, intanto. poi, se ci sarà capacità e modo di dirne, lo si farà volentieri.
RispondiEliminaun saluto!,
f.t.
le tue congiunzioni, semplici e composte, sono la ciliegina lussuriosa che precede la lettura, l'occulto senso che ne deriva è un retrogusto corposo.
RispondiEliminaciao Gugl :-)
Grazie!
EliminaSe ti interessa, in gennaio uscirà il mio nuovo libro. Una sezione conterrà tutte le poesie di "C'è bufera dentro la madre".
mi interessa moltissimo e ti prego di avvisarmi, quando accadrà l'evento...trovo la tua poetica veramente interessante!
EliminaGrazie Gugl
quando uscirà, ne darò notizia su Blanc.
EliminaGrazie!
accozzaglia di dire cancrenosi, senza alcun senso. un mangiare se stesso del dettato, per di più malato del vizio di voler piacere a tutti e per forza, come tanta poesia italiana che ha cancellato un'intera tradizione. Ma tornate alla grazia misurata di Petrarca, di Parini, di Leopardi, tornate al Pascoli e al tanto bistrattato D'Annunzio (e ce ne fossero, oggi, di sporcaccioni come lui...), rileggetevi Montale e Quasimodo e non imrpovvisatevi poeti se, effettivamente, non...lo...siete....
RispondiEliminami sembra che lei abbia dato un ritratto bellissimo del presente, ed è proprio questo che la poesia deve fare, come dice leopardi: essere contemporanea nel senso di esserne pregna, a costo di disturbare la sua panica sensibilità.
RispondiElimina