Giorgio Barberi Squarotti scrive poesia da cinquant'anni, forse sempre con il medesimo intento: cogliere l'attimo in cui l'opacità del tempo storico è vinta dalla luce del tempo mitico, il cui emblema è la "fanciulla nuda", figura evanescente, sospesa tra desiderio e benedizione. Gli affanni, gli agi e la speranza (L'arcolaio, 2009, postfazione di Augusto De Molo) è un libro che non tradisce questa prospettiva, ed è, come i precedenti, fortemente segnato da un immaginario visivo, tanto che ogni poesia pare una tela del manierismo cinquecentesco, dove il paesaggio italiano, con le sue piazze e i suoi cesti di frutta, oltre che il gusto per il dettaglio prezioso, preparano l'epifania della fanciulla, bionda o bruna, nordica o mediterranea, comunque allegoria dell'innocenza e della fondazione aurorale.
L'endecasillabo regola il passo ad un registro alto cui il poeta rompe la lucentezza striandolo con lessemi gergali; il più sorprendente, se riferito ad una dea, è "tettine", che la rende amabile, quasi mortale, senza però toglierle lo splendore olimpico, in grazia, appunto, dell'eleganza del dettato.
Sul balcone
Sul balcone è rimasto salvo solo
un geranio rosato al suo ritorno
dopo le settimane d'altre stelle
esanime e la luna troppo accesa
sopra i canali incerti e il soffio, forse,
di un fiume in mezzo a monasteri e chiese
e i fremiti di canne e di campane.
Un po' piegata, nuda nel candore
veemente del mattino, le tettine
dolcemente tremanti, la poca acqua
versava impietosita e molto erronea
sulla terra brulla, ma più ancora
sull'indorato seno e sui capezzoli
induriti, fino alle cosce subito
nervose. Sui capelli, aridamente
le cadde un petalo dal cielo, e giunsero
allora merli e passeri e colombi
a beccarle per allusione e gioco
la pelle desiderata; ed appena
qualche piccolo segno rosso, dopo,
le rimaneva, come un dono ironico
o un avvertimento del suo tempo
che si è fatto troppo breve, e allora
non si allontani dalla tanta luce
della sua nudità della ringhiera,
che la fa rabbrividire e ridere.
Torino, 19 giugno 2003
Dalla pietra
Dal candore perfetto della pura
e ilare pietra nevicata uscì
una ragazza bruna, lentamente
inventandosi il vento per potersi
scuotere i brevi capelli per lieve
ammirazione e gioco; e discendeva
alla festosità cupa ed ironica
del violaceo mare, infintamente
imbarazzata e al tempo stesso fiera
per la perfetta nudità del cielo
e le tettine appena ricoperte
dalla striscia blu. Sempre più correndo,
rapida scese la spiaggia fino
alle onde irrigidite e decorate
dalle alghe serpentine e da meduse
raffinate, le sorse accanto l'ala
di una barchetta azzurra, la salì
agile, mentre dal largo erano arrivati
gonfi venti arrossati ed anelanti,
e trionfanti e buffi la portarono
fino al bar di fiori e di cristalli, dove
il burbero il padre la presenterà
agli altri dei, e la inciterà a danzare
tutta la notte e, dopo, con l'Aurora
dalle dita rosate.
