Esce, per conto di Interlinea edizioni, Paesaggi del silenzio con figura, di Camillo Pennati, un ulteriore canto sull’imprendibilità del movimento, sulla vocazione neutrale della natura, non matrigna, non madre, ma essere tracimante, incompiutezza dinamica che, senza soluzione, procede verso l’ordine imperscrutabile del cosmo. Al poeta spetta la grande responsabilità, ricca di stupore, di trasformare in musica queste concrezioni, di organizzarle in un correlativo soggettivo, concentrato di ritmo e suono. A differenza del fanciullo pascoliano, spaventato dal buio e incantato dalla natura, Pennati inventa lo sguardo laico dell'adulto convinto che la natura non vada spiegata o piegata alle esigenze della storia, bensì riconosciuta nella sua immanenza e riconsegnata nella scrittura sotto forma di vibrazione sonora e di struttura sintattica dove la relazione aggettivo qualificativo-nome hanno il sopravvento. Il dominio di questo sintagma mira a trasmettere le indefinite movenze qualitative della materia, che si combinano con l’agire dirompente della stessa, reso nello scardinamento semantico, nella non coincidenza tra organizzazione del discorso e realtà di superficie: difficile infatti ricostruire a posteriori il paesaggio oggettivo messa in scena dai testi. Ne cogliamo invece, come detto, la tramatura, gli scarti cromatici, gli ictus, le cesure, dovute altresì all'intromissione della temporalità, con una operazione non troppo lontana dallo Spazialismo di Lucio Fontana espresso nel Manifesto Blanco, in particolare là dove il gruppo scrive: "L'esistenza, la natura e la materia sono una perfetta unità. Si sviluppano nel tempo e nello spazio. Il cambiamento è la condizione essenziale dell'esistenza. Il movimento, la proprietà di evolversi e di svilupparsi è la condizione base della materia. Questa esiste in movimento e in nessun'altra maniera. Il suo sviluppo è eterno. Il colore e il suono si trovano nella natura legati alla materia". Tale poetica Camillo Pennati la pratica da sempre. Vittorio Sereni, nel n.2 del 'Menabò" (1960), parlò infatti di "deformazione di sintassi" di "volontà di espressione" che non si cura "di far tornare il conto aperto con primo verso". Una pratica non allineata, poco vendibile e che perciò fatica – soprattutto oggi – a incontrare la grande distribuzione, interessata solamente al marketing e non più disposta, come lo fu invece Italo Calvino quando ne riconobbe il valore, a scommettere su di lui.
Paesaggi del
silenzio con figura me lo ha fatto conoscere il poeta Roberto Cogo, sicuro
allievo del maestro: lo si capisce dalla vicinanza tematica, dall'uso frequente
del sintagma aggettivale, dal modo immersivo di incontrare la natura. Lo stesso
Cogo, regala a Blanc la seguente nota:
"Chi è Camillo
Pennati? e perché non rientra facilmente nel novero dei nostri grandi poeti del
nuovo millennio — seppure con le radici saldamente fissate nel terreno fecondo
e illustre della poesia novecentesca? Ve lo suggerirà, se lo vorrete, questa
breve selezione di testi tratti dal suo più recente libro di versi Paesaggi del silenzio con figura, edito
per Interlinea — piccola casa editrice di Novara che dimostra così la serietà e
la ricercatezza della propria missione editoriale, nel
disorientato-disorientante panorama italiano contemporaneo.
Vorrei azzardare
una delle cause che hanno contribuito a far calare il silenzio sul poeta
milanese, appartatosi da tempo nel suo rifugio di Todi in Umbria: la poesia di
Camillo Pennati, come vi accorgerete, si pone caparbiamente (fin dal tempo dei
suoi illustri esordi) l’obiettivo di cogliere l’istante nell’attimo del suo
accadere in quanto tale — l’happening di ogni mutamento, per quanto
impercettibile, l’evento mentre ancora avviene: un compito improbabile se non
impossibile e, forse, l’unico compito della poesia, per un poeta della levatura
di Pennati.
Scelgo qui, in
accordo con lo scrittore, di non fare una lettura critica del suo ultimo
sostanzioso e vario libro di poesia, ma di lasciar parlare le sue stesse parole
introduttive all’opera — cosa, quella di parlare della propria poesia, rara per
una persona schiva e poco propensa a spiegazioni o definizioni come Pennati —
che preferisce da sempre far parlare le cose e la poesia — e, pertanto, occasione poeticamente
oltremodo ghiotta per noi".
La mia è poesia di accadimenti in terra e in cielo nel
concretarsi del reale, quindi di luce e aria e vento e piante e fioriture e
uccelli, nel tempo vero e non immaginario. Di mari ansanti tra le coste del
globo e nuvolosità cangianti mentre dall'alto si appalesano, senza per ciò
volerlo, ad un terrestre sguardo, dell'accadere del cosmo che ci ignora, lo so
di loro e in commozione quanto per mio stupore ne esprimo per versi intrisi
come di stesure astratte e modulanti musicalità, le stesse visuali
contemplando.
