Vincitore del premio "Lorenzo Montano" 2010, ex equo con Magnificat di Cristina Annino, Amarore (Kolibris 2009) ci dice che la vocazione all'elocuzione ludica e al meticciato linguistico di Alessandro Ghignoli presente in Fabulosi parlari sta scemando, in favore di una drammatizzazione retorica capace di vestire l'identità, allontanandola dall'"immondo modo della verità del mondo". Una distanza salvifica, che difende il fragile io dagli attacchi anzitutto del potere, fronteggiandolo con il sapere poietico, inteso quale tecnica di mediazione, ossia artificio abitabile e perfettamente conosciuto, contrapposto all'eventualizzarsi minaccioso della storia. La lingua traveste, abbellisce, smussa gli spigoli, s'apparenta al sogno, alla tradizione importante, in attesa del passo successivo, del "risveglio" mosso dal fantasma di Marco Amendolara, l'amico poeta scomparso di recente, con il quale, in Tristizia (secondo capitolo del libro), intreccia un dialogo segreto, segnato dal senso di colpa per non aver "saputo leggere" e dal desiderio di ricominciare, per esempio tessendo una rete di rimandi linguistici e simbolici cari ad entrambi. Il "male mondo nostro" può essere vinto dall'amicizia, fonte del sapere fondante, da quell'andare verso con l'entusiasmo che il viaggio sia possibile, e in compagnia di amici, come ci racconta Platone nei suoi dialoghi, e come piace ad Alessandro, che mimetizza tutto questo sin dal titolo: Amarore è infatti una parola valigia che tiene: l'amarezza dell'amore e del tempo (le ore, che sciamano come gli affetti); la sillaba iniziale dell'amico Amendolara, ma anche, anagrammando, l'aroma malinconico di un tempo vissuto da una generazione che ha fatto in tempo a vedere quanto Pasolini scriveva in Scritti corsari e nelle Lettere luterane: la fine antropologica di una civiltà e il nascere dell'edonismo consumista, di cui ogni giorno vediamo i nefasti effetti. Rimane tuttavia una certezza più profonda, insopportabile per una sensibilità, come quella di Ghignoli, che si muove tra l'umanesimo laico e il barocco: che lo sfiorire sia il codice dei viventi e che, dunque, il male di vivere non dipenda solamente dall'epoca grama, dalla storia, bensì dalla vita stessa, dalla natura, alla quale non ci resta che – come detto in principio – contrapporre la virtù dei vocaboli, atomi dell'umano desiderio d'immortalità, se non altro artificiale.
Predicamento di me
prima descrizione
delle infinite volte a me dicendomi
di parlare l'italiano senza accento
e lasciare il dialetto da me usato
soggiogato da io al mio volere
creduto di saperne di lettere di plurali
di subientivo e gerundio e coniunzioni
e tutti i resti d'avverbi che di mia vita
mi feci in costruzione o mi disfeci
ottava descrizione
gli stromenti degli armonici
medesimamente alla bellezza
alla viva e vegetabile lingua
d'un infiebolito aver sentore
d'ogni fatto d'ogni storia
nel passato de' rimatori e scienze
nei vocabuli per dar parola
alle parole occulte alla prudenza
del giusto e del bene la materia
la forma d'ogni fine nell'amore
decima descrizione
anche la vita nel vivere si disnoda
e non c'è altra metafora dello sfiorire
del veder il verde della candela
prima del moto lento dei mali
d'animo le sue infiammaggioni
il discadimento confettato nei succhi
dell'afrore dopo la qual al giorno fermo
e certo dinanzi a tutto quest'intorno
mi sento di complicanze inamarito
tristizia
1
l’inizio di questa tristizia di core e d’amistà
tra spinte e segnali a far di me di te
un poco niente un corpo
non più nel far delle cose
e sia dolore il tuo nome allora
non potevi illudere anche me
anche una sola e unica amica persona
ma dicendoci e dandoci un saluto
a noi molto paurosi a noi
tenendo il core in mano ora
nell’orrore del sapere nel dì che avvenne
nel poco tempo nostro di quest’ora
5
eppure il non credere all’assenza
alla mancanza a questo star qui senza
non pensiamo possibile più il possibile
il trasfigurarsi delle cose intorno il mancare
l’appuntamento e avvegna che la tua imagine
