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domenica 15 novembre 2009

Cristina Annino, Magnificat, poesie 1969 - 2009


dipinto di C. Annino




Non è perché faccio parte del comitato scientifico di Puntoacapo editrice che posto uno dietro l'altro due gioielli della collana Format; il fatto è che Cristina Annino è una poetessa da leggere assolutamente e che Blanc, nel suo piccolo, ha sempre appoggiato, facendola tra l'altro conoscere a molti lettori giovani del web. Oltretutto il volume Magnificat, poesie 1969 - 2009, curato da Luca Benassi, contiene una mia "prefazione", che riporto parzialmente in questo spazio. Non prima tuttavia di aver postato alcuni passaggi della "nota del curatore", utilissima a comprendere il contenuto del libro.
Riguardo alle poesie, rinvio ai links presenti sulla colonna di destra di Blanc.


"Il presente testo antologizza l’intera produzione edita di Cristina Annino,dall’esordio fiorentino di Non me lo dire, non posso crederci, del 1969, fino all’ultimo Casa d’Aquila del 2008. Alla selezione dei testi si è aggiunto il Magnificat, una cospicua sezione di inediti che per numero di poesie, compattezza e unitarietà del percorso di scrittura, costituisce un vero e proprio libro nel libro. L’idea originaria di pubblicare l’ultima fatica inedita della poetessa si è dunque coniugata con l’esigenza, sentita da più parti, di fare il punto su una produzione quasi quarantennale e rendere nuovamente disponibili, al pubblico come agli addetti ai lavori, testi pubblicati in edizioni ormai introvabili. [...]
Si è corredato la presente pubblicazione con una antologia della critica e di lettere inedite alla poetessa di Luigi Baldacci, Franco Fortini, Giovanni Raboni, Vittorio Sereni. L’ultima bibliografia disponibile era quella pubblicata su Kamen’ rivista di poesia e filosofia (anno X, n. 18) del giugno 2001. Si è provveduto a stilare una bibliografia aggiornata tenendo conto degli interventi critici successivi alla pubblicazione di Gemello Carnivoro (2002) e Casa d’Aquila (2008), e facendo il punto sulle pubblicazioni in antologia, rivista e web, ambiti non presi in considerazione nel numero di Kamen’ citato". (Luca Benassi)

 

