Pagine

lunedì 5 aprile 2010

Chiara Daino



In attesa che Metalli Comedìa trovi editore, ne ospito un canto su Blanc, per sottolinearne il valore e mettere a fuoco la questione che quest'opera continuamente propone, ossia la contrapposizione fra chi sceglie il sangue caldo della vita e chi, invece, la pappamolla del rifugio, del ripiego, della garanzia a sopravvivere pur nella mediocrità. Chiara Daino, intraprendendo un viaggio nel vero – con un'operazione postmodernista di assoluto rigore formale, che recupera il modello dantesco girandolo come un guanto, in nome della natura metallica del corpo, secondo l'assioma del duce Darrell Lance Abbott, suo mentore in Paradiso, per il quale l'«Heavy metal is what I'm into. Shit that moves you. Shit that has heart and soul» (l’Heavy metal è quello che sono dentro. La merda che ti muove. La merda che ha cuore e anima), e ribadendo, ben scopertamente, che il sesso è quanto di meglio fa esplodere Narciso immillandolo nei riverberi di Eco – edifica un oltreregno triadico, articolato in cinque canti per cantica, in terza rima e innervati da un meticciato linguistico-citazionista attinto da lupanari e chiese tosco-liguri, da migliaia di gruppi metallari e dalla letteratura tutta, in nome, appunto, della conservazione della specie in tungsteno e a danno degli altri, primi fra tutti i poeti italici delle consorterie varie. A dirla subito e chiara, qualche ragione deve averla dama Clarìda, a proposito di questi club sado-letterari / porno-versali che posticcano donzelle e pagine chiedendo dazio carnale per editare rime: se ne sente dire, ogni tanto, anche da queste parti, che pure si parla sottovoce e non ci si infibula con intrallazzi fuoriporta (l'unica tentazione è la passeggiata in montagna ma, giuro, senza intenzioni seminali). Ovvio che fare d'ogni erba uno sfascio è forse eccessivo, ma ciascuno ha il diritto di fornire la propria versione dei fatti. Chiara Daino di fatti ne nomina molti nel testo, specie per orgia alcolica, tutti col cuore malvagiamente autentico, secondo il canone che vuole, il Metallo, voce che tiene amore e morte per lo stesso collare, tramite il corpo, viatico d'ogni indecenza e, dunque, libertà. L'affare è politico (e grosso, dice ogni tanto la Dama) ed anche qui ha ragione. Fare pompini per lubrificare la carriera di velina non è infatti lo stesso che imbrattarsi le labbra seguendo Dioniso ai concerti: là c'è "silicone per sola vertute"; qui pedagogia e sano esercizio mandibolare; là c'è ignoranza allo stato artificiale, qui non sapere socratico, o vero muscolo neuronale inselvatichito, malgrado poi moltissimi eroi del suono siano plurilaureati nella civis. Ce lo ricorda ella stessa a proposito di Bruce Dickinson, voce da quattro ottave degli Iron Maiden, colui che guida la nostra impavida per i sentieri interrotti del Purgatorio, dopo aver preso il testimone da Alice Cooper, il vecchio del Metal nonché suo psicopompo infernale, che la salva dal censore Manzoni. E' questa, in effetti, la via d'uscita dalla storia magna, notoriamente regolativa: il vietato vietare che libera la carne dalle stecche e la mette in moto verso il futuro, come già accadde al primo figlio che tagliò la testa al padre ed ai bikers d'ogni latitudine e grado (alcolico, ancora). Con Alice, la Dama – tutta chiodo e tacchi a spillo – rompe gli specchi, s'imblatta in "morchie" piene di parassiti, profittatori e ruffiani, sempre pontificando sulla necessità del contrappasso. Del resto, come negare che molti di noi coltivano l'orticello, anziché l'abisso, come dovrebbero se avessero un po' di zolfo in zucca?
Al purgatorio, si sale attraverso il Monsters of Rock, palco celeberrimo per il Metal, come chiosa la Dama, che costruisce uno splendido apparato paratestuale (e, a tratti, paranoico), che costringe il lettore ad intraprendere un viaggio supplementare ma denso di eccitanti incontri, tra biografie e pettegolezzi, teoremi e precisazioni, spesso per mettere in guardia l'ingenuo inquilino che confonde, povero lui, l’Heavy Metal con il satanismo: ovvio, lascia intendere la clarissa, che i due termini sono contigui, ma liquidare l'uno nell'altro, è una bestemmia, un atto di superficiale qualunquismo! Non me ne intendo, prendo atto, e proseguo nel viaggio, popolato anche di anime care alla rete, come quell'Adriano Padua, ex amante della protagonista (pare) ed epistolomane, e Tommaso Ottonieri tutto intento a difendere Sparajurij, la misteriosa entità plurale che spopola negli slam poetry. Questa commistione di anime trapassate e vive è quanto di più immediatamente dantesco l'opera contenga, mentre sottotono – occorre dirlo – appare il passo in cui Dante nerchiomane tromba le veline rieducate da Patti Smith, in pariglia con Leopardi, che i due raminghi – la Clara e il Bestione – non visitano, essendo ormai in procinto di veder le stelle, quel Gran Paradiso del Metal dove si scopa come ricci in nome del sacro verbo che ingrippa il duro fango del mondo con il brodo della fanghetta, alla faccia del molle gobbo di Recanati e dell'asciutta passera di Lucia, parente letteraria di quel "figlio di don Pietro" incontrato nel primo canto dell'Inferno.
Qualcuno potrebbe dire che non si capisce bene la mia posizione in merito alla questione, manichea, posta in principio: meglio il leone o la pecora? Meglio un giorno o cento? Meglio la politica o la selva? Meglio anzitutto chi riesce a scrivere con l'intensità messa qui in opera da Chiara Daino; meglio l'opera che tiene il mondo in terzine, ma lo lascia traboccare nei suoi umori, nei suoi luoghi d'ombra; meglio chi dice pane al pane e cazzo al cazzo, piuttosto di chi confonde i regni, razzolando in entrambi malamente; meglio ancora, infine, chi apre porte, lascia cuore e amore vivi, così come nice-camicie o altri suoni, chi legge Bataille riconoscendogli il merito d'aver detto quasi tutto intorno alla sorellanza fra sesso e morte, chi diffida della fede perché figlia fanatismi, chi non insegue bandiere e chi vede se stesso non soltanto nel derelitto, ma anche nel feticcio da distruggere. In quest'ultima perversione, in particolare, suggerisco tutti di riflettere. Belli e brutti.