in una notte di sogno di spavento
si faccia apparizione allora in quello caso
nello specifico di un’arte di rettorica
mi sopraggiunga per aiutare lo mio risveglio
alla realtà al giorno per giorno
all’immondo modo della verità del mondo
9
anche potendo anche truccando il dolere
lo scriverti del male mondo nostro
anche rispondere alle incertezze
dove finiscono tutte le malvagità
mai amate né condivise anche durante
ne lo cammino de li sospiri
insieme alla ferita dentro il dietro
dentro lo spettro vivo del martirio
anche la concessione della poesia
nel libero tuo estivo arbitrio
Amaritudine
evento . 8
a volte cerco l'abbattimento per abbattermi
a volte dall'intelligenza dell'intelletto
il possibile non di nona rima né poi dei cantari
ma di verso nel verso d'assonanza latina
per raccontare la distanza tra qui e me
l'evento in quell'Italia guelfa e ghibellina
non si tratta di un dittamondo in giro in tondo
in fondo né di dire con il vocabulario italiano
di ciò che più dentro è dentro scava e ricava
in scritto d'oratorio che entri in poesia ora
che poco c'è rimasto ora che tutto
non sia un fare illusorio
evento . 13
quanti tempi passati e d'avvenire
ancora a sopportare disordinanza
quella loro natura non valente
che sormonta ogni desiderio dato
dal sommo bene l'imperfetto cercare cose
lo scegliere il cammino in distinto modo
scegliere il senso tra il vero il poco sincero
nell'evento di uno stanco conducimento
per le strade de la terra l'incontro in cittade
di cittadini con rabbia ne lo cuore
per tempi passati e d'avvenire per anni
di via di porto e di palude come che fosse
da sera fino a lo matino già poco
oramai il talento la volontate il rinunciare
alle cose lasciate o mai avute
Alessandro Ghignoli (Pesaro 1967). Vive a Madrid. Ha pubblicato in poesia: La prossima impronta (Gazebo, Firenze, 1999) e Fabulosi parlari (ibid., 2006); in prosa: Silenzio rosso (Via del Vento, Pistoia, 2003). Ha al suo attivo numerosi volumi di traduzioni e studi scientifici sulla poesia; il suo ultimo lavoro: Un diálogo transpoético. Confluencias entre poesía española e italiana (1939-1989), (Academia del Hispanismo, Vigo, 2009). Codirige i “Quaderni di poesia europea” (Orizzonti Meridionali, Cosenza) ed è redattore della rivista “L’area di Broca”.
Confesso che i giochi di parole - fra me e me chiamo così le invenzioni sintattiche, gli attorcigliamenti neoverbali, i lemmi nati da poco - ho difficoltà a leggerli. a capirli, a digerirli; me ne attribuisco tutta la colpa, sono io eventualmente un po' indietro (mi dico) o forse amo troppo la chiarezza dello snodo discorsivo. Tuttavia, in queste poesie ho trovato che l'affabulazione spinta, quasi tra sé e sé, nasconde una profondità del sentire che è sostanza. Specie la numero 5 lascia percepire la concezione dolente della vita, del mondo. E poi mi è piaciuto il fil rouge sotterraneo sulla questione della lingua - italiano/dialetto.
RispondiEliminaNon ne ho colto tutti gli aspetti, quindi, ma non mi è dispiaciuta la poesia di Ghignoli.
Fiorella
al commentatore anonimo (al quale ho tolto la parola): firma, la prossima volta.
RispondiEliminaciao GUGL, scusami.
RispondiEliminacome dicevo: le poesie fanno schifo, sono insalvabili.
ecco una firma: Carlo.
bene, Ghignoli ne prenderà atto.
RispondiEliminaSono ancora in attesa della raccolta di Ghignoli, dunque non possiedo una "visione d'insieme" dell'opera. Ho però avuto modo di leggerne alcuni stralci come ho avuto (ed ho) il piacere di leggere quanto scritto in precedenza dallo stesso autore.
RispondiEliminaL'idea - personalissima! - che mi son fatto fino ad ora della poesia di Ghignoli è di un luogo della sperimentazione alchemica del linguaggio. Al momento Ghignoli è uno dei pochissimi poeti per cui il potere evocativo della parola all'interno di un dis-corso ancora conserva la priorità sulla mera nominabilità delle cose. Le poesie di Ghignoli infatti affabulano, non spiegano, poiché prive di retorica "del giorno per giorno".
