Risposta concreta alla vanità dell'agire umano predicata dal Quelet, Apocalisse amore (Mondadori 2008) vi contrappone l'intensità, la resistenza alla deriva propria degli affetti familiari e l'esemplare semplicità dagli umili di tutte le latitudini, quegli invalides già cantati in precedenza e che hanno in "Alzheimer, madre" il proprio emblema. Qui, famiglia e caducità s'incontrano, così come l'invocazione al deus absconditus, cui spetta il compito di districarci dalla solitudine del mondo e di bagnarci nell'acqua della smemoratezza benigna: "perdiamola tutti/ la memoria del male// se ne vada come una canzone dalle labbra/ e dalle pianure bianche dei nomi".
In questo libro, amore è la rivelazione (apokalyptein, rivelare), l'apocalisse giovannea, che si mette alla luce quale ammonimento e speranza, amore che è, anzitutto, pazienza (San Paolo, prima lettera ai corinzi), invocata dallo stesso autore e coniugata nella dimensione dell'esperienza quotidiana, accessibile a tutti: "Dammi la pazienza/ dei bar tabaccheria fuori dal centro// dei mucchi di materiale, assi, vecchie/ travi lasciate accanto alla ferrovia". Ed è proprio quest'ultima cifra ad incantare, questo spazio abitato che metaforizza il sentire, che ne fa le veci, arricchendolo, così che ciascuno lo possa ripetere, perpetuare, come nella similitudine che segue, dove l'intera condizione umana si riflette, nella propria folle corsa senza teleologia: "e ride/ il cielo, corre via come un matto/ tra le sedie sparse dei bar". Anche l'inquietudine del metro riflette l'attesa della rivelazione finale, da una posizione che scatta da un'insicurezza tutta terrestre, che diventa tuttavia postazione privilegiata, avamposto: Rondoni pare infatti si muova sul bordo alto della muraglia montaliana, tra i cocci taglienti di bottiglia, quale vedetta che vuole farsi annuncio per la comunità, che intende dantescamente rivelare, se Dio vuole, quanto ha visto e imparato nel suo viaggio tutto umano, fra le ombre: "dammi lo sguardo deviato/ e divorante della notte sui crinali", quello sguardo che rompe il velo di Maya, che trae forza dall'abisso incarnato nelle periferie urbane.
Il cuore degli uomini è un abisso, anche
il tuo che ora indolente
dal petto come dai vetri rotti
di un auto
si alza e si rovescia a guardarmi,
un grande occhio
pieno di fuochi...
Bartolomeo
Quando anche tu ti fermerai in questo grande
autogrill e il viso stanco
vedrai rapido
sui vetri, sull'alluminio del banco,
sarà una sera come questa
che nel vento rompe la luce
e le nubi del giorno, sarà
un grande momento:
lo sapremo io e te soli.
...................Ripartirai
con un lieve turbamento, quasi
un ricordo e i silenzi delle scansie di oggetti,
dei benzinai, dei loro berretti,
sentirai alle tue spalle leggero
divenire un canto.
La felicità del tempo è dirti sì,
ci sei, una forza segreta
uno sgomento ti fa, non la mia
giovinezza che cede, non l'età
matura, non il mio invecchiamento -
la nostra vera somiglianza
è là dove non si vede.
Mio figlio, mio viaggiatore,
sarà il tuo inferno, la tua virtù
questo udito da cane o da angelo
che sente all'unisono il giro dei pianeti
e la pastiglia cadere nel bicchiere
due piani sotto, dove due vecchi
si accudiscono.
Sarà questo amore strepitoso
tuo padre, quello vero.
Fermati ancora in questo autogrill,
dal buio mi piacerà rivederti…
*
Dove sei Romagna per perdersi,
aprire i cancelli del petto
leggere le costellazioni con il viso affondato
nell'odore aspro di falciatura –
dove la paura di niente
butta uno sull'altro gli amori.
