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lunedì 12 settembre 2011

Massimiliano Chiamenti


Credo che sia doveroso anche per Blanc ricodare questo poeta, "trovato morto, nella sua casa di Bologna" come ricorda Franco Buffoni su "Nazione Indiana" il quale aggiunge  "Era nato nel 1967. L’ho incontrato l’ultima volta a Padova il 15 luglio scorso al Gay Village, in occasione della presentazione del mio “Laico Alfabeto”, in una splendida serata ben organizzata dal locale Arcigay. Massimiliano intervenne nel dibattito con acume e ironia e al termine, in birreria, mi disse sua sponte che ci saremmo senz’altro rivisti a Mantova l’8 settembre. Mi sento tradito. E più solo".

E Matteo Veronesi (con il quale si chiudono i post in rete sulla sua poesia, se si esclude un post su facebook, da cui io sono venuto a conoscenza del triste evento): "Conoscevo Chiamenti (filologo e poeta da poco toltosi la vita nella sua casa di Bologna) solo per i suoi studi danteschi. Che erano incisivi, rivoluzionari, metodologicamente rigorosissimi, eppure antiaccademici nelle conclusioni: quando, ad esempio, dimostrava inequivocabilmente, contro Maria Corti, che non c'è, in Dante, una chiara presenza intertestuale del Liber Scalae; o quando parlava, in modo sorprendente, con solide argomentazioni, di un "Dante sodomita" (io parlerei piuttosto di un Dante ermafrodito, nel senso in cui Guinicelli dice, in modo a sua volta controverso e polisemico: "Nostro peccato fu ermafrodito", o comunque androgino, ambiguo, oltre, nella sua sublimità, ogni identità sessuale, onde a Forese rivolge quelle parole indecifrabii: "Se tu riduci a mente / qual fosti meco, e quale io teco fui").

Ecco per quanto mi riguarda, e lo dico con il massimo rispetto verso tutti, mi interessa poco dell'orgoglio gay e della sua esibita omosessualità. Lo scandalo, per me, è sempre lo stesso e sta altrove: c'è un uomo che muore e, morendo, scrive della propria morte, ma questo ci distrae dai nostri importantissimi impegni, nei quali spesso ricordiamo a tutti che non è giusto che un uomo muoia per l'incuria degli altri, tantomeno suicida. Almeno i più sensibili dei poeti si rendano conto del paradosso o, meglio, dell'ipocrisia che ci pervade.

Posto alcune poesie, e il link di un video dove recita con maestria alcuni suoi testi
qui

da Di&con Daniele

prologo

tradimento

questa poesia la scrivo in segreto
mentre sei a cena dalla mamma
e firmo pure un contratto per la pubblicazione
che tu disapproveresti
ma ho fretta di pubblicare
a 43 anni vissuti così – bello mio – il futuro sembra un soffio
e non ti tradisco con un altro ragazzo
perché tu sei il più bello e profondo del mondo
una fonte inesauribile
di amore e bellezza
ma ti tradisco con queste parole
che spedisco dal tuo letto
al mio amico mirko fuggitivo per la svizzera
e al pio nuovo editore
che raccoglie di me
le prime ceneri del nostro amore
come la cenere che si mette sotto la coca basata
perché la scrittura è solo detrito
e la mia vita a tutto tondo sei tu
scriverò per te
“quello che non fue mai detto di alcuno”
nel mio prossimo libro
che poi è ormai questo qui
possano gli dei tenerti accanto a me
in ogni vita in ogni tempo e in ogni luogo
in ogni regno di esistenza
dove tu mi sarai principe e consorte