Purgatorio

II

[Canto Secondo lo quale tratta della barriera che screma e scerne chi sia degno di salir allo Paradiso; l'Auttore incontra gran setta poetica che spiega l'officio svolto da su'componenti; quivi appare anche lo Thoma De Hott con li Metallari carcerati e li Arresta Anime]



Dopo parecchio svoltare di bivi,
l'anfibi miei or agogno struggendomi
su cazzo di porfido che pur quivi

pavimenta le strade, persuadendomi
che l'alti tacchi – di spillo muniti –
non sian adatti ancorché, mordendomi

la lingua, non fiato degli assortiti
insulti rivolti contro lo Dante
che gabbò con li suoi sensi smarriti1

chiunque s'addormisse, incurante
dello possibil viaggio nell'altrove
ch'allo risveglio, in un sol istante,

avrebbe schiaffato – in quell'altrove
il malcapitato così com'era
fosse pur'issato s'un tacco nove!

Accortosi della mia smunta cera
lo Duca mio mi disse: «tra non molto
apparirà l'Osteria Corbusièra2

dove questo tuo bel viso stravolto
potrà riprendere il suo colore!
Sicché tuo passo torni disinvolto».

Ed ecco spuntar l'immane splendore
di quell'immensa, abnorme, struttura
che pure lo più strano pensatore

non pensa l'osteria di tal fattura!
Seduti nel gazebo che sorgeva
fuor dall'entrata di rara scultura,

feci quei che, su piano, piè solleva!
Sollevata dunque dal mio calzàrio3,
da quella gran struttura ch'incombeva

sciàmano con passo autoritario
sagome con viluppi di fiammelle
in luogo dello comune vestiario.

Quindi tutte quelle vive lamelle
si siedono noi vicino, sì sento
che quelle non son roventi rovelle

ma loro mentale atteggiamento
esternato nel vampare vibrato
come segno di riconoscimento

ché quando, per caso, m'ebbe sfiorato
un di quelli che lì prendeva posto
non un briciolo di me fu bruciato.

Poscia, quello rimasto più nascosto,
con grande balzo sul tavolo salta
e'l mi fissa, poi fiammeggia scomposto

per gran risa che quasi si ribalta:
«Dama millicometa!4 Mi stupisco
di quest'imperdonabile difalta!5

Non mi riconosci? Son lo Francisco
lo Coibentato6 con quelli mercuri
che vedi qui, nel luminoso disco:

son io che siam noi li soli più puri
siam li sparajurij7 al gran completo!».
Come lama che le carni sfiguri

choc mi sconvolse tutto l'alfabeto
tanto che verbo non riuscivo dire:
sparajurij fu lo magno segreto

di regno grafico che definire
nessun umano ha giammai saputo
quanti né chi fossero nell'agire

collettivo di quei che – per statuto:
avrebbero punito l'impunito,
avrebbero compiuto l'incompiuto!8

Ancor l'animo mio era tramortito
ma forza trovai per quelli pregare:
«Nobil sparajurij multispartito,

per lo vostro slammico dominare,9
per li vostri più puri Atti Impuri,10
per l'ombre che soli fate fugare,11

le Fate con anfibi12 da lor buri
sacri13 – convocate perch'io prosegua
senza che gran dolor mi trasfiguri».

Lo Coibentato, svelto, si dilegua
per poi, svelto, ritornar – con in mano
anfibio borchiato: «che ti dia triegua!

Ma devi ringraziare l'Adriano,
quel Padua14 che gran amico stimiamo,
se tue preghier non son cadute invano:

legame vi cinse che noi sappiamo
forte – quello bene che lui ti vuole
giacché la prassi che qui noi seguiamo

è dar tossina nel ber a chi suole
dar da bere bugia allo lettore
sì che, da morto, non macchi parole;

pure quello Duca tuo protettore
beneficia di nostro benvolere
ché cantò le Rime15 con gran onore.

Non che morte tu dovessi temere
poiché, per quanto sempre sian contorte,
tue scritte parole son sempre vere;

ma tu sai che piacere – fare morte
tutte l'anime che nell'oggi scrivono:
siamo troppi per questa sola corte».

Poi quelli ch'in forma di fiamma vivono
sparirono nell'agitar di vampa,
sì che come quelli che sopravvivono

tirai gran fiato di chi morte scampa,
baciai lo Duca mio con somma foga,
anfibi poi calzai, zampa per zampa,

poi mi sentii stringere da gran soga:16
dagli Slipknot17 siam'ora circondati!
«che quando la speranza non allòga!18»:

tempestano quei nove carcerati19
«tutte le speranze sono finite»,
cantano quelli che son numerati

dallo zero all'otto20 – quell'ordite
sembianze, all'improvviso spuntate,
vediam che da noto trio son seguite:

ecco farsi noi presso quell'amate
alme amiche, che tosto abbraccio:
Toma De Hott21, sulle strade marcate,22

con Acchiappashpirt23 – che subito faccio
festa con Donna Jonida, poi strillo:
«che cazzo ci fate nel pasticciaccio24

del purgatorio?» risponde, tranquillo,
lo Toma: «se sparajurij qualcuno
scampa, noi l'abbattiam come birillo!

