lunedì 19 settembre 2011

Manuel Cohen


Cartoline di marca (Marte editrice, 2010) di Manuel Cohen non è soltanto un canto d'amore crepuscolare alla propria terra, ma qualcosa di più complesso, che nemmeno il sottotitolo (istantanee per una koiné?) esaurisce. Intellettuale sopraffino, Cohen sembra rilanciare la possibilità che esista una linea marchigiana, una koinè, appunto, riconoscibile, così riagganciandosi ad una vecchia questione, che Alessio Alessandrini, in un commento su Nazione Indiana, redime mi pare in modo convincente. Egli parla "di una 'doppia frontiera' che il poeta marchigiano doveva superare; una duplice marginalità: interna, dovuta alla morfologia del territorio che isola ogni lucus per farlo divenire un hortus conclusus (una frammentazione geografica accentuata dalla pluralità linguistica), esterna, causata dalla posizione di confine (cfr: etimologia di Marca) della regione stessa. Marginalità e pluralità sono termini che si addicono al poeta marchigiano, ma sono anche caratteristiche che permettono allo stesso di aver alcune peculiarità. Proprio per questo inconscio desiderio di andare oltre la siepe, oltre la 'soglia del paese' (ndr: Alfredo Luzi), di giocarsela con 'L’infinito', la scrittura dei marchigiani si sostanzia per una doppia ansia: ansia interrogativa e ansia comunicativa. Oggi aggiungerei anche una sorta di vocazione alla immaginazione e all’ironia." (23/11/07).

In verità, Cohen affronta il tema identitario dall'interno, da talpa che è cresciuta nella polpa marchigiana e di questa si è nutrita. Rinuncia dunque a dare una risposta teoretica, parlando invece, nel corsivo in epigrafe, di "testimonianza o iter di formazione", di esperienza umana, prima che retorico-stilistica, di affinità elettive costituite da una fitta rete di relazioni amicali con poeti e intellettuali marchigiani, cantati in queste Cartoline con la leggerezza stilistica di chi conosce la tradizione metrica italiana, ma anche con un affetto da naufrago, di chi ha esperito la viandanza e la ritrova nei versi dei poeti a lui cari, tutti conterranei, ognuno perseguito da un male proprio, che li fa unici eppure, come sospetta anche Massimo Raffaelli nella prefazione, membri della medesima comunità. Male/disagio che li distingue dagli altri da una "sottile marca rossa", definizione che riprende volutamente la sottile linea rossa che separa il senno dalla follia, nell'omonimo film di Andrew Marton del 1964. In Cohen lo scarto tra i due termini s'incarna nella distanza tra metropoli e periferia, abitata da "provinciali" dalla grande umanità, ma sconfitti dalla storia. Semmai una koinè esiste, sembra perciò suggerire Cohen, essa risiede nello stare fuori dal centro, nell'abitare la selva, quell'Appennino che s'innerva sino al capoluogo. E' uno stare che amplifica la percezione, che dialoga con l'oscuro, diffidente verso la tecnica e lo statuto di cittadinanza, e più in sintonia invece con lo spazio della piazza e del paesaggio, pessimista, certo, sulle umane sorti e progressive, ma ancora capace di amicizia. E questo libro lo testimonia, essendo una sorta di Cohen's List, di persone salvate dall'oblio delle patrie lettere anziché dallo sterminio, ma ugualmente commovente.

La complessità cui sopra riferivo trova un altro ganglio, sta volta più problematico: i "provinciali" cantati da Cohen appartengono tutti alla medesima elite, similmente ai poeti stilnovisti, che costituirono un'aristocrazia dello spirito di contro al giogo dei corpi, irretiti nei commerci e nelle beghe di potere, come fu nei comuni medioevali. In entrambe le posizioni manca sia il popolo, nell'accezione whitmaniana, cui aderire con candore (riconoscibile anche nella linea Saba-Pasolini), e sia la folla inquietante di Poe e Baudelaire. Ci sono invece le città, i cui luoghi non sono il prodotto del lavoro, bensì acquistano natura affettiva, sono spazi dell'anima, in un presepe che tiene fuori, appunto, come un cordone sanitario, tanto i ganzi borghesi quanto i senzaparole, l'intero esercito dei viventi senza vocazione che potrebbe in qualche modo infettare l'elite. Credo che tutto questo non sia frutto di una scelta ideologica, ma piuttosto, come per altre ragioni dichiara Cohen nell'esergo, per elezione, perché fra loro egli trova "vera residenza, patria dell'essere" all'interno di un destino vissuto come "una perenne diaspora".



