domenica 24 maggio 2015

Benoît Conort


Ci sono diverse ragioni per far conoscere in Italia Per un’isola futura (CFR, 2015), del poeta francese Benoît Conort. La prima è la vicinanza con il simbolismo, quindi con un modo d’intendere il legame fra parola e mondo affine alla sensibilità italiana dell’ultimo secolo. La seconda riguarda l’editore, l’amico scomparso Gian Mario Lucini, che ebbe il coraggio di aprire “Odisseo”, una collana in CFR “di traduzioni da lingue nazionali e regionali”, una sfida entro la crisi endemica della piccola editoria, in specie poetica, in linea con il carattere antagonista del valtellinese e con la sua vita di migrante (lavorò in Svizzera, a Bolzano, a Piateda, dove risiedeva e, per molti anni, frequentò l’associazione “Libera”, in Calabria). La terza ragione va cercata in Fabrizio Bianchi, direttore delle Edizioni Dot.com press che, con professionalità, sta traghettando le Edizioni CFR verso un futuro sul quale non soltanto lui scommette. La quarta ragione riguarda il traduttore, Salvatore Violante, napoletano combattivo e poeta, che, nella propria opera, coniuga le neuroscienze con l’impegno civile, fermezza della visione con la consapevolezza di vivere in “un tempo desertico” che tuttavia si può raccontare, come scrive in Sulle tracce dell’uomo. Traduttore non professionista, Violante ha affrontato la materia con massima dedizione, con affetto addirittura, verso l’opera e la persona di Benoît, sentendosi egli stesso responsabile di promuoverlo nel territorio; ne scrive oltretutto l’introduzione, ricordando le affinità con la poetica di Pierre Jean Jouve e rilevando come in questo libro, uscito per Gallimard nel 1988, tutto sia “in perenne instabilità, visiva, sonora, logica attraverso paesaggi quasi sempre privi di luce, in una doglianza perenne, sorda, pietrificata”. Una fotografia convincente, a cui si potrebbe aggiungere una dialogo stretto con l’infanzia, intesa quale origine, focolare, il paradiso perduto di jouveana memoria, ma anche nucleo vitale che l’età adulta spegne sempre più, in un cammino verso la morte. E il rapporto con la memoria, attraversata dall’oblio quale condizione di sopravvivenza, di alleggerimento dal lutto, ma anche memoria che dovrebbe garantirci d’essere vissuti davvero, di contro alla percezione di avere sognato ogni cosa.

Un altro aspetto presente in Per un’isola futura è il sentimento tragico dell’esistenza, in cui paesaggio e destino, parola e vastità impronunciabile dialogano con moto acceso, dando luogo a immagini tese, tra simbolo e allegoria. Alcuni esempi: “Le bestie massicce drenano il fondo d’acqua densa” e “All’impercettibile grido di una faccia disfatta” e “Altri sogni a brandelli in questa notte selvaggia”;  debiti verso l’espressionismo e il romanzo cavalleresco medioevale (penso oltretutto alle “tre gocce di sangue”, care a Parsifal),  ma anche Lebenshauung di Benoît, sentire vissuto nella carne di un presente moribondo, dove “non canta più rondinella” e tuttavia ancora abitabile, a patto di cercare in esso le scintille della vita pulsionale capaci di contrastare il nero che avanza. Una speranza che Violante riconosce, sotto il profilo metrico, nel “versetto biblico”, misto di immagine lirica e racconto, struttura direi comunque cara alla poesia francese sin dal Romanticismo, passando per Rimbaud, le cui illuminazioni mi pare guidino lo spirito da “voleur de feu” di questo libro.




Il n’est de terres que presqu’îles.
Toujours, par quelque côté, nous touchons
à ces lagunes sombres, à cette
mer insatisfaite en son cercle brisé. Toujours
une langue terreuse, ici ou là, nous
lie et nous sépare. Phrases éparses, chaotiques,
pour une terre duelle, approche
inachevable d’une Avalon à venir, rêvée
et désirée, D’où cette île non encore
délivrée de ses vieilles amarres, de ses
remords de bras de mer combles.
      Sur la jetée, là-bas, il semble que
quelqu’un hèle l’océan.



Non vi sono terre se non penisole.
Sempre, per qualche motivo, noi siamo in
contatto con queste lagune oscure, con questo
mare insoddisfatto nel suo cerchio interrotto.
Sempre una striscia di terra, qui o là, ci
lega o separa. Frasi sparse, caotiche,
per una terra doppia, approccio
incompiuto ad un’Avalon futura, sognata
e ambita. Donde quest’isola non ancora
liberata dai suoi vecchi ancoraggi, dai suoi
rimorsi pieni di braccia di mare.
      Sul molo, laggiù, pare che
qualcuno chiami l’oceano.





