martedì 9 ottobre 2012

Risultati dell'European Poetry Tournament



La casa editrice Dot.com Press Le Voci Della Luna, in collaborazione con la casa editrice Pivec di Maribor (Slovenia), per il secondo anno consecutivo ha organizzato le selezioni italiane per lo European Poetry Tournament, il cui bando era stato pubblicato anche presso questo sito. I vincitori delle selezioni nazionali dei paesi coinvolti (Austria, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Ungheria, Slovacchia, Italia) saranno invitati a partecipare, oltre alla serata finale di Maribor il 17 novembre, anche agli eventi promozionali che si terranno a Zalaegerszeg, in Ungheria, il 15 novembre, ed a Sarajevo, in Bosnia-Erzegovina, il 13 dicembre.

Al segretario del premio Francesco Tomada sono pervenuti 86 elaborati, che i giurati (Gabriella Musetti, Stefano Guglielmin, Giovanni Tuzet, già vincitore lo scorso anno) hanno esaminato in forma rigorosamente anonima, essendo ciascuna poesia contraddistinta solo da uno pseudonimo. La giuria ha constatato che tutti i lavori proposti rispettavano le condizioni previste dal bando, e che i componimenti di elevato valore erano numerosi, per cui il lavoro di selezione non si è rivelato facile.

Il vincitore della selezione 2012, che parteciperà quindi alla fase internazionale dello European Poetry Tournament, è 
Daniela Raimondi, con la poesia “Ritratto”.


RITRATTO (DANIELA RAIMONDI, VINCITORE)


Aveva lavato i più piccoli dentro il catino.
Sfregato col sapone le ginocchia, il collo,
la piega dietro le orecchie. 
Il fuoco era acceso.  I corpi fumavano.

Aveva lustrato le scarpe, spazzolato le giacche,
messo un nastro nei ricci della bambina.
Poi era uscita: il piccolo in braccio,
un altro per mano. 
I più grandi seguivano. 
Camminavano svelti, gli occhi abbassati,
i corpi stretti dentro i cappotti.

Quel giorno mia nonna andava a fare un ritratto.
Voleva una foto dei figli da mandare al marito. 
In Abissinia – dicevano,
a Natale il sole brucia ancora le pietre,
le donne hanno sguardi che fanno tremare le tigri. 
Lì, invece, l’inverno splendeva sui loro capelli,
il ghiaccio copriva i rami dei pioppi.

Il fotografo li compose come un mazzo di fiori: 
tre davanti e tre dietro. 
Aveva aggiustato le frange, poi i fiocchi, i colletti. 
Tutti fermi.  Sul viso hanno lo stesso stupore.

Li osservo.  Nella foto ogni cosa ha il suo posto:
la tenda di damasco, le schiene diritte,
la mano del primogenito sulla spalla del fratello più giovane.
Fissano l’uomo nascosto sotto il nero del panno. 
Nessuno sorride. 
Uno ha il cappello calato di sbieco,
l’altro indossa un maglione infeltrito.
Nella fila di dietro, mia madre: tredici anni, il viso sottile,
un vestito severo, nemmeno un accenno di seno.

Mia nonna manderà quella foto al marito. 
Scriverà che tutti crescono bene,
che il più piccolo ha messo due denti,
che deve comprare scarpe nuove, e le maglie, e i quaderni.
Tacerà del freddo che ghiaccia i canali,
del gelo che s’attacca sui vetri, dell’olio finito. 
Tacerà del settimo figlio che già calcia nel ventre.

È successo l’ultima volta.
Era tornato con addosso l’odore dell’Africa.
Ogni notte saliva sopra il suo corpo
e spingeva nel buio.
 attento a non fare rumore, attento
che i bambini poi sentono... –

Poi restava in silenzio:
gli occhi fissi sulla finestra,
e la paura che lui le piantasse nel ventre
un altro bambino.