Immagino sarete a digiuno!
Mangiate con noi, pria di ripartire:
viaggiar digiuni non è opportuno».

Accolto l'invito, eccoci dire:
«ottimi – cibo, vino, compagnia!
Grazie, ma dobbiam davvero partire

che si fa tardi e lunga è la via».
Salutate tutte l'anime druse,25
lo viaggio riprese, nell'allegria
di quel convivio26 che li cor ci fuse.27



1. Dante […] sensi smarriti: l’Autore si riferisce agli svenimenti [sensi smarriti] di Dante che costellano la Divina Commedia fin dal principio, quando si risveglia nella selva oscura. Addormentarsi/svenire e ritrovarsi catapultati all’Inferno, di per sé, è già esperienza traumatizzante. Addormentarsi/svenire e ritrovarsi catapultati all’Inferno – con i tacchi a spillo – è ancor più destabilizzante
2. Corbusièra: omaggio all’ architetto, urbanista, pittore e designer Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret-Gris
3. Calzàrio: calvario della calzatura scomoda
4. Dama Millicometa: anagramma di Metalli Commedia. Quale epiteto migliore?
Difalta: difetto, mancanza
Coibentato: protetto con materiale coibentante, isolato. Lo stesso Coibentato si definisce tale e l’Autore, fedele, così lo riporta
7. Sparajurij: collettivo poetico, dedito all’action poetry. Nessuno sa né quanti né chi siano esattamente i membri di sparajurij. Durante le manifestazioni: le locandine riportano solo sparajurij – e non si sa mai chi si presenterà. L’Autore, al momento, conosce per certo solo 5 sparajurij dell’ignoto totale...
8. Per statuto […] l’incompiuto: «Il principale auspicio del gruppo è di riuscire a spingere la letteratura al suo meritato destino, nell’oblio delle cose avvenute, dove si compia la punizione che ancora manca ai suoi tormenti» [dal loro sito web: http://www.sparajurij.com/tapes/presentazioni.php]
9. Slammico dominare: vincere gli slam poetry. Non esiste slam poetry [sfida di poeti] che non sia vinto dagli sparajurij in gara. Solo il Poeta Luigi Nacci li contrasta [ma Luigi Nacci è uno sparajurij in incognito, lo sappiamo tutti!]. Non si ha più memoria del Poeta Savogin che vinse uno slam, soffiando, per un pelo la pronosticata e scontata vittoria di sparajurij… Ti vogliamo bene, Savogin, ovunque tu sia!
10. Atti Impuri: rivista letteraria di sparajurij
11. L'ombre che soli fate fugare: le ombre che mettete in fuga. Per dichiarazione stessa di sparajurij: «come l’ignoranza di una persona si dissolve da sola nel momento in cui ella conosce. Come si dissolve l’oscurità nel momento in cui splende la luce, così la deficienza dispare nella perfezione: si diffonderà fondendosi nell’unità, mentre prima le loro opere erano disperse. Nell’unità ognuno ritroverà se stesso. Nell’unità, per mezzo della conoscenza, ognuno purificherà se stesso dalla molteplicità; come una fiamma, divorerà in se stessa la materia: l’oscurità per mezzo della luce, la morte per mezzo della vita»
12. Fate con anfibi: associazione che collabora con sparajurij
13. Buri sacri: fuochi sacri, bracieri [da burare: ardere, bruciare senza fiamma, come la brace sotto la cenere]. Sacri è riferito sia ai buri sia ai membri di sparajurij
14. Padua: Adriano Padua, Poeta Ragusano. Dalla tormentata relazione sentimentale [e dall’oceanico scambio epistolare] con l’Autore, Padua ricavò due delle sue raccolte poetiche. Nonostante la fine della relazione, i due sono in ottimi rapporti di amicizia [o, forse, lo sono proprio per questo!]. A differenza dell’Autore, Padua gode di ottima stima presso tutta la Cultura Italiana ed è unanimemente ritenuto simpatico. Per tanto l’Autore si scuda di Padua, spesso e volentieri. E si scuda fuor di metafora: l’Autore [che l’unica cosa che può vantare sono 170 cm di altezza] imbraccia Padua e lo rotea come scudo per difendersi dai Poeti…

15. Rime: riferimento a The Rime of the Ancient Mariner, la Ballata dell’Antico Marinaio di Samuel Taylor Coleridge [1772 – 1834]. L’opera fu riadattata e musicata dagli Iron Maiden nell’omonima canzone contenuta nell’album Powerslave: il brano dura quasi 14 minuti e contiene un intermezzo acustico [arricchito da un passo tratto dal poema e recitato da Orson Welles]
16. Soga: fune, corda. Per estensione: cappio [cfr. Dante, Inf., XXI: Cércati al collo, e troverai la soga]
17. Slipknot: gruppo Alternative Metal il cui nome significa, appunto, cappio, nodo scorsoio
18. Quando la speranza non allòga: quando la speranza non alberga, non abita, non esiste. Riferimento al testo degli Slipknot All Hope Is Gone, Tutta La Speranza è Finita
19. Nove carcerati: gli Slipknot sono soliti esibirsi calzando maschere e tenute da carcerati
20. Numerati dallo zero all’otto: gli Slipknot si fanno chiamare con i numeri [dallo 0 all’8] impressi sulle loro divise da carcerati
21. Toma De Hott: Tommaso Ottonieri, poeta, romanziere, critico e scrittore italiano