Quello che Fiorella chiama "giochi di parole" credo sia invece un uso sapiente e generoso del ritmo e del suono della parola, piuttosto che un esercizio stilistico o un titillare sfizioso di intrattenimento; la voce di ciò che potrebbe essere solo un muto lemma e che a mio avviso molti poeti hanno del tutto dimenticato.
La difficoltà della lettura sta nella presenza e accostamento di termini inusuali e spesso arcaici, trecenteschi. Un modo per imporre una distanza, non solo temporale, tra lo scritto ed il momento-qualunque in cui il lettore si avvicina al testo, ottenendo così una sensazione di sospensione in un vuoto riempito esclusivamente dal lettore e le parole.
Insomma, una lettura fluida, flessuosa, quasi sensuale e certamente non lineare, come dovrebbe essere quella della Poesia dopo tutto.
Aggiungerei, inoltre, anche una cosa: la cosiddetta "avanguardia" - e non lo dico certo io, ma Sanguineti - non è certo incolonnare assieme un cazzo, i muppets e dio sa cos'altro (vedi http://www.absolutepoetry.org/Frecce-verso-l-altro-n-1-ANDREA) ma un riutilizzo - antitetico o no - delle forme del passato, cercando di essere "assolutamente moderni". Ma questo è un parere personale :)
Luigi B.
P.S.: Carlo, se mi dici perché le poesie ti fanno schifo magari mi illumini su qualcosa che mi è sfuggito ed evito di comprare il libro!
Vorrei precisare -anche se nel primo commento l'ho fatto comunque - che l'indicazione "giochi di parole" non è dispregiativa, è neutra: indica solo un certo uso delle parole, come ben lo descrive Luigi B. Anzi, mi dolevo di non riuscire a seguirli perché usualmente mi lasciano "fredda" e specificavo che nel caso di Ghignoli, invece, mi prendevano.
RispondiEliminaFiorella
in questo libro, gli arcaismi sono meno di quello precedente. Si respira una maggiore drammaticità. Questo fondo è presente anche nei migliori autori che lavorano assiduamente con l'impasto suono-senso. Un altro autore suo coetaneo è Stefano Salvi.
RispondiEliminaSì, notavo anch'io questo fondo dolente. E comunque sono testi da assimilare piano, con riflessione.
RispondiEliminaFiorella
grazie Stefano per la tua lettura e il tuo tempo, e grazie agli intervenuti.
RispondiEliminaLuigi B., ha praticamnete detto molto, e come dire, mi trova vicino al suo dire; Fiorella la ringrazio per lo 'sforzo' d'avvicnamento a una poesia che non le è vicina.
beh, a Carlo che dire? una buona o cattiva recensione, un premio vinto o no, una presentazione più o meno importante, non aggiungono né tolgono niente alla tua poesia.
un abbraccio
alessandro ghignoli
Ringrazio Stefano per questo spazio dedicato al libro di Alessandro Ghignoli, che in effetti, più che giocare con le parole, le piega, distorce, le spreme, riforgia e ridispone, sullo sfondo di una drammatica ribellione al silenzio,di una tragica consapevolezza di un background di forze per nulla oscure che sembra talvolta determinare i destini letterari, con una ironica e dolente "manomissione" della percezione comune (e facile) della parola poetica contemporanea... che in molte opere ambiziose produce semplicemente il vuotarsi della parola in funzione di una nominazione quasi tassonomica del reale (o presunto tale)fine a se stessa. Ma Ghignoli non si limita alla pars destruens, il suo dire ha una forte valenza propositiva. La sua non è una poesia facile, perché spiazza. I suoi testi sono da leggere e rileggere, perché astuti come armi a doppio taglio difficili da "maneggiare", proprio per l'originalità del suo discorso poetico e il sapiente utilizzo del plurilinguismo radicato dentro la terra solida della tradizione, da cui molti si distaccano senza averla prima conosciuta, subita ed esplorata
RispondiEliminaLeggerei e rileggerei volentieri il signor Carlo X, giudice supremo quanto lapidario dell'altrui versificare ;-)
Un caro saluto ad Alessandro
Chiara De Luca
dimenticavo di dire che Chiara De Luca, oltre ad essere presente in veste di editrice, ha anche scritto il risvolto di copertina al libro, che porta in epigrafe una frase assai indicativa: "alla sempre nuova moderna tradizione".
