Grazie alla lungimiranza di Alessandro Ramberti, le sue Edizioni Fara hanno prodotto e stampato l'antologia Dall'Adige all'Isonzo. Poeti a Nord-Est (vedi il link). Io ho presentato Giovanni Fierro e lui ha presentato me. Ecco le mie impressioni:
Attraverso l'allegoria del fiume Judrio, che è «corrente limpidezza/ impeto flusso luccichio profondità», ma anche quieta «pozza d'acqua», Giovanni Fierro organizza autobiografia e morale, in un dettato piano eppure attentissimo ai respiri del lettore, che deve capire e gioire insieme alla voce narrante, partecipare alle verità che essa gli dona. Fra queste, la certezza che uomo sia colui che sceglie d'uscire dal torbido naturale per rinascere nella trasparenza di un'identità fluida e senza crepe, «sincera», appunto, come vuole la lirica il presente.
L'intera raccolta è attraversata da questa tensione verso il bene, che è tutto terrestre, consistendo nell'attrito esercitato dai viventi scendendo verso «il mare», in quel futuro ineluttabile e sempre imminente, che obbedisce alla legge entropica: «Si muove di sola andata» recita piccolo fiume, declinando, nella metafora dell'acqua di fonte che diventa rivo, la necessità di scegliere il meglio che siamo sin dall'inizio e non giù a valle, in prossimità della foce, quando il timore della morte ci assale.
La vita è penuria, «saliva, lacrime, sudore/ sputo, seme o sangue» e dunque, attraversarla senza mascheramenti, nella limpidezza virile della decisione, chiede coraggio, che è fondamento dell'uomo etico fierriano, in parallelo alla forza che muove il fiume, allorché incide la terra ed impone «la sua trasparenza» agli uomini, educandoli.
Sincerità e dettato ci ricordano l'onesta opera del poeta sabiano, se non fosse che gli eccessi metrici e le ossessioni irrisolte del triestino, qui mutano in gravitas e saggezza, non mancando tuttavia un sottofondo drammatico, un'inquietudine esistenziale che, come scrive Mario Benedetti in quarta di copertina a lasciami così (sottomondo, 2004), lo avvicinano al concittadino Carlo Michelstaedter. Altra affinità con l'autore di La persuasione e la retorica, mi sembra quella che vorrebbe la compenetrazione fra agire e pensare, in entrambi modernamente avvertita come impossibile. Da Michelstaedter, invece, Fierro prende le distanze rispetto alla posizione nei confronti della natura: se nel primo, domina l'idea che tutto sia ineluttabilmente governato dal vuoto, cui contrapporre una sorta di titanismo leopardiano, in Fierro c'è la convinzione che ci sia un ordine a muovere il cosmo, una necessità non estranea all'idea del Tao quale verità ultima e materna cui possiamo sintonizzarci attraverso l'eticità. E forse non è un caso che anche nei due originari maestri taoisti, Lao tzu e Chuang-tzu, questa energia onnipervadente sia resa nella metafora dello scorrere dell'acqua. Da uomo occidentale figlio di Voltaire, che crede nell'equivalenza "essere uguale azione", egli tuttavia rigetta la possibilità di nuotare in quell'acqua cosmica abbandonandosi alle sue spire, assecondandole con sguardo vigile, come nel Wu wei taoista; appunto per l'impossibile coincidenza fra pensiero e azione nel letto del tempo caduco, Fierro invoca il discernimento umano, la responsabilità individuale, così che il mondo dei mortali edifichi la salvezza in terra, cercando un dialogo fecondo con la natura, nutrice e maestra. Ne fa parola già in lasciami così: «Bisognerebbe assomigliare alle pozzanghere/ esistere solo in caso di profondità// imparare dal legno/ che alla lama da taglio si oppone/ con l'intensità della fibra».
Due parole, infine, sulla scelta, meditata, del fiume: Judrio ha la particolarità d'essere linea di confine tra Italia e Slovenia e poi tra la provincia di Udine e quella di Gorizia; come quel suo scorrere separa le due rive e, nel contempo, le tiene in prossimità, segnando un'ideale crocevia fra i popoli, così la poesia di Fierro fa felicemente convivere natura e cultura, passione e ragione, occidente e oriente, in palese contrasto con la vocazione padanocentrica del nord-est e vicina invece all'interculturalità di Alpe-Adria, del gruppo goriziano "Sottomondo" (di cui Giovanni è fondatore) e alle esperienze friulane di Absolute poetry.