Adesso gli spedisce la foto.
Non gli dice del figlio che le ingrossa le vene.
Non vuole parlargli del peso che già preme contro le ossa
e reclama il suo pezzo di letto, un lembo di fame, una voce,
la saliva che brilla
e già scava il suo nome nel buio.



ROSA DELL’ANIMALE (MARIA GRAZIA CALANDRONE)


questo suono d’incendio della carne dunque è il cielo.
carne che arde come legna e infiamma
i tralci e le colonne: dal capitello delle tue gambe ora
sale un bianco d’inferno.

quando un uomo ringrazia per il corpo ha detto sì: sì
al dono e alla prigione
e la sua gratitudine leva un rumore
di metallo battuto e tamburelli
nel più alto dei cieli, innalza
l’essere erbaceo del mondo
nella gioia di questo
che è. la gioia degli uomini è la sola lode
che piace a Dio. quest’uomo
non avrà smesso di cercare, solo
è felice, incamminato nella direzione delle cose:
nel carminio del cuore, nella ferita che diventa fiore e nel veleno
al quale è preparato dalla nascita. ora è potente come l’animale che non sapendo
sa. non lo turba l’insonnia. Dio è questo
animale, l’uomodonna, la frusta
dei nervi tesi dall’eresia, la nostra ombra gemella
di cerva e tigre, di cane
e serpente femmina che si acciambella
nel rovo dei tuoi denti, la mia spirale nobile e infernale
sui tuoi polpacci e il morso
di tutti gli animali, del cinghiale e del lupo
la zampata dell’orso e la sua fiamma
terminale nel rosso del mio cuore.

amami dunque.
tienimi nell’aperto del tuo petto
con odore di scimmia
e d’erba secca e menta e ibis scarlatti, tienimi nell’odore
di albero bruciato del tuo cuore, tra le fiere dirotte
del tuo cuore: sotto la dentatura delle scimmie
che masticano bambù
e sono a somiglianza degli umani
nude e rapaci come un’infezione
profonda. scimmie
sotto le foglie a cuore delle catalpe, scimmie come dettagli
di inferni bruegeliani
mi guardano dal fondo del tuo petto con l’occhio umido degli animali
sottomarini (l’occhio perlaceo e fisso
delle murene), si sfregano come diavoli
fino alla trasparenza della pelle
hanno una garza sull’osso
portante della schiena, sono innocenti.

io ti accolgo, ragazzo, come il morso di bestia




LA CASA OBLIQUA (ANTONIO BUX)


Era una porta in principio la testa, bussando il polso,
il pensiero della casa. Niente si è esposto, dopo
nel moto inverso, invisibile dell’abbraccio celeste,
la funzione del perimetro, l’insorgere alle finestre;

e così gli spifferi impronunciabili, e l’uscio obliquo
negli arredi al buio, il miracolo dei muri. (Che inizia
dal basso, la geometria della visione, dalla calce
comprimersi in un filtro -vincolarsi- nell’effrazione).

E allora tutto implode, dalla botola dell’esistenza:
si arriva nel sangue delle tubature, si taglia il cuore
s’accampano le ossa. E quindi, più del dolore disegna

la casa, la rivolta; degli oggetti si conosce la polvere
il nome, la scatola d’ombra. E il condono dunque
è svuotare gli stipiti, appendere il futuro agli angoli.

Ma doveroso è il censimento: il ritratto fuori, nell’insieme
sotterraneo cede, aderisce all’inferno, all’insubordinazione
anatomica del passo, che non sa retrocedere nell’origine
e scompare, misurato dal lungo metro dell’attesa

dove si precisa il tetto, la funzione urbana, la strada spaccata.




BALBUZIE (CRISTINA ANNINO)


Quella colla  lo riporta indietro. BU
l’allarga, non vuole, braccia in su, lui ha
fretta, ma anche allentandola, di più
stringe.  E’ carica al peggio di sé, la sua
liquefatta altezza. Macché
sale della terra, noi!  Distante
100 milioni d’anni dalla prima formica,
 eppure  siamo le sue larve, ché ancora  
si scrive sulle Papaie, non ermetici  né anarchia!
Esibiva, per prova misera libri farneticando, come
l’ultimo sogno del gran Disumano.


