mercoledì 8 settembre 2010

Cristina Annino piccolo borghese ed elitaria?



Dall'interessante diatriba, pubblica e privata, nata in seguito alla pubblicazione di La nuova poesia modernista italiana, di Giorgio Linguaglossa (e raccolta mirabilmente da LietoColle), è emerso un lacerto vagante che ha colpito più di una persona, un giudizio, direi avventato, sulla poesia di Cristina Annino. Scrive Linguaglossa: "Della poesia di Cristina Annino me ne sono occupato nel lontano 1995. Da allora la sua poesia non ha avuto sviluppi: elegante e piccolo-borghese fin nel midollo, non è interessata al pubblico, è un decotto (elegante e stilizzato) di un'Arcadia femminile che, paradossalmente, si presenta nella pagina scritta con un coté super virile, sofisticato ed elitario. È un autore che mi annoia. Preferisco poeti meno dotati ma più autentici".

Vorrei portare un contributo tratto da Blanc de ta nuque, a sostegno della tesi secondo cui la Annino è invece poetessa autentica e molto stimata, citando varie testimonianze che la riguardano a partire dal dicembre 2006, quando postai il seguente articolo, una sorta di richiamo alla poetessa, che non conoscevo personalmente, affinché si facesse sentire pubblicamente: "Ho incontrato le poesie di Cristina Annino, per la prima volta, in Nuovi poeti italiani 3, nel 1984. Dalla raccolta L'udito cronico, ivi contenuta, sono tratte queste poesie. Poi sono passati due decenni prima che riuscissi di nuovo a leggere qualcosa di suo. E' stato su "Pagine", la rivista di Vincenzo Anania, con la quale lei collabora, credo, ancora adesso. Sedere "al bordo dell'orecchio universale", sentirsi "un cimitero abbastanza paziente", amare il verso che cade con un leggero tonfo, godere del corpo dalle cui lacune nasce l'ordine del testo, la certezza d'essere soli eppure il desiderio di scarnificare tale distanza, al punto da preferire la dissociazione alla perfetta rotondità dell'io: sono questi alcuni elementi che mi fanno amare la sua poesia".


Dicembre 2006

Il lavoro della Annino, della cui esistenza nemmeno avevo sospetto, è davvero sorprendente da quello che qui ne leggo. Davvero, come suggerisci, l'ordine del testo, come in altri autori che leggo al giorno d'oggi, più contemporanei, se vogliamo di questa raccolta del 1984, è ritrovato nell'instabile applicato a tutto, parola e lingua, simbolo, segno, significato. La ricerca del linguaggio nuovo è per questa autrice, come per molti di noi, un discreto, mai estremo, quasi umile sbilancio di forze; un percorso nella sabbia come un serpente, consapevoli di avere a che fare con materia che sfugge e si leva col primo vento. Certo, lei, che nessuno conosceva, almeno non io, lo fa con migliore risultato. Massimo Orgiazzi

Che densità. Poesie straordinarie. Questo genere di inventiva, questo verso "Dio mio, marcisco sul mio piede come un cactus;" fa il vero poeta. E come vedo procede coerentemente lungo questa linea creativa. Le vorrei dire quanto mi piace, personalmente. Una Plath all'italiana. Ermina Passannanti

Non è mica morta! ho cercato su google e ho trovato che è del 41 e che vive a roma. quindi è del qui e ora. fantastica, chissà perché non si parla mai di certe voci così particolari, dense ma limpide nello stesso tempo. apparentemente distaccata dalle cose eppure così dentro le cose stesse, consapevole, mi piace molto "sto male in pace" ecco, mi ricorda molto la Szymborska. Antonella Pizzo