22. Sulle strade marcate: nelle contrade del Purgatorio. E ancora: riferimento al romanzo di Tommaso Ottonieri "Le strade che portano al Fucino" [ed. Le Lettere]
23. Acchiappashpirt: progetto di poesia sonora, creato da Jonida Prifti e S.D.T.
24. Pasticciaccio: strizzata sonora a Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, romanzo di Carlo Emilio Gadda
25. Anime druse: persone animate da un intento comune [drusa indica l’aggruppamento di cristalli su una matrice comune]
26. Convivio: banchetto [cfr. Il Convivio, banchetto di sapienza, di Dante]
27. Che li cor ci fuse: che creò una comunione d’anime. E anche: che ci stordì [ci fuse] il bere [licor, voce spagnola per liquore]. Entrambi le letture spiegano perché il viaggio riprese in allegria.

 

Qui biografia e altro.

49 commenti:

  1. Nel grazie, Stefano.

    Per r'accogliere borchie e morchie che.
    Ancora non.

    My best growls
    Chiara

    RispondiElimina
  2. ..giusto x infilarmi nelle pieghe delle tue rime..

    RispondiElimina
  3. Canio tu sei: la Passione che sai.
    Canto che piaga il nostro spartito di pieghe come rughe feroci che ci

    RispondiElimina
  4. E giunge anche il mio ringraziamento per l'onesta e gentile ostensione dell'Opra di Fuoco e Metallo.
    Io che devo alla Daino l'apprendimento del canone di carne e sangue profferti al lavoro, votati all'Opera, lo spazio prezioso concesso per quei versi dapprima insicuri e poi torniti a giusta guisa.
    E grazie ancora Guglielmin per aver sottolineato il fitto lavoro che la Daino dedicò al ricco apparato paratestuale, a mio parere "opera nell'opera" per completezza e sottesa ironia perennemente presente e amara a trascendere.
    Ebbene pane al pane, cazzo al cazzo, sangue al sangue ["bloood will follow blood" tuonavano quattro dei tutelari Numi dell'Opera...
    e pare il sangue sia cosa preziosa di questi tempi...

    Omaggi
    Guglielmo

    RispondiElimina
  5. pane al pane, cazzo al cazzo, sangue al sangue, ash to ash, dust to dust - Guglielmo:
    http://www.youtube.com/watch?v=ifEt3DUCQUo&translated=1

    Tu non mi devi. Nessuno deve. Siamo tutti debitori della Vita che ci prova

    RispondiElimina
  6. indurita grazia sia breccia

    RispondiElimina
  7. Una domanda a risposta multipla

    Ma se Padua gode di ottima stima presso tutta la Cultura Italiana perchè non lo trovo tra i 150 poeti qui a fianco?

    1) qui si sparano anche cazzate

    2 stefan guglielmino non fa parte della Cultura Italiana

    3)c'è chi lo stima (vedi daino) e chi non lo stima e non lo considera da anni (vedi guglielmo stefanin e tanti tanti altri)dunque tutto placidamente alberga nel solco della normalità

    Marietto da Torbellamonaca

    RispondiElimina
  8. chiedo a Chiara: ritieni che fare il verso alla lingua dantesca sia l'unica via per tenere in vita la forma "poema"?

    RispondiElimina
  9. Ovviamente le critiche sono sempre Anonime: è troppo facile fare il "poliziotto cattivo" senza metterci faccia e nome, vero?

    RispondiElimina
  10. invito tutti a seguire il sentiero dei commenti ai testi e a non farsi distrarre da illazioni varie.

    grazie

    RispondiElimina
  11. @ Paolo: per le crepe di Luce e seguire la traccia del tuo solco "abitare la battaglia che sono".
    Nell'abbraccio

    @ All'anonimo rogante perché rispondere? L'atto pubblico esige attributi e attributi degni. Buongiorno: la mia persona si firma e si conferma - Chiara Daino.
    La sua? Trallallero del troll?
    Prima di paupulare e pifferare [parolezzo/paroressia] si presenti.
    O si eclissi.
    Aut aut: out!

    @ Stefano:
    In realtà, più che "servire" il Poema [nello specifico Dantesco: insuperabile Carmelo], il Poema "è servito" per presentare - e puntualizzare, per porre i puntini sulle o di Motörhead. La persistenza del pregiudizio, la perversione del messaggio [culturale e sociale] non possono essere tollerate. Non oltre.
    La forma per forgiare il fiato che manca doveva essere *la più poetica possibile* e *facilmente riconoscibile*. Tutte le alternative valide e possibili ["la borchia rapita", "Cantar de mio Scream" etc...], a mio avviso, non sposavano la *mistica unione*, la comunione culturale che volevo comunicare con quanta più efficacia possibile.
    E ancora: il Poema è l'Atto [ποιεω - poièo] che applica lo Scritto. L'ampio respiro del Poema si traduce nel gesto grande. Tutto il mio è scritto per essere detto.
    Per essere: nel suono e nel senso

    RispondiElimina
  12. Direi geniale!