   ******
Nella stanza di palme zitte, sdraia
sotto la schiena le gambe; pareva 
un tallo. Pensa al sistema
abitativo di loro, rotoli di tabacco
puro nell’ozono dei rami. Poi libri,
sale, le guerre; conta: “più-meno-
memoria”  Con balbuzie pulsante accese
e spense film: Fukuschima, pesante
troppo sulle persone (altro calcolo
gratis), sarà sempre sulle
nostre spalle, come questa colla! sulla corte
dei conti, persino
sui gonfi tacchini e il volgare
pollaio di qualche scienza. Peserà. Così
gli parve. Poi basta, poi
via, poi destra sinistra dello stesso
collo, la sua balbuzie diventò carne.





CONFINI (MARCO BELLINI)


           Davvero non si pensava che anche un fosso,
           lì, appena discosto dallo sterrato,
           potesse essere un nido, quasi un letto;
           che fossero uno stelo d’erba e una ciglia
           legate alle stesse ore. La paura
           una coperta per l’età di questi uomini
           che si contano le unghie scure nella terra
           e sul vicino il sudore animale. Oggi è così
           i rumori sparati, i rumori lanciati si diradano,
           tornano nel fosso i movimenti, le articolazioni allungate.
           Tra loro non si guardano, non fanno domande
           nessuno si riconosce, nessuno
           racconterà quelle ore. E il giorno dopo:

un tronco cavo, una corda,
agivano sulle cose attorno per tenersi saldi.
Misuravano il rischio da prendere, la forza
della corrente. Di là un argine fiorito
la cadenza di un nome diverso, di una bandiera,
i suoi colori mai incontrati. Cercavano
un’altra opportunità; da lì sarebbero passati.

Lo studio del terreno, le curve,
la spinta della bracciata; per avere un riscontro
non bastavano, come credevano.


***


                                                        San Felice sul Panaro
                                                        20 maggio 2012
                                                        (FEDERICO FEDERICI)

senti? polvere che adorna la rovina della terra
si solleva a scatti, a sciami afferra le caviglie,
alle radici stringe la sua frusta e tira, strappa
i vetri e vortica tra i buchi, si divarica in fessure,
sale sradicando arbusti e vene nella roccia,
artigliando travature in bilico sul vuoto
nei cantieri, scortica grovigli elettrici
di cavi, scaraventa recidiva nugoli
di pietre e fumo, toglie il peso ai vivi

dopo la vertigine la veglia, le vigilie
mute d'altri tuoni senza lampi, notte
e giorno stesi nei rigurgiti, nei gorghi,
le gengive nere per la terra, gonfie
di poltiglia densa e getti d'acqua
ininterrotti – l'emorragia continua

cancellate, crepe e cumuli di pietre
circondano a settori il vuoto:
qui un altare senza ceri o croci,
lì un giardino sconsacrato senza fiori

i fischi, i pianti, i gridi e le sirene
ricadono più inerti di macerie,
è solo un alveare di arnie vuote
la città, in cui non c'è più casa,
o cosa intatta, o verbo a ricucire
il labbro alla ferita e metterli tacere

semi secchi senza odori, rotti, ossi,
tonfi sordi, rotolati nei rigagnoli dei fiumi,
rimangono sospesi in acqua che non scorre
e trema con la terra e col sudore sulla fronte

nello spasmo che contrae le viscere vacilla
ancora la città sui resti, l'acqua erompe
densa dagli scantinati, spinge i suoi rifiuti
morti fuori, i gusci e le immondizie, i mezzi
vivi ad occhi chiusi in agonia da parto

sino a che c'è forza da sfogare, il ventre
inciso, smarginato, prosciuga le sue piaghe,
non si cuce addosso la voragine che sputa,
ingoia e sputa coi detriti il sangue

la polvere s'affina nella luce alle fessure,
la pioggia ferma cenere che soffia il fuoco
spento e fa cadere a peso il fumo; scure
spire di fuliggine tempestano i gironi
terrestri, neve nera di altri giorni porta il buio




NELL’ANNO CHE SORTIVO DALL’OSSARIO (FRANCESCA MATTEONI)

Buio – io credo sia stato
ma come un lampo nel campo rovesciato
nell’anno che sortivo dall’ossario
e m’invischiavo al cretto
svenavo l’amnio della camiciola
nel foro sgangherato della terra.