Ottima scelta caro Stefano. Sì la Annino è straordinaria. Paola Febbraro

E' la prima volta che lascio un commento, ma non resisto alla presenza di "V". Molto interessante l'uso del maschile da parte di questa poetessa - su vari piani non sono quello strettamente poetico. Non so se è solo una mia impressione, ma la VU dell'ultimo testo (quello che preferisco), mi sembra aprire un dialogo con quello stranissimo, denso e per me spesso insostenibile libro di Pynchon. Tanto per ridire che è proprio quando si nutre d'altro - per fortuna - che la poesia dà i suoi migliori risultati. Francesca Matteoni

E' vero, il lusso del pronome maschile colpisce ed incanta in questa poetessa.... anche io uso il maschile nelle mie poesie abbastanza spesso. sono dramatis personae. sembrerebbe che anche per lei si tratti di questo in "VU", poesia eccellente e di una complessità psichica strabiliante nel delineare il rapporto tra i due esseri messi in scena. Che dire: abbiamo una maestra di retorica e stilistica qui, è chiaro. (erminia)

La cosa di "V" è più qualcosa che ci ho visto io - quando un'opera riesce ha questo pregio: non appartiene più o per lo meno non del tutto, alle intenzioni dell'autore, si presta alle associazioni di idee (pure strambe) e alle interpretazioni del lettore. Riflettevo sul paragone con la Plath che fa Erminia (che saluto: pare siamo vicine di "isola"). Indubbiamente la Plath viene fuori per moltissime donne che scrivono anche se, specialmente crescendo come individui, il mito si attenua, così come si attenua la rabbia (la sua poesia grandissima invece resta). Certe immagini dell'Annino la ricordano anche se poi appunto non c'è quella furia devastatrice di molti dei versi della Plath. F. Matteoni

Straordinaria e per questo dimenticata. L'italia è proprio uno strano paese. L'unica sarebbe fuggire ma questa lingua mi trattiene non so fare altro. Grande come poche, come pochi. Gabriele Pepe

Personalmente penso che Cristina sia una delle più grandi poetesse italiane viventi. E' per me scandaloso che la grande editoria, dopo l'Einaudi, l'abbia dimenticata. Anche se non mi stupisce affatto. Elio Grasso


Febbraio 2008

Un graditissimo ritorno. Una festa leggere gli esordi di Cristina Annino, già inconfondibile. I genitori figure geometriche che sembrano figure di un quadro di Savinio, e Sukarno, la radio, la Germania Ovest. Una surrealtà che ci appartiene nel profondo, le cose che si scambiano di posto con le persone. Quello di Cristina è anche un mondo apparentemente folle, forse solo più equo, dove l'umano e l'inumano, se non hanno pari opportunità, hanno comunque pari dignità. E tutto scorre come se ogni poesia fosse un cortometraggio sul nonsenso assennato della vita. Franz Krauspenhaar

Mi piace questo emergere lieve del surreale. Un surreale che ci viene incontro e si fatica a riconoscerlo come tale perché, è vero, è qualcosa che ci appartiene nel profondo. E mi piace, poi, questa leggera apparente follia che aleggia nei suoi testi. Davvero un bell'equilibrio tra realtà, surreale e non senso. Silvia Comoglio

Il modo che ha Cristina di guardare le cose nei suoi versi è già qui riconoscibile: sembra che la sua vita poetica si rifletta in tutto ciò che vede - dai legami familiari al mondo, i paesi lontani, la radio, gli amici, il "sentito dire" che filtra nella nostra esperienza quotidiana. Sono forse queste connessioni apparentemente senza senso, che invece spesso riscattano quella "desolata morte privata", ci fanno sentire partecipi di un tutto, incomprensibile spesso, ma sempre egalitario. Francesca Matteoni

Una voce importante, salda, la cui costruzione viene dall'Ombra, ma traghetta all'aperto di un senso da disambiguare con passione. Mi piaceva ieri sera la ricerca comune del senso, tra il chiaro e l'oscuro, l'ansia in cui so-stare. Una scoperta importante, a cui esprimo una vicinanza. Ciao, Giovanni Turra Zan