canto primo

amuleti talismani gatti o quale altra enigmatica sinistra icona
posso opporre a questo male
questo mostro minaccioso ignoto
ben peggiore e difettato del male almeno puro
quest'uomo potente e sadicamente dominante
oscuro medico di magie iperneurali e nanotecnologie
che prolunga sé in mille spire e mille forme come un proteo o un’idra
e offende questo mio fiore come le fauci del capretto selvatico?
in verità – dicono i saggi – non è più rimedio
e altra via non c’è che quella di accettare il fato
e contenersi in questa di forza dimezzata vita e limitata
dove ciò che è perduto è da ritenere perduto
e ciò che resta è da cospargere con olii balsamici e lenitivi vari
cercando nuove cose in nuove forme – cercando il paramatma – forse?
l’uomo maturo – dicevano gli antichi – non dovrebbe invidiare la forza del giovane
che non gli è data
così come il giovane non conosce invidia per quella del toro
che non gli è data
così dunque è per me per te per noi amore mio
e lobotomizzato e dislessico e impotente o quasi devo proseguire il libro
il libro che parlerà di te
e riprendermi risorgere resuscitare vincere farce-la:
anche se
la scrittura si fa molto incerta minore la memoria
e pressoché impossibili ulteriori apprendimenti
questo dunque ci resta amore mio
un massi che non è più massi in toto e per se
e quasi secco è il mirto
come un limone dal poco succo annidato solo tra gli interstizi
e cazzo mi dibatto in questa lotta in questa sfida non mi arrendo al mostro
all’orco all’entità superiore ma con sue fragilità nonmeno
ci resta però – questo è certo – il consolare il consacrare l’abbellire le nostre
di necessità oh di necessità ripeto così abiette monche tronche vite
frante dallo strazio di multimiliari iridiscenti lame di luce e radiazioni
che feriscono cervelli rètine e metri di intestini
per quanti mesi quanti mesi quanti quanti quanti mesi mesi mesi
ci resta il decorare nel senso proprio di decus decoris il decoro
il decorare con simboli ghirlande antidoti specchi specchi e ricerca
di punti deboli
del
nemico
ma – dicono i sapienti – forze oppositive operano sempre in simmetria
forze oppositive operano sempre in simmetria
e l’orrendo boomerang lanciato ad astronomica potenza
da una folle compagnia gerarchizzata di torturatori dalle loro feritoie di orrori
ricadrà sul capo loro la consorte la casa sua e i figli tutti
e sarà strage furente e morte e ferro e fuoco
e infine crollo – e terribilmente – della rocca infame che attorno attorno
opprime le terre propinque e le sue genti
e quel pallido gelido tiranno apparirà finalmente
e di nuovo
al balcone
per sprofondare in un gorgo infestato da erinni in furia
all’altra all’atra sponda dove restare è legge




Trionfo della morte


la madonna nera

perché anche i duran duran dalla radio
hanno superato il tunnel del giro boia di boa
del millennio
così, è un gioco che faccio ultimamente
di vedere chi c'è rimasto nel secondo atto
dopo il grande crollo
faccio la conta e dico:
“beh, io ci sto, e freak, e paolo poli;
tondelli, pazienza, bellezza, freddy e cobain
invece non ce l’hanno fatta
però bowie sì – anche se è di quelli
invecchiati male come me –
fiumani presente...
i depeche mode e i cure ci stanno...”
io mi dicevo pure rimuginandoci...
insomma non so se ho ricordato tutti nell’appello
ma un po’ di ordine andava fatto
e sì insomma la musica
e sì se devo dire di qualcosa
che per metafora assomigli a dio
direi la musica
non che in dio io ci creda
ma diciamo così come modo di dire
che la musica è il modo in cui
mi immagino il paradiso
dove il corpo è lasciato al guardaroba
e si entra così vestiti di nientezza
o si resta solo tra i neuroni dei viventi
il dna dei figli le proprie opere e poco più
così la bambina beata sulla spiaggia
quasi nera quanto l’icona veneranda
ha già capito che suo
evangelicamente
è questo mondo
dove ciò che non è giovane, femmina e nero
ha in sé i germi della morte
“io sono come questa roccia”
recitava con la sua boccona l’attrice matrona nera
al recital dell’altra sera
e così voglio sentirmi anch’io
viventi peraltro in me
enormi reti di memorie e nostalgie
come le reti di pescatori sulla duna
sei conchigliette sull’acciottolato
e sì – ormai mi hai convinto –
questa fissazione con l’ego è solo una pugnetta



