mercoledì 7 novembre 2018

Anna Untitla (prosa)



A Trevìco, sul finire del 2014, nasce la prima Casa della Paesologia, sorta di moderna comune fondata programmaticamente nel paese più alto della Campania, in via di spopolamento come molti altri paesi dell'entroterra irpino. L'idea fu del poeta Franco Arminio, e per realizzarla si scelse di fondare un’associazione che avrebbe gestito le iscrizioni, con presidente Grazia Coppola, vicepresidente lo stesso Arminio, e segretaria Annamaria Palladino, più nota in web col nome di Anna Untitla. Fu quest’ultima, in veste di architetto prima che di poeta o “paesologa”, ad accollarsi fin da subito e molto volentieri un ruolo di spiccia esecutrice materiale: cercare la casa adatta, arredarla, dotarla di una nuova caldaia, ma anche redigere statuti e contratti.
Un samba a Trevìco raccoglie, nella forma di 26 piccoli verbali (ognuno corredato da una minuscola figura), gli entusiasmi costruttivi e le incertezze distruttive dell'autrice, autodefinitasi "la più eretica delle segretarie".
Libro pieno di amore e diffidenza, oltre che sequenza di libere riflessioni sulla modernità, sull'essere meridionale e sulla creatività nelle aggregazioni sociali. Diario di cantiere ma anche malinconica riflessione sulla natura effimera dell'entusiasmo, specialmente in alcune persone votate, per maledizione sembrerebbe, a "rendere possibile l'esistenza di ciò che gli altri inventano". Come dire: la parte più eccitante e insieme quella più ineluttabile dell'edificazione, raccontate da chi nella posa del mattone vede anche, e non riesce a non vedere, il crollo.
Il samba del titolo si rifà al Canto de Ossanha (1968), una delle più impressionanti e magiche composizioni di Vinicius de Moraes e Baden Powell, che ispirandosi al rito afrobrasiliano del candomblé trovarono il modo di mettere in canzone l'eccitazione e la disperazione dell'andirivieni fra il fare e il non fare, fra il fidarsi e il non fidarsi, fra il costruire (appunto) e il distruggere.
Oggi Anna Untitla non è più parte attiva della Casa della Paesologia, che peraltro conta ancora centinaia di iscritti in tutta Italia. Un samba a Trevìco fu scritto all’epoca della fondazione, ma viene pubblicato solo oggi, in occasione del trasferimento della Casa da Trevico a Bisaccia, paese natale di Franco Arminio.
Il 15mo “verbale”, qui riportato, parla della sera in cui a Benevento venne siglato il contratto di affitto della grande casa di Trevico, di proprietà del magistrato Pietro Cuoco, già Presidente della Corte di Cassazione, anch’egli incuriosito e in qualche modo affascinato da Arminio e dalla sua nascente comunità paesologica.

(premessa di Anna Untitla)


***

15. Del Magazzino Arminio, della giornata contrattuale in una penombra blu, di come si produsse questa penombra africana.

Siamo dunque andati a Benevento a fare questo contratto. Prima, a Bisaccia, siamo passati dal magazzino dove Franco tiene le cose della vecchia casa, tipo un garage. Mi ha fatto un effetto curioso perché io sono anni che le cose le tolgo da una parte e le metto dall'altra, e le aggiungo anche se non c'è spazio e faccio, più che arredamenti, configurazioni di equilibrio molto complesse e non sempre riuscite, se avessi un deposito come il Magazzino Arminio (che come dice giustamente Fabio Nigro sarebbe già un bel titolo per qualcosa) penso che lo appiccerei. Tanta è l'attitudine in me di costruire, fondare, elevare, tanta è quella di sgombrare, levare di mezzo, come con un braccio si ripulisce una tovaglia con quel gesto lì, rotante – oppure appunto, appicciare. Altra impressione mi ha fatto casa Cuoco, quella loro di residenza l'appartamento dove vivono, non quella di Trevico. Già entrando l'ho vista come una casa nobilmente invecchiata, senza restyling: una casa “da architetto”, anni settanta penso, un grande tondo pieno, e blu, al centro della casa fra l'ingresso e la sala pranzo, come un tronco gigante di baobab, strano pensare a un baobab guardando un muro tondo, e rivestito di granigliato blu, tutto anni settanta in una casa di Benevento, tutto mi aspettavo fuorché un baobab blu... e poi il muretto divisorio sagomato a controcurva, rifinito di legno massello sulla parte curva gran lavoro di modanatura, il tavolo in marmo ovale... Dopo, lo stesso signor Cuoco (che dovremmo chiamare “presidente”, lo sappiamo, ma non ci viene per la sua grande cordialità, e per i suoi occhi vivi) ci ha raccontato di quanto fosse squisito, credo che abbia usato questa parola, l'architetto che progettò per loro quella casa, il baobab blu, e quella penombra sinuosa... un ragazzo, purtroppo morto assai giovane (qui un fermo-respiro, gli occhi davvero umidi nel ricordo): il giovane figlio, architetto e squisito, di un magistrato il cui nome dice qualcosa a tutti gli uomini di legge, Principe, colui che in Italia inventò, possiamo dire, la magistratura di sinistra.



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