Aprile 2008

Non riesco a spiegarmi perché, ma questa lettura della Annino mi ha sollecitato, testo dopo testo, analogie con Pablo Picasso, mix di rimandi alle opere visive e alle poesie di Picasso. Sarà per certi colori nitidamente evocati dai versi, sarà per il ritmo, che suona come certa musica atonale del primo Novecento, sarà per le plastiche immagini risvegliate da metafore segmentate come in una scomposizione cubista su più piani prospettici che si intersecano in punti di fuga rigorosamente predeterminati. Sono particolarmente allergico agli eccessi virtuosistici - ebbene, in questi versi non provo reazioni allergiche. Il mestiere c'è, ma fa tutt'uno con una visionarietà non fine a se stessa - è la prima volta che leggo la Annino, cercherò di procurarmi nuove occasioni di lettura. Mario Bertasa

Davvero brava lei, della quale credo di aver sentito parlare qualche tempo fa dall'attento Sannelli, e viva, soprattutto, la sua scrittura. Presenti un bel testo, me ne complimento. Silvia Molesini


Novembre 2009

"Magnificat" è un libro importante, che illumina alcune tappe del cammino di Cristina, soprattutto negli anni settanta, che mi erano ignote. Marco Ercolani

Un libro "necessario". Francesco Marotta

Cristina sa già la mia stima e il mio affetto, ho i suoi precedenti straordinari libri e non mancherò certo di acquistare anche questo che mi sembra offra una "panoramica della sua produzione. Un caro saluto a Cristina e a Stefano un grazie per il lavoro che svolge. Lucianna Argentino

Cristina: talento naturale e ricerca continua, sicura e impalpabile. da non perdere questa testimonianza così accuratamente raccolta da Luca Benassi. Annamaria Ferramosca

E' una gioia sapere di questa pubblicazione; delle poesie di Cristina nulla mi sono persa, e per la stima, e per l'amicizia che abbiamo potuto vivere, negli anni spagnoli, e prima e dopo. Purtroppo la vita ruota in analoghe deviazioni.. private che sembrano allontanare, ma non è mai vero, se l'amore c'era. L'amicizia essendone assai simile. Maria Pia Quintavalla

Veramente un'opera necessaria. Necessaria a dare un'idea complessiva e più esauriente della poesia dell'Annino. Insomma, era ora! Che dire di più di quanto hanno già detto gli altri della sua spiazzante e "delirante" poesia, della sua logica "illogica" e viceversa, che è unica nel suo genere, soprattutto in Italia. L'Annino ha saputo creare un mondo parallelo o dell'altrove, ma sulfureo, graffiante, da "sogno lucido", con parole che sembrano di tutti i giorni ma che sottoposte alle sue trasmutazioni alchemiche, non possono esserlo più. Lucetta Frisa

Mi scuso se arrivo in coda, forse con troppo ritardo, a questo post felicissimo. e felicissima sono io, che potrò leggere in nuovo volume la scrittura straordinaria di Cristina Annino. come molti altri hanno già sottolineato, questo volume è fondamentale, penso che renderà giustizia del lavoro poetico compiuto da Cristina in quarant'anni di scrittura, e plaudo a chi ha sostenuto questa operazione di effettiva qualità superiore, all'editore, ai curatori, e naturalmente al poeta. La poesia di Cristina a me fa questo effetto: apro una pagina, leggo anche pochi versi, e subito mi prende l'impulso alla scrittura. questo, ovviamente, accade solo con gli autori che riconosciamo veramente, con quei libri che riescono a dare un senso al lettore stesso che sta davanti alle pagine, quelle pagine che ci guardano - e non sono solo guardate - che guardano allo stupore delle nostre facce. l'ho già detto qui e altrove, ma mi fa sempre piacere ribadire che Cristina Annino è per me uno dei maggiori poeti italiani viventi. il fatto poi che lo sia in un modo così naturale, o per destino distante da qualsiasi logica di opportunità possibile, che il suo sia un talento così totalizzante da non doversi nemmeno porre il problema dell'"organizzazione", le rende ulteriormente onore, anche umanamente, ai miei occhi (perché qui il talento è grande davvero). Erika Crosara