"Non me lo dire, non posso crederci uscì nel dicembre 1969, quale frutto maturo di un intreccio di eventi e amicizie che ebbero il loro doppio fulcro in Firenze e in Eugenio Miccini, primo mentore di Cristina Fratini (suo ortonimo), che la convinse a partecipare ai lavori del Gruppo ’70, malgrado ella non ne condividesse
gli aspetti programmatici. Se Miccini, Ori e Pignotti dialogavano infatti con il linguaggio mass-mediale, elaborando una teoria critica intorno ai codici verbali e visivi che fosse conflittuale con la società tardo capitalistica, sfruttandone tuttavia le risorse semantiche ed iconiche, la Annino ha sempre attinto al proprio talento naturale, nelle pieghe di un vissuto portato alla luce con la vanga o la piuma, strappato alle viscere o inciso sulla pelle, con l’occhio disincantato e la mano ferma, indifferente al dibattito letterario, alle pratiche della militanza e ai compromessi con il potere editoriale. Forse per tutte queste ragioni abbiamo atteso per troppo tempo un libro che tenesse insieme, in forma antologica, la sua intera Opera. Finalmente Magnificat colma questa lacuna, dovuta in parte al carattere meravigliosamente volubile dell’autrice, che la spinse a rinunciare alla carriera letteraria, per rifugiarsi in due storie matrimoniali travagliate: dalla prima, ereditò il cognome (fu infatti sposata, tra il ’70 e l’80, con lo studioso di diritto internazionale Antonio Annino, con il quale si trasferì a Roma, dove tuttora risiede); dal secondo, Saverio Massaro, generale presso il ministero della difesa, plurilaureato e poliglotta, trasse spunto per scrivere Gemello carnivoro, dove appare come “Giano bifronte”, “Bogart”, “signor coso”, elemento insomma perturbante, onnipervasivo ma ferocemente amato, scomparso nel 2000. In effetti, uomini importanti l’hanno sempre accompagnata. Miccini non si limitò a pubblicarle il primo libro (26 poesie dove già sono presenti l’identità maschile dell’io lirico, l’elencazione che interseca il privato con il pubblico, il gusto per il ritratto, l’improvviso scarto ironico, l’assertività, l’interlocuzione,l’enfasi lessicale); negli anni Ottanta, egli la coinvolse in tournée europee assieme ad altri protagonisti della poesia visiva, fra i quali Sarenco; ebbe così modo di conoscere Jan François Bory, Alain Arias-Misson, Joseph Beuys, il linguista Josè Prieto e Julien Blaine (a questi ultimi due dedicherà più di una poesia in Madrid). Già a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta aveva frequentato Luigi Baldacci, che sempre ne apprezzò l’opera, tanto da scrivere una prefazione a Il cane dei miracoli, prima che questi diventasse libro con una pregevole nota di Gaetano Salveti, commissionata direttamente dall’editore Bastogi.
A convincere Miccini fu, a suo dire, il fatto che l’Annino non insisteva su “un’eroica, quanto patetica apologia di se stessa”, bensì calcava le tracce di una poesia “impersonale”, rivolta all’esterno non per le urgenze di un improbabile realismo, quanto per evidenziare l’impossibilità stessa della lirica in una civiltà menzoniera e onnivora. Progetto, tuttavia, che mi pare estraneo all’autrice, la quale ha sempre anteposto le spinte anarchiche della vita agli altarini dell’arte e della politica. Non a caso Madrid, il suo libro più felicemente ingovernabile, nacque da una serie di soggiorni in Spagna, bruciati alla ricerca dell’emozione totalizzante e dell’altrove, tra il 1980 e il 1987, ossia tra la fine del primo matrimonio e, quasi, l’inizio del secondo. La Spagna, tuttavia, e la lingua iberica l’avevano invasa da tempo: laureata sul poeta peruviano Cesare Vallejo, andò in Spagna per la prima volta nel 1969, studiando a Madrid, leggendo alla “Cattedra poetica” presso le Università di Salamanca e di Siviglia. Dopo l’uscita de L’udito cronico, conseguenza dell’interessamento – mai venuto meno – di Walter Siti e di Franco Fortini, Einaudi le chiese di trovare in loco poeti da tradurre, ma alla fine, sempre per la sciupata grazia con cui Cristina vive il suo tempo e, a suo dire, per la“follia” degli spagnoli, non se ne fece nulla. Dopo quasi quindici anni di silenzio, un gallerista di Faenza, su sollecitazione
di Miccini, le pubblicò un ristretto numero di copie patinate di Gemello carnivoro; la ristampa, l’unica ancora in circolazione, la fece l’autrice a proprie spese. Gli amici stretti si fecero subito avanti: ecco Elio Pagliarani, Alberto Cappi e ovviamente Miccini, che nella postfazione tenta ancora amorevolmente di piegare
la poesia metamorfica dell’Annino ad esigenze tecnologiche proprie al Gruppo ’70, riconoscendole tuttavia un estro difficilmente imbrigliabile, da alchimista che agisce con le forze arcane per ricavarne un’originale “idea del mondo”. Operazione che ha ravvisato anche l’artista Ronaldo Fiesoli, proponendole di partecipare a Macrolotto, tiratura in 35 copie di un’opera grafico-poetica, quale memoria critica della costruzione a Prato, alla fine egli anni Novanta, di un’enorme area industriale tutta gestita da privati. Le poesie, che poi confluiranno in Casa d’aquila, hanno per tema la città quale cosmo in cui brulicano tensioni ed affezioni, e personaggi abitati come palazzi da bisogni e “vento nero”. [...]"

Ulteriori approfondimenti della poetica di Cristina Annino, li trovate nel mio Senza Riparo. Poesia e finitezza (La Vita Felice, 2009)

27 commenti:

  1. pubblicazione necessaria
    Sebastiano

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  2. io non faccio parte del comitato di puntoacapo ma ve lo dico anche io (se serve)

    matteo fantuzzi

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  3. siete due voci autorevoli e questo rinforza l'efficacia del vostro messaggio.

    grazie.

