I poeblog si sono rivelati sin dapprincipio un'ottima vetrina per tutti coloro che si occupavano di poesia, ma non avevano ancora avuto le occasioni migliori per mettersi in luce, vuoi per questioni generazionali, per collocazione periferica rispetto alle grandi città oppure semplicemente perché non avevano i numeri per guadagnarsi il Parnaso. I "commenti" ben scritti hanno infatti permesso a molti poeti di farsi conoscere, di far sedimentare il proprio nome e le proprie idee in rete, entro una comunità circoscritta ma vivace. Tra il 2003 e il 2007, quando sono nati i principali poeblog italiani, si è riso e pianto e ragionato sul far poesia e sull'importanza del medium, citando questo e quello, facendo in modo che tutti capissero che non eravamo gli sprovveduti di turno, bensì studiosi, intelligenti e, se possibile, anche simpatici. Talvolta, i più birboni, hanno giocato al gatto e al topo con l'autore o con il gestore del blog, cercando di buttarla in vacca, forse per invidia forse perché l'anonimato porta naturalmente al conflitto. Quest'aspetto, vissuto dai più seri come distorsione o patologia, è diventato fisiologico in certi siti o cancerogeno in altri. In Blanc non ha mai avuto molto successo, per fortuna, prevalendo invece la pacatezza e la concentrazione sull'oggetto dei 100, 150 lettori, nessuno dei quali tuttavia è un poeta o un critico di fama (non si offendano quei pochi che lo sono eppur passano di qui). E' questo il punto, che non riguarda soltanto Blanc: la rete non è amata da chi è poeta pubblico, riconosciuto. Non lo era prima e non lo è adesso. La rete ha risposto evitando il confronto, postando autori emergenti e/o giovani, rimescolando il canone, accusando l'accademia, rassegnandosi a questo dato, sociologicamente sensibile.
Lo si è detto più volte: tra i poeblog da un lato e l'editoria che conta, l'università, gli autori importanti dall'altro, c'è uno iato evidente e, al momento, insanabile. Lo sarà fintanto che il medium sarà visto con diffidenza, ma sopratutto perché la rete e, in particolare, lo spazio dei commenti, tolgono i filtri relazionali, mettendo sullo stesso piano autore e lettore. Ciò spaventa parecchi poeti, non abituati al confronto, ma soltanto alla riverenza con piroetta. Ma spaventa anche chi conosce la natura dei messaggi in rete, spesso connotati emotivamente e, per questa ragione, carichi di fraintendimento.
Difficile dunque che la qualità dei commenti sia salvata da loro e improbabile che i veterani dei poeblog investano ancora molte energie a commentare autori nuovi. Restano i giovani, nati negli anni ottanta e novanta, poeti molto interessanti ma poco inclini, se non in rari casi, a spendersi per i più maturi o ad investire in rete nuovi progetti, avendola trovata già pronta, strutturata, da sfruttare anziché da arricchire. E semmai qualcuno intendesse farlo, dubito che accadrebbe attraverso commenti che richiedano un forte impegno di tempo e di riflessione. Per tutte queste ragioni credo che dovremo rassegnarci ad un sistema di poeblog in cui il testo sarà sempre più centrale (e, perciò stesso, dovrà essere di valore), mentre i commenti tenderanno a zero, tranne quelli leggeri, quei cenni d'affetto la cui importanza è comunque vitale per tutti.
già, con affetto
RispondiEliminaloredana
Sono del tutto d'accordo con te, e non so se per fortuna o purtroppo. Io sono tra quelli che frequentano la rete fino a un certo punto: mi serve per conoscere ma poi ho bisogno del libro e della persona davanti, un blog non mi basta. Detto questo, però, devo dire anche che questo sito - al di là dei commenti che si lasciano per affetto - è stato almeno in alcune occasioni un luogo vero di confronto, uno dei pochi.
RispondiEliminaE' vero che i poeti laureati frequentano poco la rete: forse per il poco tempo (ma tutti ne abbiamo poco), e probabilmente per i motivi che tu suggerisci.
Non è che forse - ma te lo chiedo, perchè di certo ne sai di più - dopo l'entusiasmo iniziale i blog stiano arrivando semplicemente alla loro dimensione, che è appunto di conoscenza più che di critica? In questo senso la centralità del testo è fondamentale, così come il suo valore che sui vari siti non è sempre assicurato, mi pare.
Francesco t.
razie per l'affetto, lory.
RispondiEliminaFrancesco, come dici tu, qui ci sono stati commenti interessanti, forse non così tanto come in altri blog (penso ai tempi eroici di liberinversi e di absolutepoetry e anche di atelier)
la critica, in effetti, ha bisogno di un respiro più ampio. Il tempo è poco per tutti, hai ragione. Per questo bisogna stabilire delle priorità: una di queste sarà ripensare Blanc per quest'inverno (ma ne riparleremo).
Condivido anch'io pienamente.
RispondiEliminaIl buon commento presuppone tempo, curiosità, attenzione e va diradandosi. Per quanto mi riguarda devo dire d'essermi dedicato con passione ma non so quanto resisterò ancora in questa appassionante fatica.
Un saluto affettuoso
Antonio Fiori
Concordo pienamente sul post, anche se personalmente ho un blog solo da circa due mesi e forse sono la persona meno indicata a commentare sul tema postato da Stefano. Io ho scritto, quando avevo 18 anni, e pubblicato qualche anno dopo,un libro che non si è filato nessuno Coreografia del Ghetto Storico, subito dopo ho avuto una figlia e ho dovuto inventarmi un lavoro che non poteva essere quello di scrivere...ho aperto una videoteca nell'88 e non ho più scritto per circa 20 anni se non qualcosina e abbozzato un progetto, All'ombra dei pixel, che oggi ho ripreso in pieno.Poi frequentando attivamente un forum per videoteche, mi sfuggivano dei post "poetici" con apprezzamenti da parte dei colleghi e da lì sono partiti una serie di racconti cuciti addosso alla nostra categoria, videotecari, che nascevano giorno per giorno...mi ha risvegliato completamente la voglia di scrivere al pari di quella che avevo da ragazzo...
RispondiEliminala conseguenza è stata quella di aprire un blog e scoprire una comunità vastissima di appassionati e "praticanti"...ed è verissimo quello che dice Stefano sui motivi per cui i poeti famosi non si "piegano" alla rete così com'è vitale qualche cenno d'affetto da parte degli amici, perchè hai già più che una sensazione di scrivere per qualcuno, cosa impensabile 10\15 anni fa.
Saluti
Maurizio M.
Forse avrai capito quanto io sia sensibile a certe problematiche, m’interessano i meccanismi che anche senza alcuna malizia vanno a crearsi. C’è una cosa, fra le altre, che hai scritto qui che mi ha colpito e cioè che con la nascita dei blog poeti o aspiranti tali hanno iniziato a farsi conoscere attraverso i propri “commenti” e vorrei chiederti allora: credi che ad una sensibilità critica corrisponda necessariamente una sensibilità poetica? Non credi che assimilare le due cose, nel tempo, abbia innescato un commentario piuttosto ibrido in cui la sovraesposizione del senso “critico” ( che io personalmente spesso in tanti trovo ripetitivo e applicabile un po’ a tutto) abbia generato identità poetiche “ad honorem” con cui i cosiddetti poeti laureati non hanno proprio voglia d’immischiarsi? E quei commenti che tu chiami “d’affetto” non sarebbe meglio riservarli ad una corrispondenza privata? E non trovi inutili i tanti – leggerò- che a me appaiono semplicemente come un – ehi, ci sono non dimenticatemi-?