Torino, 12 settembre 2003
Da qualche parte, un bar
Nel bar (ma dove? Era Verona, prima
del fremito dell'Adige, fra tre
pioppi un po' fragorosi, un tavolino
di ferro e, sopra, dubbioso un bicchiere
d'acqua con una breve foglia d'oro
e, accanto, lucida una mela rossa,
o lungo il mare di Viareggio ancora
popolato di nuvole allargate
e candite, nel fluttuare di veli
verdini e gialli e appena il segno nero
rigidamente dritto, che nasconde
oppure acuisce le continue immagini
del timore, o una delle tante piazze
di paese nel culmine di linee
di vendemmie perpetue, caffè vecchi
e slavati coi nomi delle sante
o degli eroi del padrone beffardo
che si avvicina al viaggiatore, offre
biscotti generosi, il vino negro
e le carte del gioco, chiede dove
si possa andare in questo travolgente
punto d'ottobre, e quando il campanile
inevitabile compare e ferma
il tempo d'angeli goffi e colombi
spaventati, si guarda intorno, accenna
vagamente alle ante da serrare
e alla luce che si fermerà,
e altro non c'è più che un vento contorto,
e i rami che si spogliano, la moto
che rapida si aggira e silenziosa
appare sollevarsi nella danza
del nulla della sera): prima o dopo
lentamente da un'icona uscivano,
pallide, due ragazze, bionde entrambe,
e una rimase in piedi, l'altra un poco
illanguidita si appoggiò al tavolo
lucido e spesso, ed infilò la mano
sotto la gonna dell'amica, ed era
anch'ella attenta a accarezzare l'altro
corpo suasivo, e a poco a poco forme
e carne si arrestarono, si fecero
segni figure immagini, e alla fine
il quadro fu compiuto, in fretta giunsero
quattro operai a caricarlo sopra
un carro e, intorno, batteva le mani
ridicolmente plaudendo un esperto
vestito di rosso.
Torino, 16 ottobre 2003
Sant'Agata, in festa
Per la festa fastosa della santa
vergine e martire della città
nel marzo illuminato dalle arance
ancora, e bianco di ciliegi e meli,
furono scelte quattro schiave, appena
puberi, subito spogliate nude,
dorato il corpo in modo che splendesse
nel sole e nella pioggia, come fosse
il giorno stabilito, con dolcezza
legati e polsi e malleoli magri,
perché ferme rimanessero e docili,
quando i più nerboruti portatori
del carro di trionfo e devozione
le avrebbero di corsa trasportate
fra le strade e i palazzi, fra la folla
che applaude e grida, e i ragazzini corrono
intorno, loro gettando con forza
un po' crudele rametti di ulivo
e coni di gelati e sanguinanti
bacche di rose, e invano le ragazze
cercano di difendersi, agitandosi
e protestando con le voci acerbe,
e cresce in loro la paura e, insieme,
la vergogna, perché, nell'ondeggiare
a sfida della lunga processione
e rapinosa, donne coi vestiti
eleganti e uomini sorridenti
e cattivi si piegano con cura
minuziosa, avvicinano i polsi
ornati da lustrini e da diamanti
minimi e da perline, ai volti un poco
piangenti, alle tettine che, pudiche,
so offrono per il moto sgangherato
del carro, poi il ventre liscio e il pube
depilato, e un po' gonfia la fessura,
mentre sono costrette a accompagnare
l'agitarsi del corpo: è la domenica
oziosa e divertita, poi la gente,
concluso lo spettacolo, si avvia
verso la cattedrale o verso l'Etna
nevicato e verdissimo, o a ascoltare
sulla piaggia l'eco dolce del mare.
Torino, 6 dicembre 2003
Narciso
Non Narciso si specchiava nel fonte
segreto delle fonde acque, fra i salici
incurvati e i neri ilici, in ginocchio,
con gli occhi inquetamente spalancati
nel fremito di brezza e insetto e uccello
o cane timoroso, ma la vergine
così candida e nuda: contemplava
se stessa, fissamente, sempre più
affannata, per cogliere se mai
aggallasse dal buio un serpe verde,
ironico maestro, o un pesce enorme,
spalancata la gola rossa, i denti
triangolari: e non vedeva nulla,
se non il suo volto che si faceva
un po' più triste, e il tremito, nel vivo
specchio, delle mammelle, per il volgersi
del tempo. Cadde una foglia gialla,
che infranse, ahi!, l'immagine del corpo,
e il ciclo venne ottenebrato, innumeri
nuvole lo sporcarono, fu freddo,
il vento dispogliò alberi ed erbe,
e la ragazza non era più che il segno
fragile, sempre più lieve ove tanto
a lungo visse ad ammirare, doppia,
la sua luce d'aurora.
