L’interessante della creazione poetica di Margherita Rimi sta nella sua capacità di fondere la
sua professione, neuropsichiatra infantile, con l’oggetto del suo discorso
estetico: ella infatti racconta, dal di dentro, l’esperienza di essere bambini difficili, calando lo
stile ai loro tic linguistico-emozionali, ai loro sguardi singolari. Sulla
scorta della parola analogica, talvolta settoriale, e facendo leva sulla figura
della ripetizione, giocata in versi brevi, costruisce dei monumenti essenziali all’identità
ferita, dove gli spazi bianchi danno massima espressività al suono, al ritmo e
al senso.
Questa
idea del poetico, che rinuncia alla metaforicità preziosa e difficile degli
ermetici, per una più efficace resa comunicativa, attraversa tutta l’opera
della Rimi, lambendo anche territori altri, come quando canta Palermo, “Vento
di terra // Cielo / tronco / sul mare” o usa il dialetto, per nominare luoghi e
persone, favorita dal fatto che, come scrive nella lunga intervista che
accompagna La civiltà dei bambini
((Libreria Ticinum Editore, 2015), “il siciliano è una lingua concisa” e con
frequenti ripetizioni.
Nella
medesima intervista, ben articolata da Alessandro Viti, la Rimi ci tiene a
distinguere la propria poetica da quella pascoliana. L’assunto mi sembra
convincente: “Quando un trauma viene subito nell’infanzia […] il bambino ferito
sarà sempre presente, farà sentire la sua voce, […] chiederà giustizia”. Se in Pascoli
il fanciullo è innocente, qui è nevroticamente tiranno, ma per rivendicare
un’ingiustizia (subita o immaginata) che appunto deve essere risolta. La parola
poetica rimiana ne mostra il sintomo, lasciando nel non-detto la distanza che,
talvolta incistandosi come un’ombra in ciascun parlante, lo tiene lontano dalla
felicità. Spetta al lettore interrogare quel silenzio inquietante, farlo vivere
nella pagina. Altre volte, c’è il sole nei versi e l’ombra scompare: “E
spaccano la parola in quattro / i bambini che non hanno lingua // La
cin-cin-tura il cerchio che si inventa / un suono / la sillaba che curva le
parole”. Quando capita, bellezza e innocenza si incontrano, come nella migliore
poesia per bambini o sui bambini. E, come in Lamarque e Scialoja, vuole
insegnare agli adulti, ma senza diventare assertiva, modulandosi in un dettato
che, come riferito, in lei si fa scarno per metodo, e vuole toccare il lettore
non per concetti o usando il pedale descrittivo, bensì attraverso il sistema
sensoriale: la nitidezza delle immagini, elementari per scelta, hanno un
profumo, una consistenza, un suono tangibili. Ed è appunto il corpo che trae
giovamento dalla lettura, prima ancora dello spirito.
Il
libro in cui meglio si segue questo percorso s’intitola Era farsi. Autoantologia 1974-2011 (Marsilio, 2012) dove il
prendersi-cura (della parola, delle persone, della memoria, della Sicilia,
della cultura dialogica) diventa il gesto di cui dovremmo tutti riappropriarci,
per rifondare un centro aperto alle differenze e capace di costruire futuro.
[Da
La civiltà dei bambini, 2015]
Nel
villaggio dell’Uttar Pradesh
erano due le bambine
le scarpe di sughero
E l’albero era di mango
erano due le bambine
le scarpe di sughero
E l’albero era di mango
In
fila due nuvole
in fila ci sono due corde
in fila ci sono due corde
due
gambe
due sorelle gemelle
due sorelle gemelle
Da
una parte il bambino
dall’altra il fucile
in braccio alla madre
dall’altra il fucile
in braccio alla madre
Nel
villaggio dell’Uttar Pradesh
erano due i nomi
erano due i nomi
per
tutti
due
le bambine
E
l’albero era di mango
Dedicato
alle due bambine violentate e impiccate in un villaggio India. Il fatto è
avvenuto 2014.
Pour
que tu ne te perdes pas
Il
corpo
non segue più il corpo
Si è messo delle strane idee
per la testa delle
Apoteosi
non segue più il corpo
Si è messo delle strane idee
per la testa delle
Apoteosi
Gli
fanno terrore i passi
le
due mascelle gemelle
l’acustico
del bitemporale
Ora
si addormenta
poi si sveglia e mi comanda
poi si dimentica tutto sul tavolo
poi si sveglia e mi comanda
poi si dimentica tutto sul tavolo
Si
è messo dalla parte delle idee.
[Da
Era farsi, 2012]
Palermo
I
Via Maqueda
ancora per un tratto
ancora per un tratto
ancora embrione
nella sua placenta
II
Palermo
si fa bianca
Pagina
su pagina
Vento
di terra
Cielo
tronco
sul
mare
III
La
pioggia sbatte sulla mia fronte:
una
pagina bianca
IV
Pagina segnata
Antenne
fredde.
Al 5° piano
stanza
di isolamento
Cranio di
cellule sui libri
parole
aggiunte
Nel cielo
tutto l’inverno
V
Immatricolazione ‘76
È
un vento stanotte
a farsi inseguire
a farsi inseguire
È
troppo
che sbatte le reti
che sbatte le reti
È troppo
tra
via delle Cliniche e via Alfonso Giordano
Era
morto un ragazzo
1°
anno di corso – Matricola 131 –
VI
Di
tanto in tanto un rigo:
lingua
il sole sull’acqua
Frammento
l’autostrada
calcolo di compasso
calcolo di compasso
e
di cemento.