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  4. Un libro importante, che illumina alcune tappe del cammino di Cristina, soprattutto negli anni settanta, che mi erano ignote.
    Grazie, Marco

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  5. "Cristina Annino è una poetessa da leggere assolutamente".
    Vero, ma con una precisazione: il lettore che anche lui/lei magari scriva,
    e si accinga a leggerla, si prepari per bene: perche' il primo effetto sara'
    un desiderio di rileggere (magari anche a voce alta) questi testi,
    (e fin qui niente di male); ma, assieme,
    la sfiducia improvvisa nei propri, di testi: col risultato che per un po'
    risultera' impossibile scrivere. Tale e' la sicurezza di questa dizione,
    tale la fiducia nella parola che questi testi tradiscono:
    che il lettore scrittore per un po' ne sara' inibito.
    La Annino pare sappia nuotare nelle acque profonde
    dello scrivere poesia, e solo chi come lei (o come un neonato) lo sappia fare
    per istinto puo' lasciarsi andare con tale abbandono, senza salvagente, e stare a galla,
    anzi tenere a galla anche il lettore. Come fa?

    Azzardiamo un'ipotesi o due, o tre.
    Innanzitutto sono tutte parole familiari, alcuni modi di dire
    e molto colloquialismo. A volte meno ma allora sono nomi di conoscenti, o nomi noti,
    o cose lette o sentite dire. La Annino come il lettore di queste parole
    chiaramente puo' fidarsi.

    Secondariamente, non c'e' mai una parola
    di troppo, che vuol dire che sotto le parole c'e' un pensiero
    economico, sensato. E mostra che in italiano abbiamo spesso
    piu' parole del dovuto, che il testo puo' reggere anche se si eliminano
    alcune parole che allora (nei testi degli altri)
    sono solo buona educazione, maniera.
    Perdendole uno perde solo ipocrisia: la Annino guadagna fiducia anche qui allora.

    E in terzo luogo, la coesione delle immagini
    attraversa il testo, le cose ritornano, risultano le stesse:
    anche qui un segno che della sorgente di questi testi il poeta
    si fida come noi tutti ci fidiamo del nostro proprio pensiero,
    senza metterlo in dubbio. Salvo che farlo in poesia e' raro.

    Il lettore il pensiero che c'e' sotto lo sente ma non lo capisce,
    allora vuol leggere di nuovo,
    o leggere oltre, sperando di capire com'e' che si sta fidando di
    questa poesia misteriosa, non oscura esattamente, ma dal significato nascosto.
    E' un po' una strana droga che induce dipendenza ma conferisce
    gusto per la chiarezza.

    Questi testi sono mozzafiato e tutto il resto, i testi degli altri,
    alla luce di questi paiono fatti di lettere che annaspano.
    Certo passato lo sconforto e lo choc iniziale si potra' (se si
    e' scrittori) cercare di imparare a fidarsi delle proprie parole in modo simile,
    di sicuro molto piu' disposti a lasciare che s'inabissino
    o siano appallottolati
    i propri versi se non all'altezza di questi o meno rilevanti.
    In tal senso quello della Annino e' anche un servizio inestimabile alle patrie lettere,
    una specie di standard per poeti.

    Ad alcuni parra' automatica, ad altri onirica questa poesia.
    A me invece ricorda i testi di Panella per Battisti,
    e anche il Montale degli anni settanta. Ma senza la fama,
    o il tentativo di mantenerla, o di conseguirla. Un altro motivo di fiducia.

    Oppure un telegramma, o una conversazione con dei disturbi
    al telefono, che uno assume abbia senso per chi ci parla
    ma per via del rumore sentiamo solo a tratti, e le parti
    che sentiamo combaciano, inducono a credere che il messaggio
    ci sia.

    E poi: questa e' scrittura come acqua per chi ha sete:
    dell'acqua ha la semplicita' apparente, la facilita',
    e l'assenza di sapori, colori, odori. L'acqua essendo l'unico liquido
    che non ci si stanca di bere e che va sempre bene dato che siamo evoluti per berlo
    e che anzi noi stessi ne siamo composti in gran parte.
    Allora non e' strano che la scrittura nella poesia della Annino
    abbia questa sicurezza e questo ritmo perfetto:
    e' come mescolare acqua all'acqua, che non c'e' d'averne paura.

