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mercoledì 28 settembre 2011

Ranieri Teti


Entrata nel nero (kolibris, 2011) di Ranieri Teti racconta la discesa nella scrittura, nel suo paludoso inchiostro senza rive, e, nel contempo, l'entrare del corpo nella vita, in quella tenebra, in quella «distesa frantumata» che è la vita quando scopre la propria radice ineluttabile di dolore. Tuttavia scrittura non si dà senza quest'inabissamento, questa discesa con la penna al collo ed il lume «che bagna le mani»: l'una vuole l'altra, la chiede in pegno, sino all'approdo finale, segnato dallo spegnersi, dall'estinguersi. Errare tra la scrittura e la domanda sul senso del vivere, entrare «nel nero dall'ultima riga mormorata»: questo duplice movimento è infatti il destino degli umani, ci dice Teti, parlando a nome dei tragici d'ogni tempo, facendosi corifeo dell'inabitabile che la letteratura, malgrado tutto, rende ospitale, nella misura in cui sa conciliare il qui e l'altrove. La ripete due volte questa verità irrappresentabile: «tutto è qui solo essendo altrove» perché nulla sta monadicamente chiuso, bastando a se stesso, tanto meno la parola poetica, che del naufragio porta la traccia sanguinolenta e, del gorgo, la tenebra. Essa infatti vive in quanto eccedenza senza quiete, che tracima in altro, vibrazione in cui il senso ha luogo, pur continuando a spostarsi più in là, per natura. Entrata nel nero, sotto questo profilo, non focalizza soltanto la nuda esistenza quando si scopre infondata, ma insegna la fatica della scrittura, ne mostra la responsabilità, l'inconsolabile procedere «da un luogo che non ha misura né arrivi», aderendo «al punto di vista della foce», che è caduta ma anche la possibilità stessa del volo. Scrive Teti, riprendendo forse un ossimoro caro al Pascoli delle «aeree frane»: «Cadendo / disgregarsi dove si alza lo sguardo», ossia la tenue speranza che, entrando nel nero, ci si avvicini al senso d'ogni nostro arrancare, scegliendo magari la concentrazione e le «vocali voragini» anziché il frivolo saltellare sulla cronaca. Perché essere poeti costringe a vivere su «una stretta / lingua di terra», dove lingua e terra sono coessenziali alla «parola», in una frugalità che piacerebbe al monaco, «tra inchiostro e fango», abitando il «confine», la linea che tiene appunto stretti e lontani, nel contempo, il qui e l'altrove. Se è così, allora entrare nel nero implica già sempre un attraversamento del bianco, una nomadismo nella luce, che «unisce e separa // tutto quello che è nascosto e grida». Bianco e nero sono sempre contemporaneamente, anche in questo densissimo libro, la cui superficie – «metà colore metà abbandono» – è la pelle stessa della profondità, l'unico modo che ha l'oscuro di esistere senza essere opaco, di splendere come un'alga lasciata al moto impetuoso della corrente.




mostra i denti
come bestia cerca
cibo nel buio il lume

che bagna le mani
e il silenzio del foglio
delle dita sul foglio




**


tra i luoghi preferiti dell’insonnia
passa la notte nella sua opera

trasportare la superficie
in cerca di profondità

tra gli smottamenti delle cose
nel silenzio delle due rive
nell’acqua trattenuta dalla sponda





**


nella parte bianca la parte
ferita di derive va al nero
metà colore metà abbandono

in parte annottarsi o cadendo
disgregarsi dove si alza lo sguardo




**


davanti a sé non ha pianure la superficie del suono
non ha dolore l’inserzione della lingua alla gola

e il tempo che passa da una parola all’altra
è un precipizio in equilibrio ancora sui crinali
di un’attesa uguale al nero che vive nel giorno

alla notte dentro le parole che passano
in fila sul bianco da un precipizio all’altro





**


nella divisa unità della frase
il bianco intorno unisce e separa

tutto quello che è nascosto e grida
in suoni sordi nel loro ritrarsi
di occhi al ratto delle visioni legati

al nero del film che assedia i colori




**


ogni parola una stretta
lingua di terra

e poche cose
tra inchiostro e fango

nei luoghi recitati a confine
da voci che guardano




**

......................................a Ele


con il pretesto del buio nello svanire delle posizioni
il lato minore della notte è un ripiegare di difese

nel respiro delle fondamenta vive
la biografia dell’oscurità

quel riflesso nell’astensione tra ascesa e attese
l’entrata nel nero dall’ultima riga mormorata