Voyelles entrechoquées, rythme, natif, rompu aux
battements du coeur,
Heurté soudain à cette peur qui le surprend,
Âme rouge du plus profond foyer d’enfance,
j’insuffle
En elle ce qu’autrefois elle me donna,
Aile traversée! flamme! transpercée d’une lumière
Plus grande. N’était-ce que cela,
Cette voix qui en moi interrompt son silence?
Bientôt l’hésitation, le mouvement, bientôt l’union.
Bientôt l’acquiescement fragile et le consentement
Aux flancs nus, au souffle,
Le sang suspendu, lumineux, retenu en de pures
limites,
Le grand cri jeté aux haillons de la nuit et la mort
enchantée. Le vieux jeu à nouveau. Mais du sang coule
le long du bras.
Et l’ancien conte, ici, s’arrête et dit que trois
gouttes de sang, sur la neige, suffirent à l’apaiser.
Le monde aboli.
Je resonge à celui qui, la lance à la main, oubliant le
combat à venir,
Au premier matin du monde comprit,
Toi, si longtemps attendue, prise, en une image de
passage.
Sang au haut de l’épaule,
Orée, fût-elle rayon au fond du bois, étrange; et le
soleil épelait les feuillets d’or de l’horizon,
Orée, que j’avance dans la lumière si poignante,
Comme s’allument les branches sèches, au feu
dernier de l’automne, les dépouilles de l’arbre.



Vocali in contrasto, ritmo, innato, rotto ai
battiti del cuore,
Turbato improvvisamente da questa paura che lo sorprende,
Anima rovente del più profondo focolare d’infanzia,
alimento
In essa ciò che una volta lei mi diede,
Ala attraversata! fiamma! Trafitta da una luce
Più grande. Era tutto qui,
Questa voce che in me rompe il suo silenzio?
Presto l’incertezza, il movimento, presto l’unione.
Presto l’acquiescenza fragile e il consenso
Ai fianchi nudi, al respiro,
Il sangue sospeso, luminoso, fissato entro puri
limiti,
Il grande urlo scagliato contro gli stracci della notte
e la morte incantata. Daccapo il vecchio gioco. Ma del
sangue scorre lungo il braccio.
E la vecchia storia, qui, si arresta e dice che tre
gocce di sangue, sulla neve, furono sufficienti a placarla.
Il mondo annullato.
Ripenso a chi, lancia in mano, dimenticando
l’impegno futuro,
Nel primo mattino del mondo comprese,
Te, così lungamente attesa, presa, in un’immagine
passante.
Sangue sopra la spalla,
Limitare, quand’anche fosse raggio dal fondo del bosco,
sconosciuto; e il sole compitò i foglietti d’oro dell’orizzonte,
Limitare, che porto avanti nella luce così straziante,
Come si accendono i rami secchi, all’ultimo caldo
dell’autunno, le spoglie dell’albero.





Quel est l’oiseau, là bas, qui rit de son pouvoir et
repliant les ailes
Se fait chute soudaine au ciel qu’il renie?
L’enfant pourtant court sans rien voir, les bras
ouverts à tout le vent
Qui s’engouffre, les bras ouverts à ce vent qui le
dépasse et qu’il étreint
De toute sa jeune force;
Jeune arbre ou jeune pousse ce qui poussant se
developpe et ouvre
Vers la mort les grilles sombres de l’âge.
Puis se renverse; autre paysage de sable nocturne.
Où ce grand froid? ce vent d’hiver?
Où cet enfant égaré? Le souvenir est traître, le
remords moribond.
Étoile au front! pierre! le meurtre est ancien,
derrière les yeux,
Il pousse des lierres d’oubli, des feuilles vertes ruines
Se dissimulent au fond de l’esprit,
Se transfigurent, lentement, en lisières nouvelles.
Des voix parlent en langue étrangère et cela sonne
drôlement.



Che uccello è quello laggiù, che ride del suo potere e
ripiegando le ali
Cade improvvisamente dal cielo che rinnega?
Il bambino tuttavia corre senza vedere niente, le braccia
aperte ad ogni vento
Che s’infila, braccia aperte in questo vento che
l’oltrepassa e lo stringe
Con tutta la sua giovane forza;
Giovane albero o giovane germoglio che crescendo si
sviluppa ed apre
Verso la morte le grate cupe dell’età.
Poi si rovescia; altro paesaggio di sabbia notturno.
Dove questo grande freddo? Questo vento d’inverno?
Dove questo bimbo smarrito? Il ricordo è traditore, il
rimorso moribondo.
Stella in fronte! pietra! L’assassinio è antico,
dietro gli occhi,
Spinge edere d’oblio, delle foglie verdi danneggiate
Si nascondono nel fondo dell’anima,
Si trasfigurano, lentamente, in lineamenti nuovi.
Voci parlano in lingua straniera e questo suona
strano.





