lunedì 18 gennaio 2016

Villa Dominica Balbinot


Sospeso tra l’inferno vero e la compiuta fine del mondo terrestre, l’io drammatico di Quel luogo delle sabbie (autoprodotto, 2015) ci conduce nell’esperienza mistica della crocifissione, dove caduta, sfacelo e contagio, carezzando l’aria con il loro terrore bluastro, gli danno piacere. A ragione, Augusto Benemeglio (Liberolibro.it, 22/12/14) scrive che Villa Dominica Balbinot è una poetessa “che reca in sé le stimmate da primo romanticismo germanico, della tenebrosità, il senso dell’orrido e della funerea desolazione, ma anche quello decadente di Baudelaire, sempre sospeso tra la benedizione celeste e quella diabolica”. Sembra infatti uscito da una teca ottocentesca questo libro densissimo e inquietante, votato forse all’incomprensione contemporanea, quanto più la scrittura di oggi cerca la dimensione orizzontale del dialogo con le creature terrestri, con la loro faticosa eppure mediocre esistenza. 

La Balbinot, che non dice nulla di sé in fase paratestuale, nella scrittura riversa invece tutto il sangue della propria immaginazione sepolcrale, si scioglie interamente nei versi, nell’atteggiamento fortemente erotico, che la mistica, appunto, ci ha insegnato. A differenza tuttavia di molte poetesse novecentesche del medesimo filone, nelle quali l’arte della parola tende a piegare il desiderio di santità, rendendolo commestibile, qui non c’è alcuna intenzione strategicamente seduttiva nei confronti del lettore, che assiste alla rivelazione della carneficina, “de l’organico disfarsi”, con somma impotenza e un disagio assolutamente inattuale. Il rischio di questa poetica è quello di quando qualcuno ti addita l’assolutamente altro: si fa un passo indietro, a meno di non essere iniziati, riconoscendo in quel luogo la via. Più diabolica che angelica, più mortifera che salvifica.

A che cosa serve allora, in questa prospettiva, la poesia? A cogliere con scrupolo tutte le sfumature dei miasmi, le gradazioni più sottili dell’ombra, forse nella convinzione che sia importante, prima di tutto, far vedere quel mondo, descriverlo con minuzia, riconoscerlo, anche senza accettarlo per forza. Si spiegano così le frequenze aggettivali in cui i nomi sono immersi (“vocazione nuda”, “suono esile e triste”, “salmodia opaca”, “angelo pallido”, “caduta lunga”, solo per citare la seconda poesia, ma anche, spulciando a caso, “omiletiche interpretazioni esatte”, “flussioni purpuree”, “muti sarcolemmi”). In generale, arcaismi, latinismi, corsivi, tecnicismi, arricchiscono cinquanta testi lussureggianti di bassezze infernali, che non mi dispiacciono nella misura in cui non sono una mera ripetizione del già letto e non hanno l’apparenza epigonale, ma sembrano nascere in un’anima davvero trafelata per aver perduto il proprio mondo originario che quasi tutti chiamerebbero diabolico. O distopico, a volerlo collocare sulla terra.

Quel luogo delle sabbie è in definitiva una reliquia vivente, un fiore del male a cui è stata tolta la spina della storia, cresciuto nelle rovine della città celeste, dove statue e archi e ponti di ferro scandiscono, freddi, uno spazio siderale, blu notte come la sua copertina.


LE PARLO′ COME A UN ADOMBRATO ANIMALE

[ :.. Qualsiasi piramidale perfezione è bruciata
dal pulsare del sangue,
dall’allarme rosso della rovina…]
Sempre traboccando
tocca la sua suprema autolacerazione:
nella compilazione  delle meditazioni
-su tutte quelle lettere ingiallite –
lei pallida per insufficienza
nell’indescrivibile grigio che tutto contiene
( al di qua dell’esperienza delle grandi fredde gioie,
di quelle fissazioni selvagge.)
Era ancora da fare,
l’esperimento della intera verità
nelle trionfanti gelide strutture  architettoniche
– nei pertugi tutti:
Ma nulla era stato codificato nella sacra lingua,
il redentore non scrisse mai nulla,
di ritorno dalla carneficina
( Le  parlò come a un animale adombrato,
nella fredda nudità delle pareti bianche:
a lei era parso di udire le voci basse dei cospiratori…)