    Mimmo

    p.s. ah, io ho sempre visto Nacci battere gli Sparajurij

    RispondiElimina
  13. Può piacere o non piacere ma è sicuramente un lavoro di un certo livello, quanto meno di ricerca ma, secondo il mio modesto parere, si va oltre. Mi conforta che Guglielmin - poeta e critico attento - l'abbia pubblicato ela puntualizzazione di Cangiano che forse riassume tutto. Anche per me geniale, mi riporta ad uno Scataglini in chiave post-moderna, post-novecentesco. Un caro saluto
    Luca Ariano

    RispondiElimina
  14. in effetti, Dante è la via maestra per fare incontrare il cielo e terra. poi se viene Bene a dare linfa post-maceria, meglio ancora.

    io, si sa, volo più rasoterra. per esempio ho appena finito di zappare e vangare l'orto. niente di distorto, tranne la schiena.

    RispondiElimina
  15. che dire di più?
    si commenta da sola!
    eh eh eh

    dirò dell'ospite, dunque, blanc de ta nuque: *metallico medìa*, grazie di averla - portata - convivio, che' alcor ci fonde...

    fabio barcellandi

    RispondiElimina
  16. Dante (per me, per la mia scrittura) odora di lingua ma anche di senso e valore iconico /dentro e sotto/.
    sarebbe interessante saperne da Chiara quale motivi -se ce ne sono- per ri-trovare Dante.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

    RispondiElimina
  17. caro Alessandro, alla tua domanda (che è simile aquella che le ho fatto io), mi pare risponda Chiara al commento n.12.

    Gentile Fabio, essendo anche lei citato nel poema, non posso che farle i complimenti.

    RispondiElimina
  18. c e un libro?

    RispondiElimina
  19. questo poema è inedito. non conosco le intenzioni di Chiara.

    RispondiElimina
  20. @ Luca: «Leggete libri di ferro!». E si dedica *alle insegne* del buon Vlad – che insegna e incita «innamoratevi sotto il cielo delle bettole/dei papaveri sui bricchi di maiolica». Credo pesino più tutti i *postumi*, più di tutti i *post* [moderni e novecenteschi e…], nella ripresa dei sensi soffocati *si strilla la Vita* – seguendo lo sprone del poeta Nadia Agustoni. E ti abbraccio nell’a presto, nella forza che fiamma futuri fertili!
    Gracias, un beso!


    @ Fabio: «Secondo alcuni autorevoli testi di tecnica Aeronautica, il calabrone non può volare, a causa della forma e del peso del proprio corpo in rapporto alla superficie alare. Ma il calabrone non lo sa e perciò continua a volare» [Igor Sikorsky]. Borchiate le ali, Bloodyou s’invola quel che s’incanta senza catene: http://www.youtube.com/watch?v=d_aiCh_xR5g&feature=related

    My best grolws!


    @ Alessandro: oltre a quanto esposto [come ricorda Stefano] nel commento 12, Dante – triangolato con Milton e Shakespeare – o con Blake e Tolkien: è scintilla *lirica* dell’Heavy Metal. E ancora: nel prima nel poi riuscirò a dimostrare che la «voce chioccia» di Pluto tuonasse il primo growl della Letteratura http://metaliteracy.wordpress.com/about/

    Abraccio nell’abbraccio Alessandro!


    Il libro è libbra di carne [per ora] orfana di scheletro cartaceo… La caccia all’Editore prosegue, inesorabile e inevitabile – l’impresa: il Metal e i Metallari non sono *particolarmente* amati… Sad but True: si preferiscono i *lucchetti* alle borchie. Ai *metri sopra* preferiamo i *piedi sotto*. Six feet under per l’Anvil Metal on Metal: http://www.youtube.com/watch?v=wFslP1M9g_4&translated=1

    RispondiElimina
  21. potresti farti sponsorizzare dai metallari.

    RispondiElimina
  22. La scommessa è farsi sponsorizzare dal *Gotha*, Stefano...

    RispondiElimina
  23. Stefano, lei s-vela e ri-vela ciò che ai miei occhi è velato, ma le credo, ciecamente e chiaramente ringrazio.
    Fabio Barcellandi

    Chiara, mi stai forse dando del bombo[lone] quando non piuttosto dell'o-b[l]eso? Quant'è velo...

    RispondiElimina
  24. m'inquieta sentire parlare di sangue. perchè non dovrebbe?

    RispondiElimina
  25. Perdona l'inquietudine indotta, Stefano...
    Per come lo sento: il sangue per me si nomina/sinonima "Vita!"

    Ne parlavo con un Amico, qualche giorno prima dell'oggi, Amico che mi ricordava come un Tempo ancora si distinguesse "prelievo" da "prelevamento" [e sangue e soldi erano distinti...]

    RispondiElimina
  26. il sague è vita se circola nel sistema "corpo". lo lasciamo lì, vero?

    RispondiElimina
  27. mi sa tanto, Stefano, che ti sei divertito un mondo a lavorare a questa prefazione sull'ultima fatica di Chiara!

    Solo un appunto: non sono d'accordo di paradisificare Dante infernalizzando Manzoni e la sua casta Lucia. Già, perché una volta, più di quindici anni fa ormai, che mi ritrovai sopra un trabattello-palco a 5 metri d'altezza (traballava che era un piacere) declamando (dopo estenuanti riascolti dell'Adelchi di Bene) "Dagli atri muscosi" ad un gruppetto di amici, a netta predominanza metallara (per come si poteva essere metallari allora), e gesticolando con dita inanellate da teschi metallici e cose simili, insomma fu una specie di piccolo paradiso collettivo della durata di 6 minuti scarsi, il tempo di una canzone, dopo la quale uscirsene sull'eco di "l'un popolo e l'altro sul collo vi sta / tornate alle vostre superbe ruine..." a rimeditare la necessità di una vocazione all'irriducibilità che è dei metalli pesanti, irriducibilità di cui ancora adesso torno a ringraziare (e abbracciare) Chiara