Dove sei, fila dei tralicci
nel sole rosso che cala
..........................si sala
la schiena a mezz'aria
nelle cabine dei camion
e nelle gru dove resta l'uomo sospeso a fine
turno contro l'aria di fuoco e non
scenderebbe - viene sera,
..........................ripida, acquatica
balli alticci, inviti di occhi
furenti, notte tu-tum e poi lenti
pallori di via Adriatica
................................campi le saline
radioline mentre farsi la barba o rare
bombe d'autoradio
gemendo svaniscono all'alba –
Dov'è la parlata dolce, da stazione,
e i posteggi nell'erba, lei
che non aveva segreti
..................la notte sul canale
disegnato da Leonardo
e perso tra i canneti, le altre
sempre le altre colline, le carte
da gioco sciupate, il tatto
cieco, febbrile dei solitari
...........................- e ride
il ciclo, corre via come un matto
tra le sedie sparse dei bar
*
Addosso vienimi, non lasciare
spazio, che l'aria il cielo o cosa
sento fare pasto di me se
non ti stringi, non spezzi con linee
strane il disegno delle braccia, il bavero
il torso
se non disponi con il tuo il mio corpo
ai nuovi assalti del giorno
ferma le piastre del respiro
ho qualcosa di troppo antico nel petto,
radunami da tutte le città del mio volto
sono solo ombra che brucia
se la tua non mi viene
subito addosso.
*
Poi una mattina la rivedo
appoggiata di schiena ad un'auto in sosta
quasi rovesciata guarda il ciclo bianco, parla
e non ha voce
ha la giacca aperta degli ubriachi,
le scende di molto da un lato
come se quella mattina non ci fosse
da fare altro che stare buttati
sulla fila di auto
e cianciare al cielo, dare il petto
magro
dire agli angeli o a chi:
venitemi a prendere, io ero dei vostri
Alzheimer, madre
Era lei il sole mite
le girava tutto intorno, noi
ci spargevamo,
...............il bel quartiere il mondo,
ma era lei
in fondo alle stanze
cuore d'oro e catena, e ora
vederla aver bisogno di tutto, cadere
le luci dalla mente,
......................- l'hai vista passare, ti ha
riconosciuto?
come fare a imparare la scena
dove siamo finiti
è proprio lei la mamma l'angelo
con occhi incomprensibili
che annuncia: non
vi sarà più tempo.
Ora artigliaci Dio
tienici nel tuo
alzheimer d'amore,
perdiamola tutti
la memoria del male
se ne vada come una canzone dalle labbra
e dalle pianure bianche dei nomi
*
Ho sentito il nome al tavolo.
Parlava forte un tizio
pantaloni bassi in vita -
..............e lei, candelabri
persi negli occhi
han riso molto
di qualcosa. No, poca luce
nel locale,
.......o troppo in ombra il volto
ma la voce un attimo ha detto:
Gesù. E si è fermato
il sorso,
il nome tra i bicchieri.
È su tavoli di questo genere
che ha iniziato a correre, confuso nel suo splendore
tra le mani, le fiaccole, le carte.
- - Tu che sognando disegni le linee dei golfi
e muovi le ombre su Marte, e reggi
il petto degli uccelli in volo
non andartene
dalle sere dove i corpi bevono
e si scambiano pensieri nelle tenebre,
non restare Dio così da solo
Davide Rondoni, nato a Forlì nel 1964, ha pubblicato diversi volumi di poesia tra cui "Il bar del tempo" (Guanda 1999) "Non sei morto, amore" (I quaderni del Battello Ebbro, 2001) "Avrebbe amato chiunque" (Ed. Guanda 2003).Suoi saggi e interventi sono raccolti in "Non una vita soltanto" (Marietti, 2002).Ha fondato il Centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna e dirige la rivista "clanDestino".Autore di testi teatrali e di trasmissioni televisive di letteratura, ha tradotto Rimbaud, Baudelaire, Pèguy e curato una versione dei Salmi (Marietti, 1999).Ha firmato insieme a Franco Loi un'antologia della poesia italiana contemporanea, "Il pensiero dominante" (Garzanti, 2001). Il suo sito internet è: http://www.daviderondoni.it/
In questo libro, amore è la rivelazione (apokalyptein, rivelare), l'apocalisse giovannea, che si mette alla luce quale ammonimento e speranza, amore che è, anzitutto, pazienza (San Paolo, prima lettera ai corinzi), invocata dallo stesso autore e coniugata nella dimensione dell'esperienza quotidiana, accessibile a tutti: "Dammi la pazienza/ dei bar tabaccheria fuori dal centro// dei mucchi di materiale, assi, vecchie/ travi lasciate accanto alla ferrovia". Ed è proprio quest'ultima cifra ad incantare, questo spazio abitato che metaforizza il sentire, che ne fa le veci, arricchendolo, così che ciascuno lo possa ripetere, perpetuare, come nella similitudine che segue, dove l'intera condizione umana si riflette, nella propria folle corsa senza teleologia: "e ride/ il cielo, corre via come un matto/ tra le sedie sparse dei bar". Anche l'inquietudine del metro riflette l'attesa della rivelazione finale, da una posizione che scatta da un'insicurezza tutta terrestre, che diventa tuttavia postazione privilegiata, avamposto: Rondoni pare infatti si muova sul bordo alto della muraglia montaliana, tra i cocci taglienti di bottiglia, quale vedetta che vuole farsi annuncio per la comunità, che intende dantescamente rivelare, se Dio vuole, quanto ha visto e imparato nel suo viaggio tutto umano, fra le ombre: "dammi lo sguardo deviato/ e divorante della notte sui crinali", quello sguardo che rompe il velo di Maya, che trae forza dall'abisso incarnato nelle periferie urbane.