Sono concorde con Erika, anche a me gli autori che "sento" mi spingono a scrivere e poco importa quali siano i risultati (miei). Importa la donazione di midollo, tra l'autore ed il lettore. Grazie, Vincenzo Celli

33 commenti:

  1. Mi sembra un giudizio datato di un modo di intendere la poesia da una o dall'altra parte della barricata, impegnata o personalistica, intimistica, piccolo borghese, insomma. Sinceramente io non ho apprezzato tutto l'apparato strumentale di questo libro e mi sembra evidente che, un giudizio come questo, possa essere la risultante di un modo di procedere a schemi, a blocchi, dentro i quali far stare per forza di cose, la poesia. Senza lasciarla respirare, insomma, nella cornice delal sua libertà e responsabilità. Pur con tutto il rispetto che si deve sempre a un critico che si prende, sempre, la responsabilità di esprime giudizi e di ipotizzare scenari. Sebastiano

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  2. Aggiungo: anche perchè, nel blocco di pensiero "piccolo borghese ed elitario, quanti grandi poeti, anche ancora viventi, andrebbero inclusi? E' chiaro che di per sé uno schema non può costituire strumento di valutazione, ma indicazione di percorsi, di storicizzazione, al limite, se proprio non ci si voglia sbilanciare o sporcarsi le mani.
    Sebastiano

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  3. Grazie di essere passato. Per dirla alla Litizzetto: quasi belle, come la Robiola è un quasi formaggio? ;-)

    Ho visto anche che segnali il blog che gestiamo con Gianni Priano, quello dedicato a Valesi. Grazie anche per questo.

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  4. quindi se è piccolo borghese ed elitaria non è autentica? non mi pare che una cosa escluda l'altra... e non mi pare che essere piccolo borghesi ed elitari sia un problema, oltretutto... o almeno, non un problema della poesia!
    autenticità... mah! e chi avrebbe il diritto di giudicare un'opera (qualunque opera!) autentica(o onesta?!) o meno, al di là dell'autore stesso?
    mi limito a domandare... perchè ad essere sincera la trovo una critica INSENSATA, non discutibile!

    827536

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  5. @ fabiano e @ 827536: il testo di Linguaglossa che riporto è parte di una mail privata (che però lui ha voluto pubblicare). anch'io penso che "piccolo borghese" non dica molto, anzi: qualsiasi poeta che si allinea ad un'ideologia non può scrivere poesie, ma solo proclami in rima.

    aggiungo (@ 827536): nemmeno l'autore può giudicare la propria opera; al massimo può sentirla, amarla o, infine, negarla.

    @ Nerina: a volte si crede che tutto ciò che deriva dal latte sia formaggio. se dico che è quasi buono, tuttavia, significa che formaggio lo è. Ed io sono di gusti difficili.

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  6. Si è liberi di criticare la poesia di chiunque la esponga al giudizio del pubblico, per carità, ci mancherebbe altro. Però nel caso della Annino, che tu, st, mi hai insegnato a conoscere ed apprezzare, proprio per la complessità della scrittura, credo che anche una critica debba essere appoggiata e basata su considerazioni più approfondite e articolate. Non so se nei vostri colloqui pubblici o privati ci sia dell'altro, perchè così mi sembra una valutazione decisamente superficiale.

    fr

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  7. no, certo, un'autore non può affatto giudicare la propria opera (e tantomeno lo può fare qualcun'altro!) però lo sa da dove parla... o, per lo meno, se lo sente se ha parlato. che poi, soltanto lì sarebbe etico pubblicare... ma non voglio dilagare.