Te la ricordi, la voce quando è un filo senza bocca
un fumo risalito come certe arie dell’alba
poi è limpido lo stelo,
la prima cavolaia, la farfalla?

Scendono per tre giorni le trivelle
inghiottono la pelle e il tremolio.
Sono il bambino-ghiaccio, il bimbo immobile
roccioso, il singhiozzo.

Non è che tutto ha sempre una ragione.
Dal fascio acceso della televisione, sei come me
mi senti, puoi salvarti. Puoi esistere
anche tu dimenticato, orbato
del tuo pezzo di paura. Non vedo più
troppo bene il sole.

Altri bambini, altrove, si proteggono.
Si calano l’un l’altro nel mio cuore.
Dev’essere così, mamma, che accadono
le cose morte, velocemente inutili nel mondo
– la screziatura delle pratoline
le ciocche troppo lunghe, aggrovigliate,
i graffi quando si corre forte
le braccia raggiate nel sudore
l’odore, le teste immerse, sporche.


* Per Alfredo Rampi, Alfredino, Roma, 11 aprile 1975Vermicino, 13 giugno 1981




IL RETICOLATO (FABIO FRANZIN)

Lo ha estratto il mio figlioletto dalla terra
ammorbidita da una pioggerellina
benedetta dopo un mese di siccità
e caldo infernale, questo pezzo storto
di reticolato arrugginito che ora
mia moglie ha infilato, lì, ritto,
in uno dei suoi bei vasi di vetro,
come se fosse un fiore. Raccolto
sabato scorso durante un picnic
sul Montello lungo un vigneto
di prosecco, a due passi dal Piave,
dai resti dell’abbazia di Nervesa[1].

Venti centimetri di ferro attorcigliato,
in centro le tre stelle dalle punte acuminate.
Gli dico che lo tendevano, tre file lunghe
ogni asta, davanti alle trincee, come ostacolo
all’attacco, come ultimo baluardo prima
dello scontro all’arma bianca. Lo guardo,
questo spezzone troncato chi sa se
da una bomba o da una tenaglia, chi sa se
storto da un corpo crollatogli sopra, morto.

Lo guardo, questo pezzo della corona di Cristo,
questo rovo rimasto piantato dentro la terra
per quasi un secolo senza mai produrre more,
questa reliquia del male, dell’odio. Lo guardo
come si osserva un fossile, una menzogna.

Ora che le spine dell’Europa sono composte
dai numeri rossi e negativi di spread e debiti,
dagli eserciti inermi dei disoccupati, e non
è bastato il giovane sangue versato fra l’erba
e i sassi per far spuntare il fiore della pace.    



***

                                 O i vostri nati torcano il viso da voi
                                                                                P. Levi
                                            (AZZURRA D’AGOSTINO)



Si apre un cielo di stelle incantabili:
credevamo, venendo qui, di numerare
sul quaderno altri modi: passare in rassegna i visi,
o i chiodi che reggono i muri,
i duri sassi sotto montagne di scarpe.
Ma per noi, i residuali, è poco più di una sterpaia
questa slargata campagna orientale, e ci fa male
un qualche punto del cuore che non è proprio il nostro cuore,
ma una cosa da poco, involtolata in fretta
per essere portata via.
Potremmo dire che in qualche modo
tutto comincia da qui: è in questi
secchi occhi di postumi che si specchia ora il mondo.
Dovremmo forse essere tante cose migliori di questa,
di questo vialetto interrotto, di questo vento astratto, tardivo,
che ci sganglia come fanno le parole:
un breve animarsi di foglie secche,
un'ombra nel cielo deserto,
l'amare soltanto quello che è perso.


