I libri delle Edizioni L'Arca Felice sono schegge rosse e preziose, leggere e mai prevedibili. Il catalogo comincia ad essere sostanzioso (ne ho già parlato qui). Fra gli ultimi autori pubblicati ci sono Marco Furia e, appunto, Giovanna Fozzer. Il primo, autore genovese da sempre impegnato in una ricerca che ha nella sillaba e nell'endecasillabo il suo centro, mi invia questa recensione che pubblico con entusiasmo.
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Accompagnata da due raffinate immagini di Sergio Rinaldelli, in cui elementi astratti e figurativi coesistono secondo i ritmi di vivide luminosità né soffuse né accese, la breve raccolta Sette lettere a Enzo (Edizioni L'Arca Felice, Salerno, 2009), di Giovanna Fozzer, si presenta quale poetica presa d'atto d'intime condizioni d'esistenza.
Dalla figura (qui non retorica) della domanda senza risposta, ossia da enigmatici grumi di sentimenti, parole, immagini, scaturiscono versi piani, lineari, eppure esposti sull'abisso dell'indicibile.
L'àmbito definito classico è sufficiente ad un'autrice molto attenta nei confronti d'una metrica che mai sfugge ad acute esigenze ordinatrici indissolubilmente unite a lucida affettività: versi come "immagini, nell'intenso contatto" e "Tu che tutto coglievi / ogni suono, ogni idea / con fulminea grazia / facendolo tuo / (poiché era già tuo)", ben rappresentano una poetica per nulla scossa dalla presenza d'entità ineffabili ritenute non ostili, bensì naturali, comuni a tutti gli uomini.
Da territori muti, in cui nemmeno possono essere costruite immagini poiché l'espressione ancora non sgorga, Giovanna estrae l'energia necessaria a far nascere, quasi per (fecondo) contrasto, una lingua precisa, equilibrata, partecipe.
I toni, così, rivolti tanto ad episodi quotidiani, quanto ad inediti lineamenti ("benevolo infinito"), risultano sempre ricchi d'una pregnante leggiadria in cui lievi sfumature s'intrecciano a sequenze descrittive interrotte da improvvisi bagliori, da repentine pronunce d'ampio respiro, dall'insistere su quesiti semplici e, appunto, privi di risposta.
Il tutto senza freddezza, con quella passione che alla sapienza sa accompagnarsi parola dopo parola, mai perdendo di vista (ora non più tacite) complessità ritenute irrinunciabili elementi d'una poesia che della vita non aspira ad essere specchio, ma vero e proprio tratto costitutivo.
Una poesia che s'illumina di luci policrome, calde, in grado d'indurre chi legge a percorrere itinerari lungo i quali poter riconoscere significative parti dell'esistenza interiore, altrimenti a rischio d'oblio: una poesia, insomma, che affascina e assieme aiuta.
ORECCHIO ASSOLUTO
Tu che tutto coglievi
ogni suono, ogni idea
con fulminea grazia
facendolo tuo
(poiché era già tuo)
nei tuoi versi, nei pensieri, nelle lettere
Tu
che il Poggio Pratone non salisti mai
ma trovasti cantato in certi piccoli versi
Oggi che dopo tanto vi ritorno
questo culmine, visione d'orizzonte totale
dedico a te
al tuo alto dei cieli (che mai negasti)
Nel silenzio autunnale opposto
a zirli trilli gorgheggi di primavera
sotto un volo di rondini tardive senza canto
Tu
ritorni ancor più
nella mente che abiti sempre
INFANZIA
Preda dei tuoi umori obliqui
mentre grondava sul vetro la pioggia
e l'inverno
bruciava grani di aromi
a rinvigorire una memoria stanca
che pure ancora riaccendeva
riti e miti (quasi sempre mortuari)
d'una infanzia ossequiosa, attenta e stupefatta,
affascinata
dal mistero dell'incomprensibile.
Il vivo viso del calciatore dodicenne
o più il suo sguardo
già tutto diceva il sapere e il capire
del poeta, del professore, del politico,
l'innocenza e il fascino
dell'uomo bello come un dio greco
(così dice il tuo fotografo amico),
del giovane che (dicevano in molti)
sembrava un attore.
Pure, poteva il tuo volto
esprimere duro il tremendo;
o invece un benevolo infinito
nelle labbra dal bel disegno
(che la fossetta del mento completava)
e nello sguardo - tenerezza impercettibile
celata nello 'strabismo di Venere'.
FANTASIA
Mobili forti e lievi le tue
immagini, nell'intenso contatto
tra fantasia e cose.
Nelle poesie, nelle lettere, nel tuo
parlare
(quando, per pochi anni, parlammo),
ricche fiorivan dal mare, dalla terra, dal cielo:
l'alba saliva lungo scale d'aria,
la luna, impigliata sulla fiumara
- 'a luna mpiccicàu sup' à hjumara -
è n'affetta, ì meluni, 'na lampara
e u' celu è seru, e' i nùvuli ricotti;
e quando cade
Non è cchjù luna, mo esti nu farcigghju
chi meti hjuri russi, ranu e migghju
e 'mbratta 'ì sangu u' saccu d'a' furtuna
Rifugio t'era buio
'u scuru ti era luci,
la notte ti cullava nta lu firmamentu,
nta 'na cònnula fatta 'i hjarvi e canti.Fiori e canti a consolarti
l'anima di eremita
prigioniero di testesso e della sorte,
ferutu d' u' distinu, e chi la morti
aspetta, e 'u gira 'rota di la vita.
Cantava ogni tuo verso,
nella tua solitudine, la più nobile,
lucida, amara disperazione.
biobibliografia: vedi qui
Caro Stefano,
RispondiEliminati ringrazio molto di aver ospitato questa densa e intelligente recensione di Marco Furia nel tuo ricchissimo e sempre prezioso blog. Ho accolto le poesie di Giovanna Fozzer nel catalogo dell'Arca Felice con autentica gioia e stima: si tratta di testi apparentemente equilibrati e silenziosi, ma internamente mossi e infuocati, come se fossero spinti, sotterraneamente, da una energia vertiginosa e oscura, pregna, anzi straripante di ulteriori parole non dette e di altrettanti sconfinati silenzi.
Un saluto amichevole a te e a tutti gli amici di Blanc de ta nuque.
Ida Borrasi
(edizioni L'Arca Felice)
grazie a te, Ida, per le scelte di qualità che caratterizzano la vostra linea editoriale.
RispondiEliminagugl
accettate un commento scemo? poesie molto belle, apparentemente lievi ma dense e profonde, bella la commistione del dialetto, una poeta che ha da insegnare molto, il verso equilibrato, classico ma non banale, quelle così sono quelle che ultimamente sento e preferisco. ciao antonella
RispondiEliminamagari fossero tutti così i "commenti scemi" :-)
RispondiEliminaciao e grazie!
gugl
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
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