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lunedì 15 aprile 2019

Cristina Annino



L'Arcipelago Itaca pubblica Le perle di Loch Ness, di Cristina Annino. Il libro contiene anche alcuni brevi racconti inediti riguardanti l’esperienza spagnola della poeta.
Le poesie ci confermano l’unicità della scrittura anniniana, il coraggio dei piccoli editori e la miseria della grande editoria, che predilige solamente una via del poetico italiano, quella in cui il parlato e il letterario si incontrano a mezza strada. Anche Annino, invero, fugge la retorica, ma nemmeno si fida della lingua che abbia l’urgenza di essere compresa. Con lei, nessun a-capo è scontato; il suo periodare coniuga surrealismo e biografia, dadaismo e abilità figurale nel dare forma nuova all’evento ordinario. Questa è poesia, non c’è dubbio, ossia quanto di più lontano dall’epigonismo contemporaneo.



Resurrezione nella musica


Mi scollai per estasi, entrai
in teatro con gli altarini. Erano così
gli ottoni che fanno
piangere? cannoni d’estremo
fiato. Saltai sulla testa di loro
con la bacchetta in mano. Oh, stato
divino, ho in mente di nuovo
un’orchestra! Chiesi
perdono ai pianisti in piedi,
alle code lisce, al muto pesce
del suono. Facevano acqua senza
me, le candele spente? davo
la mano persino
ai clarini. L’orchestra che poco
mancava andasse a fondo, oddio! 
ritto la dirigo ora sull’orlo d’un
cratere spento, mentre il mondo,
prego, diffonda pure la nostra cenere.



Paglia a volo con Céline 

Non guardarla mai, non somigliarla
nemmeno; è fumo, un gran                                  
fuoco di paglia che abbaglia tutto.
In tale insonnia va avanti, poi
le scope lo fanno saltare chi l’ha
messe lì? Nessuno può capirne
il senso, ormai fuori com’è
dal vaso di Pandora.
       
**

Io gli credo. Noi spavaldi
nella nostra salute; quando
gonfia le gote viola, e a vanvera,
dice il traffico dell’emicrania
e la gara col sonno. Che gli tranciano
il viso con la pala sinistra.
    
**

“É il Novecento un’aurora?”
Macché! Non è vero, nessuno
è importante. Coi paragoni
ingrandisce anche un nano. Punto.
Poi perde, scappando, semini                               
di carne.
     
**
                                     
Che dire?  Anche fuori dall’universo,                            
Céline tossico in astinenza, palleggia                            
occhi a terra, due mine. L’aurora                                  
l’aveva con sé, tra le mani, come pure                                    
la paglia. Con quei pigiami di notte,                                                        
ogni volta un canestro.


L’amico della volpe

Trecento triste, gli amici!
Spalancano porte nelle ore
che sono in orario. Cattivi né
buoni col fermo del sorriso a metà
e frasi di pallottole
per la caccia; convinti
che parlare sia umano, il silenzio
meno. Fugge ogni senso. Poi
frullando il bicchiere della staffa,
a piombo le scale fino al
mento, ridanno al monaco l’abito
che lo fa. Mai
puntare il mondo su un cavallo solo.

**

Non li ricordo più fino
in fondo, i nomi scorrono dal
rubinetto. Uno solo guizzò tra le sedie
colpito dal fulmine; baloccava le frasi. Era
un gioco col tele comando, magari
finzione; però zitto fissava il
piancito come fa
l’universo cavo. Quasi uno sparo
gli salisse le scale interne sopra
il menisco. Svaniva piano
la sua faccia a velo nel sibilo delle mani
su un corno. Avvisò
la volpe dei cani, forse, scacciando
morte da quelle frasi, perché
poi si torse così, di fronte: è troppa
carne per il mio spirito!


Pina Bausch

Seduti al bar della stazione Termini, l’uomo le diceva da circa un’ ora di non amarla più; l’aria passava sulle loro teste come anice liquido. Faceva un gran caldo.
  Finalmente tacque. Tra poco lei avrebbe preso il solito treno. Ci stava pensando. L’uomo di nuovo le chiese.
-Vuoi ancora qualcosa?
-Sì! Che tu te ne vada.
Allora lui sollevò con delicatezza i suoi novanta chili di peso e prese ad allontanarsi come un mobile pieno di roba, un armadio che si stacca dal muro di casa. Restò del vuoto. Ma così  preferiva, non gli sarebbe piaciuto discutere e poi perché ad obbedire provava una specie di eccitazione.
Era un uomo colto, gelidamente, mortalmente colto. Era tanto colto da non farcela a mettere in fila quattro parole sincere senza per questo morire di vergogna. Mentre sapeva scrivere un romanzo in tre mesi. Dentro la metropolitana pensò: posso combattere da peso massimo contro tutta la letteratura italiana, ma vinco sempre ai punti. Mai un ko.  Perché questo era davvero il suo nemico, che ogni sensazione evidente gli risultasse intrattabile. Sapeva lavorare ai fianchi, ma non colpiva mai al viso la verità. Era come se questa l’abbagliasse o fosse imprendibile, al pari di tutte le cose semplici.
   Uscì alla stazione Lepanto. Lea era certamente salita sul suo treno, e lui andava verso il solito bar. Si sedette tra amici altrettanto colti sentendosi rilassato come un pugile nello spogliatoio dopo un incontro di prova. Gli sarebbe piaciuto fare una doccia. Disse al primo che lo salutò:
-Meglio così. Ci fossimo sposati avrei passato tutta la vita a esprimerle dei sentimenti.
L’altro rispose-Perfetto!- tanto per dire.
   Verso l’una di notte tornò a casa. Andò in camera e fissò tutti i suoi libri dentro gli scaffali, poi si mise in piedi davanti allo specchio. Aveva trentadue anni. Infine accese il televisore tenendo basso il volume. Trasmettevano una danza di Pina Bausch. Pina Bausch gli comunicava sempre disagio. Stese le forti gambe sul basso tavolino. Scriverò sempre- si disse- Per tutta la vita. Poi concluse, guardando il teleschermo, che Pina Bausch era troppo espressionista. L’espressionismo, tutto sommato, non era neppure una forma d’arte perché ovvio, infantile, e già nella natura. Che addirittura sembrava soltanto una persona: il signor Tal dei Tali, cioè l’Espressionismo. Lo vide amare, soffrire ed essere sincero. Così si addormentò.