11 marzo 2012, Auschwitz-Birkenau, Polonia




NUOVO DISCORSO DA UNA MONTAGNA ANTICA (GUIDO CUPANI)


Beati coloro che imparano
sull’autobus che scala il purgatorio mattinale
l’inutile di litigare per un posto – siamo tutti accatastati
nel sacchetto come articoli a basso costo
e non è meno scomodo occupare il corridoio
per chi scende o attendere davanti al predellino
per chi sale o ripiegarsi nello scatto delle porte –
beati coloro che lo imparano
senza alzare la voce
prima della sera del tempo prima delle macchie sulle mani
perché il regno dei cieli comincia un lunedì di traffico
e segni inconfondibili proclamano
che il capolinea è vicino

Beati coloro che si aggrappano




MINISERIE (INGAGGI)  (LUISA PIANZOLA)


*
sei un uomo amato da molti
lo hai capito fin da piccolo e ti sei messo sul mercato.
ne hai tratto profitto dai tredici anni in su.
le donne ti cercano, ti richiedono.
tu spesso ti dài un voto: otto.

sei una donna benvoluta e ammirata.
nel mercato rionale della tua città,
ma anche in quelli di milano, al tuo passaggio
non è che ti pestino, ti fanno largo come
a una qualunque signora con prole e altri requisiti.
tra l’altro hai una struttura fisica
più che decente: il tuo punto forte sono
culo e gambe. lo sai dalla seconda media,
ma non hai mai smesso di confezionare ricerche
scolastiche mettendoci il massimo dell’impegno.
per un certo periodo, durato parecchio in verità,
hai piombato le tue doti fisiche in una foiba esistenziale
che pareva senza rimedio.
ma il rimedio è stato trovato.
le cartucce residue sono nell’ultimo cassetto
del mobile in soggiorno.


*
ti dice: sei ancora bella, ma forse non puoi più
darmi un figlio, e io ne ho all’improvviso
un bisogno pungente.
gli dici: andiamo e facciamo, comperiamo.
il calendario ha tutti i mercoledì rossi,
soprattutto quelli vicini alla fine dei mesi.
tra poco salteranno giù dalla pagina e partiranno
per un viaggio di sola andata. non te ne devi dimenticare,
soprattutto di quelli vicini alla fine dei mesi.

ti dice: andiamo e facciamo. acquistiamo.
i figli, se non li puoi fare, si acquistano.
si prendono una vagina amorevole, un utero
ancora più amorevole e si compila il bonus.


*
i bimbi sono nati. c’è una scheda nuova di pacca
per le loro individualità. fratellini e sorelline
in girotondo nel cortile dell’opera. bianchi e marrone
chiaro, il coro degli insegnanti ragazzi li elettrizza.

abbiamo messo le culle vicino alla finestra
perché possano vedere e sentire già da ora.
nel loro silenzio di occhi piccini, nel loro vagare
con lo sguardo già da ora.
mandiamo avanti loro perché ci sia qualcuno
che si nutra con avidità e sviluppi in santa pace
ossa muscoli e organi vitali.


*
i bimbi sono cresciuti. uno sfavillio
di domande, di vita di tutti i giorni, quella
un poco snervante. ripercorriamo i loro
spostamenti giù dal letto su per le scale
dentro i cortili della fitteria. tra qualche anno
ne faremo una squadra, di quelle che vincono
o comunque puntano alla vetta della classifica.
ma per ora ci accontentiamo di salvarli
un poco alla volta, scuoterli con minacce alla mano
e stimoli alla riconoscenza.



TRASMIGRANO (MARIA PIA QUINTAVALLA)


I)

Trasmigrano i corpi, così l’amore
che mi sposta e muove
ali che si toccano sfilano appena
il collo, gli occhi più leggeri
nel sorriso. Sogno:
anse di nomi spinti da sonno cieco e
cani che riaprono l’alba

lui, lei che si ricambiano
il cerchio del piacere -
dopo i cimiteri delle macchine là fuori,
e trattengono il cuore, lo smarrito

                 se balbetta il  tuo nome,
                 o tenerezza.