Il cuore degli uomini è un abisso, anche
il tuo che ora indolente
dal petto come dai vetri rotti
di un auto
si alza e si rovescia a guardarmi,
un grande occhio
pieno di fuochi...
Bartolomeo
Quando anche tu ti fermerai in questo grande
autogrill e il viso stanco
vedrai rapido
sui vetri, sull'alluminio del banco,
sarà una sera come questa
che nel vento rompe la luce
e le nubi del giorno, sarà
un grande momento:
lo sapremo io e te soli.
...................Ripartirai
con un lieve turbamento, quasi
un ricordo e i silenzi delle scansie di oggetti,
dei benzinai, dei loro berretti,
sentirai alle tue spalle leggero
divenire un canto.
La felicità del tempo è dirti sì,
ci sei, una forza segreta
uno sgomento ti fa, non la mia
giovinezza che cede, non l'età
matura, non il mio invecchiamento -
la nostra vera somiglianza
è là dove non si vede.
Mio figlio, mio viaggiatore,
sarà il tuo inferno, la tua virtù
questo udito da cane o da angelo
che sente all'unisono il giro dei pianeti
e la pastiglia cadere nel bicchiere
due piani sotto, dove due vecchi
si accudiscono.
Sarà questo amore strepitoso
tuo padre, quello vero.
Fermati ancora in questo autogrill,
dal buio mi piacerà rivederti…
*
Dove sei Romagna per perdersi,
aprire i cancelli del petto
leggere le costellazioni con il viso affondato
nell'odore aspro di falciatura –
dove la paura di niente
butta uno sull'altro gli amori.
Dove sei, fila dei tralicci
nel sole rosso che cala
..........................si sala
la schiena a mezz'aria
nelle cabine dei camion
e nelle gru dove resta l'uomo sospeso a fine
turno contro l'aria di fuoco e non
scenderebbe - viene sera,
..........................ripida, acquatica
balli alticci, inviti di occhi
furenti, notte tu-tum e poi lenti
pallori di via Adriatica
................................campi le saline
radioline mentre farsi la barba o rare
bombe d'autoradio
gemendo svaniscono all'alba –
Dov'è la parlata dolce, da stazione,
e i posteggi nell'erba, lei
che non aveva segreti
..................la notte sul canale
disegnato da Leonardo
e perso tra i canneti, le altre
sempre le altre colline, le carte
da gioco sciupate, il tatto
cieco, febbrile dei solitari
...........................- e ride
il ciclo, corre via come un matto
tra le sedie sparse dei bar
*
Addosso vienimi, non lasciare
spazio, che l'aria il cielo o cosa
sento fare pasto di me se
non ti stringi, non spezzi con linee
strane il disegno delle braccia, il bavero
il torso
se non disponi con il tuo il mio corpo
ai nuovi assalti del giorno
ferma le piastre del respiro
ho qualcosa di troppo antico nel petto,
radunami da tutte le città del mio volto
sono solo ombra che brucia
se la tua non mi viene
subito addosso.