PRIMA DI TUTTO SOPRAGGIUNSE LA RUINA

Prima di tutto sopraggiunse la ruina
– con un rumore duro e cavo:
la tormentosa agonia
di chi si misura contro gli dei,
la verità celata- e solo imperfetta…
Iniziò a precipitare da quel giorno
(l’episodio inaudito, la Consummazione )
come se osasse vivere  solamente in mezzo ai morti
ai dimissionari, a uomini spenti, destituiti.
Volle correre verso quell’orizzonte in fiamme,
e con il linguaggio dell’oscurità degli addii,
dei proibiti distretti.
E si nutrì anche di morte,
perché tutti morirono:
oh, avesse mai potuto amare,
il gelo magnifico e crudele
quelle funeree allucinazioni
( della nostra  recisa testa),
anche quel futuro- e l’avversione,
quella scabra scorza.
( Da qualche parte uccidevano
cerimoniosamente:
ma magnifici eravamo noi, e calmi,
nel deturpamento grande)


IN QUESTE SPORADICHE SILENTI RADURE

…””Essi  dunque
raccoglievano le parole della agonia,
le parole spremute,
ma anche nel confortatorio
–  fin sul patibolo –
prevaleva  l’insensatezza delle cose"…
….In queste sporadiche silenti radure
(nelle lande fiorite del sangue,)
voi ci avete già abituati,
al principio della segregazione,
a sofferire di una forma di ostinazione spirituale:
come se poi si avesse ricevuto una ferita
– In questi alti cieli pallidi…sulla calcinata terra —
una speciale esecrazione,
la dovuta incandescenza dai colpi del male
Ma duri sono,
i tendini delle ossa,
e erano sanguigne, le stimmate dei chiodi,
e le occhiaie del morente
sempre si riempiono di ombre:
oh quale  !
quale lassitudine senza nome.!


QUEL LUOGO DELLE SABBIE

In un desiderio eterno
- in un dolore eterno -
essi tutti scorticati
rosi erano a metà,
dalle rivelazioni,
della dispietata dottrina.
E guardavano,
guardavano in un modo continuo e intollerabile
( nell’atteggiamento della prosternazione)
quel luogo delle sabbie – e della paura:
il cielo era di altezza smisurata,
vi era una lebbra pallida
–  e con una vaga idea di immolazione…


TRA TUTTI QUEI GRIGI – PURI E BRUTALI

…”E,
– protetta dallo splendore improvviso
di un tramonto prolungato e agonizzante-
lei rimase stranamente fredda,
tra tutti quei grigi
puri e brutali
Gli alberi di fronte alla sua finestra
le parvero coperti di fiori selvaggi e spampanati
nello splendore rosa piombo
de l’organico disfarsi,
nel bagliore nudo
della luce obliqua.
Di sabbia nera erano i laghi,
e mercurio erano le acque,
qualcosa di
primitivo, crudele - e poco devoto -
era ovunque:
il mondo si manifestava dunque nel crimine,
negli incubi immobili,
in quella emorragia terribile
( la carne spiccava come
una intrusione imprevista
)
– e fra predatori apicali…
Chi allora avrebbe dovuto poi
pronunciare le omiletiche interpretazioni esatte,
la prima eulogia?
Qualcuno forse dei portatori della peste
– del calvario?
( E fra quanto tempo
sarà allora sferrato il prossimo attacco,
– e ne l’allargato abisso?…)