    RispondiElimina
  28. Manzoni metallaro? se è così dev'essere come il romanticismo trasversale, non quello epocale, che va da Saffo a Garbarek. Certo la poesia che citi, qualche elemento metallaro ce l'ha, se non altro le "arse fucine stridenti" di metallo dovrebbero averlo. solo che li usavano per forgiare ferrovie a battelli a a vapore, non anelli, borchie e corde per fender. Ma che ci facevi su un trabattello tutto tremante? lo baciasti come Paolo Francesca? :-)

    RispondiElimina
  29. Stefano, benché - come Graham Greene - *preferirei aver del sangue sulle mani piuttosto che dell'acqua come Ponzio Pilato*, lascio che ogni globulo circoli nei corpi che lo concludono...
    L'istinto è *educato*, mediato dalla ragione. Istintivando, istintivando, ragionando, ragionando - l'unico augurio è: "lunga vita!". Mai augurato né provocato la morte fisica: troppo comodo. Più calendari per imbiancare = più specchi da sopportare. Morire è naturale, vivere e convivere con se stessi è compito che la coscienza - non tace. La Dama non ammazza, aspetta...

    Un abbraccio

    Scream for you, Mario! E perdona lo *scuoio* del Lisander - ma, umanamente, lo preferivo quando era un giocatore d'azzardo... E troppo patimmo il *Manzoniano martello moralizzatore* negli anni del Liceo [colpa del nostro docente, ma il grido della ginnasiale che è in me - doveva sfogarsi...]

    E ti ringrazio e ti riabbraccio: tu che sempre r'accogli l'Urschrei dei Metalli Pesanti che ci.

    Omaggioti di borchiette e teschietti nell'a presto

    P.s. Stefano, non trovi Padre Cristoforo una versione ante litteram/ante rickenbacker di Fratello Metallo?

    «La storia del Metallo è la storia della civiltà. Sono due realtà inseparabili: l’una dipende dall’altra per il proprio sviluppo»
    [citato da Vasco La Salvia in:
    Archeometallurgy of lombard sword, from artifacts to a history of craftsmanship]
    ;)

    RispondiElimina
  30. Chiara, Fra Cristoforo buca lo schermo, in effetti...

    RispondiElimina
  31. Sì, Stefano, adoro quel barbuto *vile meccanico*...

    RispondiElimina
  32. mamma mia, Chiara, che effervescenza!
    Come sempre, ho capito forse la decima parte delle cose che dite nei commenti e nella prefazione(vedi citazioni dotte e richiami ai metallari)ma voglio farti comunque i complimenti per ciò che hai scritto in home page. Non pensavo ci fosse qualcuno che scrivesse ancora in tale forma e modo.
    Spero tu possa trovare al più presto un editore.
    vincenzo celli

    RispondiElimina
  33. margherita ealla9/4/10 21:32

    qui devo seguire proprio per filo e segno la presentazione di gugl e le osservazioni via via dei commenti, soprattutto per quanto riguarda l'Heavy metal di fondo
    ("è quello che sono dentro. La merda che ti muove. La merda che ha cuore e anima")
    che proprio mi è sconosciuto, se non per immagini sporadiche.
    Dunque l'Heavy metal come un crogiolo, il sobbollire della
    "merda che ti muove"
    così che oltre che il cuore e l'anima (della cui consistenza non ho esperienza)
    aggiungo che anche il cervello assomiglia alla merda.
    Questo in generale,
    poi molto interessata alla commistione linguistica e culturale di questo lavoro (anche alla sua dimensione musicale),
    nonché all'in folio di diversi temi e piani che lo compongono.

    Oltretutto ho trovato la mia principale domanda esplicitata già da gugl e altri
    (quella relativa a "fare il verso alla lingua dantesca come unica via al poema" ecc...)
    e di conseguenza anche la risposta (le risposte).
    perciò grazie.
    ciao!

    RispondiElimina
  34. de trabattello tremens: se non ami carnalmente tutto ciò che occupa il palco dove agisci, ti trasformi nella Regina delle nevi (Andersen)

    de Frate Metallo: alias padre Cesare Bonizzi o.f.m. Ho anche un suo libercolo da qualche parte, di animali stravaganti discendenti dal nobile ippogrifo, me lo regalò di persona quando io ero ancora nella fase metal mentre lui non si sognava nemmeno che un giorno sarebbe diventato Fratello Metallo, vedi i casi della vita

    de morale liceale: a furia di farci odiare la morale manzoniana, ci siamo dimenticati che Lucia almeno aveva il merito di non averla data al potentello di turno (giacché il cinema ancora non esisteva, altrimenti il suo non-sguardo in macchina avrebbe segnato un'epoca), io lo ammetto ho avuto un prof di italiano al liceo che era un pagliaccio coltissimo, Benigni-Dante poca cosa al confronto, e come ci leggeva lui Manzoni... Però temo che oggi sia più facile per te, Chiara, trovare un editore, che per me tornare a recitare Manzoni (come dico io, ovvio)

    RispondiElimina
  35. p.s. Urschrei è anche il nome di un gruppo metal tedesco, le foto dei tre sul loro sito sono spettacolari: tengono lo stesso sguardo basso di Lucia Mondella...

