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giovedì 26 marzo 2009

Viviana Scarinci



le poesie di Viviana Scarinci, contenute in Le intenzioni del baro (ilmiolibro, 2009), attingono da un ermetismo, che sopporta l'abisso ancorandosi agli oggetti e al mito, e che si configura come un dialogo con l'assente sul vuoto. La spinta sopportare questo viaggio siderale, dolente e apparentemente senza meta, è di natura libidica, come se l'unica certezza la dessero il corpo e le sue funzioni organico-relazionali. Tale percezione, di natura esistenziale, trova perfetto incastro (e giustificazione) nel mito delle Madri, in particolare in quella madre terribile che è Lilith, preda e carnefice della propria "solitudine cosmica". In LiberInVersi (28/01/07), a proposito della forza oscura e deviante del femminile, addomesticata dalla figura di Eva e dalla fallocrazia secolare, Scarinci scrive: "Lilith dimostra immediatamente caratteristiche non 'domestiche', una lunga chioma indocile, il corpo impudicamente cosparso di saliva e di sangue, residui di mestruo, di aborti, di altre promiscuità. Lilith: la creatura notturna, colei che è, senza il pensiero di nascondere, la distruttrice di ogni ordine prestabilito, la madre dell’invisibile fertilità della morte, il motore vitale dell’unicità non dissimulata, la fame e la profonda solitudine che l’imperativo della fame impone".
Si potrebbe affermare, sulla scorta degli studi di Charles Mauron, che Lilith sia il fantasma di Scarinci, la personificazione delle sue ossessioni, poeticamente tradotte in metafore legate al buio, all'oblio, al salto nel vuoto, all'instabilità del reale, cui contrapporre, appunto, da un verso la stretta alle cose (in modo che non si dissolvano) e dall'altra il mito della donna selvatica, sorgente sotterranea e infetta dalla quale principia la vita non ancora addomesticata. L'assente cui si diceva in principio altro non è che l'elemento maschile della coniunctio oppositorum, che ancora consiste in una "vaghezza siderale", quel Lazlo sanguinetiano che attende da qualche parte di ricongiungersi ad Ellie-Lilith, "Palus Putredinis" ora disposta a diventare terra promessa.



Da I quaderni di Santa Lucia


Non so la devozione
quel florilegio insinuante
dall’erotismo inconscio
il dovuto squadro
col piglio confuso
dei senza disegno
e questa cella si chiama oblio
ma verrò oltre la spranga
che mi chiude l’allucinazione
verrò, saldando un’asola
al buio e dal buio divelta
dal soqquadro di quest’assenza
di senno, come un magnete verrò
cieca e copulante lo spazio



Al dunque, le impugnò la vista
da dentro, agganciando
sul polso innervato della nuca
quella contorsione taciuta
agli occhi che non sono più luce
dovuta ad un incognita
ma il niente e sempre di una fede
e non con lo sguardo
giungerle si dovette ma tacerle
a fior di ciglia, i polpastrelli pigiati
alla stretta del braccio

[...]

da Le intenzioni del baro


Il gioco

Autistico e potente
il gioco sta
a darsi autoerotismo.
Migrante di cosa in cosa
e più nella spira di atti
fuori traccia, il gioco sta
a darsi la possibilità
erogena di bruciare
a volo oggetti come scusa
per l’instabilità dell’atmosfera.
Avvolta a stessa bruma,
pirica, so concedermi e
lancinata dallo strabismo
di due orbite urgenti e litigiose
di far nascere qui, sullo spiedo
la dimenticanza.
Niente di nuovo quindi
non dall’atto di venire
alla luce nasce
questo minimo passato di ieri
ma detiene il tempo ora
proliferazione del terrore, il tempo
la più virile delle sirene, il tempo
a distogliere e conferire
a tutto quello che tocchi
quel tu o lei canoro
di semplicemente, brutalmente
demenziale, la sua più che realtà
e la sua crisi
che smania di consentirsi
per immagini
al contrario di com’è scevra

[...]



Contraddizioni

e dimmi anche una parola intima
che disdica le volute
di questa esplorazione a braccio
che dal palpito dell’avvenire
prenda la sua densità reminescente







Mimetica

Tu consisti comunque e melodiosa
giacenza di un quoziente emotivo
da calmierare in versi transitori
Consisti nella tua vaghezza siderale
dell’istinto mimetico di una stella
interprete domestica di un ruolo universale
coi tuoi terrori, ti eclissi eternamente collusa







Ebraica

Ma sbarcare il lunario
significa circoncidere
e abluĕre questo giorno dubbio
questo giorno
in cui adempiendo
ti ritrovo sovrano
editato dalla stretta della nubi
come tu stesso presiedessi
alla discontinuità diurna
come fossi tu
il nervo pervasivo
di tutt’altra alleanza
col mio stesso fiotto
passibile di sbandata


[...]




