non è un ramo la città terrestre
cui fiorisce cristallo da cristallo
ramaglia stalattitica;
né un ramo di rami assorbenti
per capillari vene -
o arcipelago
di mandorle chiuse a isterilirsi:
fluire e rifluire
in linfe e voli -
e il centro
è nella terra
(Danilo Dolci, Creatura di creature. Poesie 1949-1978, Feltrinelli 1979)
Questa poesia, Dolci la dedica a Johan Galtung, pacifista di grande spessore. Una poesia per la pace, dunque, che nomina la mobilità dell'albero e del sangue, dei cristalli e dei mandorli in boccio, il fluire della linfa vitale nella città terrestre, dove "terrestre" dice la forza plurale di ogni città che voglia salvarsi con le proprie forze, a partire dalla non-violenza di Galtung, ghandiano, e dall'operosità di Danilo Dolci, esempio per le società aperte e per i loro nemici.
è proprio vero: il poeta vede nero.
RispondiEliminavede nero in una realtà; "gli uomini sono miserabili". erminia
erminia, in effetti l'arma del poeta quale intellettuale dissidente è quello di porsi sempre in "stato di vigilanza" (così omaggio anche l'amico Gianfry) e il veder nero è un modo per avvertire e mettere in guardia il pubblico. Non si tratta semplicemente di andare contro per il gusto di andare né tantomeno quello di essere catastrofisti e apocalittici. Diciamo che questo tipo di poeta deve tenere gli occhi nelle pieghe del mondo e rivelarne gli abusi e soprusi, cercando di arginare l'ottimismo menzognero dilagante che cercano di inculcarci.
RispondiEliminaDanilo Dolci metteva anche le mani nel mondo. Non si tratta soltanto di visione, ma anche di partecipazione (cercate la sua biografia in rete)
RispondiEliminasì, stefano, hai ragione. Io mi ero fermato al dato teorico :)
RispondiEliminasaluti a voi tutti (siete solo 2?)
ha ispirato solo noi questo post? (e.) Ciao Voc, torna da Milano sano e salvo.
RispondiEliminacomunque, il cognome "Dolci" è tutto un programma. Non ho mai dovuto mangiare 1 dolce al singolare, ma sempre nell'ordinarli in pasticceria ho dovuto usare il plurale. Una volta caduta nella maglia del piacere, non c'è limite al numero. Dolci, dunque, pacchetti anche da 10. (e.)
RispondiEliminaBello questo omaggio a Danilo Dolci, Stefano. Ho sottomano il "Poema umano" e penso che, appena ho un po' di tempo, lo rileggerò, così come rileggerò qualcosa di Aldo Capitini, che i versi che hai postato mi hanno immediatamente fatto ritornare alla mente. Te lo ricordi il rivoluzionario "miope e profeta"? L'anno scorso coi miei studenti abbiamo discusso alcuni suoi testi; magari quest'anno vedo di inserire qualche scritto di Dolci. Ne vale veramente la pena.
RispondiEliminafm
Hai ragione su Capitini: un vero testimone della nonviolenza e della democrazia. In verità l'ho scoperto da pochi anni (meglio tardi che mai).
RispondiEliminaciao
Le sue opere sono praticamente introvabili, mai ristampate, quasi disperse: la cultura italiana ha altro a cui pensare, altri sono i miti di un giorno che rincorre. Io ho alcuni libri, tra cui "Educazione aperta", pubblicato a Firenze nel 1967. Visto il lavoro che facciamo, te lo consiglio, contiene delle pagine veramente profetiche e meravigliosamente attuali su scuola, cultura, società e politica, un vero progetto di educazione perenne dal basso. A Vicenza puoi provare presso "La Locusta" (spero che esista ancora) che deve aver pubblicato qualcosa di suo.
RispondiEliminaTi lascio questo suo verso, a partire dal quale si potrebbero tenere infiniti seminari di etica, filosofia e poetica:
"La mia nascita è quando dico un tu".
Potrebbe essere anche la sintesi del tuo lavoro poetico. E a ragione.
fm
grazie del dono, francesco.
RispondiEliminaMe ne parlò con grande entusiasmo Alfonso Cariolato, l'amico filosofo.
che bella communio :)
RispondiEliminaio sono partente domattina (e forse anche perdente, ma questa è una condizione accessoria).
erminia, tornerò sano e ubriaco!
(e magari riesco a vedere anche il nostro caro Francesco)
buonanotte a tutti
buon viaggio, Voc! Verso la Abbazia di Thélème. Bibite!
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