Terra scoscesa e bretone,
nel verde
che disegna menhir in magnitudine,
parole come calvari in pietra -

Tra i nostri amori è l’acqua dove
una promessa sarà certissima
nel cuore,
colmo e con incerta mano
dai baci incoronata

la  t u a  voce.


II)

Ha fede e ostinazione il mio diletto,
sparge il suo dire a coprifuoco
cerca mappe alle stelle -
per arrivare fino a me, la sera

una promessa, un rilevante sogno
in balbettii leggeri
esse-emme-esse che si sollevano
(deve essere già integro, discreto

lui, se lo capisce).


III)

Il mercato è la regola
della circolazione delle merci,
e non dei sensi
che amplificano il regno -
Volessi io tornare al segno dove
l’anima e il corpo si fronteggiano,
si palpano da ciechi

un tesoro ai tuoi piedi io governo,
tu lo porgi



dal libro dell’amore inviti,
voli alto in dolzore
sopra le braccia poiché
il ragno della vita, la mia la tua
rinascano
in nuova  c a s a.

Ti amo intanto, piccola
figlia nel bozzolo, mentre ti prende
il gioco della crescita;
ritorno un poco indietro, attenta
scelgo sedermi calma, cerco

la  c e n a  dell’amore vivo.





[1] L’abbazia è quella di Nervesa della Battaglia, famosa perché Monsignor Della Casa, intorno al 1551, ivi vi scrisse il famoso “Galateo”. Nella prima guerra mondiale fu quasi totalmente distrutta durante i bombardamenti sulla linea del Piave, e così, mozza e sventrata, accoglie ancor oggi i suoi visitatori fra le colline del Prosecco.


34 commenti:

  1. Grazie, Stefano, per la pubblicazione del mio testo, luisa p.

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  2. Scusate la ripetizione del mio commento precedente... ma, non contenta, ne lascio un altro (spero in versione singola): Bello, il testo di Francesca Matteoni. Buona notte, luisa p.

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  3. Grazie per la segnalazione, complimenti alla vincitrice.

    A presto

    Antonio B.

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  4. ho tolto il commento ripetuto di Luisa Pianzola, ma tengo i suoi complimenti per la poesia di Francesca Matteoni.

    sono tutti testi che meritano di stare qui.

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  5. Complimenti vivissimi a Daniela Raimondi, innanzitutto. Davvero una selezione di testi notevoli.
    Ringrazio anch'io Stefano per aver postato tutte le poesie segnalate.
    Un caro saluto. Fabio Franzin

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  6. Grazie innanzitutto a te, Stefano, per questa vetrina che mostra testi davvero notevoli di autori che amo e ammiro molto. Felice di essere stata selezionata, ma anche felice di stare fra loro :) Grazie anche ad Antonio e Fabio.
    un saluto a tutti.
    Daniela (Raimondi)

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  7. e un grazie agli altri componenti della giuria, che hanno lavorato con serietà. E a Francesco Tomada, senza il quale la sezione italiana non sarebbe possibile.

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  8. Anche io vorrei fare i complimenti alla vincitrice e ai segnalati: purtroppo vince uno solo, ma i lavori di valore erano molti. E ringraziare la giuria e Fabrizio Bianchi: soprattutto senza di lui non saremmo parte di questo evento, che è in ogni caso una piccola/grande opportunità gratuita e realmente anonima.

    Un saluto a tutti, grazie a Stefano dell'ospitalità e dell'appoggio, e speriamo un arrivederci al prossimo anno.

    Francesco t.

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  9. sarebbe bello che Daniela, prendesse appunti negli incontri balcanici e poi li pubblicasse qui.

