lunedì 21 marzo 2016

Una buona settimana o poco più


In questo fine marzo, la mia poesia fa festa (è o non è la giornata della poesia, oggi?) E io me la celebro così, direbbe Sanguineti, con qualche piccolo fatto vero.

Per esempio, ci sono le lettere degli amici, che mi mandano lusinghieri commenti su "Ciao cari".

E c'è Luigia Sorrentino che posta, sul sito di Rai News, qualche mia poesia (Qui)

E il Direttore editoriale de La Vita Felice, Diana Battaggia, che si mostra sempre attento a ogni nota pubblica che esce 

E c'è il fatto che il 31 presento il libro nella Biblioteca civica di Sarcedo, accompagnato dal contrabbassista Toni Moretti



14 commenti:

  1. Poesia e basso acustico. Binomio vincente.

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  2. una festa ed una gioia condivisi
    brindiamo dunque!;-)

    ad una *geografia dell'altrove* imminente ...

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  3. Ancora non ci credo...un pulcino nuovo nato :-)
    E senza prefazioni o postfazioni.
    Completamente libero

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    1. Fatto bene, così il merito è tutto tuo

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    2. Fatto bene, così il merito è tutto tuo

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  4. il merito di cosa, di rendere pubblica un'intimità? :-)
    a me piace il giudizio del lettore quando è libero da suggestioni, e le sopra citate prefazioni o postfazioni influenzano (e a volte deviano) la lettura.
    certo bisogna avere un indirizzo, per essere poeti oggi ...

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  5. Rendere pubblica un'intimità? E cos'altro è la vita?

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    1. hai proprio ragione
      la poesia è la vita
      ciao Stefano Gugl, auguri per tutto!

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    2. Grazie! Auguri anche a te, per una felice primavera

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  6. Sergio Zanone3/4/16 16:25

    Prolegomeni al libro “Ciao Cari”
    di Stefano Guglielmin




    Essere in sala d' attesa - In Limine - nel modo fondativo in cui si offre la poesia, cioè nel silenzio dell' attesa. Silenzio della voce – apertura della coscienza – che colloca l' Io al di fuori di se stesso – l' “ Io dovrebbe” - e così, trascendendosi, stemperando la passione ( né felice / né infelice ), favorire l' ascolto e la visione. Attesa stazionante – crogiolante concentrazione (unendo i fuochi ) - visione dell' immediata vicinanza sotto una grigia pioggia evocatrice o , forse , uno sguardo ancora più in là – nel passare, nel passato dei vagoni che trascorrono come sogni, come ricordi - vedere, evocare, immaginare fotogrammi, scialbe fotografie del libro-treno, dagherrotipi che si confondono nel tempo uggioso eppure, ... barlume, eppure splendore - vite che arrivano, rallentano, si fermano per un attimo e poi trascorrono sempre più velocemente nel partirsi assordante della pellicola - vite- segni, epigrafi in movimento destinate a non-essere-più (altro non c'è) : finzioni? Maschere? Persone? Tutto ciò che, nonostante tutto, rimane tra il bene e il male, tra delizia e sporcizia: l' umanità singolare di ogni figura – oltre le teorie, oltre le cose – impressa in noi, impressa nella poesia: è questo un seme seminato ed è un' opera di pietà quando la poesia chiama questo seme affinchè possa germogliare ancora una volta almeno. Poiché il seme di ciascuna singola vita è il punto e il limite , una impercettibile totalità – è ciò che rimane sub specie aeternitatis (Anassagora, e non importa se fuori si muore e anche dentro si muore) – infinitesima parte del reale, parabola evangelica, comunità scintillante ( le sinderesi, i fuochi che si uniscono a poco a poco), nero seme seminato sui bianchi prati. Non sono nominate, qui, le lacrime delle cose, ma è proprio nell' evidenza della melancholia che esse si nascondono – malinconia nostalgica o nostalgia malinconica – l' apriori del fuoco poetico, come ben sapevano gli antichi (Aristotele, Seneca, Stazio, Cicerone ... sino a Petrarca, Poliziano). Ogni pioggia sincera di lacrime è, pertanto, purificazione dell' Io: voluptas dolendi, sublimità elegiaca. Come un manto battesimale le figure di Stefano Guglielmin ci avvolgono e ci salvano dall' esistenza, poiché sono figure dell' eternità e ci donano la loro eredità spirituale, il loro essere-stati. Il libro di Stefano attinge quindi all' antica verità sapienziale dei Salmi penitenziali; è un gridare dall' abisso all' abisso ; e non possiamo dimenticare che, quando alla stazione salutiamo coloro che partono forse per sempre (mentre siamo noi , invece, ad essere sul treno) , con la mano pensando “Ciao cari”- solo allora, con le parole del Petrarca (Salmo II della Devotiuncola) , succede:



    10 Ma tu, Signore, questo sasso gemente frangilo,
    acque di fonte erompano dal durissimo
    smalto



    11 Limpide fonti sgorghino
    colando poi nel brago
    dove sempre si tuffa orrido il porco selvatico




    Né a me sembra troppo azzardata questa comparazione letteraria dei testi di Guglielmin con uno dei padri della letteratura italiana, dal momento che la due citazioni introduttive al libro Ciao Cari, tratte dai poeti Antonia Pozzi e Pierluigi Cappello, presentano pregnanti riferimenti anche topologici alle strofe 5 e 6 del Salmo I di Petrarca:

    “Morire è questo/ ricoprirsi di rovi/ nati in noi” (A. Pozzi)

    5 Mi travagliavo e godevo nell' angoscia/ disteso sui rovi del mio giaciglio
    (cfr. e si semina altra delizia dentro di noi, altra sporcizia)

    e

    “Come una nevicata leggera/ ho sognato di raggiungere i miei morti” ( P. Cappello)

    6 Mi addormentai per morire/ sperai riposo tra' tormenti.




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  7. Grazie mille Sergio. Questa tua profondissima analisi merita più visibilità. La metto in scaletta per un'uscita autonoma su blanc.

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