Disperanza

La mia fornicazione
con le cose ti strugge lo so
tu proteso al penare
molteplice e vago della mattanza
e che l’arbitrio dissolvente
di questa lesione
lo escogiti nel fletterti
mentre mi ergo incinta
del maschio che non sono
del maschio che perdo dandolo
alla luce distaccata di questa partite







Fine

e lo scranno nostro abbandonato
per una mèta, mozione sfinita
di qualche libido o morte
si empirà, conca piovana
frammista a muschi micidiali
congrega nuova
e infetta d’altra vicenda



Viviana Scarinci è nata a Roma nel 1973. Ha vinto nel 1995 la sezione Scrivere i Colori del Premio Grinzane Cavour con la poesia Nero su Bianco. Nel 2002 ha curato il volume L’Isola di Kesselring per Apeiron Editori. Nell’ottobre 2004 la poesia Febbraio viene inserita ne Il Segreto delle Fragole, Poetico Diario 2005 edito da LietoColle. Sue poesie sono apparse su Nuovi Argomenti, Ellin Selae, Prospektiva, Lo Scorpione letterario, Gradiva e Atelier.

16 commenti:

  1. Tengo in modo particolare a ringraziare Stefano. Mi sento di ringraziarlo per due motivi. Il primo è senz’altro personale. Ha avuto il merito di inquadrare il mio discorso poetico in una prospettiva decisamente più profonda di quanto i versi che aveva a disposizione gli consentissero. Lo ha potuto fare grazie al suo acume ma anche grazie a una sua personale ricerca sui mie precedenti. Il secondo motivo di ringraziamento ha carattere generale, ma non è meno sentito. Già trovo prezioso e rarissimo l’impegno delle proprie qualità nell’approfondimento di un qualsiasi discorso altrui, figurarsi poi se ciò viene fatto “solo” per amore della poesia. Grazie davvero.
    Viviana Scarinci

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  2. grazie a te, Viviana. Conto che ci sia qualche altro commento sui tuoi versi.

    gugl

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  3. Sinceramente non conoscevo questa poetessa e mi stupisco di questo fatto, essendo sempre stata molto interessata alla poesia femminile.
    Trovo queste poesie postate qui attentamente curate: deducono uno studio della parola (profondamente) intima. Questo porta anche ad una lettura in senso intimo dei versi: la poetessa sembra denudarsi di cioè che spesso viene celato dentro di lei, dentro di noi; e di questo si parla in modo così naturale e fresco, così attentamente dettagliato che pare che il tutto accada mentre lo si legge.
    Adoro quello "strabismo di due orbite urgenti e litiogiose", come "ti eclissi eternamente collusa".
    Ho trovato un po' forzata l'ultima poesia perchè porta un po' a disorientarsi tra i versi...
    Però nel complesso è stata una scoperta alquanto piacevole...
    ...dove poterla leggere di più?

    Anila Resuli

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  4. non cioè, ma ciò :-)

    anila

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  5. Leggevo proprio in questi giorni da un libro di Flavio Ermini “L’antro – questo trattenersi nel nulla, ciò che non è ancora logico – resta un obbiezione contro la vita di cui è l’annuncio” forse questa scaturigine controversa è l’intimità. Forse. Comunque, essere dedita a questa sorveglianza, accettando i rischi del caso, è ciò che mi preme di più. Grazie di averlo colto, Anila.
    Viviana

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  6. troci qulcosa qui
    http://liberinversi.splinder.com/tag/viviana+scarinci in altri siti (prova con google)

    ciao!
    gugl

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  7. Ho letto sia il testo in prosa su LiberInVersi, sia le poesie proposte su NazioneIndiana.
    La prosa l'ho trovata particolarissima, tra l'immaginario e il "reale" delle fonti. Intensa prosa in alcuni passaggi e devo dire a tratti sembra scritta come parte di una tragedia...
    Le poesie di NazioneIndiana le ho trovate più nervose di queste proposte qui: la descrizione delle cose mira soprattutto a voler sorprendere quello che sta oltre la scrittura, fino ad avvicinarsi al lettore.
    Trovo che, se queste poesie proposte qui sono più recenti, la poetessa abbia una graduale maturità nei versi. Credo ora la Scarinci poetessa sia più consapevole della propria poesia e soprattutto evidenzi molto di più quello che vorrebbe trasmettere piuttosto che il mezzo con cui trasmetterlo, senza nulla togliere al dettaglio d'una parola ricercata.
    Complimenti quindi alla poetessa per questa crescita e spero di poterla leggere ancora, in vesti anche diverse.
    Concludo con il dire che invidio la capacità di passare dalla prosa alla poesia con così tanta leggerezza... e complimenti per la "fede" in quello che scrivi (letto il dibattito su LiberInVersi :-) )
    Con stima,
    Anila Resuli

    p.s. grazie Stefano :)