RispondiEliminaNon so, io frequento pochissimi poeblog, e sono una pessima frequentatrice, sono fra quelli che privilegiano il testo, i commenti semmai li leggo dopo per confrontare le mie sensazioni se il testo me ne ha date, solo a quel punto apprezzo quelli critici per l’apporto che aggiungono, data la mia abissale ignoranza di cui non ho mai fatto mistero, se dopo questo percorso mi si generano dubbi, domande apprezzamenti o semplicemente qualcosa di mio da dire cerco di dirla, ovviamente nel processo passano giorni, e spesso la cosa resta inespressa, con me è già invecchiato anche il mio commento…
Forse una soluzione futura per i poeblog come il tuo o di pochi altri più che al commentario, che spesso vira ad un calderone dove gli ottimi interventi si mescolano alla fugacità del –bravo, brava e bla bla- che va comunque poi a disperdersi, potrebbe presentare i testi che la vostra competenza vi consente di selezionare, e invitare i lettori che ne abbiano le capacità e gli strumenti a scriverne una sorta di saggetto critico, ma anche i non poeti ad esprimere senza sentirsi fuori luogo il perché o il come a loro giunge o non giunge un testo poetico. Gli esordienti e non, potrebbero affrontare e confrontarsi con la poesia attraverso un equo processo, magari in questo cercare di avvicinare quei poeti e lettori che dai poeblog se ne stanno ben lontani, allentare così questa frattura con cui credo prima o poi tutti noi dovremo fare i conti. Voglio dire, alla vitalità che si ravvisa attraverso la partecipazione dei tanti commenti in rete dovrà prima o poi corrispondere una vitalità nel mondo reale, nelle librerie, ma soprattutto nei lettori ché a me sembra che ci stiamo adagiando a leggerci fra di noi rendendo la poesia un’enorme bellissima massa nebulosa, mentre, per dire, la cosa più incredibilmente rivoluzionaria che potrebbe accadere sarebbe non che cucchi ci dica che si porta in tasca il nostro libro ma che venga a dircelo una persona qualsiasi.
grazie lisa...prolissa come sempre, scusa
tenendo presente quanto dite, in specie nei due ultimi commenti (che Antonio so quanto si è speso e si spende per i commenti, e lo ringrazio per questo)
RispondiEliminai poeblog sono più di 1000 in rete, ma solo una trentina reggono in termini di qualità dei tetsi pubblicati e della critica proposta.
Difficile dire se il poeta può essere anche un critico e viceversa. Certo sono due attività differenti.
sarebbe bello che il pubblico non fosse composto da poeti, ma purtroppo è così da molto tempo. Forse da sempre, se anche Dante scriveva per il suo gruppo di amici.
riguardo al suggerimento per il futuro dei poeblog: direi che potrebbe esere una proposta da fare a "poesia 2.0" che ha sempre curato il dialogo con i lettori, anche se i lettori non mi sembrano molto interessati a farlo.
sto convincendomi che è meglio lasciare (fuori) ogni commento, leggere in pace o passare oltre. La rete ha un click troppo frenetico e induce dipendenza.
RispondiEliminainoltre spesso c'è troppo del dire io sono nel dire ti ho letto ecc.., sto pensando che siano senz'altro meglio le manifestazioni di affetto (almeno mettono in chiaro che prima viene la persona del libro-autore).
è anche vero però che i pochi blog (due-tre) che frequento svolgono un lavoro encomiabile, e rappresentano dei punti luce e di riflessione.
spesso vi trovo autori che niente hanno da invidiare a "quelli che la rete no",
inoltre spesso, anche se non sempre, con una certa voce personale (almeno al mio orecchio nn certamente di critico).
Perché, altrimenti, se no, dovrei spendere e spendermi a leggere...?, meglio, e di gran lunga, gli "originali", moderni anche se di secoli.
un caro saluto!
Argomento affascinante e ben dibattuto. Da non “addetto ai lavori”, né aspirante tale, posso esprimere soltanto qualche variegato stupore. Concordo sullo iato. A me sembra che l’esca poetica attiri il pesce generico, che la pilucca ma però non l’ingoia fino a lasciarsi agganciaredall’amo. Alcune poesie ben scelte, alcune considerazioni acute di commento, sono già un pasto ben sufficiente, perché c’è tanto altro da vedere in giro e certo non si può (né sarebbe opportuno) starsene tutto il giorno al computer. Ricordo le considerazioni di Baricco ne “I barbari”, credo che delineassero qualcosa di profondamente vero . Sovrabbondanza, questo è il punto. Personalmente ho lasciato un po’ perdere poesia 2.0 quando ha cominciato a sparare materiali a raffica: troppi autori sgomitavano per un (probabilmente anche meritato) riconoscimento. Ma ci sono troppi memi (e forse troppo isomorfi, a qualche livello profondo) all’assalto di menti già sovraffollate. Temo che il gradiente “qualità” sia in gran parte illusorio, troppo compromesso con gli affetti. Doveva funzionare diversamente, secondo me. L’interazione non doveva condurti al saggio ponderoso, che può ingaggiare soltanto chi abbia interessi “concreti” nella faccenda (tipo l’entrare “nel giro”) ma bensì ad uno scambio leggero - ma però sincero, equanime - che è quello che evidentemente manca, o è mancato, poiché si confonde sempre la stima verso la persona con la libera opinione sull’opera che questa stessa persona tenta, un’opinione implicitamente relativa, dato che esprime soltanto la riutilizzabilità in proprio di certe parti dell’esperienza altrui. Avrebbe dovuto crearsi un fitto tessuto di feedback più rilassati ed informali, ma effettivi, fra persone mutuamente infrangibili. In un tale tessuto, un frequentatore più o meno casuale avrebbe potuto incominciare a crearsi - per intanto divertendosi - un gusto proprio, e senza essere costretto ad assumere la ridicola (passata una certa età che una volta non superava i vent’anni) postura dello “studente”. Invece l’ubiqua permalosità (forse indice di fragilità interna e un certo autoinganno) sembra imporre che gli scambi siano costituiti, all’interno della parrocchia, quasi esclusivamente da “carezze” (nel senso di Berne). E il gioco prosegue fino a dei ridicoli darsi del “grande” a vicenda, rassicurarsi a vicenda che si è destinati a “restare”! Ma tutta quest’ansia di sopravvivenza, nei libri e nelle memorie future, è davvero così necessaria? Sarà poi così terribile tenersi accanto il sospetto e l’eventualità dell’irrilevanza? E lasciare il dopo-morte ai suoi propri autonomi sviluppi? In fondo considerare Nulla un’epifania che non si diffonda in quella che è poi una dimensione quasi puramente quantitativa (considerata la carenza di “scale di valori” autorevoli) rappresenta un’ammissione del Nulla che costituirebbe il vero centro dell’accadere poetico, o artistico.
RispondiEliminacredo che, per far funzionare i commenti, bastrebbero i primi tre punti delle lezioni calviniane: leggerezza, rapidità, esattezza.
RispondiEliminama i poeti sono esseri difficili. altrimenti impiegherebbero diversamente il loro tempo per cui, quando commentano, attaccano.
Questo post (e i suoi commenti) è molto, molto interessante. Credo che i poeblog siano stati, e ancora sostanzialmente siano, utilissimi e vitali. Consentono di saltare a pié pari i meccanismi editoriali "cartacei" e di condividere, idealmente, con tutto il mondo - o, comunque, con molte più persone di quanto si possa sperare nei canali tradizionali - sia il fare poesia che il ripensarlo. A volte non si commenta anche per timidezza, o per un senso di disagio nel dare giudizi tranchant, o semplicemente perché non tutto va commentato, ci sono cose sulle quali non hai niente da dire perché ti hanno dato un'emozione che non si traduce in parole. Sul commento come forma di autopresentazione indiretta, capisco ci sia questa componente e la comprendo; spero però sia quella minore.
RispondiEliminaio trovo giuste le considerazioni di stefano tranne che per la parentesi sui giovani.
