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giovedì 22 dicembre 2011

Le nascite del "Principio"



 La filosofia greca nasce a Mileto, colonia ionica dell’Asia minore, nel VI secolo avanti Cristo. Lungo la linea secolare del pensiero religioso occidentale, nel quale l’unità e il molteplice convivevano in divina conflittualità, si apre infatti una discontinuità radicale, che subordina il molteplice all’Uno, secondo necessità: il monismo ilozoista di Talete consiste appunto nel ricondurre le innumerevoli differenze degli enti all’unità del Principio, concepito quale forza vitale, energia in perpetua creazione. Prima di lui, Assiro-babilonesi ed Egizi piegavano la speculazione all’utile astrologico, agronomico e alla prassi sociale; dal canto loro, le religioni preolimpica, olimpica e misterica, pur dando forma armonica e divina all’inspiegabile naturale, si negavano la possibilità d’interrogare quest’ultimo tramite l’indagine formale, compito che si assumerà la filosofia presocratica, mettendo le basi per un’epistemologia della visione, secondo le procedure del coordinare, distinguere, subordinare e unificare il fenomenico, così da ricondurlo, appunto, all’unità.  
   Se Talete inaugura il viaggio della scienza occidentale, Confucio dà l’avvio alla storia del pensiero cinese, nella misura in cui, selezionando e interpretando alcuni trattati anonimi d’antichissima tradizione,1 dà loro una sistematica unitaria e funzionale al buon governo, in un periodo di piena decadenza etica e politica. A differenza di Talete, Confucio non crea concetti, bensì piega-spiega la tradizione plurisecolare alle necessità politiche del presente. A rigore, dunque, la sua dottrina non è filo-sofia (amore mai colmabile per il vero), proprio perché, in essa, il vero è già dato, e semmai l’esercizio speculativo consiste nel trovare le parole giuste per insegnare la pratica della Via, quell’etica dello stare dentro il movimento imperscrutabile della verità, che diverrà subito motivo di contrasto con l’altra grande scuola cinese, il Taoismo. Entrambe le correnti si differenziano nell’interpretazione della Via, che nel Tao Tê Ching non è costante,2 e tuttavia concordano nel ritenerla arché da cui tutto comincia e ritorna. In questo senso, sia lo ionico sia i due cinesi inaugurano un pensiero che unifica il molteplice nella sostanzialità del Principio e lo fanno, per usare la terminologia junghiana, sincronicamente, ossia nel medesimo tempo secondo un parallelismo acausale e significativo, a cui partecipa la stessa filosofia indiana, tanto nella dottrina del Buddha Siddhartha quanto in quella di Vardhamana, fondatore, sempre nel VI sec. a C., del giainismo.
   Com’è noto, nel buddismo hinayano, la pratica dell’ottuplice sentiero che conduce all’estinzione del desiderio (e dunque del dolore) si fonda nella certezza upanisadica dell’Unità dell’Essere (Bráhman), modello e meta del viaggio dell’anima individuale (Ātman), che in esso si risolve; lo stesso dicasi per il giainismo, nel quale l’esperienza ascetica prelude alla fusione dell’anima individuale (jiva) con la totalità ciclica del cosmo: purificatasi dalla materia e dunque estinto il karman, essa raggiunge le altre ‹‹anime salve›› in una ‹‹particolare regione dell’universo›› e lì dimora in perfetta beatitudine.3 Alla visione fenomenica metodologicamente fondata della filosofia greca, la ricerca indiana volge dunque lo sguardo verso l’interiorità - ne fa metafora del sentire rettamente impostato - fino a dissolverla nel Principio onnipervadente; similmente, Confucio mantiene l’occhio vigile sull’armonia dinamica degli opposti, curando l’equilibrio interiore, che è specchio della volontà del Principio. Così facendo, l’agire individuale si armonizza con l’Ordine del Tao, in una gerarchia che trova, nella vita collettiva e nell’Imperatore (figlio del Cielo), il suo punto mediano.
   Alcuni studi recenti, sulla base delle discordanze stilistiche del Tao Tê Ching, sospettano che Lao tzu non sia mai esistito. Di contro, lo storico Ssu-ma Ch’ien (145-79 a. C.) ci afferma che egli rimase, a lungo, archivista imperiale a Lo Yang, dove incontrò Confucio e con lui si confrontò in merito al significato del Tao. Anche lo storico della filosofia Chow Yin Ching lo dà contemporaneo del maestro; e così fanno, in generale, i taoisti occidentali.4 Come già suggerito, se così fosse, ci troveremmo davanti la singolare evidenza che, sincronicamente, un greco, due cinesi e due indiani hanno fondato la loro dottrina sul Principio unico; a questi, sarebbe doveroso aggiungere l’iraniano Zarathustra (630-553 a. C.), la cui metafisica monoteista trova, nel principio di causalità, il corrispettivo mondano unitario.5



