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domenica 8 settembre 2019

Bertolini, Nava, Sulle punte



È uscito sulle punte, poesie di Maddalena Bertolini, acquerelli di Silvia Nava. Riporto la mia introduzione.


la sacralità della montagna-labirinto

Nella montagna-labirinto di Maddalena Bertolini, c’è sempre un versante sconosciuto in agguato, che pur bisogna sperimentare, mettendosi in gioco senza fingimenti, tenendo strette paura ed esperienza; è esattamente lì, ci dice, che l’autentico di ciascuno si manifesta, spogliandolo delle apparenze, riconducendolo alla sua natura mortale.

La montagna-labirinto è metamorfica come la neve, che trattiene e mescola il principio e la fine, il maschile e il femminile, l’intimità più profonda e l’estranea lontananza che ha per sorella la morte. Nella montagna innevata, infatti, vita e morte si scambiano i doni e sono entrambe necessarie. Ce lo dicono anche le trincee, quelle tracce-cicatrici che il viandante bertoliniano riconosce nella loro irriducibilità e, una volta superate, se le porta dentro nel cammino, a segnare di rosso il bianco della neve.

Nel labirinto, spazio e tempo si condensano nell’istante: nelle poesie sull’ascesa alpinistica, la finitezza dell’aderenza alla parete e l’infinità dell’abisso sottostante sono la perfetta allegoria della vita, che tiene l’alto e il basso, il bene e il male sulla punta delle dita, in un corpo a corpo che dà piacere. La montagna bertoliniana infatti è anche l’amante, che la vede viaggiatrice minuscola sul corpo della gigantessa, Natura leopardiana che combatte e ama, di stagione in stagione e sempre più profondamente, fino all’incontro mistico con essa, al pasto sacrificale (“guardavo le bestie al pascolo / mangiavano di me, io crescevo”), in una ciclicità che è acquorea e geologica, come il fondo dagli oceani diventati picchi nevosi nel corpo mistico della Madre-Matrigna, che ad ogni primavera rinasce.
Bertolini in effetti è una sciamana, che parla con gli animali e i sassi, e conosce il segreto della sorgente; ma ci traduce per lampi minimi quel suo dialogo profondo, lo custodisce nel silenzio delle crepe, che sono anche nelle strutture del verso, in quegli scarti improvvisi che la frase intraprende per portarci altrove, per distrarci da quell’intimo colloquio, che non tollera la chiacchiera o estranei non altrettanto disposti alla meditazione.

La montagna-labirinto è, infine, l’indomabile, l’alterità animale che obbliga, per sopravvivere in sua compagnia, a decodificarne i segni, sapendo che nessuno di essi potrà contenerla, rinchiuderla in gabbia; così come indomabile è il senso della poesia lirica quando questa attinge dai recessi di un corpo in contatto con la lingua della carne. In questa festa dei sensi in balia del desiderio, il sacro di nuovo si muove, convocando gioia e martirio, libertà e gesto osceno della crocifissione. Tutto questo Maddalena lo sa e ce lo dice con grazia, per non spaventarci troppo, per accompagnarci sul bordo del precipizio, là dove la luce che salva ci attende.


Da Maddalena Bertolini Silvia Nava, sulle punte, Publistampa edizioni, Pergine Valsugana, 2019


Per quanto mi riguarda
cammino sulle punte
di tutte le montagne

pianto i denti tatuati dei ramponi 
le intenzioni appese ai fianchi
come esche vive a fare
uscire bestie dalle creste

l’occasione della vita in quel
leone - sbrana ogni domanda
brama la sua preda                                                           
e ritorno intera.                                                                  


467




Come guarda la luce i profili
la montagna che può tenere un uomo
o i bordi di una bestia
perché le linee hanno tracce comuni alla stessa
mano apparteniamo.
Carne e pietra, bosco o pelle, terra
o sale - la differenza solo materiale

il prima o dopo dei tuoi occhi, la luce
che ne risale.


402




la Nord

Tu sopra e io aerea
nella coda di una cometa
legata e pulviscolare. Non devo cadere.
Mi battezza il ghiaccio della piccozza
batti due volte i ramponi
per scalinarmi in questi anni di
matrimonio quanto ho voluto
ribellarmi. Guardami adesso
ancora nell’onore di salire
di starti dietro. Da solo 
potresti morire, ti servo.


367




Le montagne sono piene di costole
hanno schiene glabre e vertebre
sorgenti da offrire ai piedi
ai ramponi ai chiodi alle corde
non chiedono uomini ma ne ricevono e
non ascoltano. Le montagne non crescono
non battono cuori rocciosi sono presenti
nei nostri sentimenti sono belle
quando ci accorgiamo di vederle.

366

Die Berge sind voll Rippen   
haben nackte Rücken und spitze
Wirbel für die Füße
die Steigeisen die Nägel die Seile
sie verlangen nicht nach Menschen aber bekommen sie und
hören nicht zu. Die Berge wachsen nicht
schlagen keine felsige Herzen sie befinden sich
in unseren Sinnen sie sind schön
sobald wir sie zu sehen beginnen.




Un’alba di lana ha preso le montagne
soffoca gli uomini infilati alla vetta

se andassero incontro a una donna
così armati  - ramponi e piccozze
e legati  - in vita l’uno all’altro
da un appuntamento

arrivano dove più su non si può andare
lassù non c’è più niente - ogni cima sola
è vuota e luminosa - allora
dimmi che sali per scendere.

297




a casa

Ritorno a casa nei vestiti

mi tolgo il mare dalla fronte
rimetto le nuvole negli occhi

il vento nei cavi auricolari
e i laghi sulla piana dei polmoni

infilo le valli nelle maniche
sulle punte le dita del Brenta

tutte le cime avvolte come lane
marroni e pesanti di boschi

per ultime tiro fuori dal cassetto
le calze bianche e celesti della neve

le srotolo in un brivido di freddo.


437

Nach Hause

Ich kehre in meine Kleider zurück nach Hause

ich wische mir das Meer von der Stirn
setze die Wolken wieder in die Augen

den Wind in die Ohren
und die Seen auf die Ebene der Lungen

ich stecke die Täler in die Ärmel
die Finger auf die Spitzen des Brenta

alle Gipfel eingehüllt wie braune
und von Wäldern satte Wolle

zuletzt ziehe ich aus der Schublade
die weißen und himmelblauen Strümpfe des Schnees heraus

ich entrolle sie im Schüttelfrost.




Dolce alba sguscia le montagne
le paure di nevi e mari sciolti

luce lenta bianchissime
ossa di roccia

scivola lo sguardo del sole - riprendimi
sull’orlo dell’ombra

hai fatto l’istante
perché mi raggiunga.


454




Le bianche croste costole del mare

non possono i cuori stare fuori
esposti alle intemperanze ai lampi

battono contro piedi stanchi lottano
sotto il sentiero esultano

quando uno di noi - lo trova.


1.




Ciampedie

Adopero queste cime e volentieri
me ne nutro: atterro sui Campi di Dio
affronto il loro abbraccio di cetacei
mammiferi di pietra che filtrano
il plancton della luce

gigantesche branchie grigie rendono
il mare tollerabile - abitabile
fortezza - la dolcezza immobile
del loro movimento: restano in piedi
venendomi incontro.


403




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