sguardi

il malato di aids nel suo lettino di ospedale
il volto ormai un teschio
guarda rassegnato come me
il livello del liquido
che scende dalla flebo
un misto di terrore e di malinconia

roberto e igor se la ridono al sert
vivono come me
una vita da più e meno tossici
un misto di assenza e di allegria
leonardo implora affetto
dolcissimo mi sale in braccio
vuole correre come me
un misto di bisogno e di profondità

e dei quattro lo sguardo
tra tutti e cinque me compreso
quello che chiede e che dà di più
è quello di leonardo
che mi si annida dentro
più conficcato
leonardo è un bel cane
gli piace giocare


perch’io spero

di non tornar giammai
nemmeno per un giorno
in toscana
poiché in questa ultima volta
i luoghi mi sono sembrati
ancora più belli
e i cipigli della gente
ancora più brutti


no

no
non c’è più spazio
né accesso a niente
a nessuno
più niente di bello
nel marketing
che tutto ha mangiato e assorbito
e ogni ora che passa
peggiora lo schifo
che già è tutto schifo
e niente più è niente
e mancano tutte le cose
i ragazzini giocano a calcio
i bambini giocano ai giochi
i letterati ascoltano le loro voci
amplificate nei microfoni
che nessuno ascolta
tramontati i valori antichi
non ce ne sono di nuovi
e solo dolore miseria sporco
un gruppo di avvinazzati
continua a parlare a voce alta
così nessuno sente niente
di ciò che farneticano i letterati
e tutti disturbano tutti
e poi tutti se ne vanno
tutti felici di aver disturbato tutti
di aver sparso piccoli semi
di infelicità
ecco la felicità residua:
lo spargimento dell’infelicità


qui e qui i testi completi e con gli spazi versali corretti.

Massimiliano Chiamenti (Florence, 1967- Bologna, 2011) was an Italian poet and philologist.

He lived in Bologna, where he taught at the "Liceo delle Scienze Sociali Laura Bassi and at the "Liceo Scientifico Leonardo Da vinci"". Since 1993, he published a number of collections of poems: Telescream (Cultura Duemila, 1993), User-friendly (David Seagull productions, 1994), x/7 (Dadamedia, 1995), p't (post) (Gazebo, 1997), Schedule (City Lights Italia, 1998), Maximilien (City Lights Italia, 1999), e (self-publishing, 2000), songs of being and not being here (self-publishing, 2001), 30 slide poems (self-publishing, 2002), rhythms 2003 (self-publishing, 2003), le teknostorie (Zona, 2005), free love (Giraldi, 2007), adel & c. (Fermenti, 2008), paperback writer (Gattogrigio Editore, 2009) evvivalamorte (Le Càriti, 2011), and the collection of short stories Scherzi? (Giraldi, 2009). His poems, dark and humorous, have a narrative flow, are written as free verse, their main themes being same sex love, contemporary forms of neo-barbarism, and social marginality. He received from Edoardo Sanguineti the poetry prize "Città di Corciano" in 1995. Some of his poems appeared in the journals "Alias", "Argo", "Forum Italicum", "Gradiva", "Idioteca", "Italian Poetry Review", "mumble:" and "Semicerchio".
He translated into Italian, as a commission for City Lights, poems by Lawrence Ferlinghetti, Ed Sanders, Anne Waldman and Philip Lamantia.
As a philologist, he wrote contributions in the fields of Romance philology and Italian philology, mainly on texts by Dante Alighieri, Giacomo Leopardi and Pier Vittorio Tondelli. His many scholarly works include the book Dante Alighieri traduttore (Le Lettere, 1995), where Dante's Latin, French, and Provençal sources are investigated, and articles on Dante's character Jacopo Rusticucci ("Lingua Nostra", 1997), and the attribution to Dante of the trilingual poem "Ai faus ris" ("Dante Studies", 1998, "L'Alighieri", 2009).
He collaborated with the on-line Early Italian Vocabulary for the Accademia della Crusca [1]. Chiamenti provided the critical editions of Pietro Alighieri's Comentum on The Divine Comedy (University of Arizona Press, 2002) and of the Chansons of the French trouvère Colin Muset (Carocci, 2005).
Since 1990, he was active as a reader/performer of his poems, often while accompanying musicians.