Scrivo dai bordi della natura osservata —
dopo anni immersi in grandi città — nell'oasi/atollo di un vissuto giardino
tra dune verdeggianti sparse di fossili conchiglie emerse da preistorici
fondali al rivoltato suolo di arature dove il silenzio fraseggia di brezze e di
venti nell'aria commossa da quel suono.[...] la mente mia non sfoca e non
l'obnubila una sociale consapevolezza, anche se non ne scrive poi che è consapevolmente
incapace di epopee orrifiche e di esecrazioni postume [...]
Mentre l'accadimento avviene
Ora è scomparso il nido tra il fogliame
nell'impercettibile
dettame così vistoso della primavera
che
tutto l'ha celato al denudato ultimarsi invernale
quando
da cesto spoglio s'era andato abitando
d'invisibili
gridi ed un continuo andirivieni d'ali
attigue
a un fusiforme corpo che là vi si posavano
quindi
planando altrove o sul brullo adagiarsi
dei
campi alla cerca di cibo anche da riportarne
lassù
dove tornavano ora singolarmente o a coppie.
Scorgessi
la trasparenza delle prime foglie visibili
a
stento controluce in quella appena svolta consistenza
a crescere da questo appena
smesso sguardo all'altro
che le rivede ulteriormente
espanse: non ci si accorge
e ancora meno in noi di ciò che
nel contempo accade
mentre l'accadimento avviene che
si è già compiuto.
Del silenzio
È fatto interamente d'aria
e movimento
il timbro e il tono del
silenzio. Fatto
del suo volume più
assordante e soste
sterminate come di dilatato
abissamento
nel vento che gli presta il
suono e il suo
variare tra brezze di tonalità
suadenti
e lo sgomento secondo che
l'altrui volume
a farsi contro muti di
consistenza
e delle comprensive
forme d'ogni suo contorno
in cui si commisura nella
volubile portanza
delle sue pressioni a
convogliarne
urgendo oggi suo vasto
scorrimento
tra suono di boato e suono
modulato di portento
e sempre nel commento a
sostanziarsi di ciò
che informa l'ariosità
avvolgente del silenzio
nel contenuto stesso a
ricomporlo
del suo sopravvento.
Spazio e tempo
Lo
spazio tra l'altura e la risacca
e
tra l'altura e là la dissolvenza in curvatura
d'oltremare
lambita da quei blu immedesimati
e
quei cinerei strati in turbolenze temporali
è
quell'immenso e sterminato corpo di squamose
acque
così ondulante in sgombra giacitura
orizzontale
che di abissale tensione giunge
in
livello i margini a lambire della geologica
emersione
l'uno con l'altra in gravitante coesione
là
dove sosta al tempo in proiezione umana
quell'astrazione
estranea dell'immaginare
che
a sé confina l'estrema vastità spaziale
e
l'ignoranza stessa dell'orbitante ruotare ;
nel
contemplare da luoghi del costiero limitare
l'orizzonte
che non s'inclina allo sguardo
come
se tutto fosse di qua di ogni oltre
e
l'oltre il suo sublime dileguare di là
dall'irreale
scorgerne una linea intersecante
l'inoltrarsi della sola visuale.
La meraviglia del tragitto
Automezzi
scorrono
sui lunghi nastri
d'autostrade
per
paesaggi
d'antica
natura preesistente smangiati
ai
margini della magia
Nulla
paragonato
agli
ultrasonici aviogetti che solcano rotte di cielo
in
vivisezioni di guerra
e
in siderali ellissi
agli
osceni congegni orbitanti l'incombere
d'orditi
di morte.
Fiumi
fluiscono
secondo
manchi o abbondi un'inquinante
caduta
di piogge
verso
le foci
da
cui varcano la liquida incontenibilità di sempre
addentro
un mare pure contaminato.
Il
sangue
scorre
inavvertito dentro i corpi
nel
suo pulsante
irrigare:
all'ombra
della mente è ancora l'intuitivo
flusso
del percorrere
di
luogo in luogo
la
meraviglia del tragitto il senso
riflettendone
vitale
oltre
ogni corruzione
in
ciò che la sua linfa ancora riesce
se
riuscirà a trasformare
sino
a una nuova
scaturigine
di polla per fitti interstizi
di
sabbie
per
inerti
depositi
di scorie incenerendo le immonde
accrezioni della sua memoria.
Sotteso blu
Le fibre della vita per naturale
congiuntura
anche se spesso ignorandolo somigliano nei bordi
a
quel sinuoso profilo di battigia
dove
l'onda
sciacqua
lieve sulla sabbia lambendola
d'ogni
arcuarsi in sfrigolante trina
su
quel contornato confine
tra
l'emerso e il sommerso fluttuante la sua pelle
di
riflettenti squame
così
perdurando sino al mutare
dei
venti e d'ogni incombente pressione
quando
quel suo scaglioso dorso
si incresta
di spumeggianti pinne quindi di
aggroppamenti
tumultuanti
di
criniere che d'ogni
tesa
nuca in quel suo estremo arrovesciarsi
scoscendono
a squassarne
l'infuriante
equilibrio
su
fianchi e insenature e solidi contorni
d'uno
dei molti marosi e frangenti
a
irrompere di frantumanti boati
sfiancandosi
appena i grigioplumbei cavalloni
turbolenti
dei sorvolanti nembi
in
rotta si disbrancano sferzati
d'altri
venti e si spalanca l'arcuata riflessività
dell'aria
in tutto il suo sotteso blu
tuttora
blu di stratiforme
meraviglia
blu di sprofondante valva
di
conchiglia
che
qui
racchiude
il suo emisfero
sino
all'Artide.