1 Com’è noto, l’originario canone confuciano, fissato definitivamente tra il 172 e il 178 d. C., comprende i seguenti ‹‹Cinque classici››: Libro dei mutamenti (I Ching), Libro delle poesie (Shih Ching), Libro dei documenti (Shu Ching), Primavera e Autunno (Ch’un Ch’iu), Memorie sui Riti (Li Chi); su questi testi, Confucio intervenne direttamente, compilandoli (il Ch’un Ch’iu) oppure selezionando le testimonianze e annotandole.
2 Nel Tao Tê Ching (I), infatti, ‹‹La Via, veramente Via non è una via costante››, se non in quanto ‹‹alternarsi del Non-Essere e dell’Essere››, i quali ‹‹hanno in comune... il Mistero supremo, la porta di tutti i prodigi››, (trad. it. di A. Devoto). Ed è appunto questa ‹‹porta›› ad essere l’archistruttura del differire continuo quasi in senso deleuziano;
3 ANGELO BRELICH, Introduzione alla storia delle religioni, ed. dell’ateneo, Roma 1966, pp.284-292;
4 CHOW YIH-CHING, La filosofia cinese, trad. dal fr. Di G. Falco, Garzanti, MI 1960, p.28; ALAN W. WATTS, Il Tao: la via dell’acqua che scorre, trad. it. A. Mantici Lavagnino, Ubaldini, Roma 1977, p.20;
5 Zarathustra compilò i capitoli Yasna, detti ‹‹Gatha››, i più antichi dell’Avesta. In essi, il dualismo (la reciproca lotta fra gli spiriti gemelli Spenta Mainyu e Angra Mainyu) trova originariamente in Ahura Mazda il Principio primo, che di queste ed altre forze è il creatore. Sarà soltanto nei testi pahlavi, successivi di circa un millennio alle Gatha, che Ahura Mazda diventa il Dio del bene che lotta contro Angra Mainyu, spirito ostile al rinnovamento del mondo. Sull’argomento cfr. PAUL DU BREUIL, Lo zoroastrismo, trad. it. S. Brusati, il Melangolo, GE 1993, e A. BRELICH, Introduzione alla  storia delle religioni, ed. cit., pp.294-300. La filosofia pratica cui rinvia Zarathustra, la ritroveremo nel Teeteto platonico (176), a proposito della massima perfezione umana perseguibile in terra: ‹‹Assomigliarsi a Dio è acquisire giustizia e santità, e insieme sapienza››.

Stefano Guglielmin in  S. Baratta, F. Ermini (a cura di), I nomi della sincronicità, Moretti & Vitali, pp.112-114, Bergamo 2007

BUON NATALE!!!

3 commenti:

  1. 1 La Via generò l'Uno,
    2 E da Uno furon Due,
    3 E da Due, Tre,
    4 E da Tre ecco i Diecimila esseri.

    (no, non sono gli assiomi di Peano...:))

    5 Questi portano sul dorso yin e stringono al petto yang
    ….
    14 Cosicché, il detto «Ai forti e ai violenti non è dato di spirar tranquilli»
    15 Sarà, del mio studiar, il cominciamento

    da [42], Laozi

    Buon cominciamento! A tutti

    grazie a Blanc per tutto.

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  2. Margy, sempre stratosferica, eh! :-)

    grazie. E grazie a aida! Buon natale anche a te.

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