    RispondiElimina
  36. @ Vincenzo Celli: Nel grazie che lo so, Vincenzo: Chiara non è mai chiara [per la perfetta definizione di Merlin], ma ti giuro – mano destra sul Black Album e sul Vocabolario della Crusca – che mi schianterò tra le pale di quei fottuti mulini! Nell’abbraccio


    @ Margherita Ealla: ogni grazie è per chi sa – incontrare l’altro. Al Metallo come alla Poesia si deve riconoscere il Merito di indagare quella tasca interna, quella parte oscura che connatura l’essere umano. La merda di Dimebag è la stessa di Faber è la stessa di Hugo: siamo miserabili merde – ma di quelle merde. Che concimano. Nell’abbraccio

    @ Mario: e tu sai – quanta ragione: esprimi. Pure: a Lucia e alla sua castità, preferisco Gertrude e la sua umanità. Tu sai quanto più semplice sia: essere paladini della perfezione. E non ho mai creduto al “tutto tondo”. Esiste un personaggio/una persona “buona e basta”? “Cattiva e basta”? Lucia gode della fortuna di essere un simbolo… O almeno: così la vivo. Perdona: il mio raschiare – sotto la superficie…
    Sono quel Stanislavskij che urla: «non ci credo!», «non ti credo!», oh Lucia. Nomen Omen. Anche Lucifero è: portatore di Luce…

    P.S. Grandi e granDIOsi Urschrei: http://www.youtube.com/watch?v=pq-9RQqMvRE&feature=related

    P.S. II: Più facile, Mario, tu ritorni a borchiare il Lisander che le mie parole trovino editore... Femmina e fiera, meglio evitare...

    Bites and Bites

    RispondiElimina
  37. Manzoni, lo dichiarava lui stesso, i conti li faceva con Shakespeare, prima ancora che con Dante e vari altri predecessori, e li faceva contestandone il miscuglio drammaturgico dei generi (comico e tragico in particolare), salvo poi reinventare la forma-romanzo recuperando in pieno tale miscuglio, reso possibile anche grazie ad una sapientissima miscela di personaggi in 2D (Lucia tra questi) e 3D (tra cui Gertrude), il che sarebbe un azzardo tecnico di tutto rispetto, se stiamo a quei principi che ti insengano nelle scuole di drammaturgia... o di scrittura creativa...

    Sono perfettamente d'accordo con te: Lucia gode della fortuna di essere un simbolo, e come tu ci insegni la Comedìa dantesca è zeppa di personaggi-simbolo, per cui Lucia può anche finire all'inferno, secondo il canone del tuo contrappasso. Ma lo sai come mi sentirei io, se passeggiando sulle rive dell'Acheronte incontrassi il buon Mercuzio (chi se non lui è in 2D)? Non potrei credere che quel poco che rimane in vita del senso atavico dell'amicizia pura sia crollato anch'esso per effetto di qualche teologia malata. Sarebbe condannabile solo perché di tipi come lui è priva l'umanità?

    RispondiElimina
  38. E credo, Mario, che Manzoni *i conti* li facesse anche con la sua dualità pescina, ma forse pecco *di segno*. E resta: eccellente tutto il suo operare amalgama. Le due e le tre dimensioni. L'alba in tutte le direzioni.

    E proprio perché l'umanità difetta di Umani come Mercuzio o Nina o Blanche o... salvo *quella puttana di Emma* con buona pace di Gustave e mai potrei assiepare sulle rive dell'Acheronte: un personaggio.

    Calai il contrappasso per Manzoni e Carducci e Montale [lode a te Upupa Vendicatrix!] e...
    non per sminuire il loro creare/creato, ma per esorcizzare la strumentazione scolare che tanto sfiancò e provò il nostro amore per la Letteratura...

    E quella stessa Mab - ci protegga!
    e ti trotterello felice,
    yours, Puk

    RispondiElimina
  39. vi lascio alle vostre conversazioni tra pazzi...
    :)

    e mi aggiungo a quelli che ringraziano stefano per aver dato /giusto/spazio al lavoro di chiara.
    il resto, lei lo sa.
    s.

    RispondiElimina
  40. Nell'abbraccio Silvia - che sei e lo so e lo sai: nella tasca interna.

    Besitos e grazie sempre

    RispondiElimina
  41. leggo solo ora spinto dalla curiosità per la forma poema in cui avverto una necessità funzionale ai nostri inesplicabili tempi. Ritengo promettente la virtù terminologica e la fantasia scintillante e informata da diversi versanti di Chiara. Il mio intervento tenterà di suscitare una riflessione e un approfondimento di carattere esclusivamente linguistico, quindi stilistico. Parto dal presupposto che un tentativo di riciclo linguistico in funzione parodico-dissacrante perde, a mio modo di vedere, la sua originalità nel momento stesso in cui nasce e, questo, a causa di un'evidenza: il segno "ripreso" cui, gioco forza, aderisce il senso espresso, non capovolge e ribalta il proprio senso, piuttosto lo pietrifica musealizzandolo e non produce ulteriori margini di senso (a mio avviso è proprio questo il vicolo cieco postmodernista); in seconda istanza si produce un aspetto residuale non indifferente (mi sembra dovuto definirlo etico): l'aspetto ludico che si mostra in queste scelte linguistiche teorizza un corpo a corpo che si verifica solo a livello informativo e tralascia di versare il sangue vero (ancora una volta la lingua che, in questo tipo di operazione, si rifugia nel già espresso e fatto). Ricordiamo per un attimo che il fondamento del viaggio di Dante (che qui si tenta di ribaltare ironicamente per, mi auguro, riattualizzarlo - frammischiandolo con svariate informazioni -, producendo invece un travestimento pagliaccesco per niente innovativo per i motivi su accennati) è, in primis, un'esigenza di umiltà linguistica(non c'è bisogno di ricordare le virate dantesche da La Vita Nova alle "petrose" e alle teorizzazioni giustificative sull'eloquenza in volgare), risultante da una sentitissima passione filosofica prima e infine teologica. Il "basso" dantesco raggiunge gli spazi paradisiaci attraverso un percorso lacerante (grondante effettivamente sangue osservabile nelle peripezie radenti dell'Inferno su fino alla concettualizzazione subliminale ed eterea del Paradiso) e, alla rinuncia decisa e coraggiosa ad un mezzo improponible per la poesia: il latino formalizzato dalle "lettere" del trecento, così lontano dalla vita e dalla poesia stessa che si nutre in realtà di contingenze.
    Il mio quesito allora si rivolge a coloro che tentano (tentati dalla) in poesia il linguaggio che sciolga l'inesplicabilità di cui si diceva all'inizio dell'intervento, in modi che non siano mera riproduzione, in funzione straniante, del già detto, bensì che abbiano la forza di conquistare (visto che di poema si tratta) quella capacità etica (e, va da sé, linguistica) che riapra al mito.
    Riconfermando la suggestione per i versi virtuosi di Chiara, auguro agli stessi un'imminente pubblicazione,
    umilmente vostro,
    Gianluca D'Andrea

