martedì 23 aprile 2013

Salvatore Violante: poesia e neuroscienze


                             
 

Noterelle sulla poesia e sul cervello che la produce
(a proposito di una discussione sull’utilità della poesia oggi)


Questi nostri tempi moderni ci presentano un uomo alle prese con il mercato, sempre più teso ad adattare se stesso e ciò che lo contorna alla ricerca di beni che possano dargli una qualche requie.  Tutto questo, con una irrequietezza che lo porta avanti e indietro, con moto circolare, simile a quello del cane che si morde la coda: una fatica insensata che dà la dimensione del mare di vacuità in cui nuota l’uomo moderno. Come salvarsi da questo? In cosa poter sperare?  Può la poesia dare una mano? O è davvero morta come certifica il post-moderno? Cos’è  che si intende per poesia? Qual è il suo terreno? Chi è il poeta? A queste domande l’immagine più familiare e immediata, che mi si presenta è quella di due lunghissime, diritte rotaie parallele, analoghe a quelle di una linea dell’alta velocità che si leva al di là e al di sopra del visibile.  Luccicano, perdendosi nell’orizzonte remoto e sembrano, per una prospettiva falsata, incontrarsi in un punto lontanissimo.    Sempre la stessa immagine, a suo modo vicina e a suo modo lontana dalla realtà di ogni giorno. Il luccichio della rotaia, la gioia estetica, del visibile che si prova incamminandosi  verso la conoscenza, la percezione corporale di questo piacere che è partecipazione ; questo aspetto può ridursi in “maniera” quando si riduce ad una beatitudine epidermica. Occorre rimuovere le ombre del visibile, che fanno da contrasto e si allungano costantemente di fronte al punto luce dell’orizzonte lontano. Le due rotaie sono l’itinerario obbligato lungo il quale scivolano e si formano le parole della poesia che, in parallelo, inseguono  fantasie drammatiche, oscillando e incrociando speculazione ed immaginazione, cielo e terra, veglia e sonno, ombra e luce, silenzio e suono, eccesso e difetto, carne e cuore, terra ed aria. Sempre in bilico, in equilibrio instabile tra speculazione razionale ed immaginazione cosciente. Il campo di forze prodotto, condizionando il reale  ne sconvolge le connotazioni naturali, in un vortice caotico dove dimensione e distanza intrecciano possibili polarizzazioni affettive. Ecco una prima utilità della poesia: quella di vestire con più garbo e naturalezza la circolarità di rapporto che le nuove scoperte delle neuroscienze sembrano mostrarci  tra neuroni  e natura corporale, tanto che gli stessi fenomeni neuro-mentali interattivi finiscono per modificare la  stessa natura corporale e dei neuroni e dell’intera struttura emotiva e motoria. L’essere umano, per sua natura, non riesce ad accontentarsi. La stasi gli provoca noia, il muro di fronte, una sofferenza alla libertà visiva e quindi ha la necessità di ricorrere alla immaginazione per uno slancio cosciente. Di là dal muro c’è il divino, l’impercettibile, l’infinito. Da qui nasce l’istanza di poesia. Ed ecco perché, tutti sentono la necessità di esprimere poesia. È naturale ed è un modo di rapportarsi con se stessi e con il mondo. La seconda utilità è consequenziale perché realizza uno strumento per conoscersi e modificarsi e per conoscere e modificare l’apparente visivo. Ho parlato di parallele e di cerchi, le prime non s’incontrano mai se non in un punto lontanissimo, i secondi sembrano limitare uno spazio ma non un movimento. Questo perché la poesia è utopia è rincorrere all’infinito la vita per irretirne il profumo o la puzza in una manciata di parole. E mentre tutti sentono il bisogno di esprimere poesia, questa però si presenta a pochi e non sempre per vie costruite.  Il poeta è un condannato ad una instabilità perenne, che si guarda intorno cercando di riconoscersi, dà fondo a tutto quello che ha, la mente va in ebollizione e si sorprende dilatando se stessa e l’orizzonte visivo.  È l’ebollizione della mente che surriscalda le parole rendendole materia fluida, come dire, plastica, rendendole  immediatamente percepibili come miracolo. E questo avviene perché il nostro cervello non ha comparti stagni. È un reticolo di interconnessioni tra mente razionale, emozionale e radici nervose. L’intuizione dello scienziato non provoca solo la reazione razionale per la ricerca ma anche l’emozione per una possibile scoperta. Non solo, ma innesca addirittura una reazione a catena che è anch’essa circolare e che migliora la funzionalità dell’organo nel suo complesso.  Merleau-Ponty diceva che “tutto è scienza e tutto è filosofia” io aggiungerei che tutto può in-formarsi in poesia.
 Ci vuole il Poeta.
Dante Alighieri è l’esempio principe.
La modernità non riesce a porre confini netti tra ragione ed immaginazione,  rigore scientifico ed intuito entusiastico, è costretta ad utilizzare una malta che impasta insieme sensi, emozioni, sentimenti e raziocinio. La razionalità che potrebbe apparire il tarlo dell’uomo moderno, ha una sua potenziale capacità di dilatarsi ed impregnarsi, durante i processi conoscitivi, di emozioni e senso.  C’è un’ interdipendenza tra le varie funzioni cerebrali grazie ai progressi delle neuroscienze, con la scoperta dei neuroni specchio, che nella meccanica cerebrale dell’emotività, sembrano il registro neurobiologico dell’empatia tra individui. Sembra che questi neuroni abbiano la funzione di riportare a galla memorie sopite portandole alla coscienza: queste risiedono, per lo più senza farci caso, entro spazi invisibili come in quelli visibili, e le sue conoscenze riecheggiano un infinito sconosciuto mentre l’immaginazione, appare come il proiettile di una fionda da scagliare sempre più verso l’inimmaginabile.  Ce lo permette la percezione di noi stessi. Nella nostra mente, da dentro, avvertiamo, in una miscellanea di emotività e raziocinio, una sorta di carnalità strutturale e potenziale pressoché infinita che si snoda grazie ad un motore mirabilmente complesso chiamato cervello. Il cervello può essere immaginato come un mare magnum da cui la mente emerge con più visibilità e produce il pensiero che resta bagnato da quel mare, da tutta la complessità di quel mare.  Antonio Damasio e Semir Zeki ( neuro scienziati) sono convinti che non c’è pensiero prodotto, vestito di solo raziocinio, in esso confluiscono sempre anche affetti e sentimenti corporali. C’è una circolarità fra i soggetti corpo, mente e cervello. Ciascuno non potrebbe essere senza gli altri due, ciascuno, agli altri due funzionale. Nella sua storia l’uomo è indotto a rompere il cerchio ma questo, sempre, si ricompone, per sua natura: funziona sempre allo stesso modo, sia nelle operazioni elementari che in quelle più elevate e geniali. Sono vie faticose e talvolta piene di mistero quelle che il circuito corpo-mente-cervello può innescare quando l’uomo tende a riconoscersi nel mistero dei misteri del suo cervello, in un viaggio dentro e fuori dai suoi limiti verso l’Arte o verso Dio. Possibilità sempre in bilico ma che il cervello comunque mette sul banco, in offerta.
                                                                