Par ce doigt de soleil à peine qui se pose
Au sommet de pierres vives dérive lentement
Jusqu’à nos corps durcis d’insectes dévorant
Hauts sont les monts ténébreuses les vallées
Que hante le souvenir de nos lèvres meurtries
La femme comme un enfant
Et nue sous la chemise elle allait en la mémoire
De vagues désirantes
Que l’on voulait saisir et toujours échappaient
Celui qui va mourir regarde aux monts l’ombre précise
À l’ombre il tend sa gorge à l’épée
Le dur rocher de la vie minérale
Il nie qu’il fut touché autrement
Qu’en son orgueil superbe il nie
Que la mort même puisse l’effleurer
Il la provoque lui enjoint de paraître là où
Hauts sont les monts les vallées ténébreuses.



Per questo dito di sole che a malapena si posa
Sulla sommità di rocce vive che va alla deriva lentamente
Fino ai nostri corpi ti indurisci di insetti divoranti
Alti sono i monti tenebrose le vallate
Che ossessione il ricordo delle nostre labbra assassine
La donna come un bambino
E nuda sotto la camicia percorreva con la memoria
Ondate di desideri
Che si volevano afferrare e che sempre sfuggivano
Chi va a morire guarda ai monti l’ombra precisa
All’ombra tende la sua gola per la spada
La dura roccia della vita minerale
Egli nega che fu toccato altrimenti
Nel suo orgoglio superbo nega
Che la morte stessa potesse sfiorarlo
La provoca intimandole di apparire là dove
Sono alti i monti tenebrose le vallate.





S’appellera
Absence sur la page
Sous la langue informelle salive des mots agonisants.


Si chiamerà
Assenza sulla pagina
Sotto la lingua informale saliva di parole agonizzanti.



Benoît Conort è nato nel 1956 a Villeneuve-sur-Lot. Attualmente insegna letteratura francese all’Università di Rennes II. Su Wikipedia altre notizie biobibliografiche.

8 commenti:

  1. geo vasile26/5/15 11:49

    M. Conort este un surrealiste grave, cruel, élegiaque, il écrtit une poésie riche en surprises méthaphoriques, qui offre au lecteur le spéctacle d'une poétique universelle de la fin inexorable sur "nos lèvres meurtries"

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    1. la metafora, infatti, sta sopra i singoli idiomi. Quella del novecento, inoltre, scava nelle macerie, le rende più drammaticamente lucenti. Grazie per il commento.

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  2. Nous tombons d’accord, m. Geo Vasile, parce que dans la petite introduction à la poésie de Benoît Conort je dit aussi: - L’océan, voilà un motif qui est métaphore essentielle en ce livre. L’océan est liquide, est matière mobile et fuyante etc.-
    Et encore: - Benoît Conort en ce livre il nous montre un itinéraire avec une instabilité perpetuelle, visuelle, sonore, logique par l’intermédiaire des sites constamment sans lumière, parmi des doléances perpetuelles, sourdes, petrifies.- Donc

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  3. Questo lo riprendo anch'io, qui: "livre il nous montre un itinéraire avec une instabilité perpetuelle, visuelle, sonore, logique par l’intermédiaire des sites constamment sans lumière, parmi des doléances perpetuelles, sourdes, petrifies.- " ciao!

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  4. "Non vi sono terre se non penisole.
    Sempre, per qualche motivo, noi siamo in
    contatto con queste lagune oscure, con questo
    mare insoddisfatto nel suo cerchio interrotto."

    splendidi versi e splendida traduzione che rispetta il verbo e le pause del filosofo - poeta in questione ...
    non è faccile tracciare un unicuum di versi che tra loro si intrecciano come rosai lungo un pergolato ...

    "Sur la jetée, là-bas, il semble que
    quelqu’un hèle l’océan."

    ciao :-)

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    1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. peccato che hai cancellato questo commento, Salvatore.
    grazie comunque del complimento ...:-)
    esiste anche un orecchio interiore e come hai ben capito, io lo posseggo.


    ciao Gugl!

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    1. L'ho cancellato due volte perchè la prima volta avevo sbagliato il tuo cognome. La seconda volta perchè avevo utilizzato un sostantivo per un altro. Alla fine mi ero scocciato di cancellare e poi riscrivere. Ecco il commento:- Il tuo orecchio, formidabile, rispecchia perfettamente la tua sensibilità e competenza- Le parole utilizzate forse sono state diverse, queste comunque ne riprendono il senso.

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