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  8. Le poesie presentate da Stefano risalgono tutte, tranne la prima, ad un anno fa. Quelle su nazione indiana sono collocabili intorno al 2007. L’urgenza di raccogliere tutto il lavoro in una pubblicazione nasce dal bisogno di eludere “l’instabilità” di quella scrittura in una forma che rimanesse, a prescindere dai mie continui rimaneggiamenti. Poi per un po’ di tempo non ho scritto versi. Ma ho terminato il saggio che è nato intorno alla prosa su Lilith che nominano Stefano e Anila. Saggio si fa per dire perché io per prima fatico a trovare una collocazione per quella scrittura.
    Ho ripreso la poesia dall’inizio di quest’anno, perché si può dire che mi aspettasse al varco, dopo che la faticosa scrittura del saggio, mi avesse chiarito in modo discorsivo un metodo che c’era ma che faticavo ad assumere scioltamente. Quando dico metodo non intendo qualcosa di aprioristico, ma il dato naturale che compone a chi scrive l’originale della sua visione in un linguaggio. La cosa più complessa per me è stato, ed è, districarmi nella selva di linguaggi diversi che ogni visione trapela. Quando ho accettato questa cosa, forse da allora, la scrittura è diventata meno nervosa, meno spaventata di dirsi. Le poesie del baro testimoniano in pieno questa necessità.

    @Anila, se vuoi, chiedi a Stefano la mia mail, mi farebbe piacere sentirti.

    Viviana

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  9. le darò l'e-mail. molto volentieri.

    ciao a tutte e due!

    gugl

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  10. trovo queste poesie "faticose"...
    forse può dipendere dalla scelta linguistica,che è lontana dal mio gusto personale.
    però, leggendole, ne sono anche rimasta affascinata.
    in alcuni casi le trovo troppo criptiche (troppo ermetiche...). non com-prendo a fondo e mi perdo.

    perciò faccio un paio di domande a viviana, (correndo il rischio di esembrar banale...) proprio perchè mi interessa molto capire la direzione in cui muove la sua ricerca stilistica...

    prendo ad esempio questi versi:

    "...ma verrò oltre la spranga
    che mi chiude l’allucinazione
    verrò, saldando un’asola
    al buio e dal buio divelta
    dal soqquadro di quest’assenza
    di senno, come un magnete verrò
    cieca e copulante lo spazio"

    hai scelto di "giocare" su quel verrò per la sua doppia allusività (orgasmo-movimento), vero?

    oppure questi:
    "Avvolta a stessa bruma,
    pirica, so concedermi e
    lancinata dallo strabismo
    di due orbite urgenti e litigiose
    di far nascere qui, sullo spiedo
    la dimenticanza."

    che cosa stai descrivendo?

    ciao!
    s.

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  11. sulla lettura della prima strofa, concordo :-)

    gugl

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  12. Sono lieta di poter aggiungere qualcosa che riguardi il mio lavoro attuale, anche se si tratta di un percorso in divenire e perciò anche per me, materiale non del tutto metabolizzato. L’idea dei quaderni di Santa Lucia e più precisamente della poesia che menzioni “gli occhi sul piatto” nasce dalla devozione, presa in prestito dalla religione ma non intesa in senso strettamente religioso. La devozione in questa poesia è un atto cieco che richiede un abbandono di cui Lucia è incapace. Qualcosa che infranga le diverse modulazioni (squadre il dovuto col piglio confuso dei senza disegno) della cose e delle parole inosservate dell’osservanza quotidiana, in favore di un’unica modulazione di se stessa, capace di un’azione assoluta che unifichi la persona al corpo e il corpo alla visione. Quindi si, si può leggere anche come un orgasmo quel venire totalmente, ma anche come un ritorno alla propria grazia totale; paradossalmente grazie ad una mancanza quale quella della vista; una menomazione inferta, nel caso di Lucia, dal martirio pensato per la sua speciale incapacità di fede che qui non è devozione ma un florilegio dall’erotismo inconscio. Tuttavia ciò che veramente cerco è l’attitudine della poesia ad essere smontata e ricomposta in valenze anche inesplicabili, ulteriori, paradossali. Perciò considero legittima ogni lettura che se ne voglia dare.
    Il gioco nasce dal disagio profondo di partecipare comunque al gioco delle individualità, dell’essere prevalentemente autoriferiti, direi autoriferiti senza scapo. Con la visone equivoca che ne consegue. Come quella del tempo, che in questa poesia vivo come una dimensione collettiva preclusa dallo strabismo (occhi che si incrociano sul proprio naso), isolamento “visivo”che un certo narcisismo induce. Ma questo è solo uno degli aspetti.
    Capisco la fatica e credimi apprezzo lo sforzo. Grazie di cuore.

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  13. "senza scampo", scusate

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  14. grazie, viviana.
    il fatto comunque è che sforzarmi (troppo) di capire una poesia non fa per me...
    :)
    s.

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  15. La ringrazio per Blog intiresny

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  16. enrico dignani14/1/11 11:34

    provo a dire,prima impressione.

    Eleganza nuova che aggancia l'attenzione e promette argomenti in un bel dire prezioso,un probabile salotto festoso della mente.

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