Dominica Babinot: maturità classica e Corso di studi universitari in lettere (non conclusi purtroppo a pochi esami dalla laurea).
Si è interessata ben presto di letteratura, poesia e pittura e queste sono divenute in breve le sue passioni predominanti. Nel proseguo del tempo - ma non attraverso scuole bensì studiando e verificando da assoluta autodidatta-ha poi cercato  di migliorare queste attitudini con assidui esercizi di praticantato personale correndo il rischio di dispersione e ritardi di vario tipo.
Ha  incominciato a scrivere con costanza- e senza mai deflettere da allora- solo dopo il 2006 e cimentandosi inizialmente sui gruppi di scrittura presenti sul web (it.arti.poesia, it.arti.scrivere) e subito dopo creando i propri  blog personali, uno di poesia (inconcretifurori.wordpress.com)il secondo di prosa e racconti (dell’idrairacconti), cercando poi di raccogliere il complesso delle proprie produzioni in quello che mano mano dovrà essere sempre più il  blog cumulativoHttps://villadominicabalbinot.wordpress.com
Sin dal suo primo numero - e fino alla sua chiusura - ha collaborato al lit-blog viadelledonne.wordpress.com.
E' da considerarsi inedita su carta, potendo contare unicamente sulla raccolta Febbre lessicale (autoedita attraverso sito ilmiolibro.kataweb.it.)
I testi qui raccolti sono stati raggruppati nel secondo libro auto edito "Quel luogo delle sabbie" (scelti tra i più recenti in ordine cronologico).
Proprio per le modalità stesse che hanno dato sviluppo sue diverse attività espressive Villa Dominica Balbinot non può burocraticamente e "ufficialmente" presentare alcun tipo di curricula, ciò nonostante i suoi lettori (che purtuttavia esistono) non è detto che - quando saranno conclusi i suoi lavori nei vari campi letterari – non possano prima o poi sapere tutto di lei, sperabilmente tra non moltissimo! Per ora si dovranno "accontentare” dei suoi  testi; Villa Dominica Balbinot concorda infatti con Proust per due sue essenziali affermazioni :
1)PROUST contro SAINTE BEUVE «Un libro è il prodotto di un io diverso da quello che si manifesta nelle nostre abitudini, nella vita sociale, nei nostri vizi»
2) sempre di Proust"«La vera vita, la vita finalmente riscoperta e illuminata, la sola vita dunque, pienamente vissuta, è la letteratura »

7 commenti:

  1. Ringrazio Stefano Guglielmin per avermi ritenuta- anche se ancora "ufficialmente"
    sconosciuta tranne che sul web-degna di avere visibilità sul suo -
    ricco e "bello- sito-
    Per quanto riguarda una mia possibile controbattere al suo
    argomentato dire sul mio dire non è poi detto che - dopo averci riflettuto- possa
    rispondere al suo argomentato parere,
    e questo lo dico perchè lo stimo e quindi la mia risposta dovrà essere
    altrettanto argomentata e non certo buttata lì.
    Per intanto- essendo questo articolo "dedicato" a mia voce, mi limito appunto a ringraziarlo,
    dato che si tratta ( per me ehh) di avvenimento non scontato , e quindi una vera esperienza.

    saluti.

    Villa Dominica Balbinot

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  2. Gentile Dominica, un suo approfondimento riguardo alla poetica praticata è sempre gradito, anzi, una delle funzioni del blog è proprio questa.

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  3. Riporto - dopo avere un po' meditato-le mie puntualizzazioni riguardo le note di lettura di stefano guglielmin,per quanto io non intenda in alcun modo cercare di opporre le mie personali convinzioni a nessuno( essendo assolutamente difensitrice dell'assoluta libertà di lettura e
    interpretazione[soprattutto quando si ha a che fare con una lettura approfondita e di livello come questa]in quanto-appunto-difensitrice della altrettanto assoluta libertà di scrittura.
    Anche se certo a ben vedere si potrebbe intendere la mia raccolta anche nel senso
    che Guglielmin ha icasticamente riassunto ne:"
    l’esperienza mistica della crocifissione, dove caduta, sfacelo e contagio,
    carezzando l’aria con il loro terrore bluastro, gli danno piacere"
    io intendo dare espressione - più esattamente-a quella che sono arrivata a
    considerare la assoluta tragicità perenne della condizione umana,di cui io
    azzardo rappresentazione espressiva, una fredda visione ( forse in alcuni punti
    disagevole,respingente perfino senza sconti comunque per nessuno( compresa me stessa
    beninteso),divisi come sono- e dalla notte dei tempi- gli esseri umani tra vittime e
    carneficiin un mondo che davvero può essere desolato,
    Mentre scrivo queste puntualizzazioni e mi vado rileggendo mi rendo conto una volta di più
    che la tematica che mi sono azzardata a voler rappresentare è senz'altro obiettivamente
    ostica incandescente urticante, magari pure scandolosa ,addirittura probabilmente
    "impoetica" per eccellenza ( anche se a mio parere volendo mettersi a parlare della
    condizione umana, della vita e della morte insomma nulla dovrebbe a priori essere
    tematicamente escluso e questo anche per non finire a dare una visione falsamente idilliaca
    [ cosa quest'ultima per cui mi dichiaro "non adatta"]

