mercoledì 2 febbraio 2011

Ancora su Claudia Ruggeri


Ho già parlato di Inferno minore, opera postuma di Claudia Ruggeri, mettendo in evidenza alcune letture che uscirono in Liberinversi; una, di Alessandro Canzian, sottolineava la contiguità fra la poetica della poetessa suicida e una koinè barocca ben riconoscibile in altri poeti pugliesi contemporanei, l'altra, di Mario Bertasa, riportava immaginario e materia linguistica del libro alla Commedìa, ad un inferno senza uscite.
Rileggendo l'opera con altri amici, e discutendone, ci siamo accorti che un approccio psicoanalitico avvicina la materia biografica altrimenti imprendibile e offre ulteriore luce al libro. Solo esili tracce del mondo reale, infatti, sono con precisione annotate, spesso fatti irrilevanti come uno shampoo in una bagno "decrepito" e generici baci o figure maschili, le quali, tuttavia, se lette 'in chiave', si rivelano essere ombre dello stesso fantasma, messo a fuoco in Tragedie, sogni e misteri II, breve testo introdotto da "Voi non potreste mai smarrirvi...", una citazione tratta da La città morta di D'Annunzio, dramma il cui tema centrale è l'incesto. In apparenza, la poesia racconta la difficoltà della creazione artistica, la ricerca della "parola giusta da riscrivere" infinite volte; eppure, d'improvviso, quando tutte sembra chiaro, il verso si spezza, amputa la coda e, del nume tutelare, non rimane che "dannun", suono che tiene insieme l'annunzio e il danno, lasciando libero d'esistere lo "zio tragico" a cui rubare "la parola", per "massacrarla": "dannun-/ zio tragico per rubargli il rigo esatto la parola così/ per massacrarla con due dita". Quello che sembrava il tentativo dell'allievo per liberarsi dall'influenza del maestro, diventa un grido di un soggetto che chiede, in principio del testo, "dimenami con ordine la sillaba", che invita ad una violenza controllata, che non tracimi in furore. La paura, forse, deriva dalla consapevolezza che quell'uomo che altrove "entra nella sua stanza dalla porta sporca/ e bianca" (p.25) è "alle corde", è un vinto dalla vita, "un uomo scottato", pericoloso perché forse votato, come lei, all'"autocancellazione" (33). In questo gioco al massacro, "assalto e candore" diventano le braci sulle quali costruire un destino votato alla "maledizione di gabrieleamore", che in altre poesie è "gabriele", o "Gabriele", forse, quest'ultimo, l'arcangelo messaggero, ma anche angelo della morte e, nella tradizione egizia, colui che governa l'acqua. Egli porta infatti l'annuncio della fecondità di Maria, spaventandola, così come nella "doccia" di Claudia Ruggeri, la sua controfigura storica intrufola il "piedino [...] sotto/ acque bollenti" per una possibile "eiaculante densità/ del getto" e forse anche "innamoramento" (33). Questa divinità odiata-amata incontra "la deessa, Macchia pulcherrima" (112), la quale gli avrebbe anche "lavato i piedi / [...]/ tornando folle" (43), se non ne temesse il giudizio, la "maledizione", appunto. Il circolo virtuoso, l'umile lavaggio al peccatore, degenera in un vortice che sprofonda agli inferi i due protagonisti, mutando la salvezza in dannazione, nella condanna all'inadeguatezza, almeno per lei: "dormi incastrata, qui nella terra nulla dove la rosa/ è un fungo e non si addice ai prati" (124). Chiaro che Gabriele veste soltanto un abito dello "zio tragico", quello archetipico probabilmente; "gabrieleamore" e "gabriele" sono altre controfigure in cui il fantasma originario s'incarna, altri fallimenti in cui la coazione a ripetere si compie. Tutto questo diventa, in Ruggeri poeta, flusso magmatico della lingua, materia che brucia il mondo per riconsegnarlo "bianco e vermiglio": bianco come Moby Dick, "uno strano fantasma" (83) che inquieta, e rosso come il vino e il sangue. "Il verso – scrive nella sua ultima poesia – potrebbe ormai portarsi dove questa primissima/ ebbe gli abbracci bianchi degli atleti e le cadute erano finte,/ passeggere. Il verso potrebbe significare/ la sua morte esatta." (135). Lei si fermò prima, tuttavia, significando la morte non con la parola, ma con il gesto estremo (come già aveva fatto tre anni prima il suo amico Antonio L. Verri, mentore della poesia salentina contemporanea), non riuscendo forse a raggiungere il bianco e il vermiglio dell'infanzia, quando ella, germoglio primissimo, ancora credeva al perdono.

5 commenti:

  1. Molto bella l'interpretazione di Stefano.
    La poesia di Claudia Ruggeri è magmatica, violenta. È la poesia di una voce recisa, di una vita scorticata. Chi soffre nella sua mente ha spesso questa intensità ustionante (se ama le parole).
    Grazie.
    Marco E.

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  2. grazie Marco. "psicoanalitica" intendila "con ingredienti psicoanalitici"

    ciao!

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  3. margherita ealla6/2/11 11:08

    Concordo con Marco E., molto bella questa lettura. In particolare il riferimento a il mondo riconsegnato bianco e vermiglio come Moby Dick! ("Tutto questo diventa, in Ruggeri poeta, flusso magmatico della lingua, materia che brucia il mondo per riconsegnarlo "bianco e vermiglio": bianco come Moby Dick)
    non solo perché ella stessa scrive "da dentro questo volo che caverna rotondo,
    maniaco; dal ventre, che scaraventa;
    che mostro Balena l’accolga, l’incaglia;
    gli dia un esilio vero, un lungo errore", ma proprio perché il magma della sua voce è sovente lapillo rosso che la sua scrittura arpiona, che a volte anche deflagra (anche linguisticamente), ma mai del tutto fuoriesce da un bianco involucro (si ha l'impressione che quello che rimane dentro nel tondo sia appunto ancora un mondo). Un altro elemento mi ha sempre colpito nelle letture, l'uso (almeno un paio di volte, ma forse più) del superlativo "altissima-altissimo" ("oppure mi sarei fatta altissima", per es.), un farsi altissima, tensione d'Altissimo o all'Altissimo a fronte di un "inferno" perdipiù "minore", appunto la deflagrazione che però è data o vista o sentita o almeno restituita al condizionale.

    Buona domenica. ciao

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  4. Grazie, Gugl, come sempre!Ma dimmi: a chi chiedere, dove trovare il suo libro???(mia lacuna, me ne scuso)

    Maria Pia Q

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  5. il libro va richiesto idrettamente all'editore.

    ciao!

    grazie Margerita!

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