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  10. Grazie delle belle segnalazioni, me compresa, a Stefano, e auguri molto cari alla vincitrice!MPia Quintavalla

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  11. Grazie delle belle segnalazioni, me compresa, a Stefano, e auguri molto cari alla vincitrice!MPia Quintavalla

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  12. Certo, Stefano, il resoconto arriverà ;) Ciao Maria Pia, un caro saluto.
    daniela

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  13. lo aspetto, allora. grazie!

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  14. Complimenti a Daniela Raimondi per il risultato e grazie a Stefano per la pubblicazione delle poesie segnalate. Marco Bellini.

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  15. Complimenti a tutte/i. Testi davvero intensi. Un livello di qualità altissimo. Volevo chiedere a Daniela Raimondi se il suo fa parte della silloge "Lettere dall'Africa" di cui ho letto altro domenica scorsa, al premio A. Osti...Un saluto, GTZ

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  16. No, la poesia appartiene ad un'altra silloge inedita, non a quella presenta all'Anna Osti. Complimenti a te per il tuo primo premio :)

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  17. mi associo a Daniela, per i complimenti a GTZ per aver vinto l'Osti.

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  18. Grazie ad entrambi. Complimenti ancora a Daniela, sia per questa poesia che per quelle di Lettere dall'Africa, che mi son piaciute moltissimo, e che sperò leggerò quanto prima pubblicate. Un saluto, GTZ

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  19. Grazie, Antonio. Contenta che le poesie ti siano piaciute. Di nuovo, un saluto a tutti.
    daniela

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  20. Avrei voluto leggere anche la mia poesia tra queste, io ragazzo del '90. Ma ben poco si poteva fare: tutti poeti già battezzati, più esperti di me, con un blog o con un cognome da poeta a certificare il valore, valore che tracima l'anonimato. Per fortuna ho abbandonato i versi da tempo (perciò non vorrei che questo fosse il tipo commento del perdente). Il mio era solo un tentativo per "fare finta che ci credo ancora". Complimenti dunque agli autori delle poesie, poiché dopotutto ci sono alcuni versi belli, e teniamoceli stretti. Giuseppe C.

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  21. il concorso per la giuria è anonimo. credici!

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  22. Caro Giuseppe,
    per i giurati il concorso era del tutto anonimo: io ho copiato tutti i files in un documento unico e tenuto qui da me i loro dati. Se poi qualcuno sia stato riconosciuto per la sua scrittura, questo è certamente possibile, ma credo inevitabile, e i componenti della giuria sono persone integre, di cui mi fido ciecamente. Ti assicuro inoltre che fra i nomi nemmeno segnalati ce ne sono diversi probabilmente di notorietà ben maggiore dei selezionati.

    Io vengo ignorato nella maggior parte dei concorsi a cui partecipo:-) Dunque continua a crederci, e soprattutto a scrivere, che è cosa che si fa prima di tutto per sè; il resto è accessorio.

    Un saluto a te, e in bocca al lupo per il futuro.

    Francesco t.

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  23. carmine vitale12/10/12 18:22

    ciao a tutti e complimenti ai testi qui e alla vincitrice
    un saluto caro a F Tomada
    c.

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  24. complimenti a Daniela e tutti gli altri, a Francesco t. e a Stefano che li ha ospitati qui.
    vincenzo celli

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  25. Mi associo ai complimenti per le belle poesie di Daniela e di tutti
    gli altri poeti.
    Un caro saluto agli organizzatori del premio.
    Cristina Annino.

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  26. Ciao a tutti.
    solo ora leggo e esulto felice del risultato ottenuto da Daniela!
    sono felice perchè la sua dedizione alla poesia lo merita, perchè il suo valore e l'onestà lo meritano ( così come lo meritano certo tutti gli altri poeti - ma qui sono un po' di parte per il grande affetto che mi lega a lei)

    tutti testi molto interessanti. immagino che per la giuria sia stata dura "scegliere".

    un grande abbraccio a Daniela!
    un caro saluto a Stefano e a Francesco, a Fabio.

    ciao, iole

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  27. grazie Stefano per il post! e complimenti a Daniela e a tutti noi! Francesca