RispondiEliminainvece di essere gli anziani del mestiere a coinvolgere noi giovani, dovremmo essere noi a farlo per loro?? mi sembra una beffa perché credo che per imparare anche noi il mestiere dovremmo avere l'input da qualcuno che magari è più capace anche se resta tutto da vedere a volte.
personalmente mi sono rotta di fare progetti per persone che poi mi lasciano giocare alla mosca cieca con quei pochi che stanno dietro.
riguardo ai commenti, non sempre si ha il tempo purtroppo.
io a volte seguo i blog assiduamente ed a volte niente per mesi. sono contenta che almeno molti blog sono su wordpress che gentilmente mi manda mail ad ogni post (mai pensato di trasferirlo Stefano? :) )
altrimenti faticherei a seguire pure quelli.
e non è questione di lavoro, ma a volte si è più stanchi per la poesia o ci si rifugia nella propria e basta.
chi ha un blog personale come me penso fatichi pure a seguire quello.
ed i commenti a volte li chiudo proprio dei periodi perché mi stressa anche solo rispondere.
margherita ha ragione, bisogna meditare di più e leggere in silenzio magari.
comunque Stefano anche qui su Blanc ci sono stati periodi di bei commenti, non devi sottovalutarlo.
saluti a tutti,
Anila
Dopo un primo approccio con i blog di poesia – qualche anno fa - caratterizzato da grandissima confusione (personale) dovuta ad un’offerta sovrabbondante, sono riuscita ad individuare alcuni (pochi) blog di riferimento che ho seguito e che continuo a seguire con grande interesse, quando mi è possibile, non commentando molto per la verità, limitandomi per lo più a poche parole di apprezzamento. Per timidezza, come dice Fiorella, per una sorta di pudore a lasciare commenti più articolati, sicuramente per un senso di inadeguatezza, ma anche perché molto spesso i commenti che ho provato a scrivere mi sono sembrati troppo “personali”, poco competenti. Da questi blog, e dalle persone che con grande passione e competenza li hanno regolarmente“alimentati”, persone che non ringrazierò mai abbastanza, ho ricevuto molto (conoscenza, informazioni, interessanti note critiche che mi sono state d’aiuto nelle mie letture, tanti buoni consigli…) ma credo di aver dato poco, in termini di contributi critici.
RispondiEliminaMolte delle discussioni sulla poesia si sono spostate altrove (penso a fb), con commenti spesso superficiali, dato il mezzo (anche se, devo dire, non sempre è così) che si susseguono a una velocità che personalmente non riesco a sostenere (il tempo che manca, ma anche l’età). Quindi sì, è probabile che in futuro assisteremo ad un progressivo un calo dei commenti, ma ciò non significa necessariamente un calo di lettori. Sui grandi nomi che non si confrontano con i poeblog: è vero, non ce ne sono molti in giro per la rete, in compenso grazie alla rete ho conosciuto alcuni bravissimi poeti che, come scrive Margherita, nulla hanno da invidiare ad autori più noti e meno inclini al confronto.
Un caro saluto al padrone di casa
Stefania
@ Fiorella: salti a piè pari, però il cartaceo è imprescindibile. Quest'ultimo dovrebbe fare selezione, anche se non succede. Come detto sono due linee parallele, anche se la rete è meno prestigiosa (difficile dimostrare il contrario).
RispondiElimina@ Anila: i giovani devo essere sostenuti, ma i giovani, anche, devono studiare i più attempati, scrivere su di loro: il futuro non è mai abbastanza sicuro, anzi non lo è per niente.
@ Stefania: Fb non mi pare riesca a mettere in piedi una riflessione articolata con nei poeblog. Ma niente impedisce che si possa fare.
un caro saluto a tutti.
credo che semplicemente si tratti di stanchezza, ha stancato il mezzo e si sono stancati i commentatori, tutto è stato detto, visto, letto. c'è troppo materiale e troppo poco tempo, poca energia e voglia. fb è troppo caotico e dispersivo. ci vuole qualcosa di nuovo, qualcosa che entusiasmi come allora entusiasmarono i blog, liberi, facili, accessibili, nuovi, democratici, ci vuole un'invenzione, un'idea, prima o poi qualcosa di nuovo nascerà, ne sono certa, anche se non so cosa. i poeti usciranno dallo schermo ti prenderanno per il collo e ti grideranno ASCOLTA la mia poesia e ci assorderanno? oppure sotterreranno le loro poesie in una buca come fosse un tesoro dei pirati, e tutti lì a scavare? forse si deve passare dalla poesia per tutti alla poesia per pochissimi o per uno. antonella
RispondiEliminastanchezza per chi sta qui da anni, ma i più giovani potrebbero fare di più. non vedo blog nuovi gestiti da loro. "poesia 2.0" è un'eccezione visto che a guidare è Luigi Bosco.
RispondiEliminasulle novità ho i miei dubbi. quello che manca, mi sembra, è l'interesse degli editori, quelli che considerano questo un lavoro perché ci trovano un vantaggio. il fatto è che non ha abbastanza platea internet. Un libro presentato in rai vende migliaia di copie, uno presentato qui, quasi nessuna.
Ci sarebbero tantissime cose da dire, ne butto lì due o tre - in ordine sparso.
RispondiEliminaIl "peccato mortale" della rete poeblog è stato, ed è, l'assoluta incapacità, o "noluntas" (per quieto vivere? e a che pro?) di operare da filtro e fare opera di selezione. La facilità di accesso, poi, ha autorizzato chiunque scrivesse parole andando a capo prima della fine del rigo a mettere su un blog e a piazzare sul banco la sua (a volte veramente ignobile, molto spesso dilettantesca) "mercanzia". C'è un tale intasamento che dall'esterno, ormai, non si distinguono più la cianfrusaglia e la patacca dall'oggetto di buona fattura.
Il lavoro fatto sui blog che Stefano richiama consisteva essenzialmente nell'isolare delle "voci" e ragionare sulle poetiche - con "passione" (che bella parola!: quanto costa ora? quale il prezzo?), competenza, scambio di saperi e letture, dialettica (spesso aspra, in genere costruttiva). Tutto questo non esiste (quasi) più - sostituito da un pietoso "do ut des" che ha travolto anche "menti" altrimenti brillanti e libere, costrette ora nella sterile e mortifera ritualità dello "scambio" a tutti i costi, dell'irrefrenabile corsa alla "firma" e all'apparire: impedendo, con tale prassi veramente oscena, la "nascita" di una "creatura" che era nelle attese e nelle concrete possibilità, viste le premesse: una "critica seria" in rete.
Poeti improvvisati si improvvisano a loro volta critici e scrivono (in genere cazzate indecenti) su autori di un certo livello che poi, assurdamente (e colpevolmente), ricambiano il favore: e tutto concorre a delineare il quadro di una sarabanda indescrivibile, inutile e mostruosa.
(Ho visto gente che non distingue un settenario da una banana sbucciata dare del "tu" a Zanzotto, per fare un esempio. Testuale: "chi è, deve essere uno nuovo, non ne ho mai sentito parlare, ma mi informerò". Ho visto persone, incapaci di strutturare un periodo semplice sintatticamente corretto, svegliarsi una mattina e, dall'alto della loro "sapienza", azzerare mezzo secolo di poesia e proporre a "modelli" da imitare, e canonizzare, gli amichetti affetti da turbe adolescenziali...)
La rete è ormai questo - un coacervo beceramente fuori controllo.
E' il principio della fine. Come è possibile pretendere che anche il meglio intenzionato e disposto degli editori (piccoli, grandi, medi - poco importa) possa avventurarsi in questo mare magno di fuochi fatui? E alla ricerca di che cosa?
Aggiungeteci la "fuga" della stragrande maggioranza dei lettori e commentatori verso il "confortevole" nulla pneumatico del facebooking e del twittering e il quadro è completo.
