Pagine

sabato 26 dicembre 2015

io è una moltitudine


Cara XXX,
sono d’accordo con te che, pubblicare, implichi una buona dose di sano narcisismo, e tuttavia rimane il fatto che, quest’ultimo, nuoce alla scrittura. Scrivere e leggere sono due solitudini che si incontrano e si riconoscono reciprocamente la propria voglia di resistere al ‘passare’, alla caducità. E tuttavia, questo resistere mantiene una credibilità soltanto se asseconda quel passare, se ne viene espropriato (se esce dal proprio). E dunque: quanto più il narcisismo è forte nel testo, tanto più il ‘proprio’ prevale, annullando l’altro, il fratello.
Forse, nell’altra lettera mi sono spiegato male: io è una moltitudine già in partenza; io è tu, sempre. E però, quando io gioca con il lettore, ammicca ecc., non fa altro che cercare un complice che attesti la sua forza, negando in tal modo sia il tu che lo costituisce (che costituisce la pluralità dell’io) e sia l’altro, il lettore, che diventa così mero comprimario (spettatore passivo) della gloria dell’io scrivente.
Ora, a me sembra che D’Annunzio faccia proprio questo. E anche la tua poesia (mi riferisco al tuo libro, che pure apprezzo, altrimenti non perderei tempo a scriverti) tende a diventare il canto di un’anima bella, fra evanescenze ed eroismi / erotismi di matrice decadente e, in fondo, romantica. Un sentire, questo, che attesta un’appartenenza ad un mondo che non ha ancora conosciuto Beckett e l’Olocausto e la psicoanalisi e la fisica quantistica e il decostruzionismo e tante altre cose ‘da maceria’ che ribadiscono il fatto che l’io ha perduto ogni statuto di centralità.
Non si tratta di avere nostalgia per i bei tempi, quando l’io era il supplente di dio, bensì di imparare a vivere (e a scrivere) facendo dell’erranza e del nomadismo la condizione ordinaria dell’esserci. Operazione che in parte le tue poesie mettono in atto, là dove il verso si frantuma e vaga per la pagina, e che in parte non riesce allorché l’io narrante, in quel mare mosso, si mostra quale eroe invincibile che, pur soffrendo come un cane, sa sopravvivere al disastro.


(Adesso non avere fretta a rispondermi. Magari capita che ci si incontra per caso o per scelta. Quel che conta è che qualche granello fastidioso sia entrato nel tuo laboratorio…)

8 commenti:

  1. Condivido questa riflessione . Il mio ( nostro ) ego ti ringrazia .
    leopoldo attolico -

    RispondiElimina
  2. E il mio, ringrazia te :-)

    RispondiElimina
  3. credo sia proprio così.. (su D'Annunzio non saprei dire)

    RispondiElimina
  4. Non so a quali testi ci si riferisca qui, ma in Io sopra le righe, beffardo o provocatore o iperbolico potrebbe essere la soluzione alla scrittura del secolo XXI, visto che il frammento e la deriva annoiano oggigiorno o meglio sanno di presunzione: perche' richiedere al lettore piu' di quel che gli/le si da' scrivendo?

    RispondiElimina
  5. L'io iperbolico fa sempre la sua porca figura :-) ma non è detto che sia un Buon esempio di superamento della modernità

    RispondiElimina
  6. Buon anno Gugl, blessed be!:-)

    RispondiElimina