Zeroglyphics di Adriano Spatola uscì nel 1966, per la The Red Hill Press di Los Angeles. I caratteri sacri degli antichi, la loro capacità di decifrare i segni del divino nel presente, viene meno. Nella civiltà della comunicazione di massa, il segno ha infatti un valore metafisico uguale a zero, essendo soltanto superficie, residuo di una forma ch'era stata sostanza, da cui ricavare altri, infiniti, residui. Residui di residui, scarti degli scarti: zeroglifici, appunto.
se avessi conosciuto Spatola, avreste fatto insieme delle belle scorpacciate di cazzate:-))))
RispondiEliminaper il resto, è vero, mondiglio stagnante a perdiocchio
gli incontri con il pubblico sono sempre da fare. il guizzo c'è dunque. io, qui, parlavo 'in vece d'altri' ossia dei poeti che praticano/praticarono l'incomunicabilità quale unica forma della sopravvivenza poetica entro un sistema mass-mediatico che mastica/masticava ogni differenza.
RispondiEliminacome sai, la mia poesia cerca il dialogo, la comunicazione.
cari amici, vi annuncio che nel post di domani avremo finalmente qualcosa dal contenuto succulento: basta l'aridità dell'avanguardia, ma una vera e propria prelibatezza
RispondiEliminaa domani
gugl
buongiorno Swanie, femmina e curiosa; e buongiorno Anto, femmina e polemica:-)
RispondiEliminaecchite con le lingue strevese! perdinci!
RispondiEliminaguardandomi le mani, mi è venuta in mente una risposta ad Anto: nei prossimi tre giorni accatasterò circa 60 quintali di legna: credo che mi accorgerò del fatto che la terra è bassa. (ma non per questo smetterò di guardare il cielo:-)
RispondiEliminaVoc: "strevese" sembra onomatopeico...
mi sputerei sui guanti... non è bello da vedere:-)))
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