27 commenti:

  1. Confesso di averlo scoperto solo dal post di Buffoni su NI, ed è stato un fulmine: la sua poesia mi sembra un concentrato di antiretorica, di realismo, di vita vissuta non liricizzata a caso tanto per fare, di denuncia, e soprattutto di colta raffinata suprema ironia, che attualmente non trovo altrove. Unico.
    E solo, in tutti i sensi, come ha giustamente rilevato Stefano Guglielmin.

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  2. sì, spesso la scrittura dei poeti suicidi si assomiglia proprio in questo che tu dici.

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  3. grazie per questo post, corredato di testi importanti e belli, Lorenzo

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  4. ho seguito anche io la sfilza di post/commenti in rete tra siti e social networks, riguardo questa scomparsa, che si aggiunge ad altre perdite - veramente troppe in un solo anno - ma che ha da dire qualcosa più delle altre, con la sua determinazione e volontà, violenta, di trovare la via d'uscita. E' vera l'ipocrisia, troppa ipocrisia e io che me ne tiro fuori, so già bene di esserci dentro, ci siamo tutti dentro. Ci siamo dentro leggendo gli amici, ci siamo dentro scrivendo prefazioni, ci siamo dentro cancellando mail, ci siamo dentro esercitando il nostro "sacrosanto diritto" (!?) di proteggere il nostro tempo mettendo un argine al troppo che arriva e travolge.
    tuttavia, possiamo anche ridere sulle cose, indignarci, incazzarci, ma quello che a volte ci capita di dimenticare è proprio quanto la poesia come genere letterario sia intrinsecamente unita all'umano, al dato umano. ed è il dato umano, forse, quello che più ci spaventa.
    n

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  5. Le ultime righe del commento precedente sono giustamente illuminanti e teribili.

    ft

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  6. vi invito a mettere il nome perché la sigla non tutti la conoscono.

    questa è stata una morte molto violenta, è vero. letteraria in un certo senso.

    da parte mia cerco di non dimenticare il trapporta fra parola poetica e umanità, che ha con sé una dis-umanità, una forza animale che avvicina alla ferocia, mon bisogna dimenticarlo.

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  7. scusa, hai ragione.
    francesco tomada = ft

    teribili = terribili

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  8. Stefano, n sta per natàlia e anche se stesse per "nessuno" non cambierebbe molto per me, onde per cui una semplice "n". Ma è giusto firmarmi visto che ti interessa sapere "chi" dice "cosa". Certo anche a me, un tempo "gugl" mi appariva più come una distorsione del noto motore di ricerca, ma non è questo il punto.

    Non ho detto che tu dimentichi il rapporto parola poetica-umanità, ma torno a ripetere che di indelicatezze ed errori se ne commettono molti, qualche volta troppi, e non credo che si possano fare grandi esclusioni. Purtroppo è un sistema malato questo letterario, malato forse anche per questa esposizione in rete, che tutto livella, tutti livella e rende accessibili, tutti apparentemente avvicina allontanando il "bersaglio".
    La vedo così, non certo per offedere te o qualcuno dei presenti.
    un abbraccio.
    per esteso, natàlia

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  9. Profondo dispiacere.
    Grazie Stefano per questo post.
    nadia agustoni