**


non appartenere che a transiti e mutamenti

nell’ultima sponda dei margini i corpi
nei luoghi disuniti di titoli e partenze

tra tempi fermi protratti in verbi riflessivi
la parola andare è uno svanire di strade




**


con sguardo interiore volge in prima persona
la pietra e l’opaca indifferenza delle cose
e il meglio che vive e scompare dentro

una pausa del respiro dove un freddo
odore chino sugli sfiorire plasma
gli alberi alti dell’infanzia




**


in un ritorno di segni echi di passi nel difforme
spazio di forme negli specchi del sottrarsi

restare è stato abitare un distacco una caduta
al suolo di ieri nei vetri ricomposti in trame

la prima volta della biografia separata dai giorni




Ranieri Teti è nato a Merano nel 1958. Ha pubblicato: La dimensione del freddo, prefazione di Alberto Cappi, Verona 1987; Figurazione d’erranza, prefazione di Ida Travi, Verona 1993; Il senso scritto, prefazione di Tiziano Salari, Verona 2001; Controcanto (dalla città infondata), immagini di Pino Pinelli, nel volume collettivo Pura eco di niente, prefazione di Massimo Donà, Morterone 2008; Entrata nel nero, prefazione di Chiara De Luca, Kolibris, Bologna 2011.
È presente nelle antologie: Istmi. Tracce di vita letteraria, a cura di Eugenio De Signoribus, Urbania, Biblioteca Comunale di Urbania, 1996; Ante Rem. Scritture di fine novecento, a cura di Flavio Ermini, con premessa di Maria Corti, Verona 1998; Akusma. Forme della poesia contemporanea, a cura di Giuliano Mesa, Fossombrone 2000; Verso l’inizio. Percorsi della ricerca poetica oltre il novecento, a cura di Andrea Cortellessa, Flavio Ermini, Gio Ferri, con premessa di Edoardo Sanguineti, Verona 2000.
Fa parte, dal 1985, della redazione della rivista “Anterem”. Collabora a riviste, cartacee e on-line, italiane e straniere. Per conto delle Edizioni Anterem cura la collana “La ricerca letteraria”. Co-fondatore e responsabile del Premio Lorenzo Montano, ne cura il periodico on-line “Carte nel Vento”, presente nel sito http://www.anteremedizioni.it/ Figura nella direzione artistica del festival annuale VeronaPoesia. Vive a Verona.

11 commenti:

  1. come mai questa radura di commenti? eppure spesso il confrontarsi è utile per comprendere anche noi stessi. in poesia almeno.
    mi spiace soprattutto per i poeti ospitati che meritano.
    e per te anche Stefano che decisamente fai un bel lavoro, non è da tutti la costanza, la pazienza.

    Anila

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  2. diffidenza, timore, calo di interesse a commentare: 3 ragioni deboli ma vere.

    grazie per gli elogi a Blanc e per la stima verso il poeta ospitato.

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  3. Stefano ha posto un sigillo definitivo su questa raccolta. La sua recensione è talmente esaustiva che forse è superfluo aggiungere qualcosa. Credo che il lavoro di questo sito-blog sia più importante per le proposte che per i commenti: in questi tempi devastati dove ovunque ormai la star è l'economia, continuare a parlare così di poesia definisca il confine tra vivere e sopravvivere. Ranieri

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  4. perdonate il refuso alla penultima riga: definisce e non definisca. R.

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  5. spero tu abbia ragione, caro Ranieri. e' anche vero che si scrive sempre per qualcuno la cui esistenza reale si tocca nei commenti. Che comunque sono in calo fisiologico in tutti i litblog.

    ciao!

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  6. secondo me l'ottima presentazione, così come le poesie presentate sono condensate in questo passaggio contratto-fulminante:
    una
    “discesa con la penna al collo”

    (bellissimo!)

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  7. "Sigillo definitivo". Credo di sì. E, per nostra fortuna, non è la prima volta e non sarà l'ultima.

    Un saluto a tutti.

    fm

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  8. Proprio belle queste poesie di Ranieri. Ogni tanto vengo qui a leggermene una.
    Volevo solo ringraziarvi per il regalo di questa pubblicazione.
    elena.

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  9. Versi consapevoli che svolgono (e avvolgono in) una ragnatela impalpabile, precisa geometria come mappa per tornare nel posto da dove si è partiti cercando (a cercare ancora...). Belli.

    Doris

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