Nessuno ha più voglia di confrontarsi, imparare - crescere. E a che pro, quando bastano un paio di clic e sei un "poeta a tutti gli effetti"?
Sì: ma quali "effetti"? Esattamente quelli che percepisce chi guarda e ha ancora il coraggio di ritrarsi - inorridito - da questa delirante sagra di narcisi in libera uscita permanente dalla decenza.
fm
I giovani scrivere su di loro? Stefano ma scherzi? Ma se la maggior parte dei più attempati hanno la puzza sotto il naso che arriva a Singapore...se un giovane osa scrivere su di loro rischiano di essere "bollati" come incapaci e sono finiti... gli attempati si aspettano solo una cosa "essere lodati" e si lodano tra loro e sta sempre bene così (per non parlare dei giovani a cui un attempato dà del bravo e si crede poi il nuovo dante)... sembrerà qualunquismo ma ho letto delle cose oscene ultimamente "elette" come d'avanguardia che veramente mi fanno schifare anche il mondo della poesia.... i giovani non devono fare proprio nulla... io ormai credo che si debba lavorare da soli sul proprio lavoro, studiare da soli e leggere il giusto ed avere il proprio percorso, poi per chi è bravo prima o poi qualcosa arriva...
RispondiEliminaStefano, perdonami, ma proprio non sono d'accordo con la tua affermazione sull'imprescindibilità del cartaceo, almeno di questi tempi: se per pubblicare novanta volte su cento si deve pagare, quale sarebbe questa imprescindibilità, questo marchio di qualità? Non è più come fino agli anni settanta (forse ottanta, ma dubito) che la pubblicazione a stampa era riservata a coloro che avevano effettivamente qualcosa da dire, e la dicevano in forme e modi che non si potevano altro che chiamare poesia, nuda e cruda. E inoltre, oggi anche sul cartaceo leggo a volte autori osannati che, a mio modestissimo parere, non meritano di essere considerati fari di cultura e di poesia, autori che - anche su cartaceo - fanno quello che ha scritto il commentatore precedente: vanno a capo, punto. Non sono nemmeno d'accordo a considerare internet un'accozzaglia becera, in molti casi non lo è, ci sono numerosi esempi di valore poetico, come - naturalmente - la spazzatura: ma nella stessa misura di quello che si legge su carta.
RispondiEliminaChiedo scusa per il tono concitato, siamo entrati su un terreno dove spesso mi sono dovuta mordere la lingua, per evitare di dire brutalmente ciò che penso.
Grazie a Stefano per la possibilità di scambio che ha offerto con questo post.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaEgregia signorina Resuli, il termine "attempato", in sé neutro come ogni altra parola, nel contesto e nei modi in cui lo usa, non fa onore né alla sua intelligenza né alla sua moralità -stabilisca lei in quale misura: nel senso che lei spara giudizi a vanvera, sia pure deliberatamente "generici", non si sa bene a partire da "quale" pulpito, da quale conoscenza pregressa, da quali esempi da mostrare e illustrare.
RispondiEliminaSi dà il caso che molti di quegli attempati (chiaramente "puzzoni"), negli ultimi dieci anni, hanno dedicato tempo, per puro amore della poesia, alla scrittura degli altri, sacrificando studi, affetti, interessi, famiglia: senza che nessuno glielo chiedesse e senza aspettarsi o ottenere "niente" in cambio - anche perché le logiche "mercantili" e le aspettative di "fama" erano, e sono, quanto di più lontano possa esistere dalla loro vita, dalla loro storia, dalla loro moralità (quella vera) e dalla loro cultura.
Provi a chiedere alle decine e decine di poeti che i vari Guglielmin, Aglieco, Marotta, Orgiazzi, Cornacchia, Voce, Fantuzzi - e chi più ne ha più ne metta - sono andati "a cercarsi" per dargli quel minimissimo di visibilità concessa unicamente dalla gestione di un blog o di un sito: e questo, solo perché, imbattutisi in quelle scritture, le avevano ritenute, a loro modestissimo e ininfluente modo di pensare e vedere, degne di "attenzione".
Piuttosto che macerarsi nella figura, ormai obsoleta, dell'incompresa, retaggio tardo-adolescenziale che bisognerebbe "elaborare" come qualsiasi altro "trauma", provi, se ne ha tempo e voglia, ad aprire uno solo dei threads di "Liberinversi" o di "UniversoPoesia" o di "AbsolutePoetry" degli anni scorsi: oltre ad acquisire conoscenze (quelle non sono mai troppe per nessuno, se è ancora nel pieno possesso delle sue facoltà), si accorgerà, magari con stupore, che la "puzza sotto il naso" fin-dove-vuole-lei, non è appannaggio solo degli "attempati", ma, oggi più che mai, di tanti giovani presuntuosi (spesso ignoranti come capre) che accampano la pretesa, ad ogni risveglio, di scrivere la parola ultima, quella definitiva e senza ritorno, al discorso sulla poesia. Con la loro opera...
La saluto cordialmente.
fm
Signora, grazie.
RispondiEliminaComunque ribadisco il mio pensiero. Nessuno esclude che molti abbiano studiato e tutto quello che si vuole. Ma non mi si venga a dire che l'umiltà sia di tutti perché non è per nulla vero.
Con Clepsydra Edizioni (che è niente alla fine) mi è capitato di parlare con persone che avevano la puzza sotto il naso e allora? Perché meravigliarsi?
Io ormai in poesia non mi meraviglio di nulla. E' un mondo schifoso come tutti gli altri mondi.
E mi scusi se l'ho fatta scaldare tanto. Non doveva, non c'era bisogno. Parlavo serenamente, nella mia esasperazione.
Saluti cordialmente,
Anila Resuli
scusate l'assenza: ho fatto due giorni al mare. domani mattina leggo con attenzione e provo a dire la mia.
RispondiEliminaintanto grazie per i commenti. raccomando tutti di mantenere il giusto distacco dall'oggetto, che è commento sì o commento no?
dei poetastri che girano in rete abbiamo tutti fatto esperienza (negativa, ovviamente). che la rete sia intasata mi sa che è vero, malgrado i nomi che fa Marotta e che forse Anila non ha riconosciuto.
giovani che scrivono sui "vecchi" ci sono: vedi Cohen, per esempio. Credo che non si tratti di età, ma di educazione, sensibilità e cultura. Che gli accolturati (da distinguere dai "colti" cui riferivo sopra) sparino a zero, farneticando, credo sia sotto gli occhi di tutti (i colti). gli altri, purtroppo, non riescono a distinguere e la confusione aumenta.
RispondiElimina@ Antonino Marina: guidare l'areo si può con la patente dell'auto? daresti il tuo motore da aggiustare ad un laureato in filosofia? l'onestà è importante, però ci vogliono anche competenze. La questione è vecchia: in pochi disquisiscono sulla fisica quantistica, ma tutti sanno come funziona una poesia. invece io dico che la fisica quantistica e la poesia funzionano sui medesimi principi.
giusto educare al "sentire", ma l'orecchio devo essere accompagnato dalla consapevolezza, e viceversa.
@ Fiorella: non dico io che il cartaceo è più importante. lo dice l'editoria, lo dice il mercato. in ogni caso, nel cartaceo, una selezione c'è. Si legge di tutto, vero, ma basta selezionare gli editori, i quali si sono fatti un buon nome nella pratica, publicando buoni libri. non credo serva farti l'elenco di questi editori.