L'intera raccolta è attraversata da questa tensione verso il bene, che è tutto terrestre, consistendo nell'attrito esercitato dai viventi scendendo verso «il mare», in quel futuro ineluttabile e sempre imminente, che obbedisce alla legge entropica: «Si muove di sola andata» recita piccolo fiume, declinando, nella metafora dell'acqua di fonte che diventa rivo, la necessità di scegliere il meglio che siamo sin dall'inizio e non giù a valle, in prossimità della foce, quando il timore della morte ci assale.
La vita è penuria, «saliva, lacrime, sudore/ sputo, seme o sangue» e dunque, attraversarla senza mascheramenti, nella limpidezza virile della decisione, chiede coraggio, che è fondamento dell'uomo etico fierriano, in parallelo alla forza che muove il fiume, allorché incide la terra ed impone «la sua trasparenza» agli uomini, educandoli.
Sincerità e dettato ci ricordano l'onesta opera del poeta sabiano, se non fosse che gli eccessi metrici e le ossessioni irrisolte del triestino, qui mutano in gravitas e saggezza, non mancando tuttavia un sottofondo drammatico, un'inquietudine esistenziale che, come scrive Mario Benedetti in quarta di copertina a lasciami così (sottomondo, 2004), lo avvicinano al concittadino Carlo Michelstaedter. Altra affinità con l'autore di La persuasione e la retorica, mi sembra quella che vorrebbe la compenetrazione fra agire e pensare, in entrambi modernamente avvertita come impossibile. Da Michelstaedter, invece, Fierro prende le distanze rispetto alla posizione nei confronti della natura: se nel primo, domina l'idea che tutto sia ineluttabilmente governato dal vuoto, cui contrapporre una sorta di titanismo leopardiano, in Fierro c'è la convinzione che ci sia un ordine a muovere il cosmo, una necessità non estranea all'idea del Tao quale verità ultima e materna cui possiamo sintonizzarci attraverso l'eticità. E forse non è un caso che anche nei due originari maestri taoisti, Lao tzu e Chuang-tzu, questa energia onnipervadente sia resa nella metafora dello scorrere dell'acqua. Da uomo occidentale figlio di Voltaire, che crede nell'equivalenza "essere uguale azione", egli tuttavia rigetta la possibilità di nuotare in quell'acqua cosmica abbandonandosi alle sue spire, assecondandole con sguardo vigile, come nel Wu wei taoista; appunto per l'impossibile coincidenza fra pensiero e azione nel letto del tempo caduco, Fierro invoca il discernimento umano, la responsabilità individuale, così che il mondo dei mortali edifichi la salvezza in terra, cercando un dialogo fecondo con la natura, nutrice e maestra. Ne fa parola già in lasciami così: «Bisognerebbe assomigliare alle pozzanghere/ esistere solo in caso di profondità// imparare dal legno/ che alla lama da taglio si oppone/ con l'intensità della fibra».
Due parole, infine, sulla scelta, meditata, del fiume: Judrio ha la particolarità d'essere linea di confine tra Italia e Slovenia e poi tra la provincia di Udine e quella di Gorizia; come quel suo scorrere separa le due rive e, nel contempo, le tiene in prossimità, segnando un'ideale crocevia fra i popoli, così la poesia di Fierro fa felicemente convivere natura e cultura, passione e ragione, occidente e oriente, in palese contrasto con la vocazione padanocentrica del nord-est e vicina invece all'interculturalità di Alpe-Adria, del gruppo goriziano "Sottomondo" (di cui Giovanni è fondatore) e alle esperienze friulane di Absolute poetry.
Acque di acqua
(sottofiume)
Il silenzio del fiume è sott’acqua
la sua corrente è calligrafia
costruisce parole
le si possono leggere
nel segno continuo
che il suo scorrere lascia
nella terra scavata
come ogni storia raccontata si ferma
dove trova quiete
il mare è l’ultima pagina del suo libro
la sua bocca chiusa
la sua dissolvenza
il suo cielo.
(identità)
Anche il tessuto del mio corpo è
l’intreccio fitto di filamenti di acqua
così se parlo di accadueo
dico, sempre, qualcosa di me
è il momento di quando scelgo, ogni volta
con che cosa tengo assieme il mondo
saliva, lacrime, sudore
sputo, seme o sangue.