Salvatore Violante nasce a Boscotrecase (NA) nel 1943, vive a Terzigno in provincia di Napoli.  Titoli di studio: Maturità Classica e Abilitazione Magistrale. Da universitario, non completa gli studi (Giurisprudenza a Napoli, Lettere a Salerno) preso dalla lotta politica e sindacale nelle fila della C.G.I.L. in quegli anni  60 che sembravano farsi carico di un cambiamento epocale. Frequenta il corso di economia con Gino Giugni, nelle fila del P.C.I., alle Frattocchie.   Ha pubblicato in versi: “Moti e Terremoti” (L’Arzanà-Il Piombino, TO 1984); “Punto e a capo” (Marcus ed. NA 2007). “Sulle tracce dell’uomo” (Marcus ed. NA 2009). “La meccanica delle pietre nere” (CFR Edizioni Sondrio 2013) Con Antonio Baglivo, per  Ibridilibri, “La casa, questa terra il suo profumo”( 2008),“Su questo altare” (2008). È presente in varie riviste: La luna e i falò, La Recherche, Secondo Tempo, Capoverso, Talento, L’Area di Broca, Gradiva, La nuova Tribuna Letteraria. In antologie: Selected Passages from international authors (ed. Andreozzi, 1971). Alchimie poetiche, ed. Pagine (Roma, 2008), In linea con la poesia , (Ed. Pagine 2011), L’impoetico Mafioso (Edizioni CFR 2010), La Giusta Collera (Ed. CFR 2011), Le Strade della Poesia (Delta 3 Edizioni, 2011),  A che punto è la notte (Ed. CFR 2012) Oltre le Nazioni (Ed. CFR 2012), La poesia è più viva che mai (Magi Editore, 2012), Immagini (Ed. Pagine 2012), I poeti contemporanei (Ed. Pagine 2012). È presente nel volume primo dell’Enciclopedia degli autori di poesia dell’anno 2000 (Ed. CFR 2012). Ha collaborato con: Il giornale di Napoli, La voce della Campania, Dossier Sud. Attualmente collabora con articoli, racconti  e saggi con Il Gazzettino Vesuviano, Secondo Tempo e Il Vesuviano.
   Sulla sua poesia si sono espressi numerosi critici, fra i quali: Giorgio Bàrberi Squarotti, Franco Loi, Valerio Magrelli, Giampiero Neri, Mario Lunetta, Gianni D’Elia, Lino Angiuli, Mariella Bettarini, Luigi Fontanella, Plinio Perilli e Antonio Spagnuolo.


5 commenti:

  1. Molta carne sul fuoco. Su idee staminali, potenti. Bella anche la foto di te che tieni le carte in giardino. Ciao.

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  2. Lasciamo stare la foto, non ne ho molte. La carne sul fuoco può essere ben cotta da due saggi di Rubina Giorgi che affrontano il problema sul piano filosofico:"Che farò senza il mio ben" e "Sofismi" entrambi editi da Ripostes, il primo del 2011, il secondo del 2012
    S. V.

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  3. Enzo
    udimmo
    Carpino
    sciummo!
    e odor di fiume.
    O Salvatore!

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  4. Complimenti, Sal!. Per me le tue poesie sono a volte troppo complessi (per la lingua italiana, che non so perfetto, ma ci sono versi che mi piacciono tantissimo. Ho tradotto alcune, ma per adesso ci sono ostacoli per stamparle. Ancora complimenti.

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