Da Nazione Indiana riprendo una delle poche poesie rintracciabili in rete di un'autrice complessa e malamente scavalcata dal rumore contemporaneo. Vi invito poi a guardare e sentire questa sua performance.
Da un altro punto furono viste le stagioni
fino lì sconosciute
solo allora poté sedersi ad ammirare
il senso dell’alternanza.
Dalla sua radice gassosa ne muta
la base visibile
e lo cimenta la traiettoria
di notte e giorno la luce,
il cielo.
È fusa la donna alla sua ombra
eppure trema al fuoco dell’inizio
così se li sposta i suoi passi
Iside all’orizzonte mèta
ora essa fugge la sua lontananza.
Perché non cola l’attesa profumata
ossia fermarsi
la sua ansia volta avrà la fine
di profilo porre cosa la tiene unita
quella che stacca la radice, un alito.
Batte allora sul ferro la materia di sé
e lo plasma ogni angolo continuo
della vista
una distanza del suo centro esatta
la definisce.
I piani diversi del linguaggio
ne è avvolto
così genera le forme della sua ricerca
egli ha imparato come lasciarsi solcare
ad essere cinto dalle tracce.
Con un colpo d’occhio sentiva
la presenza simultanea di tutto ciò
che nella terra cresce
e questa coscienza della situazione attuale
lo aiutava come una disciplina.
Ciò che non è compiuto spinge
il modo del procedere,
mèta, mèta, arsi e riarsi,
durante la costa dei millenni.
Incessante se lo vide rinascere e morire
il mondo fino a dove
non ci fu più tempo né abbastanza luce
per seguitare i paradossi demoniaci
sbalzato come dura pietra molle ora
nelle acque del fiume,
si agitava dentro pezzi di realtà dissimili.
Nel mentre cantano nel petto i volti
dei suoi sogni
muta al mattino in albe anche dorate,
quale certezza venga da mondi paralleli, attriti
posti sopra o sotto, vincolanti.
Scivolando lungamente sul fianco
della piramide atavica
lo blocca quando vuole come esercizio
e intanto la miseria dell’uomo
va consumata dentro di sé, nell’arca
del suo spazio interiore
intendeva infrangere ciò che da inadeguato
si ricompone ad ogni istante.
L’attrazione dinamica del fare mancò
a quel punto
e alla fine della danza più lunga,
l’abbandono e il silenzio
della grandiosa solitudine
lo rendeva eterno,
come collocato su di un punto raso
della terra, sotto le stelle.
Non era più chiamato in battaglia
da tanto tempo.
Il mio inizio è forse il solo inizio,
disse l’uomo assetato, e si sedette
a guardare l’evidenza del suo destino.
Il cavaliere che guarda la luna,
non cerca e non aspetta niente.
Beveva quel soffice vino d’agosto
e teneva la porta aperta
sulla laguna afosa della fine d’agosto,
musica in viole di quel tempo, vino di Graal.
Si chiedeva se non fosse una sua fantasia
mentre risa fendevano l’aria,
di giovani donne ubriache.
Arrossisce il suo silenzio il vino
e gli dà corpo
col respiro batte il ritmo della mente
nell’aria intatta
ora a cerchio lo sguardo, la perdita
lo svela,
un parallelepipedo di una battaglia navale
del settecento,
esatto d’ombre fatte di sfumature.
In settembre oltre la luce così bassa
e radente c’è nebbia
e l’odore di funghi porcini annusati
a lungo, come nelle cene d’inverno
dentro le buste di plastica.
La configurazione del male così conosciuta
era allora impalpabile, sembrava
non ci fosse traccia.
Intanto la luna al primo giorno calante
porge la notte in adagio,
la struttura tutto sommato
è tonda ora, poi cambierà.
Già pensa che il santo Graal è troppo
lontano, e il bicchiere si sta offuscando
di rosso, – qualsiasi cosa signore, ma spingimi
avanti – nuovamente il bicchiere brilla rosso
e la luna fra gli alberi cade con la certa nebbia
fino ai pini e alle acacie, ma non i grilli, non
i ragni, le libellule fino a ieri poi.
Non c’è arrivo non c’è sosta non
c’è partenza, ma il succedersi senza tregua.
Questo sì, che ad ogni livello ne succeda
un altro, per generazione spontanea
l’aveva saputo dalla ruota che girava
mentre i mondi finivano, a volte.
Tratto da Opere, all'insegna del pesce d'oro, 1994.
Patrizia Vicinelli è nata a Bologna nel 1943 e vi è morta nel 1991. Negli anni ‘60 lavora al teatro sperimentale con Aldo Braibanti ed Emilio Villa, ed a film d’avanguardia con Alberto Grifi e Gianni Castagnoli. Ha fatto parte del Gruppo 63 dal convegno di La Spezia (1966). Ha collaborato a diverse riviste, tra cui «EX», «Continuum», «Quindici», «Che Fare», «Il Marcatré», «Alfabeta», ed è presente anche in dischi di poesia fonetica e sonora : “a. a. A.”, Marcatré, 1967; Futura, Cramps, 1978; Baobab n. 11, 1981. Nel campo della poesia visuale ha esposto in varie parti del mondo; molto nutrita è stata l’attività di performer con letture in festival nazionali ed internazionali. Ha pubblicato : a. à. A (Lerici, 1967), Apology of schizoid woman (Tauma, 1979), Non sempre ricordano (Aelia Laelia Ed., 1985) e - postumo - Opere, a cura di Renato Pedio (All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1994).