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  4. -A questo punto vorrei rispondere alla affermazione che fa Guglielmin circa
    al fatto che una raccolta di testi sifffatta , anche per la modalità stilistica
    in cui si va strutturando ,la tipologia terminologica che vado usando etc
    sia"votata FORSE ( per me importante questo dubbio che comunque il forse rappresenta,
    e per questo io l'ho scritto in grassetto)all’incomprensione contemporanea,
    quanto più la scrittura di oggi cerca la dimensione orizzontale del
    con le creature terrestri, con la loro faticosa eppure mediocre esistenza.
    "e anche , nella parte finale della recensione quando accenna a "un fiore del male
    cui è stata tolta la spina della storia,"io ribadisco che quella che vado espressivamente
    rappresentando è quella che secondo me è la condizione umana "perenne"
    al di là del cambio generazionale e al di là dei cambiamenti storici che purtuttavia
    gradualmente esistono( e meno male se no ancora peggio direi),
    io parlando della vita e della morte che sempre si ripete nella sostanza non posso essere
    contemporanea nel senso più tradizionalistico e forse riduttivo del termine
    (come contingente)ma forse forse contemporanea perenne, perennemente attuale
    in un certo senso(lo so, lo capisco: anche quest'ulltima cosa che dico è un assoluto azzardo
    , scusatemi lo riconosco: sono come al solito, esagerata alquanto :-)scusatemi)
    Io- complessivamente e riassuntivamente mi presenterei così:" astorica( ma nel senso che
    ahimè vedo nella storia ripetersi stesse dinamiche di base), perturbante, ontologicamente
    ribelle, assorta medita sulla "terribilezza" ossessionata dalla mortalità che cerca
    in qualche modo di raggelare per poterne almeno parlare visto la sua tremenda ustionatezza
    al limite dell'indicibile"
    Torno a ringraziare Stefano Guglielmin,la cui recensione terrò certo presente,
    c'è sempre bisogno di sguardo critico su propri testi, di un contradditorio
    che può aiutare: del resto è sempre interessante sapere come "si viene precepiti
    e letti, si aprono orizzonti arricchenti-)
    grazie in toto e in particolare anche per l'avere giustamente inteso
    che non sono epigona di altri poeti o poetesse,che i testi lussureggianti e disagevoli
    e quant'altro "non gli dispiacciono" in quanto si percepisce una anima "trafelata"
    ( quindi vera, ma questa è mia aggiunta:-))
    un mio grazie per avermi "letto"
    un saluto-
    Villa Dominica Balbinot

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  5. mi pare che siamo d'accordo su tutto. Dov'è che non trova somiglianza?

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  6. Gentilissimo gugl:-)) io nn ho detto ne nemmeno fatto intendere lontanamente che non concordo, mi sono permessa di fare ulteriori
    puntualizzazioni( d'altra parte mi dico : ma se non sei convinta di ciò che dici chi altri dovrebbe mai esserlo)epperò chiedo venia: sono caduta nella logorroicità del mio discorso
    ( difetto in cui ricorro anche se si tratta di un difetto motivato non potendo io se non raramente avere possibilità di parlare con interlocutori interessati a tali argomenti:-)e ho parlato fin troppo.Torno a ringraziare
    per la sua approfondita lettura, per avere dedicato tempo e analisi ai miei testi.
    Complimenti per l'impegno e la passione che traspaiono nei suoi articoli, per il suo bel sito- un saluto.

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    1. ho apprezzato le puntualizzazioni, che sicuramente integrano e chiariscono eventuali miei passaggi oscuri. Grazie ancora.

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