Cristina Annino (nata ad Arezzo e laureatasi a Firenze in Lettere Moderne con una tesi sulle prose di César Vallejo), vive attualmente a Roma dopo un breve periodo trascorso a Milano. Esordisce nel 1969 Con Non me lo dire, non posso crederci, edizioni Tèchne,Firenze, dove ancora compare con il cognome anagrafico di Fratini.
Seguono molte pubblicazioni con editori minori. 
Nel 1984, una sua raccolta di versi, L'udito cronico, viene pubblicata dal collettivo Nuovi Poeti Italiani (Einaudi) n°3, a cura di Walter Siti.
Nel 1987 pubblica Madrid (ed.Corpo 10, premio Russo-Pozzale, assegnatole da Giovanni Giudici), opera centrale nella sua produzione poetica,e riedita nel 2013 con  Stampa2009, Azzate (Varese).
Tra le sue opere più recenti, Magnificat. Poesie 1969-2009, PuntoaCapo editore, Novi Ligure 23010 (vincitore del Premio Montano dello stesso anno), Chanson turca (Lietocolle, 2012), e le due plaquette Céline (edb, 2014), Poco prima di notte, Edizioni L’Arca Felice, Salerno 2013. Una raccolta di 200 testi tradotti in inglese, Chronic hearing (Chelsea Editions, New York), esce nel 2014. Inclusa nell'antologia Il  pensiero dominante. Poesia italiana 1970-2000 (Garzanti, 2001) di Franco Loi e Davide Rondoni, è anche presente, tra altre collettive, in Antologia di poeti contemporanei -Tradizioni e innovazioni in Italia- a cura di Daniela Marcheschi (Murzia,2016), alla quale rimandiamo per conoscere approfonditamente dati biografici e avere una completa bibliografia di Annino.
E’ autrice del romanzo giovanile Boiter: l'affarista della sua pace, edito molti anni più tardi, nel 1979, da Forum/Quinta Generazione.
Nel 2016 pubblica Anatomie in fuga, Donzelli Edizioni, Roma, 2016.
Sempre nel 2016 pubblica il romanzo Connivenza amorosa con l’editore Grego&Greco.
In un’epoca più tarda della sua vita , si dedica all’attività di pittrice, ma in modo saltuario, avendo tuttavia al suo attivo numerose personali e collettive sia in Italia che all’estero ed essendo compresa in alcune collezioni private.


4 commenti:

  1. La validità della scrittura di Cristina Annino è fuori discussione, classe, ironia, ispirazione

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  2. Ogni libro di Annino è una puntata di stupore.
    Ringraziamo la sua scrittura, chi la pubblica ed ogni piroetta che avviene all'interno del senso e nonsenso, ciò che accade e non, al lettore. Io vi trovo emozione, dai verbi più segreti a quelli più maldestri. E ringrazio, inchino.
    Un saluto (e un salto),
    Giampaolo De Pietro

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  3. Pietro roversi15/4/19 19:40

    Evviva il Poeta Sopra Le Righe, e noi che ci abbeveriamo a questi testi ogni volta nuovi. Il libro è un portento, anzi due. La prima parte considera il Mostro, e un approccio alle cose che non si uniforma alla razionalità ottusa o alle mode. È un piccolo trattato di filosofia per immagini e visioni, spiccia verità mai spicce. Ci ricorda che l’animale custodisce e insegna l’accettazione del mondo, e di tutti gli animali il Mostro del Lago è quello che non solo sa vivere, ma sa anche nascondersi dagli umani che lo calunniano. La seconda parte, Le Perle, è il canzoniere amoroso quando meno te lo aspetti. Testi dirompenti, esplosivi, cantati direi, perché anche se nulla dura in Eterno, l’amore possiede l’Eterno nell’attimo. Bene dice Guglielmin che questo editore è di classe, e non s’è fatto sfuggire il Poeta che surclassa tutti gli altri viventi e anche qualcuno dei Grandi Deceduti. Ordinare subito per posta o in libreria.

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