Torino, 28 dicembre 2003
Le due americane a Roma
Le due americane uguali ma una
bionda, l'altra bruna, impetuosamente
uscirono dalla porta delle nuvole
tenebrose, nella piazza deserta,
e ancora sole e pioggia combattevano,
dubbiosa la battaglia delle tonde
gocce e dei raggi feritori, rapidi.
Erano nude, e in mano l'una
aveva un grappoletto di lamponi,
l'altra di olive: d'improvviso in corsa
scattarono fra le auto e le edicole
e le quattro fontane gorgoglianti,
le oltrepassarono, e furono in breve
fino ai pini aspri, ai platani, ai cespugli
biancheggianti di prunalbi e di cupe
rose, e lì si celarono, ridendo,
e si udivano saluti e schiocchi ilari,
ironici belati, il suono mesto
di una fistola, zoccoli di capri
o fauni, e melodioso, infine, il canto
che scende dal crepuscolo.
Roma, 5 maggio 2007
Giorgio Bàrberi Squarotti è nato a Torino nel 1929 dove risiede. Si è laureato con Giovanni Getto discutendo una tesi sullo stile di Giordano Bruno. È docente di Letteratura italiana presso l'Università della sua città, direttore del Gran Dizionario della Lingua Italiana. Opere poetiche: La voce roca, Scheiwiller, Milano 1960; La declamazione onesta, Rizzoli, Milano 1965; Notizie dalla vita, Bastogi, Livorno 1977; Il marinaio del Mar Nero, Origine, Luxembourg 1978; Da Gerico, Guida, Napoli 1984; Dalla bocca della balena, Genesi Editrice, Torino 1986; In un altro regno, Genesi Editrice, Torino 1990; La scena del mondo, Genesi Editrice, Torino 1994; Il terzo giorno, Pironti, Napoli 1999.
Esordisce la serie dei commenti l'editore dell'amabile Professore. Dici bene, Stefano, quando parli del termine "tettine": quello di Squarotti è un approccio con la "Dea" fatto di intima confidenza e levigatezza. Il dettato è talmente alto da abbagliare. Purtroppo non tutti i lettori di poesia hanno voglia di apprezzare questa cifra avvertitissima della metrica e del gusto italiani. Le due connotazioni passano per "anticaglia", "materiale di cui liberarsi in tutta fretta".
RispondiEliminaPer andare dove, poi?
Naturalmente io sono apertissimo a tutte le innovazioni che facciano da spia al talento.
Un abbraccio a te, caro direttor Stefano.
Tuo Gianfranco
Barbei Squarotti dialoga con la tradizione alta, ma certo non disdegna Campana. solo che lui, il poeta torinese, Euridice la salva, magari proprio per guardarle le tettine :-)
RispondiEliminaAudace chiunque si avventuri così sul terreno di un endecasillabo ( per me mistero il riuscirci) che cammina imperterrito sul filo della modernità, proponendoci una poesia metaforica sì, ma senza eccessi, suadente con la grazia ancheggiante di una signora certa dle suo fascino.
RispondiEliminaTi ringrazio
Beh Barberi Squarotti la sadavvero lunga su come si fa una poesia. poi l'endecasillbo è lungo quanto un respiro ben postato. se conosci il tuo respiro, l'endecasillabo viene da sé, come il sorriso.