Non so se questo commento uscirà, in quanto non ho capito bene se è necessario registrarsi per accedere
RispondiEliminaallo spazio apposito.
E' la prima volta che mi collego al tuo blog e devo dire che lo ho trovato
davvero particolare per la sua raffinatezza.
Inoltre è rimarchevole che pur essendo
tu impegnato nella "promozione"(è un bruttissimo termine, ma ne capirai il senso...) del tuo nuovo libro, riesca a trovare il tempo e le energie per dedicarti all'operazione di recupero di alcune nostre voci poetiche
ingiustamente trascurate o addirittura dimenticate, come la straordinaria Patrizia Vicinelli.
Ciò che ho letto del tuo ultimo libro, lo trovo davvero magnifico.
Ci tenevo a dirtelo, perchè, fino ad oggi ( per mia lacuna ) avevo letto poco della tua produzione e non avevo inquadrato bene la tua ricerca poetica, davvero di altissimo livello e di rara originalità.
Se farai una presentazione a Roma,
come spero, non mancherò di venirti
ad ascoltare (dopo averti letto, nel frattempo).
Complimenti ed auguri.
francesco de girolamo
fai un poco di bibliografia della vicinelli (con la possibilità di reperimento) ?
RispondiEliminagrazie. matteo fantuzzi
Ci sono poeti che, nel raccontare il loro mondo, t'incantano o spiazzano, altri che di bellezza ti sopraffanno, altri ancora, come questo che proponi adesso, che senti in-tanto vicini al punto che leggendo le parole (affastellarsi e valanga) ne nascono di tue sulle loro spalle.
RispondiEliminaSi, Stefano è una bella opera la tua, non solo quella della distanza immedicata ma, mi sembra, in ogni direzione e perciò io, collegando in privato, salvo e vivifico il mio intuito.
E' morta senza giugere ai 50, noto.
Buona giornata.
Cordiali (non formali) saluti anche a francesco che incontro di nuovo ed ogni volta con piacere.
Il blog insonnoeinveglia.splinder.com contiene parecchi materiali dai quali si possono ricavare altri riferimenti bibliografici. Tra l'altro il gestore è stato un amico fraterno di Patrizia.
RispondiEliminaCredo che la poesia italiana potrà iniziare a crescere di nuovo solo quando ad autori del genere (e la Vicinelli, grandissima, non è l'unica)sarà stato dato il giusto rilievo e la necessaria visibilità. Servono anche, tra l'altro, ad aiutare tanti che scrivono a fare i conti con quello che mettono su carta. Una valenza anche ecologica, se vogliamo.
R.S.
Patrizia Vicinelli è nata a Bologna nel 1943 e vi è morta nel 1991. Negli anni ‘60 lavora al teatro sperimentale con Aldo Braibanti ed Emilio Villa, ed a film d’avanguardia con Alberto Grifi e Gianni Castagnoli. Ha fatto parte del Gruppo 63 dal convegno di La Spezia (1966). Ha collaborato a diverse riviste, tra cui «EX», «Continuum», «Quindici», «Che Fare», «Il Marcatré», «Alfabeta», ed è presente anche in dischi di poesia fonetica e sonora : “a. a. A.”, Marcatré, 1967; Futura, Cramps, 1978; Baobab n. 11, 1981. Nel campo della poesia visuale ha esposto in varie parti del mondo; molto nutrita è stata l’attività di performer con letture in festival nazionali ed internazionali. Ha pubblicato : “a. à. A” (Lerici, 1967), Apology of schizoid woman (Tauma, 1979), Non sempre ricordano (Aelia Laelia Ed., 1985) e - postumo - Opere, a cura di Renato Pedio (All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1994).
RispondiEliminaR.S.
Su "Absolute", in data 20-6-2006, c'è un bell'articolo di Maria Valente sulla Vicinelli, con riferimenti bibliografici anche nei commenti.
RispondiEliminaR.S.
Provate anche a scaricare questo pdf, ne vale la pena.
RispondiEliminahttp://www.levocidellaluna.it/rivista/rivista_24_25.pdf
R.S.
grazie R.S (roberto), ituoi contributi mi piaccione perché sono diaddici ma non superficiali.
RispondiEliminagrazie anche a Francesco, che ho conosciuto nel blog di Centofanti.
e un grazie a ali, senza la quale questo blog non esisterebbe.
Matteo, è davvero difficle reperire i suoi libri. Anch'io non ne posseggio alcuno, e ciò che ho, l'ho trovato nelle riviste, nei siti e nelle, rare, antologie.
Visto che, come dice il padrone di casa, sono "diaddico" :-), approfitto della mia diaddicità per segnalarvi un libro facilmente reperibile (e irrinunciabile):
RispondiEliminaPatrizia Vicinelli, Opere, Scheiwiller, All'Insegna del Pesce d'Oro, a cura di Renato Pedio.