RispondiEliminavi ringrazio per questo vostro passaggio.
Ho già avuto modo di scrivere sulla poesia di Ghignoli che ammiro molto. Secondo me i giochini intellettuali e poetici inutili sono altri, c'è dietro un lavoro serio ed onesto e quell'ispirazione che si percepisce.
RispondiEliminaAgli anonimi non bisogna mai rispondere perchè il loro parere vale zero.
Un caro saluto e complimenti!
Luca Ariano
Caro Stefano,
RispondiEliminati ringrazio per aver dato spazio a
questo libro di Alessandro Ghignoli,
offrendoci alcune anticipazioni.
Conto di essere presente a Verona in occasione della sua premiazione.
Avevo letto su 'blanc' il tuo pre-
cedente intervento e i testi di Ghignoli e stavo aspettando l'occa-
sione per complimentarmi con lui.
Questo suo far 'scivolare' il di-
scorso poetico su piani diversi,
dove l'instabilità di abitare il
Mondo e di conseguenza la scrittura, quando la scrittura è il
tentativo cosciente di non tradire
il suo poter (o voler) essere 'pre-
senza' sulla presenza di Mondo sul
Mondo, mi sembra 'struggente'. Il
poeta affronta lo scacco al quale
continuamente è sottoposto e cerca la mossa del cavallo che scarta di
lato: un lucido azzardo. Il trave-
stimento a tratti Don Chisciottesco
è un camuffamento solo, appunto, tratteggiato: un tratteggiamento di
stili. Un tratteggio dove chi legge
sale e scende, 'scia' disegnando traiettorie che aiutano ad attra-
versare la concretezza dolorosa dell'esistere.
Un abbraccio, Armando Bertollo.
non è facile sentire tanta umanità in questi versi, come hai fatto tu, caro Armando. Un insegnamento per tutti a coniugare profondità e superficie, e a riconoscere l'altro per quel che è: l'indicibile e l'insopportabile che ci abita.
RispondiEliminacara Chiara, ti ringrazio per un milione di cose e ne devo aggiungere ancora una! simil discorso per Luca, che insieme a Enrico a Città della Pieve sono stati fantastici. ad Armando, che avrò modo quindi di incontrarlo a Verona, mi chiedo come mi 'conosca' così bene!
RispondiEliminaun forte grazie forte
un abbraccio
alessandro ghignoli
imparato molto
RispondiEliminaIntervengo poco nei blog, mi piace di più leggere le poesie e i commenti, senza interferire troppo, a volte non sono in grado di cercare un dialogo attraverso la rete, forse è un mio limite, ma ci sto lavorando. Intervengo qui appunto, per la prima volta, e ringrazio Stefano per la passione che mette nel coltivare questo bellissimo e importante blog, intervengo inoltre per dire che la poesia del qui caro Alessandro, oltre che a sentirla molto vicina alla mia, è secondo me in Italia attualmente, una delle voci più significative e di quelle che si distaccano da quell'humus poetico che sembra dare forte impronta ad un nuovo, settoriale, discorrere poetico che non mi attraversa. Ovviamente è un discorso troppo generico il mio, ma chi vuole capire ha capito...Invece la poetica di Alessandro e la sua ricerca sulle sfumature e le musiche del linguaggio mi sembra piuttosto interessante, originale, che va "al di là", insomma, non sono solo "giochi di parole", quando uno si permette di essere un funambolico del verso, è perché ha totale padronanza del linguaggio, nei suoi più estremi "significanti"...scusate l'interruzione anacronistica, e la divagazione forse eccessiva e generica... grazie ancora a Stefano e ad Alessandro.
RispondiEliminaCon tutta la poesia del mondo
Antonio Bux
grazie Antonio. L'unica cosa che mi sorprende piacevolmente è che tu ieri abbia commentato due poeti molto differenti tra loro (Tomada e Ghignoli) e che tu riesca a coglierne in entrambi una voce originale. La poesia parte da qui.
RispondiEliminaciao!
Grazie a te Stefano, per il tuo costante lavoro.
RispondiEliminaScusa se rispondo in ritardo, ma non mi arrivano le notifiche...:-)
A presto
Antonio B.