    827536

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  8. "Alle minoranze, per sempre!"recitava Jimenez, e Cristina sa bene cosa vuole dire parlare da (e per) una minoranza,primo.Secondo: essere non facili,e non scontati, per una poeta che è partita nel suo lungo viaggio da César Vallejo, (rileggerselo!)non è un'offesa: Essa sta benone dove sta, a parte o apolide, ma per scelta o per natura. Sic, et simpliciter. Maria Pia Quintavalla

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  9. nadia agustoni9/9/10 03:54

    Annino è poeta e basta, senza etichette. E Stefano Guglielmin dice bene, si deve scrivere poesia.
    Cristina Annino lo fa da sempre.
    L'antologia "Magnificat" è uno splendido dono che ci è stato fatto. C'è una libertà nei versi di Annino che in più restituisce qualcosa di fondamentale ai lettori attenti: la fedeltà e responsabilità verso ogni parola. Poeta non facile, ma abbiamo bisogno non di cose facili, ma di cose che ci impegnino con la loro verità. Grazie.
    Un saluto. nadia agustoni

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  10. tra l'altro "Magnificat" è alla seconda edizione.

    In privato c'è dell'altro: una telefonata dove Cristina dice bellamente (e provocatoriamente) che non legge poesia, al che Linguaglossa risponde così:

    "Ho parlato recentemente al telefono con la Sig.ra Annino, è stato un colloquio anche piacevole e spiritoso (è una persona ricca di humour e anche simpatica), ma quello che più mi ha colpito (in negativo) è stata una sua candida affermazione che sono più di trenta anni che lei non legge poesia contemporanea, nemmeno quella degli autori pubblicati nello Specchio e nella collana bianca dell'Einaudi. Ora, mi chiedo, e Le chiedo: ma di intellettuali (perché i poeti se non sbaglio dovrebbero essere anche degli intellettuali!) così fatti ce ne abbiamo davvero bisogno? Se nessuno dei contemporanei legge nulla di alcuno è ovvio che la poesia di ciascuno diventa alla fine un dialogo con il proprio ombelico. Non crede? Un vero poeta credo, invece, che debba misurarsi con la poesia dei contemporanei senza porsi su un piano di assoluta supremazia, elitario e supercilioso come spesso purtroppo capita. Accade di frequente che il proprio ombelico non coincida con il centro del mondo ma, al massimo, con il centro della propria pancia. Personalmente, nutro una certa reticenza ad occuparmi delle composizioni (perché parlare di poesia è davvero troppo!) di una miriade di pseudo dilettanti che non leggono nulla di nulla e poi pretendono l'attenzione critica dei «critici». Credo che, giunti a questo punto, occorra spezzare una piccola lancia in favore degli sparutissimi «critici» (ma che brutta parola è ormai diventata questa!), ammesso e non concesso che ancora ce ne siano in circolazione".

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  11. @ Marapia
    Ti ringrazio,ma non è vero. E' vero invece il contrario: da mai, io scrivo pensando minimamente alle "minoranze". Tu lo sai benissimo. Per me non esitono.E poi cos'è una minoranza per te? In poesia, voglio dire. Dialetto, forse?
    Stimo Jiménez e lui anche dal carcere ha saputo parlare al mondo.
    Non sono "partita" da Vallejo (ero ormai una "vecchia" poetessa quandi feci la testi universitaria su di lui) e riconobbi in questo poeta la più grande voce mondiale. Non l'ho più riletto. Perché? Perché mi interssa di più confrontarmi con altra vita anziché con la bellezza di quei versi. E la bellezza,a saperla vedere, sta dapertutto.
    Ma certo è: bisognerebbe conoscere i miei libri.
    Ho fatto, fino ad oggi, almeno 30 o più recenzioni a testi altri, una prefazione di cui vado fiera, ho presentato spesso in pubblico; dunque, ho letto anche poesie di altri. Ribadisco allora per intero ciò che dissi, e cioè di non riflettere metodicamente su tutti i prodotti letterari pubblicati, perchè la mia poesia si nutre di fatti, più che di parole, di vita e non di poesia già confezionata. Da ciò si evince che penso al mondo anche parlando di una mosca.
    Cerco di dare alla mosca, cioè, il linguaggio del mondo(le eventuali accuse di minimalismo, escano dal blog,pego,e vadano a leggermi!) E se un insetto o paradossalmente quelle minoranze di cui parli, o la vita stessa, fossero chiuse dentro una scatola, io riuscirei verbalmente a spalancarla. Grazie anche a Nadia e al suo saggio recente.
    Cristina Annino.