RispondiEliminaV.S.Gaudio
RispondiEliminada:LA RAGAZZA BRUNA CHE A DUBROVNIK
La Stimmung con Emily Dickinson e Giorgio Bárberi Squarotti
I
Nulla cambia all’esterno,
The Seasons-fit-the same-
le stagioni tornano ugualmente,
The Mornings blossom into Noons-
la mattina matura nel meriggio
l’estate indugia in estate
Whose Summer set in Summer
eppure eleva l’anima
con stupendi richiami remoti
sopra il vento–lonesome Glee
gaudio solitario questa gioia immensa
che si sottrae allo sguardo
e che solo allora rimane ferma
perielio di un incantamento
l’oro nascosto
la luce inafferrabile dell’anima umana
di traverso tesa nel cielo
ora è un ramo di mele, Is just a Bough of Apples
ora è la parola che non annulli
un desiderio che l’immagine soddisfa
ora è questa ampiezza
di colore o di spazio
che il sole non intacca
né può la latitudine alleviare
questa dolcezza che si insinua nella storia
Forever -is composed of Nows-
degli attimi fuggenti è fatto il sempre
che non è un tempo diverso
se non per l’infinità
And Latitude of Home
ed è una prova del dolore
Time is a Test of Trouble?
Questo e berillio, Beryl-and this, at Noon-
a mezzogiorno c’è una luce a settembre
Not present in the Year
che l’anno ignora in altri periodi
quando l’autunno sta per arrivare
quasi ti parla-Light, quando gli orizzonti
dileguano e la scienza non può sciogliere
l’enigma che il sentimento attinge
A quality of loss
aspetta sul pendìo più lontano
tutto il mondo è socchiuso
o dolce incanto
Sweet Wonder, ed è ancora presto
disse la città alla luce, “You’re soon”
Whose Summer set in Summer
Whose Sun constructs perpetual Noon
Whose perfect Sun wait-
II
la ragazza bruna che a Dubrovnik,
con stupendi richiami remoti
sopra il vento
cercava di tenere ferma intorno
agli esili fianchi la minigonna nera
che quest’umido vento che nella storia s’insinua
una dolcezza,un silenzio negli occhi
come se le stagioni tornassero ugualmente
The Seasons –fit-the same–
spargendo semi di fiamma
And Split their Pods of Flame-
o sollevata sopra il corpo nudo
come ospitale appare allora il volto
del nostro antico vicino o sereno
quando l’amore umano e l’altro amore
s’incontrano poco dopo il tramonto
III
sotto i portici di Teramo
fra la folla chi ti toccò la spalla,
una ragazza bruna, quasi nuda? e sorridendo
dall’ombra e indicandoti i capezzoli scuri e
più giù ancora il buio più fitto la notte
che aveva inghiottito il suo corpo esile,
c’è un senso di finito
una vastità di futuro
e con un cenno verso la vertiginosa discesa
presso il campanile di Torcello
non sei neanche un po’ inerte
per non accorgerti che fra le ragazze
un poco nude e ridenti sotto le carezze furtive
in quest’immensità d’argento
con funi di sabbia
a trattenerla, perché non cancelli
una pista che chiamiamo la terra
il demone gonfio del crepuscolo
nel caldo buio delle viscere dei mostri del mondo
in una città in preghiera, Senigallia o Deauville,
preme alla soglia
finché tutto il mondo è socchiuso
Till all the World is ajar-
IV
o accanto a un antico fiume che non varia
con le stagioni e nulla corre in esso
né foglie né la foglia di platano che cadde
sul ventre nudo della ragazza ungherese,lungo il Danubio
né le ore della luce e dell’ombra
The fingers of the Light
Tapped soft upon the Town
e “You’re soon”, the Town replied
“i miei volti sono tutti addormentati”
la luce del suo candore che interrompe
la notte della stanza, un po’ tremante
per il soffio dell’inverno
oh momento sontuoso
Slower go
That I may gloot on thee-
(da:"Lunarionuovo", nuova serie, n.15, Catania aprile 2006)
amore per i buoni libri, apprezzamento del bello e del buono nella cultura e nella vita, disponibilità a capire, questo serbo di te, caro Professore indimendicato
RispondiEliminaIo valuto belle le poesie, quando rileggendole scopro sempre qualcosa di nuovo. Ebbene questo mi succede con le poesie di Giorgio Barberi Squarotti.
RispondiEliminami scuso con Roberto Soldà per il ritardo con cui posto il suo commento: nei giorni precedenti ero in vacanza.
RispondiEliminacordiali saluti