(scusate il tono apparentemente arrogante. Cerco solo di dire la mia)
@ Anila: tu hai ragione ed ho le prove – sono innumerevoli i grandi poeti che ho contattato per occuparmi di loro che non si sono nemmeno degnati di rispondere o che hanno glissato manco gli avessi chiesto 1000 euro o che hanno snobbato l’iniziativa con un atteggiamento assolutamente poco interessato e superficiale – “si, fai pure quello che vuoi”; “no, non ho tempo di rispondere alle tue domande” (poi dopo due settimane esce un’intervista lunga sei pagine su NI... mah...). Però questo non vuol dire che sia d’accordo con te e con quanto dici nel tuo commento: chiudersi sul proprio lavoro e sulle proprie letture da autodidatta non porta da nessuna parte. Il fatto che ci sia chi ha la puzza sotto il naso non giustifica un atteggiamento passatista. Il compito che a mio avviso hanno i giovani poeti oggi è quello di fare comunità (piuttosto che comunella) prima ancora (forse) che scrivere buone poesie.
RispondiElimina@ elio: hai ragione, abbiamo (ho) cominciato a sparare materiale a raffica, ma la maggior parte di tale materiale è tutto di “archivio” consultabile nel tempo (un tempo molto più diluito rispetto a quello di pubblicazione). Altri articoli ed interventi (il lunedì, il mercoledì e il venerdì) sono più “statici”, restano in evidenza più tempo ed hanno un riciclo più lento. Ad ogni modo, una delle potenzialità di internet poco sfruttate è la differita: un articolo pubblicato oggi è sempre leggibile. Per quanto riguarda la qualità di ciò che viene pubblicato: se ti riferisci ai poeti in archivio, l’idea è quella di inserire tutti i principali poeti che abbiano alle spalle almeno un minimo di pubblicazioni e attività senza alcuna pretesa di canonizzazione. La critica (e il gusto) sono una cosa complicata che va affrontata con cautela, competenza e tempo: ci stiamo lavorando su. Se ti riferisci invece alla qualità di altri interventi... dillo in un commento!
Un caro saluto a tutti
Luigi
stefano...non so come fare a pubblicare l'intero commento... è venuto lunghino :)
RispondiEliminaLuigi B.
Dividi ilcommento in differenti commenti.
RispondiEliminaCondivido l'idea di "comunità", che dev'essere però transgenerazionale perché il dialogo, per essere fecondo, dev'essere fondato sulle differenze, sul confronto.
sul discorso comunità e non comunella sono d'accordo con te, Luigi. sulla prima parte, inutile ripetere che con Clepsydra mi è successa la stessa cosa quando all'inizio sembravano inizialmente entusiasti, poi "eh no, su ebook no" e poi gli insulti ricevuti dopo essere stati "scartati" dalla Redazione.....
RispondiEliminaho apprezzato però anche l'umiltà di altri. nessuno fa dell'erba un fascio.
Stefano, non sono la rete quei nomi e sai anche tu che i poeti oggi in rete sono quanti gli abitanti dell'Italia quasi in numero. Spuntano come funghi.
Tornando ai commenti comunque volevo dire anche una cosa: personalmente non sono un critico e a malapena scrivo, ma leggo ed anche se tante volte avrei voluto scrivere agli autori dei loro libri, sinceramente non l'ho mai fatto. Anche quando è capitato di vederli presentati online e quindi quando potevo averne la possibilità. Perché? Probabilmente timidezza e/o timore. Non è poi così facile l'approccio con i poeti e la poesia. Anche perché quando sei un pinco pallino qualunque che tu legga o meno un libro a nessuno gliene frega forse (questi sono pensieri personali, non considerazioni su altri).
Anila, tu non sei un pinco pallino qualunque. E capisco la difficoltà di postare commenti. Ma a volte basta la semplice frase "ho letto anch'io quel libro" per dare un senso ad un lavoro.
RispondiEliminaciao!
Per lasciare questo commento mi sono preso del tempo. È da molto che non ne scrivo uno (non sono mai stato un forte commentatore), e se lo faccio ora è per due ragioni: il tema (che mi interessa) si sta sviluppando in un luogo per me familiare tra persone per me familiari che trasformano automaticamente il mio “commento” in uno “scambio” (che non è poco); sono stato tirato in ballo (nel bene e nel male che non fa mai veramente male) all’interno di una discussione che mi riguarda come redattore di un sito.
RispondiEliminaAndiamo con ordine.
Per quanto mi riguarda, il commento è un essere abominevole. È l’illusione della democrazia del web (qui: http://www.aeronoticias.com.pe/noticiero/images/stories/11/02/180211/obama_tecnologia_twitter_facebook_yahoo.jpg giusto per farvi un’idea dell’illusione democratica). Spesso è una perdita di tempo. È uno strumento la cui ingestibilità è direttamente proporzionale al numero dei commentatori (Nazione Indiana docet). Sinceramente non vedo come il commento possa essere costruttivo (tranne le dovute eccezioni che, in quanto tali, sono poche). Nel mio ormai semidefunto sito personale i commenti non sono abilitati. Su Poesia 2.0 i commenti sono abilitati ma, fortunatamente, usati con parsimonia.Per rendere l’idea: immaginate di aver letto un libro, un saggio, un articolo di giornale, l’etichetta di un nuovo sapone... quello che vi pare. Immaginate di andare in un bar gigante dove si servono 1000 caffé all’ora (tempo medio delle visite medie ad un sito di media importanza). Immaginate che tutti quelli che entrano nel bar hanno letto lo stesso libro/saggio/articolo/etichetta di sapone e immaginate che tutti comincino a dire la loro: un gran bel casino, no? Questo si che è un bombardamento di memi che supera qualunque capacità umana di selezione dell’informazione. Tra la lettura dell’intervento di Stefano (ciao Stefano!) e i 25 commenti ho tardato più o meno 40 minuti... rendo l’idea? Non mi spiego, quindi, la tanta importanza che si da ai commenti ed alla loro scomparsa.
Visto che si accennava a Poesia 2.0 (e solo per questo) porto la nostra esperienza:
RispondiEliminaal momento ci sono due tentativi di superamento del “commento”: Poesia Condivisa e Parliamone.
Poesia Condivisa fa esattamente ciò che suggeriva Lisa nel suo commento: si chiede ai lettori di poesia di proporre un libro alla redazione, presentandolo sul sito con un breve commento critico alle poesie ed un impegno a seguire il poeta comprando i suoi libri. Sta andando abbastanza bene, nonostante le difficoltà.
Parliamone è uno spazio dove chiunque può intervenire rispetto ad un tema di discussione già presente oppure proponendone uno nuovo. L’idea è quella di riprodurre uno spazio in cui le discussioni su temi di varia natura si aggiornano permanentemente costruendo un discorso fatto di interventi dei partecipanti alla discussione pubblicati sul sito di volta in volta, in stile botta e risposta. La verità è che non sta andando molto bene.
In entrambi i casi sembra come se le tante persone che hanno così tanta voglia di dire la loro la perdano inspiegabilmente. Allora mi chiedo: forse che tutta questa gente non abbia un cappero da dire e se lo fa è solo per riempire lo spazio vuoto di un momento con un commento? Non lo so.
(Alla fine ci sono riuscito! :D)
Quindi l’impasse: da un lato un numero spropositato di persone che commentano e che farebbero meglio a stere zitte non sono d’aiuto a nessuno; dall’altro, un ristretto numero di commentatori DOC che però darebbero l’impressione della cerchia ristretta, della setta di chi se la canta e chi se la suona. Tra l’altro, la ristretta cerchia di commentatori competenti farebbe meglio a comunicare (e creare cultura) via intervento piuttosto che via commento, come accadeva un tempo non troppo lontano, quando ancora c’era gente che si scannava per l’introduzione di un neologismo nell’accademia della crusca via botta-e-risposta su riviste e quotidiani. “Ma le riviste e i quotidiani non danno più spazio...” e blablabla: è vero, ma anche no. Sono numerose le riviste che offrono spazio a chi ha cose interessanti da dire. E poi c’è internet... Però, proprio grazie ad internet, il commentatore competente può pensare: perché stare lì a commentare su un sito non mio quando in un attimo posso aprire il mio sito personale e commentare i miei stessi commenti ai commenti magari aprendoli ai commenti di chi legge? Confuso, vero? Lo è.