Da Cartoline di marca



(Paolo Volponi)


quante volte, dopo cena, l’ho spiato
dai vetri della casa, in fondo al Pincio
sulle mura, da dove monti e valli
dominava. e c’era un vento gelato
furioso come pochi. e rassettava
la Giovina, impagabile, in cucina
mentre Paolo, nel tinello, armeggiava
col tele e l’insonnia. lottava. lottava.




(Maria Lenti)



il cappotto nuovo era d’un blu intenso
non lo ricorderai, venni quel giorno
con te, dopo l’elezione, per l’acquisto,
mi dicesti dei tuoi sogni di ragazza:
insegnare, vivere a Roma. a lenti
passi, a tratti, a momenti, nei tuoi intenti
eri riuscita. discere partecipare
scrivere (r)esistere parlamentare





(Franca Mancinelli)



lei, che guarda a una costa di Sassonia,
che prende e porta pietre alla marina,
come una sera, o un’alba, entra in laguna
volto giovane di donna, velo, oltre il vetro
della stanza, cono d’ombra come avvolto
da un lenzuolo. porta peso, nell’incavo
intonacato dello stomaco. Fano,
dove lei ha forma d’acqua e un suono.




*


perché ci sanno ferire le cose
del mondo, ci inducono a lasciare
perché poi riescono a vanificare
pure il meglio di noi, i gesti, gli intenti
sono le stanze dei nostri scontenti
Urbino Fano Bologna Ardizio
“treni infiniti treni vuoti o pieni
acque e aghi di un eterno andirivieni”





(Massimo Raffaeli)



a Chiaravalle, bella tra colline
digradanti, cibi buoni buoni vini
c’è un mio caro vecchio amico, Gilberto
Rossi, il sono confuso della Pantera,
colto fine onesto problematico
con le sue arditissime letture.
ma, in quella marca, c’è pure un altro
amico, colto fine luminoso





è Raffaeli, Massimo, il generoso
militante lettore laborioso
che tante volte ho ascoltato, nel suo
eloquio alto e lieve, e letto, con Spitzer
e Mengaldo, Contini e Pasolini,
lui, che chiaro fa l’oscuro di un Fortini (e,
son sincero, la sottile marca rossa
non può, Cortellessa, capirla, davvero).



*Recensendo su «L’immaginazione» la raccolta di scritti critici Questa siepe di Massimo Raffaeli, Andrea Cortellessa ironizzava sull’attenzione che il critico riservava agli autori della sua regione. Capita a volte a chi vive nelle grandi aree metropolitane di valutare le vicende che accadono in provincia come provinciali, trascurando inevitabilmente la centralità di esperienze tutt’altro che eccentriche.




(Franco Scataglini)



Ancona, di notte, s’apre, ha scenari
luminosi, se ti inerpichi o se sali
a San Ciriaco, come a volte in estate
in attesa di salpare per i mari
slavi o per la Grecia. e c’è vita, ai fari
ai moli, ai lampioni, ai riverberi
che accendono le acque scaglie a scaglie
(tu sorridi, su profili letterari)





(Pier Vittorio Tondelli)



ci fu tempo per un caffè veloce
tra un rapido e un espresso per Bologna
quel giorno, sospesa l’aria, una pace
sopra Ancona, t’ho seguito, di soppiatto
passo a passo in libreria, poi il respiro
preso al volo per chiedere la dedica
occhi buoni, di ragazzo che eri
stato. musica per sempre. miei futuri





(Remo Pagnanelli, Guido Garufi)



tra Loreto e Recanati, Macerata,
entroterra di marca, dilaniata.
“il cui rovello è in radice al nome”
mi dice Remo, la voce murata,
vuote cavità gli occhi che mai vidi
o che solo immaginai. “per queste mura
non passa mai vento”, gli fa eco, Guido,
cresciuto da solo, nello sgomento.





