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lunedì 18 aprile 2011

Franca Mancinelli: come recintare l'abisso


Al di là dell'evidente richiamo al viaggio, annunciato nell'esergo dantesco, ripreso nell'allegoria del "treno" e ribadito nella sequenza dei capitoli, stazioni che vanno dall'infanzia alla giovinezza, al deserto che la giovinezza apre, con tutta la necessità di rifondarne il centro, preme sottolineare lo stile alto di Mala kruna (Manni, 2007), levigato per successive passate, essenziale al fine di sfogliare il superfluo dal midollo del problema, che, per Franca Mancinelli, mi pare coincida con la ricerca un senso unitario da attribuire alla propria esistenza giunta alla fine di un ciclo, con la necessità di ricucirne le tessere. Non a caso, "ago" è altra parola chiave del libro, che sposta sintomaticamente l'attenzione dall'eroe navigatore Ulisse (cui l'esergo riferisce), alla stanziale Penelope, a colei che tiene insieme e scuce di continuo il tessuto del viaggio, colei che di notte si toglie dal tempo della successione, per abitare l'intimità del tempo privato, che va verso il profondo di sé anziché più in là, nel mondo. Mala kruna, a ben vedere, corre su questo duplice binario: il tempo maschile del viaggio, della crescita come adattamento all'ambiente, della morsa con cui aderire alle cose, alle persone, per sopravvivere; e l'immobilità, il tempo femminile, che fugge dalle dita come sabbia ("la foglia che si volta non si salva"), tondo come un ventre, dilatato anche dall'uso frequente del presente indicativo per nominare il passato, così da trasformarlo in un eterno accadere, che si perpetua nel cuore delle tenebre. Il primo movimento, tuttavia, corre in superficie, porta la croce della narrazione biografica, del racconto con testimone. Ad esso spetta il carico emotivo, la funzione comunicativa e fàtica insieme, che lega il lettore al secondo momento, di carattere conoscitivo. Come nel romanzo di Conrad, Mancinelli cerca infatti la propria ombra sepolta nel tempo, quel Kurtz stanziale in un indefinibile altrove, simbolico fanciullo nell'amnio africano, adorato e morente, che la abita da sempre. A cercare di rifondare il cordone ombelicale che li lega, è Mancinelli-Penelope nel segreto della scrittura-tessitura, femmina che, per il resto del giorno, vive in una casa assediata, in "un rudere" abitato da malattia e morte, come lascia intendere l'ultima sezione del libro. Due sono dunque i poli archetipici entro cui il dialogo esistenziale matura, sottotraccia al clamore del mondo, reso invece operoso dal viaggio: la madre e il figlio, entrambe figure dell'immobilità, chiuse nella bolla d'un tempo familiare ma gelido, vicine "come chiodi / dimenticati in mezzo alla parete". La scena è mortuaria, e trova il suo stemma nella clausola a il passo sui binari del suicida: "L'obitorio è un lago calmo: le barche / ovali come il seme di una donna, / la carne dove dorme sempre un figlio". Il fanciullino della poetessa fanese attraversa invero l'intera cultura occidentale, da Platone a Pasolini, passando per Rousseau e per il dialogo mortale che Bonnefoy tesse con Douve, in un testo cardine del secondo Novecento. Mentre tuttavia là il matrimonio fra gli opposti si realizza ("Luce segreta è lei che arde i nostri gesti, / Così camminiamo rischiarati"), Mancinelli, anche per ovvie ragioni anagrafiche, fa i conti ancora con la nominazione delle parti, con il mistero che l'interiorità, scopertasi fonte, custodisce. Mala kruna recinta per ora, con la sua piccola corona di spine (come traduce dal croato il titolo), lo scavo che l'autrice dovrà realizzare in futuro, affinché movimento e immobilità s'incontrino in una dimensione tutta ancora da esplorare; dovrà forse Penelope mettersi in viaggio, caricandosi l'origine-Kurtz sulle spalle, esponendola alle intemperie e alle guerre? Dovrà forse, alla fine, lasciarlo andare, per liberarsi alla pienezza di una parola capace di tenere insieme la notte e il giorno, il ferro e la quiete?


(S. Guglielmin, Mala kruna ovvero come recintare l’abisso, in «Tratti», n. 86, anno XXVII, (Febbraio) 2011, pp. 100-102).




Poesie qui e qui (e altrove, in rete)

8 commenti:

  1. ottima autrice Franca Mancinelli, e davvero gentile e onesta (come poeta e come persona). Ottima proposta Stefano. Dopo questo O.T. mi dedico alla elttura dell'articolo.
    Fabiano Alborghetti

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  2. una beatrice, per qualcuno :-)

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  3. Io non ho mai letto il libro di Franca Mancinelli, anche se da quel poco che ho visto in rete mi ha sempre fatto una bella impressione, e altri mi hanno detto che sia una persona molto in gamba. Dunque il fatto che tu ne scriva è una spinta per rimediare, finalmente.

    Francesco t.

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  4. sperando che il libro sia ancora in circolazione.

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  5. Complimenti vivissimi al recensore e alla Mancinelli, che ho avuto la fortuna di conoscere di persona e il cui libro ho letto con grande soddisfazione e arricchimento. Grazie.

    Giacomo Leronni

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  6. Molto brava. Apprezzo veramente tantissimo la scrittura di Franca.

    fm

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  7. Non conosco le poesie di franca, ma seguendo il post e i commenti comincio a pensare di perdere dei colpi durante le mie scorribande su e giù per la poesia italiana...

    se franca ascolta...

    grazie a tutti.
    elio grasso

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  8. ecco come si riesce a commettere, per vecchiaia mentale incipiente, una gaffe e a fare una figuraccia inimmaginabile... certo che conosco franca! improvvisamente rivedo il suo libro, e anche un breve contatto un po' di tempo fa, sfortunatamente perduto di sicuro per scorrettezza mia... non voluta... ma la colpa resta.
    chiedo scusa prima di tutto a franca, e poi a chi mi legge...
    (più tardi riprenderò in mano l'opera di franca)

    elio

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