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  10. conoscevo la poesia di massimiliano da poco tempo, bazzicando in internet.
    Mi piacerebbe parlare della sua poesia, lui ne sarebbe contento, nei video delle sue interviste lo vedevo molto fragile e molto solo, bisognoso di essere ascoltato.
    La poesia di Massimiliano non è poesia fine a se stessa, è la vita di massimiliano che era poesia, e lui ha solo scritto della sua vita, senza troppi mezzi termini.
    Ci sono poeti che hanno una vita piatta e si inventano una vita scrivendo, in questo caso invece, credo sia stato proprio l'opposto, queste bellissime poesie di Massimiliano sono la sua vita, un lungo testamento lasciatoci purtroppo, troppo presto.
    Ti leggerò sempre e grazie per i tuoi versi.

    Antonio Bux

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  11. Turba sempre la morte di un poeta, ancora di più se è una scelta, la morte, e non un'attesa. Turba anche questa poesia. In certi passaggi di una tangibile inconsolabile disillusione senza salvezza, senza redenzione o speranza o sorriso. Tetra, dolorosa la sfiducia nell'esistenza, nell'altro, nell'uomo che tocca il suo punto più alto (basso più propriamente) in "no". E quando si chiudono così tutti i canali, nulla può salvare, non l'azzurro del cielo, non la luce ch'è spenta, nemmeno la bellezza inesprimibile di un fiore. Cordoglio sincero.
    Loredana Semantica

    PS. Condivido il commento di Tomada sulla chiusa del commento della Castaldi, illuminante: "ma quello che a volte ci capita di dimenticare è proprio quanto la poesia come genere letterario sia intrinsecamente unita all'umano, al dato umano. ed è il dato umano, forse, quello che più ci spaventa."

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  12. Naturalmente ogni scomparsa, comunque avvenga, è terribile "per chi resta",è quasi illogico, paradossale, eserci e poi non esserci più (concetto estremamente infantile con possibili e facili attacchi da ogni parte, lo ammetto). Ma dal momento che esite l'insopprimibile legge della morte, mi sembra che l'artista, tra tutti gli uomini, proprio per la dolorosa conoscenza di sè e dell'umano, per come la vive e la getta fuori da ogni riparo di convenienza (famiglia-privato-silenzio- perbenismo di regole sociali), renda in qualche modo "rigenerativa" e
    più intelligentemente umuna la somma che egli fa dei pro e i contro di quel che potrebbero fare ancora i propri dati psichici, morali e creativi in terra. Dà loro un valore e se il conto non torna, si uccide.
    Ci vedo una massima consapevolezza dei propri mezzi vitali, un inteligente disgusto e la capacità visionaria di non riuscire mentalmente a priettarsi più in là di ciò che solo lui può decidere.
    Credo che nessun altro possa aiutare nessuno in questo che è il più libero e solitario scontro finale con se stessi. Credo ancora o voglio credere, che Chiamenti non avesse il bisgno disperato che lo ascoltassero di più, lui ascoltava solo dispertamente se stesso. Da ciò neache un successo conclamato ritengo poetesse essere
    una dorata, salvifica panacea.

    Scrivo questo non per fare l'elogio al suicidio, ma perhé mi sembra banale per non dire farisaico, che ogni scomparsa volontaria o comunque precoce generi un retorico senso di colpa nei vivi (quasi questi avessero la formula della distrazione dal..o di salvezza) e per dare, nel mio piccolo modo di vedere, tutta la grandezza che un simile eventuale gesto implica.

    Cristina Annino.

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  13. sì, io penso che il suicidio sia un atto "deciso" da chi lo compie e che nessuno può, con un gesto, salvare l'altro. ma ci siaviamo continuamente tenendoci in contatto (non via mail), ma nella condivisione di un progetto.
    ci salva la vita, insomma.