(Luigi Di Ruscio)



la vista micidiale che da Fermo
si gode. da lì, esule, sei partito
irato mai fermato, marchigiano
yiddish, Luigi, la lingua, il tuo idioletto
incoercibile Palmiro fermano
libero battitore rimbalzato
per internet. tu, che da più lontano
punti la penna, e prendi più vicino





**



Lara Lucaccioni, Davide Nota
Natalia Paci, Edilio Venanzoni
Linnio Accorroni, Maurizio Marota
Ernesto Spina, Valerio Cuccaroni
Lucilio Santoni, Franco Matacotta
Gianluca Pulsoni, Gabriele Ghiandoni
Marco Alloni, Gian Ruggero Manzoni
Marisa Zoni, Salvatore Ritrovato




**


Massimo Raffaeli, Paolo Volponi
Evelina De Signoribus, Maria Lenti
Riccardo Lupo, Paolo Teobaldi
Feliciano Paoli, Acruto Vitali
Eugenio De Signoribus, Sandro Mascè
Giuseppe Langella, Italo Mancini
Luigi Sacci, Silvano Ceccarini
Barbara Coacci, Massimo Canalini



Manuel Cohen Sulpizio è nato a Miglianico (CH) nel 1967. Ha trascorso la parte fondamentale della sua esistenza a Urbino, quindi Pesaro, Roma e Bruxelles. È cofondatore con Marco Alloni, Salvatore Ritrovato e altri, di «Profili letterari» (1991-96), redattore di «Pelagos» (1991-...), della neo-dialettale «II parlar franco» (2001-...), di «Ali» (2008-...) e di «Carte Urbinati» (Rivista di critica letteraria dell'Università di Urbino, 2009-...). Numerosi i suoi interventi critici su poeti italiani e non solo. Ha curato l'antologia poetica di Umberto Piersanti, Per tempi e luoghi, (Porretta Terme, I Quaderni del Battello ebbro, 1999), gli scritti critici di Franco Loi, Baldini per me, (Villa Verucchio, Pazzini, 2010), i saggi di Maria Lenti, Neodialettali romagnoli e altri dialettali (Villa Verucchio, Pazzini, 2010); ha redatto i profili critici di Tolmino Baldassari, Gianni Fucci e Nevio Spadoni per l'antologia Poeti romagnoli del Novecento, vol. I, a cura di G. Lauretano e N. Spadoni (in uscita), ha inoltre prefato libri e/o opere prime (F. Ballarmi, D. Basso, Franzin, Monti, Moscè, Teodorani). In poesia ha esordito nel 1984, segnalato da Mario Luzi, ed ha pubblicato la raccolta di versi Altrove, nel folto (a cura di Bario Bellezza, Roma, lanua, 1990). In rete collabora con alcuni litblog.

18 commenti:

  1. Il tuo commento è come sempre preciso e ricco di spunti e considerazioni acute. Oltre ad esse, ed oltre alla statura intellettuale e capacità di scrittura di Cohen, a me colpisce l'affetto che mi sembra di cogliere dietro e dentro alle poesie. Viene disegnata una scena, come giustamente sottolinei tu, ma vengono anche tratteggiate le singole persone che la costituiscono o la hanno costruita, attraverso uno sguardo che ne coglie atteggiamenti, gesti, particolarità. E' come se Cohen, che ha di certo lo spessore critico per costruire un'antologia, la avesse ricreata partendo non dai testi poetici, ma dai poeti. Un lavoro difficile, originale e - io penso - molto bello.

    Francesco t.

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  2. sì, è così. notavo solo che mancano i silenti, chi fa altro dallo scrivere. Potremmo quasi dire che fa l'opposto di quanto fanno i poeti friulani, e tu fra questi. Non è un difetto, naturalmente, ma un modo di essere nel mondo, secondo me.

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  3. post davvero bello Stefano.
    Manuel Cohen ha intelligenza critica (per fortuna non è l'unico, ma sì uno dei non-molti) notevole. credo che se la ritrovi anche quando scrive poesie, il suo entrare nelle persone-poeti, capirne i dettagli, elecarne certe fattezze, tentare di rendere il complesso per lo meno 'accettabile' ne fanno un poeta da prendere senza molle e con un poco di ironia, ma di un'ironia seriosa e che tenta un passo verso un testo-ricordo che diviene storia personale e al contempo collettiva.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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  4. margherita ealla19/9/11 22:46

    In sintonia con Francesco t. e A. Ghignoli per quanto riguarda la validità "ricca e acuta" del tuo commento e del post.
    Trovo oltremodo bello e interessante che tu abbia messo in evidenza spunti di riflessione, anche problematici, non limitandoti en passant a porli (anche se sarebbe interessante e bastevole di per sé), ma che motivi e anche "risolvi" in modo convincente.

