domenica 5 ottobre 2014

Agostino Contò: una poesia a Franco Beltrametti

Agostino Contò è un mirabolante funambolo della parola e, al tempo stesso, un rigoroso archivista: poeta sonoro e visivo dagli anni Settanta, dirige, come si confà a uno che ama il libro sin dall’odore e dall’attrito della carta sulle dita, sia il “Centro studi internazionale Lionello fiumi”, archivio della letteratura italiana primonovecentesca, e sia i fondi antichi della Biblioteca civica, entrambi a Verona. Creatività e acribia filologica sono in dialogo sinergico nel testo che segue, nato da un incontro veneziano con Franco Beltrametti, maestro del provvisorio, della cui opera Antonio Porta, in Poesia degli anni Settanta (1979) ebbe a dire: «Ciò che rimane è il senso di una fuga senza fine dall'idea di una morte innaturale, quella fornitaci dalla nostra cultura. All'orizzonte, irraggiungibile, "il lampo verde dell'alba"». 
Si noti il gioco parentetico simile al gioco delle tre carte, dove il tesoro non è mai dove ce l’aspettiamo. Qui il tesoro è l’ammirazione per la figura fuggevole di Beltrametti, che entra ed esce dall’immagine, mossa per onda veneziana e per costituzione d’autore; anzi di entrambi gli autori, che qui stringono sotto il mantello pieno d’aria della medesima lingua viva, coraggiosissima in questi tempi di omologata medietà stilistica.



A Franco Beltrametti
scimmiottato
                                  (Magazzini del Sale, P77)


(e allora) (e allora) (e allora)
(e allora) (Franco) (e allora Franco)
(lesse) (e allora Franco lesse)
(la poesia)
(e allora) (e allora) (e allora)
(la poesia) (e allora la poesia)
(lesse) (Franco) (e allora)

(vestito di jeans: dondolandosi
sulle gambe) cioè visibilmente
incapace di star fermo (voglio
dire): leggendo le storie numero
uno due tre e cappuccetto rosso
(cappuccetto rosso) a vedere
(e cappuccetto rosso a vedere)
il lupo, una volta c'era
che beveva (Franco) acqua minerale
dalla bottiglia traduceva poesie
dall'inglese suonando lo scacciapensieri
che correva fuori (già si capisce
per pisciare) che ritornava dentro
dopo aver pisciato e spariva
di nuovo (incapace di starsene fermo)

e James composti tutti i poemi
di questo mondo permetteva
alla moglie di vendersi la macchina
da scrivere ed Harry con la barba
piena di vento col suo da-dah ra-ra
rain ram chi chi (o forse l'opposto:
insomma voglio dire tutti e tre vestiti
da poeti americani e tutti gli altri
perduti coi loro poemi per
le calli veneziane (e allora) (e allora)
(e allora) (e allora) (e allora)



14 commenti:

  1. mi spinge a pormi molte domande..

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  2. posso provare a dare un po' di risposte?

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    1. lei è molto gentile, ma bisognerebbe che io sapessi articolarle.. :)
      posso tentare almeno con una..
      mi domandavo se, per chiamare viva la scrittura, si debba usarla così, (non lo dico in polemica, sia chiaro, mi affascina molto il modo) quindi cosa si dovrebbe abbandonare e cosa aprire di sé per provare a far uscire vita dalle parole..

      mi scuso per i concetti poco colti, così come sono io e la ringrazio..

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    2. in realtà questo testo è un bel gioco, scimmiottato (appunto) sulla falsa riga di un vero testo di Beltrametti che racconta la storia di Cappuccetto Rosso tra parentesi... l'ho preso come spunto per la costruzione di un ricordo di Franco e dei suoi amici poeti americani, per una indimenticabile (per me, almeno) serata ai Magazzini del Sale, a Venezia, nel lontano 1977: c'era anche Spatola, Miccini, eJulien Blaine e molti altri, e io ero un giovane aspirante poeta. Non so se poi lo sono diventato, un po' almeno.

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    3. grazie Agostino per questa precisazione: contestualizzare,specie in una poesia di secondo grado, è fondamentale.

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    4. ringrazio anch'io, è evidente che la domanda era quasi più rivolta a me stessa, riportata come esempio dei pensieri che si erano mossi da qui..
      il sorriso fra, e fuori, le parentesi, arriva tutto.. :)

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  3. troppe parentesi confondono la direzione delle parole
    anche se tutto è permesso in poesia, non bisogna approfittarne!

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    1. e pure le parentesi sono una ripresa da alcuni testi di Franco Beltrametti, Il gioco rende tutto leggero, come leggere erano le cose di Franco, i suoi testi volavano letteralmente, e lui era una persona dolcissima

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    2. grazie per la spiegazione, Agostino, non conoscevo i testi di Beltrametti, l'uso che lui fa delle parentesi ...
      (più che una poesia, direi che è una canzoncina:-)

      un saluto

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  4. la direzione delle parole, in poesia, non è mai quella decisa dal poeta: è questo il punto che un poeta dovrebbe sapere :-)

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  5. il poeta sa tante cose
    e non sa niente

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    1. il poeta sa tutto, è la sua penna che spesso non riesce a dire

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    2. ed ecco riemergere l'Ego sempiterno del poeta....
      il poeta non è Dio.

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  6. su cosa sappia il poeta e su che cosa creda di sapere ne avremmo da discutere un mese :-)

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