Buona giornata a tutti.
R.S.
dici che sia ancora sul mercato?
RispondiEliminaIo l'avevo comprato qualche anno fa, ma ultimamente ne ho visto un paio di copie in una libreria di Milano, per questo dicevo che era reperibile.
RispondiEliminaPoi, se uno è interessato, si può sempre chiedere alla casa editrice o a una "famosa" libreria romana, specializzata in ripescaggi del genere.
R.S.
bene, proverò.
RispondiEliminasenti, ma R.S. sono srotolabili in un'anagrafe cristiana oppure fai come Alivento, della quale nessuno sa niente eppure pare di conoscerla da sempre? :-)
Sì, certo, R.S. sono srotolabili in un'anagrafe, non cristiana ma atea comunque. Facciamo così: appena vieni a fare una lettura dalle mie parti, mi presento e mi faccio firmare il tuo libro.
RispondiEliminaA proposito del quale, posso fare una considerazione?
Eccola.
Partendo dal presupposto, anche abbastanza scontato, che tra la qualità dei tuoi testi, e della tua scrittura in genere, e due terzi almeno dell'attuale produzione poetica italiana passi la stessa distanza che corre tra la terra e la luna, a me sembra (ma è un'impressione dettata dalla lettura di due soli testi, e senza nessuna offesa per il traduttore e il lavoro svolto) che le versioni in inglese non gli rendano giustizia e si risolvano in una traslitterazione ben fatta, calligrafica, letterale che, in quella forma, in una lingua altra, non porta alla luce il fondo complesso e stratificato, non solo semanticamente, da cui i testi nascono.
Ti ripeto, è un'impressione, nell'attesa di leggere il libro nella sua compiutezza e ben cosciente che il lavoro non era per niente semplice.
Quando leggo, ad esempio
"the start is under key:
good the peace of he who sits and the shadow
of athens in everything"
mi cadono un po' le braccia, pensando a cosa possa mai recepire un lettore anglofono della pienezza, anche filosofica, dei rimandi e degli echi profondi che i versi suscitano e richiamano.
Rendere il senso, o meglio, i sensi complessivi dei tuoi testi, credo comporti un lavoro di anni...
R.S.
Stefano, ma dove diavolo li peschi tutti sti poeti? :D
RispondiEliminae poi ha collaborato con Alberto Grifi. Vuoi mettere? ;)
Il tuo blog è necessario come l'aria!
R.S. hai citato proprio i versi meno americani del mondo. ti garantisco che il traduttore, in altri passaggi, ha fatto un gran lavoro ("vedere per credere", tanto per citare un verso della tardameschinità:-)
RispondiEliminaVoc, guarda che qui qualcuno penserà che ti pago, tanto è l'affetto che dimostri. E che ricambio. E gratis, ovviamente :-)
- domani inserirò nell'altro blog un paio di date.
la foto, in effetti, è di Grifi, del quale in rete si trovano notizie purtroppo niente affatto confortanti (non c'è governo che abbia a cuore, davvero, la cultura)!
RispondiEliminaNon l'ho mai messo in dubbio, e l'ho scritto. Parlavo dopo aver letto quelle due traduzioni, nient'altro. Prendo atto con piacere, poi, di quello che scrivi, aspettando di avere il libro.
RispondiEliminaR.S.
R.S. in quale città ti trovo?
RispondiElimina"e un grazie a ali, senza la quale questo blog non esisterebbe."
RispondiEliminagrazie a te di avermi pubblicamente innalzata al ruolo di blog-musa ispiratrice :)
Tra Milano e Varese. In una delle due verrai, immagino.
RispondiEliminaR.S.
a Milano verrò senz'altro.
RispondiEliminaAli, anche tu a Milano? :-)
e quando vieni a milano gugl, di grazia? mi avvisi? :)
RispondiEliminaquando vado qui o là vi avviso, ma non su questo blog, bensì su questo
RispondiEliminahttp://ladistanza.blogspot.com/
benvenuta freesia, è la prima volta qui, no?
Non credo che Alivento sia di Milano. Lo fosse, avrei già avvertito la sua presenza nell'aria...
RispondiEliminaR.S.
penso anch'io che non sia di milano, ma se per caso la fiuti...
RispondiEliminaalitartufo
RispondiEliminaCi avrei giurato.
RispondiEliminaR.S.
Versi pesanti, ridondanti, enfatici, retorici, inconcludenti. Il massimo rispetto per la tragedia umana, perlatro autoprocurata. Ma, come diceva Flaubert, il poeta deve vivere come un borghese, scrivere come un pazzo. Chi vive come un pazzo, spesso scrive come un borghese.
RispondiEliminanon so qjuante volte ho letto le sue parole e questa poesia, o come dico io...questo poema...il Cavalliere del Graal si ha perso nel sentiero e ha diovuto bere un pó di vino per crescere , amare e dopo diventare una luce tra tutte le luce...una figura universale che gira, gira:per generazione in tutta la "Galaxia"...
RispondiElimina