    Di "Cartoline di marca" avevo letto (l'anticipazione?) già su la Dimora , dunque qui rinnovo il mio apprezzamento.

    un caro saluto.

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  5. l'ironia, in effetti, caro Alessandro, è un aspetto che non ho considerato, ma, uno studioo serio su questo poeta-critico, non può essere trascurato.

    @ Margherita: con Marotta spesso ci capita di intrecciare gli autori.
    Grazie per il complimento.

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  6. Per l'amicizia che ormai mi lega a Manuel, rischio di essere troppo di parte, ma credo che all'ormai corposa, appassionata e precisa opera critica, egli sia qui, e lo dimostrano queste sue cartoline amorose, un poeta di tutto rispetto. Certi ritratti sanno cogliere davvero l'anima della persona "fermata" come solo pochi fotografi sanno fare, come se fossero radiografie.
    FF

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  7. credo tu abbia ragione pur non conoscendo di persona molti dei poeti cantati.

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  8. Ringrazio tutti gli intervenuti, che, a vario grado, conoscono qualcosa del mio lavoro. Grazie dunque a Margherita, Francesco, Fabio e Alessandro: è vero, c'è un filo di ironia (e per la mia scrittura sarebbe un guaio se non ci fosse; resterebbe infatti solo l'elegia). Ed è vero che si tratta anche di una sorta di antologia (implicita, involontaria) o costellazione di nomi che fanno parte della mia porzione di intelligenza del mondo.
    Ringrazio Stefano per il bellissimo intervento, acuto e puntuale: mi ha aiutato a chiarirmi ulteriormente sulle mie motivazioni e su una mia collocazione (?), e pure su quella cosa, molto mobile, molto imprendibile, che chiamiamo identità: anche gli elenchi dei nomi, di tutti i nomi che sono nel libretto (oltre 130), la necessità di genealogie, o di cordate di cani sciolti, vanno forse in quella direzione, ben sapendo che poi una linea non c'è, ma ci sono le persone e le cose.Grazie a tutti, e a presto, magari con versi che rivelano altre attenzioni, altre tensioni.

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  9. grazie Manuel.

    Aggiungo, a proposito delle poesie con i nomi, che ho scelto io di inserirli, mentre la seleznione degli altri testi è di Manuel.

    Gli chiedo: perché li avevi esclusi?

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  10. l'esclusione è motivata solo dal fatto che le due ultime strofe del post fanno parte dell'ultima sezione del libro, sezione comprendente un elenco di 117 nomi: li ho esclusi solo per la lunghezza, e per risparmiare ai lettori di Blanque de ta nuque una pantomima-litania. L'idea in fondo è di una condizione ad includendum piuttosto che ad escludendum... cosa diversa da una antologia.

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  11. Che bella questa scrittura, Manuel... ma... "Lucilia Santoni" è in realtà, credo, l'amico e ottimo poeta (nonché consulente per la poesia di Marte Editrice) Lucilio Santoni?... ;-) complimenti ancora, luisa p.

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  12. a proposito di nomi, ma Tondelli non è nato a Correggio, prov. di Reggio Emilia?

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  13. Trovo molto bella e commovente soprattutto la poesia ritratto del giovanissimo Remo Pagnanelli che ho conosciuto attraverso rarefatti bigliettini timidi e molto cari.
    Ma sono tutti "vivi",anche gli altri: fermi immagine, lampi di originale memoria stillata in pillole. C'è molta grazia e rimpianto e capacità creativa. Camplimenti, Manolo!

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  14. Ho dimenticato la firma. Cristina Annino.

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  15. Manuel è stata una bella scoperta, in veste di critico e di ottima compagnia, a giugno a Novi Ligure. Ora lo posso apprezzare anche in questa veste (il suo e-book è disponibile sul blog di F. Marotta), che mi conferma la sua attenzione e sensibilità alla "traità". Un saluto, GTZ

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  16. ho corretto il refuso (lo scanner è terribile per queste cose!).

    Grazie Manuel per le precisazioni sui poeti che hanno transitato per le Marche. documento prezioso, dunque, questo tuo commento finale.

    Anch'io ringrazio gli amici che hanno lasciato una testimonianza, ripagando con la medesima cortesia, la spoon river dei vivi di "Manolo", come lo chiama amabilmente Cristina.

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  17. Al catalogo di Manuel bisogna ora aggiungere Fabri Fibra!

    Pietro Roversi

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  18. bellissimo post!
    la figura del *poeta critico* mi ha sempre affascinato!

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