Uscito nella collana "Arcana Mundi" diretta da Marisa Zattini de IL VICOLO editore (Cesena), Canti dell'offesa, il nuovo libro in lingua di Fabio Franzin, ha trovato un recensore particolare, suo figlio Alessio Franzin, laureando in lettere moderne presso l'Università di Padova. Le poesie - metricamente organizzate in terzine raramente rimate, con il metro oscillante tra l'endecasillabo e l'alessandrino, spesso scandite dall'enjambement - hanno la prefazione di Gianfranco Lauretano.
CANTI DELL’OFFESA, una recensione di
parte
A metà fra il Dylan delle canzoni di
protesta e il Matteo Salvatore delle canzoni di denuncia sociale, a metà fra la
poetica rabbiosa e sferzante di Trilussa e le parole amare di Pennacchi, Fabio
Franzin lancia con questi “Canti dell’offesa” il suo urlo primordiale. Versi
potenti, scarni, diretti, contro la tirannia dei potenti e contro
l’impoverimento materiale, ma soprattutto culturale, del nostro tempo. Come non
riconoscersi nei suoi versi, versi che non sono diretti a nessuno in
particolare, eppure versi che appartengono a tutti noi. Versi monolitici, che
non conosciamo ma RICONOSCIAMO, come le montagne, come il mare. Se, dopo la
pubblicazione delle opere di Primo Levi, nessuno ha più potuto dire di non essere
mai stato, seppur per un istante, ad Aushwitz, leggendo questi “canti” nessuno
potrà più dire di non essere mai stato un operaio, nessuno potrà più dire di
non sapere cosa significhi essere precario, sia economicamente che
spiritualmente. Questo ci insegna Franzin: che la precarietà, più che una
condizione di vita, è un sentimento, uno stato d’animo. Lo stesso stato d’animo
delle celeberrime foglie autunnali cantate da Ungaretti, precariamente appese
agli spogli rami, in balia delle raffiche di vento potenzialmente fatali.
Un’opera
matura quindi, forse una delle opere più compiute del poeta veneto che, conscio
della sua maturità artistica ha giustamente optato per uno stile più asciutto,
quasi telegrafico, eppure spietatamente efficace.
Dunque dov’è l’offesa? Ma non è /
offesa, è strazio
Vittorio Sereni, Gli stumenti umani, Einaudi 1965
La sorte dell’uomo, è mutata. Ci sono
dei mostri. Un limite è posto a voi uomini. L’acqua, il vento, la rupe e la
nuvola non son più cosa vostra, non potete più stringerli a voi generando e
vivendo. Altre mani ormai tengono il mondo
Cesare
Pavese Dialoghi con Leucò, Einaudi 1947
Cosa mai ne capivamo noi di
borsa
economia materia pensavamo
fosse
solo per altri magnati o
premi nobel
cifre e diagrammi che non
sapevamo
interpretare che sembravano
le Alpi
sulla carta quotazioni come
altitudine
di passo di pianoro. Che al
massimo
per noi era fare la cresta
sulla spesa
qualche euro che restava
nelle tasche
il segno più. Ma col mutuo
abbiamo
provato quelle vette
capovolte negli
abissi le punte farsi aculei
nella carne
(così fa la faina quando penetra
furtiva nei pollai e uccide fa razzia
per cibarsi poi soltanto delle creste)
**
Stanno lì parcheggiati lungo
corridoi
e rientranze sulle sedie a
rotelle nelle
lettighe in attesa che venga
finalmente
il loro turno e non giunga
nel frattempo
qualcun altro registrato con
un codice
d’accesso più urgente non sia
successo
un incidente grave nei
paraggi. Stanno
lì con le loro bende il loro
male angoli
di plaid marroni a strisce
ocra penzolanti
da quei corpi da quei cupi
lamenti. Molti
sono anziani sconfitti dalle
articolazioni
dai gradini delle scale
oppure sono operai
feriti nel lavoro. Lì nella
posa del dolore
come comparse in una pièce
dell’offesa:
vittime del consiglio di
amministrazione.
**
È
guerra ormai è guerra senza armi
la guerra sgangherata dei
pezzenti
con le bollette in mano i
denti laschi
la carie che ha intaccato i
sentimenti.
Guerra senza esercito e
bandiera senza
elmetto né trincea e che di
certo non ha
neppure il suo nemico perché
il volto
del nemico è celato nel
tracollo della
cifra nel codice d’accesso al
bancomat.
Guerra in cui ognuno è solo
nella lotta
con la sua sporta il ciuffo
di sedano che
sbuca il latte che si spande
fra la calca
solo col suo cent a grattare
la schedina
con la ricetta nella tasca
del giaccone
solo ad una voce registrata
che ripete
prema il tasto tre invece se desidera
parlare con un nostro operatore. Solo
a combattere se stesso il suo
destino.
**
È che non è neanche più
questione
di come o di cosa uno si
accontenti
la miseria è sempre iena e la
dignità
il moncone che nessuno può
esporre
al mondo ormai senza
vergogna. La
matassa il reticolato irto e
grigio là
calcato sopra le ansie e le
preghiere
di mia madre: Testanera è una bella
pubblicità che promette di
ricoprire
a lungo la ricrescita. “Sì, mi balla
la dentiera, altro che parrucchiera”
dice “mi fanno male le gengive”
è solo il male a far rima con
sociale
oggi per chi si ostini a
continuare
a vivere oltre l’età
contributiva.
**
Preistoria è la parola e
l’immagine
il bruto armato di clava la
donna
preda trascinata per i capelli
verso
l’antro buio della caverna.
Il prefisso
a storia dice di un tempo anteriore
alla civiltà di un’epoca in
cui l’uomo
era ancora dominato dagli
istinti era
bestia fra le bestie. Da
quale breccia
o rigurgito di ere questa
involuzione
della specie questi stupri
consumati
dietro cespugli nell’ombra
polverosa
degli androni? Paura che la
clava sia
stalattite di solitudine e
rancore timore
anche delle proprie unghie di
scoprirle
lunghe e appuntite che
ritornino artigli.
Il valore di questa recensione è molto maggiore di quello che c'è scritto dentro.
RispondiEliminaFrancesco t.
Non nel senso che sia scritta male, anzi tutt'altro. Ma più che di un poeta, mi sembra assumere il valore di riconoscimento di un padre.
RispondiEliminaFrancesco t.
come sai, non è facile dialogare tra generazioni, quindi, hai ragione! Lo stesso Fabio è stato molto toccato da questo gesto d'affetto.
RispondiEliminaquesto poeta è una scoperta bellissima, così come il tuo blog.
RispondiElimina:-)
Ringrazio, davvero di cuore, Stefano, per avermi fatto il dono di postare questo dono immenso. E ringrazio anche Francesco, altrettanto di cuore. Sono d'accordo con lui, questa breve recensione è una cosa che mi riempie di gioia, e mi ripaga di tanti momenti difficili.
RispondiEliminaRingrazio anche "io vi racconto" per le parole di stima. Un grande abbraccio a tutti. FF
Ciao Fabio! E saluta anche Alessio.
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