*
Poi una mattina la rivedo
appoggiata di schiena ad un'auto in sosta
quasi rovesciata guarda il ciclo bianco, parla
e non ha voce
ha la giacca aperta degli ubriachi,
le scende di molto da un lato
come se quella mattina non ci fosse
da fare altro che stare buttati
sulla fila di auto
e cianciare al cielo, dare il petto
magro
dire agli angeli o a chi:
venitemi a prendere, io ero dei vostri
Alzheimer, madre
Era lei il sole mite
le girava tutto intorno, noi
ci spargevamo,
...............il bel quartiere il mondo,
ma era lei
in fondo alle stanze
cuore d'oro e catena, e ora
vederla aver bisogno di tutto, cadere
le luci dalla mente,
......................- l'hai vista passare, ti ha
riconosciuto?
come fare a imparare la scena
dove siamo finiti
è proprio lei la mamma l'angelo
con occhi incomprensibili
che annuncia: non
vi sarà più tempo.
Ora artigliaci Dio
tienici nel tuo
alzheimer d'amore,
perdiamola tutti
la memoria del male
se ne vada come una canzone dalle labbra
e dalle pianure bianche dei nomi
*
Ho sentito il nome al tavolo.
Parlava forte un tizio
pantaloni bassi in vita -
..............e lei, candelabri
persi negli occhi
han riso molto
di qualcosa. No, poca luce
nel locale,
.......o troppo in ombra il volto
ma la voce un attimo ha detto:
Gesù. E si è fermato
il sorso,
il nome tra i bicchieri.
È su tavoli di questo genere
che ha iniziato a correre, confuso nel suo splendore
tra le mani, le fiaccole, le carte.
- - Tu che sognando disegni le linee dei golfi
e muovi le ombre su Marte, e reggi
il petto degli uccelli in volo
non andartene
dalle sere dove i corpi bevono
e si scambiano pensieri nelle tenebre,
non restare Dio così da solo
Davide Rondoni, nato a Forlì nel 1964, ha pubblicato diversi volumi di poesia tra cui "Il bar del tempo" (Guanda 1999) "Non sei morto, amore" (I quaderni del Battello Ebbro, 2001) "Avrebbe amato chiunque" (Ed. Guanda 2003).Suoi saggi e interventi sono raccolti in "Non una vita soltanto" (Marietti, 2002).Ha fondato il Centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna e dirige la rivista "clanDestino".Autore di testi teatrali e di trasmissioni televisive di letteratura, ha tradotto Rimbaud, Baudelaire, Pèguy e curato una versione dei Salmi (Marietti, 1999).Ha firmato insieme a Franco Loi un'antologia della poesia italiana contemporanea, "Il pensiero dominante" (Garzanti, 2001). Il suo sito internet è: http://www.daviderondoni.it/
questi "zero commenti" o "no comment" che dir si voglia mi fanno pensare che questo poeta in realtà celebrato forse un po' troppo, sia in questi luoghi, per così dire, debitamente ostracizzato. il che non guasta:
RispondiEliminaun rondine non fa primavera e neppure un rondone
hasta la vista
un'opinione così perentoria va firmata. E' una questione di onestà intellettuale.
RispondiEliminagugl
aggiungo: questa sarebbe stata l'occasione buona per dimostrare agli autori un po' diffidenti verso la rete, che la riflessione critica può avvenire anche qui. E a buoni livelli.
RispondiEliminapeccato!
gugl
Stefano, per me ti preoccupi troppo: chi non si firma attaccando inutilmente poi qualcuno dimostra solo la sua pochezza...
RispondiEliminaAd ogni modo io credo che ogni intellettuale faccia delle scelte ben precise per il proprio percorso artistico. Rondoni e' stato Fortunato in quello della stampa e tutti possono dire qello che vogliono ma se per questo lo definiscono un autore mediocre e' solo per invidia.
Ho notato che l'intellettuale italiano cerca cerca sempre qualcosa ma quando si tratta di
Impegnarsi di più difficilmente si fa avanti e quando qualcuno riesce per codardia lo può solo attaccare ritenendolo inferiore... E' triste! La poesia va protetta di più!!!
Anila Resuli
Mancano un po' di virgole ma fammele passare le frasi perché scrivo da iPhone..
RispondiEliminaAnila
il messaggio è giunto forte e chiaro :-)
RispondiEliminagugl