    RispondiElimina
  42. @ Gianluca D'Andrea:

    ringraziandoLa per la suggestione, l’Autore – finché è in vita – tiene a precisare quanto Dante e la sua eredità le pesino nella misura in cui le pesa un soffione destinato al dente di leone. All’Autore interessa il tatuaggio che autoprofetizza Kilmister e tutte quelle stramaledette “cose buie” che le scimmie filosofe evitano.
    Caro Gianluca, l’intento non è dissacrante “tanto per”, nell’oggi: il sacro è parola logora e abusata. Il “sangue vero” che Lei lamenta – a chi manca? Di certo agli anemici paupulanti rimatori che si scudano di Deleuze e compagnia colta, a chi gravita l’orchite fulminante di un manuale di etica. Non manca il sangue a chi non coagula e non condanna. Non all’Autore che – lo sa – non innova, ma rinnova quella ferita che sempre: vomita rosso. Lei non lo vede. Pure: non è un problema nostro. Non della “prima persona plurale” che siamo: metallari.
    Dante resta. Come il pregiudizio, come chi non sa e non vuole: vedere.
    Oltre la forma: chi non cicatrizza. Polsi aperti per chi è chiuso nel centi-metro quadro di una bella definizione.
    Che dirLe?

    Almost every day
    I see the same face
    On broken picture tube
    It fits the attitude
    If you could see yourself
    You put you on a shelf
    Your verbal masturbate
    Promise to nauseate

    Pantera non pubblica – promette.

    Al di là della modestia, noi siamo al di là: dei cancelli del cimitero. Una lettera altra – ci marchia la spalla.

    Chiara Daino

    P.s. non dica "Chiara" quando chiosa della Dama-Daino che, mi creda, non sa. Né il personaggio né la persona.


    @ Silvia: e so e sai – quanta luce: chi è un angolo.
    Acuto l’urlo del Bene che ti. Che tu.

    RispondiElimina
  43. Cara Dama, di cui certo non so, infatti leggevo il testo ed esprimevo le mie suggestioni. Facevio una riflessione altra che portasse a qualche stimolo che andasse oltre il testo specifico, ma lei è troppo oltre ed io fuori luogo. Mi scuso per il fraintendimento, la prego solo di non riversare su questo profano di metallurgia gli umori del momento e la sua verbalizzazione. Continui fortmente per la sua strada libera di nausearsi quanto vuole di noi presunti esecrabili resti cimiteriali,
    vostro Gianluca D'Andrea

    RispondiElimina
  44. Gentile Gianluca D'Andrea,

    La prego credermi: non riversai sulla di Lei virtuale persona - miei personali umori metallurgici...
    Solo risposi alle sue suggestioni nei toni del mio essere tempesta [verbale e non]. Forse fraintesi, tutto è possibile. Solo: luminai quei due puntini sulla o di Motörhead che sustanziano/sostanziano questo mio misero incedere borchiato e borchiuto.

    My best growls
    e bacio di Dama
    [un dolce dialogare]

    RispondiElimina
  45. la ringrazio anch'io per l'attenzione, Dama (mi perdoni, mi fa sorridere questo strano formalismo tra quasi coetanei),
    i miei auguri
    accompagnati dai più labili sospiri fantasmatici
    Gianluca D'Andrea

    RispondiElimina
  46. Nello stesso grazie che sempre ringrazio, Gianluca D'Andrea, chi impiega tempo e voglia per tensionare il confronto che comunica: una crescita.

    E la Dama sorride nel sorriso per la formalità tra , pure Lei capirà quanto sia stata e sia [e spero non sarà più un dopodomani] difficile: essere presa sul serio. Precipitare tra i Poeti coronati d'alloro con un collare di borchie e discettare di Lettere è stato/è semplice quanto riprodurre la Pietà - usando uno stuzzicadenti come scalpello...

    Nell'abbraccio e nell'a presto,
    ogni augurio: per intrecciare arcobaleni in festa sinestetica

    RispondiElimina
  47. P.s. ho appena scoperto che alcune parentesi "nascondono il testo". Perdoni l'assenza che ora si rimedia:
    formalità tra "quasi coetanei"

    E di nuovo,
    Ad maiora

    RispondiElimina
  48. avevo perso questo interessante dialogo. direi che le vostre vie sono 'differanti' (come Derrida insegna).

    mi fa piacere che l'evidenza non abbia causato il forzato annullamento della divergenza.

    RispondiElimina