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  28. Caro Giuseppe C, non ti preoccupare. Anch'io (ragazzo dei '60) non sono stato selezionato. Non che io sia chissà chi, ma questo è un premio serio e ben gestito, e quando le cose sono serie, vale la pena partecipare. E la riprova è che il valore dei lavori dei segnalati, è, per me, fuori discussione. Se io fossi stato nella giuria, e, paradossalmente, avessi pure inviato un testo sotto mentite spoglie, al di là del gabbo, avrei dovuto arrendermi all'evidenza e scartare il mio testo a favore di questi. Nessun dubbio. Come ti dice Francesco T., anch'io ti esorto a continuare a scrivere. Ma ancor di più, ti invito a leggere, leggere, leggere. Cosa c'è di megolio di un bel libro di poesia, sdraiati su un'amaca in giardino (ma pure sul balcone di casa)? ;) Buona vita. GTZ

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  29. Ringrazio Francesco T.(omada) e GTZ per le parole gentili. Non era mia intenzione mettere in dubbio la serietà del concorso e dei giurati. Il senso del mio post era: ho sbagliato a partecipare ad un concorso che coinvolgeva poeti non dilettanti.
    Al momento non voglio più avere rapporti non protetti con la poesia; preferisco preservarne l'essenza nella prosa. Davanti a questi componimenti posso dire "oh ma guarda che bravo, vedi come ha risolto questo verso", ma di più no; dire che imparerei a memoria questi versi, no. E la poesia dovrebbe essere la cura più efficace contro le amnesie. Problema mio, sicuramente. Alla prossima. Giuseppe C.

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  30. non so se la poesia cura le amnesie; di sicuro non cura le giurie, che si leggono tantissime poesie e devono decidere qual è la più interessante.
    Fai bene Giuseppe a preservare l'essenza poetica per la prosa. poi magari fra qualche anno torni alla poesia e via così. la ricerca consiste appunto nel non sedersi, al di là dei premi.

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  31. bei testi invece, belle poesie-poesie, poesie-mondo, direi - bravi! piaciute molto, con nota speciale a francesca matteoni (da far tremare i polsi) e a luisa pianzola (gran classe raggelante)
    rx

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  32. Vorrei rispondere a questo Giuseppe del '90 (stesso anno di Micaletto tra l'altro, che dal nulla è uscito e ha vinto e continuerà a vincere, e se lo merita). Dunque, qui trovi molti nomi illustri della poesia contemporanea, già belli maturi e consci di sé (dalla Annino alla Calandrone, da Franzin alla Matteoni, Quintavalla, D'agostino la stessa Raimondi). Gente anche non più così giovane. Dunque, il tuo discorso è ok, ma è evidente che questi poeti hanno ormai una soglia importante, una voce ben precisa. Io ti dico che non ho mai vinto niente, mai segnalato a niente, era la prima volta che partecipavo a qualcosa, e che ho da due settimane pubblicato il mio primo libro, dunque all'epoca dell'esito finale del concorso, io ero ancora un poeta "inedito" (va beh che cambia poco anche ora, resto comunque "inedito" letteralmente parlando). Dunque come vedi, se hai un briciolo di talento e fortuna, e se hai costanza, e se il tuo lavoro poetico è uno scavo continuo, prima o poi ci arrivi. E non demordere che non hai 50 anni...Tanto il tuo talento, se ce l'hai, non lo vedrai mica esclusivamenteattraverso questi riconoscimenti. Però l'onestà della giuria non la mettere in dubbio. Certo, alcune voci sono così singolari, che anche senza saperne il nome, un testo si riconosce. Ma mi pare sia indiscutibile la qualità qui riportata, rispetto alla poesia contemporanea che gira. (Io ho partecipato con uno dei miei migliori testi, su centinaia e centinaia di inutili testi che scrivo quotidianamente, dunque sono andato a colpo sicuro, altrimenti, stanne certo, non sarei in questa bella rosa di finalisti).

    Un saluto

    Antonio Bux

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