Adagiati
sull'arenile
di
un momento in questo pensamento
un
attimo del vivere
nel
richiamo del vento
che
reca e ne diffonde la comprensiva effusività
lì
a sopraggiungere dell'eco.
Come a sentirsi immersi
nell'accadimento.
Come a sentirsi infusi
dell'avvenimento.
Nato a Milano nel 1931, Camillo Pennati
ha compiuto studi classici illuminati da Guido Bezzola e Luigi Panzeri.
Salvatore Quasimodo lo include in Poesia italiana del dopoguerra (Schwarz,
Milano 1958). Nel 1959 pubblica presso Guanda, dell'ingegnere Ugo Guandalini.
A Londra, dove vivrà per vari lustri, Umberto Morra di Lavriana gli affida
l'incarico di bibliotecario dell'Istituto Italiano di Cultura. Conosce Vittorio
Sereni e pubblica da Mondadori L'ordine delle parole (1964). Nel 1973
Italo Calvino lo invita alla Giulio Einaudi di Torino dove per svariati lustri
sarà redattore letterario per la narrativa e poesia angloamericane. Tre sue raccolte
usciranno presso la casa editrice dello struzzo. Traduttore di saggistica,
narrativa e poesia inglese e americana. Scritti sulla sua poesia in un quaderno
interamente dedicato della rivista internazionale "Hebenon", 9-10
(2001). Ultima pubblicazione Modulato silenzio (Joker, Novi Ligure
2007).
poiché alla lettura mi sono chiesta della struttura insistita (e un po' innaturale o quanto meno carica) di agg.+nome, grazie di trovare nella tua nota questa ottima risposta
RispondiElimina" Il dominio di questo sintagma mira a trasmettere le indefinite movenze qualitative della materia, "
un caro saluto
trovo anch'io molto insistito il sintagma. Mi piacerebbe sentire l'autore a questo proposito.
RispondiEliminauna delle caratteristiche di pennati è proprio la sua bravura nel passare dal polo di una massima naturalità a quello opposto di una massima astrazione(quell'innaturale che coglie bene margherita ealla). anche a me piacerebbe che l'autore intervenisse a questo proposito... nel frattempo, un grazie a stefano per il conciso e preciso intervento introduttivo. roberto
RispondiElimina....mi chiedo poi se questa ritrosia (o avversione?) verso la punteggiatura è una scelta stilistica e/o di senso che Pennati (o qualcuno di voi) possa dirci. grazie e un saluto, GTZ
RispondiEliminami sembra, dalle mie letture, che sia un'avversione soprattutto per la virgola (considerata "servile" da gertrude stein...) più che per la punteggiatura in generale. gli a capo poi sembrano svolgere diverse funzioni. ma aspettiamo chiarimenti. roberto
RispondiEliminaDa parte mia voglio semplicemente ringraziare Stefano Guglielmin per la bella proposta di lettura che, assieme alla nota di Cogo, mi ha spinto ad acquistare il libro di Pennati che ho trovato meraviglioso e meravigliante.
RispondiEliminagrazie Antonio. Speriamo che Pennati lasci un piccolo intervento critico, così da aiutarci a capire le sue scelte stilistiche. Lunedì, poi, a tale riguardo, posterò alcuni frammenti significativi estratti da una sua intervista
RispondiEliminaDell'acuta e concisa scheda critica di Stefano Guglielmin,che ringrazio sentitamente,vorrei solo confutare il passo in cui scrive come sia difficile ,per lui,"Ricostruire a posteriori il paesaggio oggettivo messo in scena dai testi",poichè se anche fosse il caso in qualche testo,non è possibile ,ritengo,che cio' accada o sia accaduto globalmente in tutti.
RispondiEliminaMi pare una apodittica connotazione da lettura un po' affrettata . Quando invece è felice ,da parte sua l'aver riconosciuto come per me la natura e la natura ritratta nei miei versi sia immanenza e ,aggiungo,immanenza di effusione e di espressiva e sostanziale propensione che giunge al colmo della sua informante essenza nel tempo singolare d'ogni suo accadere sulla Terra.
Camillo
Gentile Camillo, la ringrazio per la risposta. Rispetto alla sua osservazione critica: più che di lettura superficiale, direi che ho scelto le poesie più originali, quelle che si distinguono maggiormente dallo stile di altri poeti. In queste la cifra oggettiva è meno evidente, ma questo, per me, è un pregio.
RispondiEliminaTengoa inoltre conto della natura del blog, che non vuole essere analitico, bensì una sintesi di un modo di intendere la poesia.
un cordiale saluto