RispondiEliminaEppure, la cosa più strana è l’enorme difficoltà che c’è di fare lo stesso tipo di commenti con il vicino di pianerottolo, il collega, quello seduto accanto a noi nel bus... incredibile, no? Il corpo è davvero ingombrante.
Personalmente sono convinto del fatto che il web si usi poco e soprattutto male. Le potenzialità inespresse del mezzo lo sono perché ci ostiniamo ad usarlo con la stessa forma mentis che abbiamo in altri contesti – infatti le cordate editoriali hanno il loro corrispettivo nel web; le combriccole di amici dell’intellighenzia ci sono anche nel web etc. tutto questo non giova a nessuno.
Ora, io non voglio fare di tutta l’erba un fascio, anche perché non dimentico che Poesia 2.0 è nata proprio da una discussione-commento e proprio qui, in questo sito. Però mi sembra una cosa piuttosto evidente il non poter pretendere dai commenti ciò che può dare solo una congregazione di piccole comunità in contatto tra loro. Nemmeno credo si possa pretendere dai commenti ciò che può arrivare solo da un intervento ben scritto.
RispondiEliminaQuesto in generale. Restringendo il campo ai poeblog, il commento diventa un essere ancora peggiore. Tolte le volte che rischio di farmi venire il diabete (meglio abolire il lirismo dai commenti alle poesie piuttosto che dalle poesie!), quelle che restano lasciano il tempo che trovano: il più delle volte i commenti tengono in considerazione l’1% degli input offerti da chi scrive e questo perché il più delle volte chi commenta non sa di cosa si sta parlando nell’articolo per il 99% del suo contenuto – citazioni, nomi, riferimenti...
(mi sa che ho combinato un casino...)
ottimo commento :-)
RispondiEliminavero che se tutti i 1000 giornalieri facessero come te, passeremmo il tempo a leggere i commenti anziché gli articoli.
per fortuna che di qui passano sì e no 100 lettori al giorno. Comunque troppi per commenti lunghi, direi. Però, meglio pochi ma buoni. come il tuo, appunto.
Certo sollevi molte questioni.
Restando sul tema (e sul giudizo di valore "il commento è un essere abominevole"): direi che se ben scritto, breve, focalizzato su una questione, il commento è utile (anzitutto al poeta dicui si parla). Se diventa uno sfogo o una vendetta, esso è dannoso.
(per gli altri punti, ci penso :-)
grazie!
Generalizzare, secondo me, comporta sempre dei rischi, quello dell'appiattimento, ad esempio - ma in un "campo minato" come quello che stiamo attraversando, è proprio il "particolare" che fa la differenza e "allena" l'occhio, l'analisi della "casistica", un imprevisto innalzamento del terreno, qualche ciuffo d'erba calpestato dove non ti aspetteresti.
RispondiEliminaLe riflessioni di Luigi sono sicuramente interessanti, e ne condivido non pochi passaggi: mi lascia perplesso il discorso che fa sul "commento", che, a mio modo di vedere, andrebbe impostato in relazione alle "singole" situazioni in esame. Solo quelle, del resto, permettono di avere un quadro, anche parziale, di un fenomeno altrimenti impossibile da ridurre a unità.
Faccio due esempi.
1) I blog che citavo in un altro intervento poco sopra, sono pieni di materiali "di studio" non effimeri, con tantissimi commenti curatissimi anche sul piano teorico, utilizzabili, con buona approssimazione, ancora adesso e ancora capaci di gettare luce su alcune scritture, anche rispetto alla loro evoluzione nel tempo.
Perché era possibile tutto ciò, mentre sembra non esserlo più ora? Semplice, quasi banale: i testi "venivano letti" con attenzione e rispetto (la "passione" di cui sopra); i blog di un certo spessore erano pochi e il "lettore" affinava i suoi strumenti anche nel confronto con altre, spesso contrastanti ipotesi interpretative; e si potrebbe continuare...
2) Il mio blog conta più di sedicimila "commenti" in quattro anni. Considerato che la metà sono scambi di saluti e ringraziamenti (ma vanno bene anche quelli, testimoniano se non altro il "rispetto" che si deve a chi, comunque, ci dedica un po' di tempo della sua vita), rimane l'altra metà: il cinquanta per cento di quest'ultima è ascrivibile alla categoria dell'ovvio (detto in termini assolutamente non dispregiativi), nel senso che si ribadisce quanto già detto o scritto, anche da altri, o si chiosa un "passaggio" del testo estrapolandolo dal contesto di appartenenza; ma l'altro cinquanta per cento - e scusate se è poco - è fatto di interventi coi quali si potrebbero assemblare un bel paio di tomi di critica e teoria letteraria.
E' poco? Non serve a niente? Sono di tutt'altro avviso, anche considerando la mole di conoscenze, di titoli e opere che veicolano e fanno circolare.
E allora?
Fate voi. Io penso che il "commento", nell'ultima accezione che ho illustrato, sia stato pian piano soppiantato (ma da qualche parte, anche se con difficoltà, per fortuna ancora resiste) dalla proliferazione "incontrollata" di blog, di sedicenti critici e scrittori improvvisati, e, soprattutto, dalla metastasi dei social network: sia gli uni che gli altri "prediligono" il disimpegno, il mordi-e-fuggi della "battuta" estemporanea, l'idiozia senza rimedio del tastino "mi piace"...
E poi, come fa una persona che deve rispondere quotidianamente a centinaia di sollecitazioni, curare il suo blog, far visita ai blog amici, salutare tizio e caio, vedere chi è venuto a depositare la sua m... nella bacheca, "chiedere amicizia" a destra e a manca, trovare il tempo materiale per un lettura attenta, per una parvenza di riflessione, per uno scambio "intelligente" che vada al di là del "ciao, che bello, ripasserò"?
Credo che il problema, o almeno una delle sue radici più "profonde" sia proprio qui.
Saluti.
fm
nel lungo intervento di Luigi c'è una parola: "scambio"
RispondiEliminaquesto, a mio avviso, il senso di un commento, fosse solo di quell'1% (l'importante è che sia puntuale pertinente). Per natura di rete quell'1%, unito ad altri 1%...fa più della somma degli n 1%, anche se intersecantesi (più di un "intervento" che "pontifichi").
Questo però accade laddove si istanzi la seconda parola che colgo dagli interventi (l'ha detta fm): "passione".
ed è questa parola, oltre alla sostanza di una distillazione e selezione, che fa la differenza fra poeblog.
Credo che PoesiaCondivisa su Poesia2.0, funzioni per questo.
Che poi uno commenti in un poeblog perché abbia un cappero da dire dubito, anche se magari lo fa per affetto, così come penso sia difficile che interessi la poesia del/sul pianerottolo...
un grande abbraccio a tutti.
Ho volutamente scritto un commento lungo proprio per cercare la reazione che è arrivata! Vedo con piacere che anche Francesco non risparmia sulle parole. E la questione è proprio questa, quando dico che il commento è un essere abominevole: come si fa a risparmiare sulle parole quando sono l'unica cosa che ci resta e quando parliamo di qualcosa che ci interessa? e il rischio di non spiegarsi bene? di essere fraintesi? e lo stile? etc.