(la lode)
Il fiume scava
e la sua acqua si fa attraversare
come coraggio
si impone
la sua trasparenza.
(piccolo fiume)
Si muove di sola andata
inumidito di un’acqua che si rompe
contro i primi sassi
improvviso luccichio.
(l’ospite)
Penso il tempo asciutto
di un volo rimandato di merlo
la terra si misura con la parola
che la contiene e la sbriciola
ostia del mondo
guardo quest’acqua
scegliere di stare con l’acqua
e niente altro.
I miei occhi bagnati
dopo il bacio
ti portano fortuna.
(presenza)
Il fiume è come memoria
verbo ostinato
si lascia coniugare solo ad indicativo presente
bisognosi di terra
fiume e memoria scrivono un solco che rimane
una incisione
una volontà
poi è necessità che mostrano
sfociano sottopelle
soffiano dentro un orizzonte.
(scelta)
La saliva che tengo sulla lingua
se è amore
è l’unguento per il bacio
se è rabbia
è il pidocchio per lo sputo.
(nel tempo)
La nudità dell’acqua non è solo
nella sua limpidezza mostrata
ma anche il suono che emette quando scorre
è sempre un rumore
dice, guardami, io sono un attrito
di tempo e di sete.
Il silenzio del fiume è sott’acqua
la sua corrente è calligrafia
costruisce parole
le si possono leggere
nel segno continuo
che il suo scorrere lascia
nella terra scavata
come ogni storia raccontata si ferma
dove trova quiete
il mare è l’ultima pagina del suo libro
la sua bocca chiusa
la sua dissolvenza
il suo cielo.
(identità)
Anche il tessuto del mio corpo è
l’intreccio fitto di filamenti di acqua
così se parlo di accadueo
dico, sempre, qualcosa di me
è il momento di quando scelgo, ogni volta
con che cosa tengo assieme il mondo
saliva, lacrime, sudore
sputo, seme o sangue.
(la lode)
Il fiume scava
e la sua acqua si fa attraversare
come coraggio
si impone
la sua trasparenza.
(piccolo fiume)
Si muove di sola andata
inumidito di un’acqua che si rompe
contro i primi sassi
improvviso luccichio.
(l’ospite)
Penso il tempo asciutto
di un volo rimandato di merlo
la terra si misura con la parola
che la contiene e la sbriciola
ostia del mondo
guardo quest’acqua
scegliere di stare con l’acqua
e niente altro.
I miei occhi bagnati
dopo il bacio
ti portano fortuna.
(presenza)
Il fiume è come memoria
verbo ostinato
si lascia coniugare solo ad indicativo presente
bisognosi di terra
fiume e memoria scrivono un solco che rimane
una incisione
una volontà
poi è necessità che mostrano
sfociano sottopelle
soffiano dentro un orizzonte.
(scelta)
La saliva che tengo sulla lingua
se è amore
è l’unguento per il bacio
se è rabbia
è il pidocchio per lo sputo.
(nel tempo)
La nudità dell’acqua non è solo
nella sua limpidezza mostrata
ma anche il suono che emette quando scorre
è sempre un rumore
dice, guardami, io sono un attrito
di tempo e di sete.
[...]
Giovanni Fierro è nato a Gorizia nel 1968. I suoi testi sono stati pubblicati nelle raccolte Frantumi (2002) e Prepletanja – Intrecci (2003), entrambe edite da Sottomondo. È curatore della rivista «Habel». Del dicembre 2004 è la sua prima raccolta poetica, Lasciami così (edita da Sottomondo, Gorizia), la cui prima edizione di 300 copie è stata esaurita. Nel novembre del 2005 il libro è stato ristampato in altre 300 copie, ora in via di esaurimento.
Ho incontrato per la prima volta le poesie di Giovanni Fierro proprio nella raccolta "Dall'Adige all'Isonzo. Poeti a Nord-Est". Come l'acqua, sono arrivate "a destinazione". Belle davvero...
RispondiEliminaStefania C.
Mi è difficile commentare i testi di Giovanni tenendo al di fuori un legame personale che con lui ho da lungo tempo, ed è ovvio che già per questo direi cose positive e molto.