La bambina
La
bambina non sapeva di
bambina
La
storia dentro a un pugno
scambiata tutta per errore. Così
scambiata tutta per errore. Così
Come
poteva essere da capo. Come
per aggirare il mondo.
per aggirare il mondo.
Dice
– Da dove finisce –
Da
dove. Sempre con l’ultima parola
sempre
senza nome
–
Prima del mondo che c’era. Prima –
– E prima della terra che c’era. Prima –
– E prima di prima che c’era. Prima –
La cin-cin-tura
E
spaccano la parola in quattro
i
bambini che non hanno lingua
La
cin-cin-tura il cerchio che si inventa
un suono
la sillaba che curva le parole
un suono
la sillaba che curva le parole
C’è
solo da rifare tutto intorno
tradire tra di loro le risposte
tradire tra di loro le risposte
Da
riparare
senza
il logopedico discorso.
Da intitolare
alla
Sicilia
Mi
dicono di scriverti più in bella
ma io ti conosco così
dalla disgrafia delle tue ossa
ma io ti conosco così
dalla disgrafia delle tue ossa
Dalle
radici di mandorlo di notte a questo vento
da dove esiste tutto questo mare
da dove esiste tutto questo mare
E
tutte le parole che hanno perso
che
qualcuno fa brillare
Tu
l’hai detto:
«da una sillaba scoperta»
II
Cominciano.
Stanno cominciando
Alcuni
ci sono. Ci sono
altri
Una
storia deve venire
Tutta vera-questa-tutta sbagliata
Mezza vera-questa-mezza sbagliata.
Margherita Rimi è nata a Prizzi (PA) nel 1957 e risiede in provincia di Agrigento. Poetessa, medico
e neuropsichiatra infantile, svolge da anni una intensa attività di prima linea
per la cura e la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, lavorando in
particolare contro le violenze e gli abusi sui minori e a favore dei bambini
portatori di handicap. Fa parte della redazione della rivista «Quaderni di
Arenaria». Collabora alle attività della Fondazione Antonio Presti-Fiumara
d’Arte-La Piramide e a varie riviste italiane di poesia: «L’Immaginazione», «Poesia»,
«Il Segnale». È consulente culturale del Premio Telamone di Agrigento; e
componente della Commissione Medicina e Cultura presso l’Ordine dei
Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Agrigento.
Tra le sue raccolte di versi, sono da segnalare Per non inventarmi, prefazione di Marilena Renda, Castelvetrano-Palermo, Kepos, 2002 (Premio Speciale Cesare Pavese sezione Associazione Medici Scrittori Italiani - AMSI, 2003); La cura degli assenti, prefazione di Maurizio Cucchi, Faloppio, LietoColle, 2007; Era farsi Autoantologia 1974-2011, prefazione di Daniela Marcheschi, Venezia, Marsilio, 2012 (Premio Laurentum, 2012 e Premio Brancati Zafferana – Segnalazione Speciale “Stefano Giovanardi”, 2013); Nomi di cosa – Nomi di persona, risvolto di copertina di Amedeo Anelli, Venezia, Marsilio, 2015. Sua anche La civiltà dei bambini. Undici poesie inedite, e una intervista, a cura di Alessandro Viti, Voghera (PV), Libreria Ticinum Editore – CISESG, 2015 (risvolto di copertina di Chiara Tommasi).
Nel 2014 le è stato conferito il Premio Città di Sassari alla Carriera.
Tra le sue raccolte di versi, sono da segnalare Per non inventarmi, prefazione di Marilena Renda, Castelvetrano-Palermo, Kepos, 2002 (Premio Speciale Cesare Pavese sezione Associazione Medici Scrittori Italiani - AMSI, 2003); La cura degli assenti, prefazione di Maurizio Cucchi, Faloppio, LietoColle, 2007; Era farsi Autoantologia 1974-2011, prefazione di Daniela Marcheschi, Venezia, Marsilio, 2012 (Premio Laurentum, 2012 e Premio Brancati Zafferana – Segnalazione Speciale “Stefano Giovanardi”, 2013); Nomi di cosa – Nomi di persona, risvolto di copertina di Amedeo Anelli, Venezia, Marsilio, 2015. Sua anche La civiltà dei bambini. Undici poesie inedite, e una intervista, a cura di Alessandro Viti, Voghera (PV), Libreria Ticinum Editore – CISESG, 2015 (risvolto di copertina di Chiara Tommasi).
Nel 2014 le è stato conferito il Premio Città di Sassari alla Carriera.
ti ringrazio Stefano
RispondiEliminaDa diversi anni la Rimi porta avanti con coraggio ed estremo rigore il suo singolare discorso poetico.
RispondiEliminaMatrice è l'esperienza quotidiana, i rapporti umani, il contatto con il dolore e la creatività dei bambini. Sono diversi i nuclei tematici. La sua scrittura a mio avviso travalica i confini italiani e, possedendo un ampio respiro, si situa tra il migliore retaggio mitteleuropeo e la parola scabra ed essenziale di alcuni autori dell'Est( Kristof, Müller ecc.) Grazie per il rilievo alla sua opera. Antonio Pibiri
Grazie per il commento
EliminaCarissimo Antonio, ti ringrazio per per la sintesi di quello che è stato fino a qui.
RispondiEliminamargherita Rimi