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  14. Turba sempre la morte di chi che sia, anche se non sono poeti è sempre annunciata la morte di chi se la infligge.
    Turba sempre la morte, tanto da smuovere gare di solidarietà, di chi omaggia di più, di chi ricorda di più qualcuno che neanche conosceva.
    Turba sempre la morte, specie se ti permette di conoscere scritti che ignoravi e che forse avresti sempre ignorato, di una schiettezza disarmante.
    Turba sempre la morte di chi se l'abbraccia e se la sposa non invitandoti, apparentemente, allora cerchi di fare di tutto per esserci.
    Turba sempre la morte, e forse c'è qualcosa che quieta il turbamento: il turbamento.

    mm

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  15. Marco Amendolara ai nati fine anni sessanta, quella completamente dimenticata un po' da tutti, ci/la definiva la generazione degli 'acerbi'. forse maturi per altro.

    un altro dolore da aggiungere.

    un abbraccio

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  16. turba sempre la morte, hai ragion, e per utti i motivi che hai scritto.

    la mia generazione: nella mia casa d'infanzia, avevo un gabinetto in comune con altre famiglie ed il primo telefono in casa l'ho avuto a undici anni. Poi la storia di ciascuno prende pieghe uniche, che hanno una minima relazione con un destino comune.

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  17. non conoscevo l'autore né i suoi testi -
    leggo e rileggo, anche i commenti - ascolto la voce dell'autore -
    grazie a blanc! luogo d'incontro, riflessioni -
    di poesia ... fino a toccare la vita - l'umanità -
    cosa infinita - e infinite le sue espressioni -
    per me emerge una cosa: il far rivivere dentro noi chi non c'è più -
    la vita la poesia e l'onestà di Massimiliano Chiamenti-
    che c'è, pur non essendoci più.

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  18. Mi dispiace moltissimo per la morte di questa persona, di quest'uomo che non conoscevo, non conoscevo nemmeno i suoi versi, ho letto le cose pubblicate qui..non mi hanno fatto impazzire però, a parte la prima.
    Io credo che in letteratura e non solo esista una facsino e una cultura della morte inaudite, non so, piu sottile forse, anche qui piu intellettuale del cavolo, che in altri settori. Ho conosciuto gente che andava in pellegrinaggio a Roma a vedere la stanza di morte di Pavese, l'ho sentito in bocca, fra gli altri, anche ad un grandissimo poeta italiano di cui, per rispetto, non farò il nome, ma che mi ha colpito in modo incredibile. Queste persone diventano poi dei miti, i veri, i profeti mancati, quelli che sapevano vedere i mali della società, l'ipocrisia del mondo, e nei loro testi trasmettevano il male essistenziale che noi, gli altri chi è fuori, non abbiamo saputo cogliere. Non mi riferisco a quest'uomo in particolare, non è la persona o la morte della persona nello specifico, il suicidio non credo sia mai un atto di coraggio nè intellettuale, Nè tantomeno umano.
    Al di là dei credo religiosi, di chi, come me, considera la vita ( e dunque anche la morte) sacre a chi ha una visione atea o laica.
    Come se la poesia dovesse solo celebrare la rabbia, la morte viloenta, la droga, il sesso come un costune intercambiabile o non so, e dire "questi sono quelli che hanno colto il senso e vivono il dolore con un'intensita unica" gli altri no. E' la fascinazione del male, il poeta maledetto, un business letterario sempre di moda.
    Ogni storia umana è a sè, non voglio nè posso esprimere un'idea su questo, credo però che la vita abbia un suo senso anche nella risposta alla sofferenza, nel coraggio di trovarla, di provarci.
    rendere omaggio a Massimilano per me è offrire un rispettoso silenzio (riflessivo) a quello che non si può capire, senza idolatrrae, non ho mai creduto che la morte migliori o peggiori qualcuno poesia compresa), ma il come scegli di vivere si.
    Laura

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  19. scusate, il suicidio di Pavese è avvenuto all'albergo Roma a Torino, ho confuso le cose. Volevo "aggiustare". grazie

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  20. Sì Laura, non bisogna trasformare la sofferenza in idolatria della sofferenza.

    io non credo che chi si suicida soffra più di altri. solo risponde in modo differente la dolore. E non per forza scrive in modo più necessario, più in contatto con il proprio destino. come sai, ci sono poeti che vivono o hanno vissuto borghesemente e hanno scritto cose bellissime, ed altri, che hanno attraversato l'inferno e hanno partorito acqua tiepida. si tratta di talento, alla fine, e di esercizio.

