lunedì 20 dicembre 2010

Furia su Ermanno Bencivenga



Filosofici giochi


Con "Parole in gioco", Ermanno Bencivenga presenta una raccolta di brevi prose partecipi sia dei caratteri propri della narrazione assurda ed umoristica, sia di quelli della riflessione filosofica: il sottotitolo "Il linguaggio stralunato della filosofia", pertanto, appare del tutto appropriato.
Le parole sono considerate oggetti con i quali, davvero, si può giocare.

"Volevo andare in un'isola, ma non mi è stato possibile" ... "La meta che avevo scelto era Malta, e non si può, assolutamente, andare in Malta, quindi non si può andare nell'isola in cui avevo scelto di andare. Lo vieta la grammatica".

Il linguaggio è dunque limite insuperabile, prigione da cui è impossibile evadere?
Non pare: per l'autore la grammatica è possibilità, umana forma di rappresentazione del mondo sempre modificabile.
Chissà quanti inediti accostamenti potrebbero affiorare se soltanto riflettessimo di più e meglio sulla lingua adoperata, chissà quanti nuovi nessi si nascondono dietro ai lineamenti idiomatici cui siamo abituati.
Vediamo.

"Il mio orologio va indietro" ... "Il mio orologio cammina diritto, senza sbandare, ma invece di andare avanti va indietro".

Insomma, è un orologio che si rivolge al passato: un orologio che è tale e, nel contempo, non lo è.
O, meglio, non lo è ancora: lo diventa nel momento in cui qualcuno ne parla.
Occorre non restare prigionieri dei comuni canoni.

"Non è intellettualismo: non ci s'intabarra in gerghi intollerabili, in dispute intestine; non s'intorbidiscono le acque; non s'intossica la comunicazione. S'interviene invece a sancire un'intesa con il proprio essere, a stabilire interlocutori per un dialogo e intermediari per uno scambio; s'intavola un'interrogazione interminabile, un intrattenimento infinito dello spirito".

Si tratta di non abbandonarsi al conformismo, d'imparare di nuovo a giocare.
Nessun cedimento nei confronti di scelte di tipo solipsistico accompagna quest'intento: mostrare il gioco (per esempio, scrivendone) è coinvolgere in un'attività contagiosa.
Quanto alla filosofia, beh, ci siamo già.
Lungi dal proporre complicate teorie o astratte speculazioni, Bencivenga pone il suo scritto nell'àmbito filosofico per via di gesti linguistici concreti.
L'assurdo non preoccupa, anzi diverte: si può davvero giocare con gli schemi, riuscendo così a dischiudere, con raffinata leggerezza, i vasti territori della possibilità.
Ecco l'insegnamento: quanto appare non consono, diverso, perfino strampalato, può risultare tutt'altro che irrilevante.
Un geniale fisico, all'inizio del secolo scorso, forse non modificò in maniera sostanziale (e proficua) il concetto di tempo, scardinando modelli ritenuti fino a quel momento indiscutibili e dati a priori?
L'esercizio che "Parole in gioco" propone è di non poco valore: non tutti riusciranno a raggiungere certe vette, ma, senza dubbio, ognuno potrà assumere atteggiamenti meno rigidi nei confronti della propria vita e del mondo.
Come?
Imparando a giocare.


Marco Furia


(Ermanno Bencivenga, "Parole in gioco", Oscar Mondadori, 2010, pp. 84, euro 9)


Ermanno Bencivenga (Reggio Calabria, 1950), professore ordinario di filosofia all'Università di California, è autore di numerosi saggi di logica, filosofia del linguaggio e storia della filosofia.

Dirige la rivista internazionale "Topoi" e collabora a "La Stampa".
Tra i suoi ultimi titoli: La filosofia in quarantadue favole (2007) Il pensiero come stile (2008), La filosofia come strumento di liberazione (2010).
È autore delle raccolte di poesie Panni sporchi (2000), Un amore da quattro soldi (2006), Polvere e pioggia (2010).

2 commenti:

  1. enrico dignani23/12/10 14:16

    Natale 2010


    Natale,
    santo ricorrere ricorrente
    nella ricorrenza
    nel misterioso frattale
    dove il possibile
    sembra magico
    e lo stupore è vitale.
    Nella spirale tempo
    delle cento dozzine
    cento luci
    cento sfere
    cento volte la festa:
    prima dell’adDio.
    Intermittente cromatica
    artificiale allegria nell’essere
    dei participi:
    lo stato festeggia l’essente,
    fa l’albero della gioia,
    lo rinnova con cose
    che parlano di noi:
    ci appendo
    questo linguaggio inusuale
    poco natalizio,ma prevedo
    con santo sdegno pochi baci,
    me li fo bastare,
    i comunisti se li fanno bastare,
    l’autosufficiente torre
    dello spirito
    è educata dal bonario
    santo bastone del Natale
    ad avere pazienza.
    La gaudente eroticaleggiante
    compostezza natalizia, vola scintillante
    nella tradizione
    nei televisori nei supermercati
    nei frattali di Mandelbrot
    e nel mondo quasi facile di internet
    bello e affollato di auguri.
    Angelo santo stammi vicino
    dammi la mano che sono piccino.

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  2. per le poesie di Natale, il prossimo post :-)

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