RispondiEliminaPenso che già con il primo libro Giovanni abbia dato prova di una capacità di scrittura a cuore aperto. Adesso, a distanza di anni, mi sembra che sia andato definendo sempre di più il suo modo di esprimersi (non mi piace nel suo caso parlare di stile), che lo abbia lasciato sedimentare trovando parole più adatte ancora ma senza evitando costruzioni eccessive. Ha imparato senza imparare, fortunatamente. Spero che a breve pubblicherà il secondo libro, e dal mio punto di vista sarà una voce molto importante da ascoltare e leggere.
Un saluto al padrone di casa, oltre che ovviamente a Giovanni.
Francesco t.
come dice Sanguuineti: oggi il mio stile è non avere stile?
RispondiEliminaperò nel caso di Giovanni direi che lo stile c'è: vale l'analogia, laforza dfei simboli, il verso asciutto (malgrado parli dell'acqua con versi d'acqua, come scrive Stefania (Carissima, mi ricordi chi sei? :-)
ciao Francesco, a venerdì!
gugl
Sì.
RispondiEliminaIntendevo stile come qualcosa che ti costruisci e magari può finire per ingabbiarti, tutto qui.
In Giovanni per fortuna non c'è;
invece c'è di certo quello che scrivi tu.
A venerdì.
ft
che scrittura pulita!
RispondiEliminachiara, pacata, ma sembra voler corrodere come l'acqua che tanto viene richiamata...
bella proposta
complimenti
Anila
ciao Anila. sono d'accordo.
RispondiEliminagugl
è bello dire grazie per l'accoglienza e l'attenzione.
RispondiEliminatrovarmi ospite con questi scritti è per me motivo di soddisfazione.
ma è anche grimaldello per continuare a domandarmi parole e senso.
dirmi ancora e ancora che c'è qualcosa da trovare. (l'acqua? lo stile?)
i vostri pensieri mi aiutano.
giovanni fierro
grazie Giovanni per essere passato di qua.
RispondiEliminaun caro saluto
gugl
Sono testi molto belli, davvero, tutti dominati dall'acqua, che è "creatura di umiltà e sapienza" e madre dello stesso intero tracciato scritturale, che ne è il parto più "elementa/r/l/e": nella sua trasparenza che passa al setaccio tutto il territorio che attraversa (a partire da quello interiore che ne determina il corso) si legge la ricerca dell'essenziale (che, a sua volta, sedimenta poi la natura e il timbro stesso del canto, aggrumato con leggerezza “zambraniana” in un dire sorgivo, aurorale).
RispondiEliminaProprio perché "la via dell'acqua che scorre" mareggia (in)quieta tra le due rive (intercambiabili) di "ordine" e "necessità" (cfr. la nota di Stefano), senza scartare né tortuosità di percorso né anfratti sconosciuti (risponde a "necessità", del resto, anche l’impensato che balena nel processo di sedimentazione di sillaba con/su sillaba), mi permetto di lasciarti una piccola riflessione. E’ solo il pensiero di un lettore attento allo “status di esistenza” su cui si reggono i testi, non certo l’indicazione di un “fare”: quello è sempre nella "tensione" originaria di chi scrive e nell’inchiostro che sente più “suo”.
Prendo a prestito due testi, splendidi, a esemplificazione del discorso. Il primo:
(presenza)
Il fiume è come memoria
verbo ostinato
si lascia coniugare solo ad indicativo presente
bisognosi di terra
fiume e memoria scrivono un solco che rimane
una incisione
una volontà
poi è necessità che mostrano
sfociano sottopelle
soffiano dentro un orizzonte.
Qui non trovo un solo accento fuori posto: “fiume” e “memoria” sono l’oggetto di uno sguardo “frontale”, i termini entro i quali si muove la luce di un pensiero (esterno alla visione) che li attrae entrambi in un unico abbraccio, li lascia “sfociare sottopelle”. Tutti i nessi che utilizzi (“come”, “solo ad”, “poi”) sono relativi al “soggetto” che attira irreversibilmente, che fa “suoi” i due elementi e li rilascia, per riflesso immediato, in forma di “respiro” (“soffiano”). Anche l’apparente tautologia (“un solco / che rimane") non appesantisce, ma è parte integrante di questo processo di “antropomorfizzazione concettuale”.