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  21. Mi spiace. In questi frangenti, messo di fronte a cio' che resta, capisco come la poesia abbia dato tanto a me, che non avevo bisogno, e troppo poco a chi cercava se stesso e l'altro da se'. Riposi in pace. GiusCo

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  22. Massimiliano l'ho conosciuto ad uno strano evento sulle colline bolognesi, nell'aura di Bertoni. Quasi per caso, e gli ho insegnato come si fa il resentin. Su di lui ho a lungo fantasticato, perché era un tipo che si faceva pensare. Ho letto le teknostorie che ci ha consegnato (a me e alla Dimichina) e tra queste scelgo ora:
    58. Si dice rilassarsi ma per me il rilassamento è riposo e chiudere gli occhi e guardare lontano e vedere paesaggi mentre intorno c'è una costante di base comune che non serve a saltare nel segno che resta nella pietra insomma un solco di passaggio molto complesso ma risolto in effervescenze di mitici racconti che raccontano la storia di un parlamento di uccelli che disvola e disvuole la conoscenza mista del ritorno.

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  23. siamo tutti qui un po' morbosi della morte. Personalmente, cercavo qualcosa di poesia e ho trovato di questo a me prima sconosciuto poeta (con la P maiuscola) e ho scoperto che è morto suicida, e allora ho cercato, e cercato ancora e letto ancora come se l'anima della poesia, dentro e fuori di essa fosse un cercare oltre la stessa che è poi cercare un altrove, una parola, uno sguardo, un abbraccio fuori del nostro "ego". L'altrove, la vita o la morte che ci affascina e che ci lega? E poi perchè se questo "ego" non leggerà mai niente delle parole su di lui scritte?

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  24. L'ho incontrato nel 2007 in un locale a bologna. Fu una bellissima conoscenza, culturalmente e umanamente parlando. E poi stammo molto bene insieme quella sera. Ne ho un bel ricordo e la sua scomparsa mi colpisce molto. I meglio se ne van sempre troppo presto.
    Luca zanesi

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  25. «più niente»

    "mi leggo" - i tuoi poemi suicidali
    pòiesis - sebbene di una fine -
    della cesura alla vita che ho cliccata
    linkata sui pixel di un messaggio
    qui sulla faccia digitale degli umori

    chissà se l'ho incrociata in qualche bar -
    quella tua vita - di quei pub che nelle notti
    spengono ceri all'ara dove forse
    attecchirebbero altrimenti brevi fuochi
    d'un po' d'ascolto che pure t'è mancato

    rilego qui così inquivocabili
    stringhe essiccate da quell'oppressione
    che m'attanaglia in certi dormiveglia
    da rupe travestita sopra abissi
    - non so se prima o poi visita tutti -

    ed orrorifica oltre quei vocaboli
    anticipasti in uno slancio di vitale
    pausa dal nero mantra di quei righi
    lì sequenziati senza una maiuscola
    o traccia di una qualche interpunzione

    versi scarniti a palesare ossa
    dietro - lo immagino - l'ironico tuo viso
    dei video adesso vivi in elettronica
    stanche persino di scavare un ghigno
    al marmo di un rapace isolamento

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  26. ...
    non voglio dire - né lo posso dire -
    che la poesia non possa dar speranza
    ma devo dire che può non dar speranza
    un canto può donare per lenire
    e decantare i nembi dell'attesa

    ma se le manca la carezza geme appesa
    come intoccata cetra in ventilata stanza

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