RispondiEliminaCentriamo meglio il discorso cercando di essere più lapidari allora: facciamo che ci dimentichiamo del 50% dei commenti inutili e del 50% del 50% restante di commenti-chiosa e ci focalizziamo solo sul 25% di commenti buoni o ottimi. il 25% di 16mila fa 4mila: un sacco di parole, soprattutto nel caso in questioni che vede spesso commenti molto articolati. Da lettore trovo molto difficoltoso seguire una discussione così complessa portata avanti via commento, considerando che per alcuni articoli posso impiegare anche una settimana per leggerli bene - e senza commenti! Insomma, quello che voglio dire è che al commento preferisco personalmente un intervento/articolo, una corrispondenza "privata" allargata anche ad un circolo di persone o, meglio ancora, una estenuante e polemica discussione a voce in una bettola con vino e salsiccia. Con questo esprimo un parere personalissimo e di "disagio" rispetto all'ente-commento (e non certo per timidezza o modestia: semplicemente sono ancora nella posizione di chi deve ascoltare e non può dire). Disagio perché mi disorienta vedere che oltre a tutto quello che è stato scritto nel mondo non potrò nemmeno leggere tutti i commenti a quanto è stato scritto: è frustrante! Ovviamente il mio pensare al commento come uno strumento inutile è stata una generalizzazione. Sicuramente in contesti come questo, la dimora e pochissimi altri i commenti hanno la loro utilità. Ma se è vero che l'obiettivo è quello di far arrivare la poesia e la cultura a più persone, quando poi lo si raggiunge come si controlla una discussione con 300 commenti?
@Luigi
RispondiEliminaRiguardo ai materiali a raffica: ok, a volte dimentico l'elementare passaggio astraente che consiste nel tener conto che non ci sono solo io, e ciò che per varie ragioni io non posso assorbire può tuttavia servire ad altri.
Riprendo un solo punto:
“Ma se è vero che l'obiettivo è quello di far arrivare la poesia e la cultura a più persone”.
Penso che un simile obiettivo presupponga troppo: sapere a priori cosa debba risultare valido ed utile a degli sconosciuti. E’ l’atteggiamento paternalistico del missionario nei confronti dei “selvaggi”. Ma se l’arte è problematica e perennemente in crisi, perché non dovrebbe esserlo anche la poesia?
No, per me l’obiettivo può essere soltanto favorire la scoperta di nuova conoscenza, attraverso interazioni imponderabili. E i commenti ne sono il brodo di coltura: asincroni, sfasati e caotici ma vivi. Il punto è che un commento venuto male può anche ispirare, attraverso il feedback ricevuto, le revisioni più feconde.
La conoscenza è ovviamente di tanti tipi e quella “concreta” messa a disposizione di ciascuno è chiaramente sovrabbondante ed ingestibile, persino per un genio. Ciascuno non può fare altro che esplorarla secondo percorsi e scopi parziali, in parte anche inconsci e casuali, e quindi arbitrari. Pensare di detenere “idee” astratte universalmente valide, o che la propria noia rappresenti un responso di valenza assoluta, non può che condurre alle frustrazioni assortite che spesso fioriscono dove – in teoria, considerati i presupposti – meno te lo aspetteresti. Ciao
"l’obiettivo può essere soltanto favorire la scoperta di nuova conoscenza, attraverso interazioni imponderabili"
RispondiEliminaPer me, il senso del litblog è proprio questo - ed è esattamente quanto cerco di realizzare col mio spazio virtuale.
Quando qualcuno entra nei commenti ringraziando per avergli regalato una "scoperta" (penso alle tantissime mail anche dall'estero, che chiedono ulteriori indicazioni bibliografiche e critiche su Masini, Cagnone, Vicinelli etc.), o quando qualcuno aggiunge altre tessere al mosaico che ogni post cerca di costruire, ebbene io so che il sasso lanciato nello stagno sta producendo cerchi sempre più larghi - anche perché, come sempre succede, da scoperta di genera interesse, e l'interesse spinge ad ulteriori scoperte. Perché la rete è (almeno io la concepisco solo così) un potentissimo mezzo di circolazione e diffusione di saperi, capace di innescare circoli (virtuosi) di attenzione critica, di approfondimento, di reperibilità di conoscenze altrimenti destinate ad essere patrimonio di pochi "eletti".
Ciò spinge - per me è così - ad essere oltremodo selettivi, a frequentare esclusivamente quegli spazi dai quali posso "portare via" qualcosa da fare mio, su cui riflettere. E, molto spesso, questo avviene proprio grazie a quella "interazione imponderabile" che solo un commento intelligente può e sa favorire.
fm
Ridimensionando il mio giudizio, direi che il commento (quando è valido) può essere assolutamente importante, utile. Resto comunque del parere che ciò è vero solo in condizioni "umane", ovvero una piccola cerchia di "commentatori", e solo a determinate condizioni. Per esempio, l'immediata accessibilità del commento favorisce spesso interventi inopportuni, inutili o riflessioni anche fatte bene ma poco approfondite...
RispondiEliminaSpesso mi è capitato di pensare durante la lettura dei miei selezionatissimi blog: ma quanta gente colta c'è nel mondo! il più delle volte l'ho pensato proprio leggendo dei commenti che erano davvero all'altezza dell'intervento a cui si riferivano. Però se vogliamo davvero che il commento diventi uno strumento di ulteriore conoscenza ed approfondimento, allora dobbiamo costruirgli il contesto giusto attorno: "selezione" (ma anche no, non sia mai qualcuno venga spinto a pensare che da grande voglio fare il "selezionatore"!), coinvolgimento di varie persone che si riconoscono "capaci" e un solo post al mese con una proposta di temi e discussioni ben strutturate. Altrimenti è come invitarmi in un harem e portarmi via proprio nel momento più bello (ecco, per fare un esempio un po' "forte" :) ).
Si, la rete è lo stagno dove lanciare il sasso e un commento (o due o tre) è il cerchio che si forma dopo il lancio. il cerchio visibile, il feedback immediato. è pur vero, però, che si possono formare cerchi al di fuori della rete - e sarebbe cosa auspicabile.
@ Elio: il mio non voleva essere un invito alla colonizzazione del mondo da parte dei poeti o degli intellettuali. Né sono nella posizione per potermi permettere atteggiamenti paternalistici verso i "selvaggi" - con i quali personalmente mi identifico e non per falsa modestia: quando so una cosa io la so e lo dico, quando non la so anche.
Il mio era solo un modo - probabilmente equivoco - di dire "favorire la scoperta di nuova conoscenza" ad un numero elevato di persone attraverso l'interazione. E se l'obiettivo non è questo, allora cosa si sta a fare in rete? perché si fonda una rivista? perché si scrive un libro? Il raggiungimento di forme di conoscenza è praticabile anche con i quattro amici al bar, intimamente.
Dunque l'obiettivo non è salvare la poesia dalla "crisi" m fare in modo che sia in crisi sempre e possibilmente anche coloro che la leggono e possibilmente in numeri elevatissimi. Non ho la pretesa di dire cosa è valido ed utile per i "più"; ho però la certezza che potrebbe esserci qualche altro che come me potrebbe improvvisamente scoprire la bellezza di cose che ha sempre ignorato.
Abbracci a tutti!
L
mi sembra che l'utilità dei commenti sia emersa, pur nella difficoltà di gestirli con senno da parte dell'amministratore e del lettore.
RispondiEliminail loro calo compklessivo è evidente e le ragioni, mi pare, sono emerse.
ora Blanc va in vacanza sino a ferragosto.
grazie a tutti.
Segnalo in anteprima che sono di nuovo online Pseudolo (1998-2002) e nabanassar (2002-2009) come www.giuseppecornacchia.com/pseudolo e www.giuseppecornacchia.com/nabanassar . Si tratti di siti statici, concettualmente precedenti i poeblog e da inserire nella fase pionieristica del web letterario.
RispondiEliminaL'unica divergenza da Guglielmin, rispetto a quanto ha scritto in post e commenti, e' sul ruolo del cartaceo: alla cooptazione da parte di pochi verso pochissimi, e' seguito il marasma indistinto che oggi vediamo sul web, marasma che ha comunque dato a molti una reale possibilita' di mettersi in gioco. Io non sono spaventato dalla trasparenza democratica, anche a costo di perdere concisione. Buone vacanze a tutti. GiusCo.