In “(nel tempo)”, invece, l’operazione è diversa, praticamente un ribaltamento della prospettiva precedente: qui lo sguardo e l’oggetto, l’occhio e la visione, cercano di “farsi uno”, cercano il punto di fusione elementare dove chi guarda (scrive) e ciò che guarda (ciò che scrive) sono indistinguibili, ormai irriducibili all’atto di pensiero che pure ha dato origine e movimento all’operazione. Il punto di osservazione è tutto interno alla “metamorfosi”, a un processo in atto (in-pensato e in-prevedibile) che sfugge per ogni dove alla concettualizzazione: quindi l’immagine si fa da sé, “si dà nel suo farsi”, ragione per cui i nessi che appartengono alla sfera del controllo razionale e che, in definitiva, rimandano ancora a un soggetto che ormai non è più tale, sono “un di più”: un “di più” che finisce per lasciare una “scoria” sulla superficie di un piccolo, splendente diamante.
(nel tempo)
La nudità dell’acqua non è solo
(nel)la sua limpidezza (mostrata)
ma (anche) il suono che emette quando scorre
è sempre un rumore
dice, guardami, io sono un attrito
di tempo e di sete.
Le parentesi che mi sono permesso di inserire nel tuo testo, servono solo a evidenziare i “meccanismi” esterni (inerti: la “scoria sul diamante”) di un soggetto che, essendo ormai, in quanto sguardo, “acqua” e “suono”, “sete” e “tempo”, non ha più nessuna possibilità (“necessità”) di stabilire nessi e rapporti di causalità.
Grazie a Stefano per la gran bella proposta e complimenti all’autore che spero di (ri)leggere ancora per molto tempo.
Un caro saluto.
fm
carissimo Francesco, noi ringraziamo te per questi attraversamenti preziosi.
RispondiEliminala conferma che ci dai sulla voce di Giovanni, rinforza la passione per la poesia e la fiducia nell'amicizia.
un abbraccio!
gugl
Due piccole cose.
RispondiEliminaLa prima.
Mi fanno molto piacere questi commenti sulla scrittura di Giovanni, perchè formulati da persone di cui ho grande stima. Sono contento che a Giovanni venga riconosciuta la qualità che ha come autore, frutto di un lavoro lungo e paziente su se stesso prima che sulla scrittura.
La seconda.
Oltre e al di là di Giovanni, mi sembra giusto che emerga un semisommerso di autori più o meno quarantenni, "friulani" in senso lato, perchè non hanno una grande visibilità a livello generale, ma a mio parere producono lavori di valore assoluto. Penso a Giovanni Fierro, ma anche a Maurizio Mattiuzza, Antonella Bukovaz, Vincenzo Della Mea, Roberto Marino Masini ed altri che adesso non nomino e con cui per questo mi scuso.
Francesco t.
mi piacerebbe scrivere sulla Bukovaz: possibile avere qualche testo (megli ose inedito)?
RispondiElimina8prendo comunque nota anche di Mattiuzza e Masini, cone non conosco). Su Della Mea ho già scritto. Ottimo autore, comunque.
ciao!
gugl
Masini lo trovi da me, Stefano. La Bukovaz mi piace molto, e lo stesso dicasi per il bravo Della Mea.
RispondiEliminaUn saluto a te e a ft (e a tutti).
fm
andrò a leggerlo. grazie.
RispondiEliminagugl
sia è trasparente come l'acqua. Commento banale. No, dal momento che questa acqua non sazia la sete ma diventa alimento.
RispondiEliminaRosana Crispim da Costa
a me 'sto fierro piace un sacco. bellissime!
RispondiEliminastefano s.
non è banale, gentile Rosana.
RispondiEliminaun saluto di benvenuto anche a stefano s.
gugl
Nella notte ho visto il reale.. celato nella sgargiante menzogna del giorno.. Sì, a volte la vita delude.. Ma per fortuna ci sono unguenti per l'anima come le poesie di Giovanni Fierro. Semplicemente straordinarie! E quindi, un po’ come Woody Allen, “leggo per legittima difesa”. Grazie, Giovanni!
RispondiEliminaRita T.
Bravo Giovanni belle poesie ... anche a me piace l'acqua perchè in essa vi è allo stesso tempo la vita e la morte, il movimento e la fissità. Grazie. Sandro Grubissa
RispondiEliminagrazie a tutti quelli che sono intervenuti
RispondiEliminaper il vostro dire e sentire le mie parole
ve ne sono grato
giovanni fierro
nella mia ricerca sulla varianza semantica questo contributo è molto stimolante. Grazie!
RispondiEliminaMario Bertasa