    L'altra paura del poeta pero' (quella che i versi non gli/le escano piu')
    chissa' se affligge mai la Annino. Affligge noi la paura
    di non poterne leggere degli altri di questi versi,
    Allora evviva la pubblicazione del libro,
    potremo sempre almeno rileggere quelli dei 40 anni passati, raccolti qui.

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  6. Splendida notizia. Un libro "necessario".

    Un abbraccio a Cristina e un saluto a tutti.

    fm

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  7. La cosa più bella - credo - che si possa dire della poesia di Cristina è che non si impone. Non è un monumento, ma un d'ailleur, un Nebenbei...
    Nasce nella vita, appare e sparisce, è un pezzo di vita, una fetta, un secondo, uno sguardo, non di più e non di meno.
    Come lettore, mi da libertà. Non mi vuole convincere di nulla, ma al contrario incoraggiarmi a guardare la realtà con i miei occhi(non con i suoi!) I suoi sono solo un tramite per arrivare ai miei!
    La poesia - e i quadri - di Cristina mi fanno rilassare, mi fanno - spesso - sorridere, anche, a volte, melanconicamente, ma sempre mi fanno essere me stessa!

    Grazie Cristina e un caro saluto di lunedì, di novembre, da Monza,

    Stefanie

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  8. Grazie a Francesco che saluto di cuore,al commento di Pietro1968, alla cara Sefanie, e agli altri. Ogni intervento sorprende in quanto apre dei chiarimenti su ciò che uno scrive. Sono speciali dunque, senza altra gratificazione che non sia, magari in piccolo, l'utilità dello scrivere quale "comprensione"
    di parte degli altri.
    Grazie a tutti. Cristina Annino.

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  9. Cristina sa già la mia stima e il mio affetto, ho i suoi precedenti straordinari libri e non mancherò certo di acquistare anche questo che mi sembra offra una "panoramica della sua produzione. Un caro saluto a Cristina e a Stefano un grazie per il lavoro che svolge. Lucianna Argentino

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  10. cristina:talento naturale e ricerca continua, sicura e impalpabile. da non perdere questa testimonianza così accuratamente raccolta da Luca Benassi.
    annamaria ferramosca

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  11. testimonianze preziose, grazie anche da parte mia.

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  12. E' una gioia sapere di questa pubblicazione; delle poesie di Cristina nulla mi sono persa, e per la stima, e per l'amicizia che abbiamo potuto vivere, negli anni spagnoli, e prima e dopo. Purtroppo la vita ruota in analoghe deviazioni.. private che sembrano allontanare, ma non è mai vero, se l'amore c'era.L'amicizia essendone assai simile.
    Dunque mi felicito col cuore, chiederò a Ferrari, e cercherò il suo Magnificat!Lunga vita,Cristina!
    Maria Pia Quintavalla

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  13. margherita ealla18/11/09 22:43

    testimonianze che come la poesia di C.Annino lasciano il segno.

    Che bel post!
    ciao.

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  14. Felice di ritrovare qui MariaPia,amica indimenticabile. Grazie a Lucianna e alle persone che non conosco per il loro meraviglioso calore nei confronti dei miei versi. Un abbraccio da Cristina Annino.

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  15. ora si tratta di comprare il libro, facendo così in modo che l'editoria di qualità non muoia.

    grazie a tutti.

    gugl

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  16. Veramente un'opera necessaria ( e per questo un grande GRAZIE a Mauro Ferrari,qui in veste di editore, a Luca Benassi e un altro speciale a Stefano Guglielmin,naturalmente)necessaria a dare un'idea complessiva e più esauriente della poesia dell'Annino. Insomma, era ora!Che dire di più di quanto hanno già detto gli altri della sua spiazzante e "delirante" poesia, della sua logica "illogica" e viceversa, che è unica nel suo genere, soprattutto in Italia.L'Annino ha saputo creare un mondo parallelo o dell'altrove, ma sulfureo, graffiante, da "sogno lucido", con parole che sembrano di tutti i giorni ma che sottoposte alle sue trasmutazioni alchemiche, non possono esserlo più.
    Chaperon anche da me, Cristina cara. Sto leggendo la tua antologia, ma piano, da tartaruga, quale sono.
    lucetta frisa