Trovo sicuramente inconsistente e routinante il fatto che se ne discuta ancora di tutto ciò in quorum ri-strutturali di vaglio e tentativi di ripresa di binari ormai morti e sepolti da radici di "commenti", che nel tagliarli nuovamente ,per ripercorrerli ,non fanno luce dopo la ghigliottina della scuredalla la vecchia linfa ma solo ed esclusivamente "puzza" all'odorato. E' trovo altresi assurdo come detto ,invece, il fatto che siano (eccetto alcuni dei siti-forse- citati proprio dagli stessi) ancora giudicati positivi, alcuni siti che hanno mostrato la loro “opulenza” solo ed esclusivamente nella demagogia ed utilizzo bellicoso ,dei testi di pubblicazione e gli stessi commenti “affini” ,circoli picwickiani al di sotto delle strade maestre “di mercato”
RispondiElimina([nonostante si accomunino alle stesse e da adiacenza planimetrica e in quello che “propongono”], in cui agiscono e si situano -ma al massimo risultano alla stregua,anzi proprio quella- delle vie di chi batte sui marciapiedi e non me ne voglia chi fa questo lavoro) o di chi vende e t’impacca per antiquariato il suo mestiere d’affabulatore e prepotente di null’altro dell’alto della sua politica di ladro e che magari tratta a “pesci in faccia” proprio lo stesso cercatore di perle che passa alla sua bancarella per caso e ne trova una delle sue in mostra e senza ritegno e che nel domandargli semplicemente, viene malmenato dai suoi “colleghi” pescatori ,per l’affronto anche solo verbale ,della domanda e la sua spontanea interrogazione e infine magari –il giovane- additato come “venditore” del mercato nero ,dalle forze amiche, di questi melvilliani benefattori,
Che hanno rifiutato la vie sociale, per rubare a qualche povero e dotato innocente ,malcapitato come il giovane, vero propositore.
Sarà mica che questi mercanti mettano su i mercati perché inadatto a cercarle o addirittura a farle queste perle (al contrario del giovane che le utilizza poiché possiede la sabbia e il calci-o, per crearle di sue originali e le onde per plasmarle a suo piacimento[(e che ama infinitamente le ostriche:)], come sfere luminali e che vengono, invece accomunate addirittura in traccia molecolare alle altre solo perché “luccicano” come loro ,quando invece non hanno la stessa luce ma magari un po’ più forte e di certo più vera e di altri campi più vecchi e nuovi come quelli “spaziali”, che illuminano le storture dei reefs , i nidi d’ape delle barriere coralline e soprattutto i pesci che hanno perso le pinne scottati da questi “orditi” vulcanici nelle feritoie naturali e le fenditure artificiali-quelli delle monnezze )
e le tratta come diogeniane lampare per bruciare il manto del mare e rubare ancora, col pescato .E che magari sia stato visto da quella piccola comunità-vera e quasi sempre in tenera èta o inferiore alla veneranda -che delusa e non belligerante si è stancata di seguire la poesia (o come detto finora retoricamente :queste uscite in mare).
Qui a palermo da un po’ e mi auguro –ma ne sono quasi sicuro- è finito ad es. il tempo del vociare alla vucciria dei venditori ,che avevano un vizio bruttissimo :quello di contraffare proprio il prezzo spacciandolo -quasi direbbe qualcuno“poeticamente”- per magico e infinito esoterico e rivelatore:000 ,il costo di niente .Eppure a guardare bene è 9.99 o 6.66 ,solo che eliminando “ le gambe corte” ,sembra non costare niente, regalato. E invece esborsava un bel po’ di denaro al malcapitato che si faceva abbindolare e che –per educazione e ovvia, stupidità- non richiedeva indietro il denaro e avvertiva subito, le forze armate per un tempestivo lieto fine. al latrocinio. Questa è solo una vicenda “storico-culturale” che porto a paragone (in particolare perché il luogo di cui parlo dovrebbero conoscerlo un po’ tutti ,grazie a Guttuso ma anche perché exemplum storico di economia araba a.c) mettendoci la città in cui vivo e sono nato, proprio per partire dal proprio ma in verità non è da qui che viene ovviamente ,ma da quella orientale, dato che (questo mercato ,la vucciria) trovandosi nella zona “del kasar” adesso etimologicamente morfizzata in cassero poi cassaro, era sede del palazzo dell’emiro arabo e sua fortezza egemonica e di tortura e sfruttamento dei siculi (in particolare degli elimi prima della fusione tripartitica :degli stessi dei sicani e dei siculi in una popolazione unica –quella siciliana-che prendeva comunque spunto dal primo re indoeuropeo Sikeilos )e che poi divenne “palazzo dei normanni” ,durante l’egemonia franca. Ergo d’origine saracena ,mora ,turca e barbara ma non meno identica anche d’aggettivazione con quella nordica e vichinga che saccheggiava e “ batteva” le coste senza pietà di tutti i territori sassoni .Anzi in particolare si sa bene che i numeri (come lo “000”)e le matrioske vuote per l'appunto , cabbaliche che sono costate vite ,ricerche e anime a molti derivano proprio dai celti e i loro sacerdoti nordici, affetti ,si da turbe adolescenziali e infantili (o con ),nei
RispondiEliminaloro riti e le loro messe ,spacciate per natura armonica e buffonate a cui neanche Keats crederebbe –ovviamente-(dato il fine che non è quello appena dato da matrice che si trasforma in arte o che comunque diviene dalla e nella stessa:art for art’s sake) ma al massimo di quella sofistica –neanche socratica e ovvio- greca e le sue voluntatis nullae ,che poco hanno a che fare con la voluntas schopenhaueriana e il suo contrario.
Un piccolo e breve “contributo” al perché non si commenta più o soprattutto
I siti non sono più d’informazione (e anche di partecipazione e ovvio) come una volta.
Un saluto a tutti
e buone vacanze al sito
Marcello
Lascio alcune riflessioni sparse su un tema interessante, tanto più che seguo un paio (o poco più) di blog di poesia solo da circa due d'anni, ossia da quando ho la connessione gratuita a internet.
RispondiElimina1. Nei blog i testi si succedono a una velocità che lascia poco spazio alla riflessione e all'analisi. Se leggo un testo di un autore che conosco poco o che non conosco affatto (spesso un poeta in formazione), e per giunta lo leggo su video, che tempo ho, come lettore, di riflettere sul testo? di capire che cosa mi lascia? di goderlo? i blog presuppongono generalmente tempi di lettura e di feedback molto veloci, dopo due-tre settimane un post è già superato, direi "vecchio", c'è già altro di appena sfornato. A me sembra che il poco tempo concesso alla lettura sia un limite dei blog.
Perché tanta fretta a postare questo e quello?
2. E' vero che la maggior parte dei commenti che si leggono nei blog di poesia sono dimostrazioni di affetto e amicizia, ma d'altronde per scrivere riflessioni articolate, - e torniamo al punto - ci vuole tempo, oltre che "fiuto" estetico e una grande esperienza di lettura. Alla maggior parte dei lettori non resta che lasciare le proprie "impressioni" fugaci, con una sempre maggiore consapevolezza della caducità e vanità di tutto questo "commentare". 3. Noto con un sorriso, infine, i numeri dei commenti, del tipo "post con 10 commenti" "6 commenti" "1 commento", e mi sembra buffo perché nessuno di certo vuole mettersi a contare per vedere chi ha più commenti, eppure quei numeri parlano, e si finisce per guardarli, per valutarli, in modo improprio.
Per concludere, sintetizzando, i blog - anche quelli migliori - sembrano costruiti sul principio dell'accumulazione (di post, di commenti, informazioni), ma questo provoca - almeno in me - dispersione mentale e un senso di saturazione. Finisco per piluccare qua e là senza gustare niente, senza nutrirmi.
Allora, calma, prendiamoci tempo per leggere, per riflettere, per scrivere; non ci corre mica dietro nessuno.
elena