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  17. ciao Lucetta, grazie.

    gugl

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  18. ecco, vedi Stefano, adesso si tratta di comprare il libro ed infatti io lo comprerò :)
    vincenzo celli

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  19. hai visto che ho seguito il tuo consiglio? :-)

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  20. mi scuso se arrivo in coda, forse con troppo ritardo, a questo post felicissimo. e felicissima sono io, che potrò leggere in nuovo volume la scrittura straordinaria di Cristina Annino. come molti altri hanno già sottolineato, questo volume è fondamentale, penso che renderà giustizia del lavoro poetico compiuto da Cristina in quarant’anni di scrittura, e plaudo a chi ha sostenuto questa operazione di effettiva qualità superiore, all’editore, ai curatori, e naturalmente al poeta.
    la poesia di Cristina a me fa questo effetto: apro una pagina, leggo anche pochi versi, e subito mi prende l’impulso alla scrittura. questo, ovviamente, accade solo con gli autori che riconosciamo veramente, con quei libri che riescono a dare un senso al lettore stesso che sta davanti alle pagine, quelle pagine che ci guardano – e non sono solo guardate – che guardano allo stupore delle nostre facce. l’ho già detto qui e altrove, ma mi fa sempre piacere ribadire che Cristina Annino è per me uno dei maggiori poeti italiani viventi. il fatto poi che lo sia in un modo così naturale, o per destino distante da qualsiasi logica di opportunità possibile, che il suo sia un talento così totalizzante da non doversi nemmeno porre il problema dell’"organizzazione", le rende ulteriormente onore, anche umanamente, ai miei occhi (perché qui il talento è grande davvero).
    ho già provveduto ad ordinare il libro presso l’editore, una copia per me, e una per l’amico russo, se torna, per natale.
    un carissimo saluto sempre a Cristina e a Gugl, perdonate solo per l’orso che sono.

    erika c.

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  21. Sono felice soprattutto quando a provare stima per le mie poesie sono i giovani, poeti o no. "Dà il senso" a un lavoro che troppo spesso sembra fatto solo di polvere. E forse lo è, ma per quelle parole (vedi Erika notevolissima autrice govane o Pietro che non conosco, supponendo però che quel numero indichi l'età e forse è un poeta)si stabilizza diventando comunicazione solida, quindi lavoro finalmente duraturo e spero incisivo. Grazie. Cristina Annino.

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  22. Sono concorde con Erika,
    anche a me gli auotori che "sento"
    mi spingono a scrivere e poco importa quali siano i risultati(miei)
    importa la donazione di midollo,
    tra l'autore ed il lettore.
    Vedi, cara Crisitina, come la polvere,
    possa ritornare osso, schiena e sostenerci nuovamente permettendoci
    di camminare ancora.
    Grazie, vincenzo celli

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  23. Grazie a te, Vincenzo, mi sembrava di essere stata melodrammatica, ma era qualcosa di più vero che volevo dire, quello che hai capito tu, perchè questo conta: fare, scrivere qualcosa che alimenti, che generi, che si trasformi. Noi (se posso dirlo) siamo validi, ammesso che lo si sia, proprio per questo, se riusciamo a vincere la paura sapendo di non essere solo "noi stessi". E' l'ingenerazione o ingenerabilità dell'arte che uccide anche i poeti validi. Grazie, Cristina.

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  24. dunque, atto necessario comprare il libro, provo a cercare on line l'editore...immagino lo si possa acquistare attraverso il sito. (?)

    ciao. giampaolo

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  25. Come curatore del Magnificat non potevo non rigraziare tutti gli intervenuti e intervenute per la passione e l'amore dimostrati verso un libro importante del quale - riprendo le parole di Sebastiano - si sentiva veramente la necessità.
    un caro saluto
    Luca Benassi

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  26. Come curatore del Magnificat non potevo non rigraziare tutti gli intervenuti e intervenute per la passione e l'amore dimostrati verso un libro importante del quale - riprendo le parole di Sebastiano - si sentiva veramente la necessità.
    un caro saluto
    Luca Benassi

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  27. belle le poesie quanto penosamente insignificante il dipinto...

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