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  12. sto rileggendo Casa D'Aquila in questo giorni e di piccolo borghese ed elitario (che cosa dovremmo scrivere? del popolo affranto e vessato? della videocrazia?) ci sento poco o nulla. E poi l'ho pure conosciuta di persona, e quanti poeti che conosco hanno così apertamente e autenticamente dichiarato ad uno sconosciuto (quale ero io per lei) il proprio reddito annuale, le proprie passioni e visioni, le proprie vulnerabilità e melanconie. In verità, di così autentici, almeno nella relazione, ne ho conosciuti non molti. Attendo di leggere MAGNIFICAT per coglierne quindi tutta la piccola borghesia e fiction che mi piace della sua poesia. Un saluto, Giovanni Turra Zan

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  13. stavamo a cena a casa mia, ricordo bene questa cosa. Anche la tua domnanda però, Giovanni, è stata poco piccolo-boghese :-)

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  14. Lo ricordo anch'io, Giovanni, a cena con Stefano e Lia. Che bella serata e con domande non piccolo borghesi! Un caro saluto.
    Cristina

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  15. c'era anche Alessandra Conte. Bel gruppo, vero!

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  16. Se devo essere sincero, mi dispiace che la discussione si sia spostata sul pro-Annino o contro-Annino.
    In realtà la faccenda - almeno per come io l'ho interpretata - è molto più complessa e interessante.

    Non voglio dire che non sia importante discutere sul fatto se la Annino - di cui non conosco (tutta ed approfonditamente) l'opera - sia o no una poetessa. Dico solo che quando ho letto le parole di Linguaglossa ho pensato: grazie al cielo la critica è viva: finalmente una stroncatura. Poi, però, sono rimasto "deluso" perché ho capito che il pensiero si interrompeva sul più bello e che era parte di una conversazione privata.

    Dunque chiedo e mi chiedo: ma perché le stroncature devono avvenire solo in via "privata"? perché non si pubblicano saggi con dentro delle stroncature? Anche Magrelli ammise candidamente di fregarsene alla grande della poesia e di essere interesato alla narrativa. Lo ammise in una intervista che vidi sul sito di repubblica dove si presentava un suo libro. Cosa ne pensa Linguaglossa?
    Dunque non vedo valide motivazioni da entrambi le "fazioni" Annino-poeta vs. Annino-piccolo-borghese.
    E poi, piccolo-borghese?! Questa è una terminologia che ha più di 30 anni e che non aveva senso allora, figuriamoci oggi. A meno che un poeta (o intellettuale in genere) non decide di vivere in isolamento, o come un barbone o come vi pare, sarà sempre e comunque un piccolo-borghese - anche Linguaglossa lo è. E se predica da non piccolo-borghese e poi razzola da piccolo-borghese allora è radical-chic, ovvero: piccolo due volte. Un po' come i comunisti ai Parioli. Un po' come i pacifisti con i SUV. Un po' - e lasciatemi passare questa blasfema provocazione - come Pasolini e la sua Alfa, la sua villa, i suoi quadri. Ogni intellettuale è per natura piccolo-borghese: poiché vive parassitariamente alle spalle della società (chiedere a Sartre per maggiori chiarimenti) come è giusto che sia e può permettersi il lusso di leggere un libro ogni due giorni perché c'è chi lavora per lui - chi gli lava le scale, chi gli fa le pulizie, chi va in fabbrica 12 ore al giorno etc.

    Per il momento la Annino, per quanto mi riguarda - resta una poetessa. Quando poi un giorno Linguaglossa o chi per lui volesse esprimersi diversamente e farmi notare aspetti che mi sono al momento ignoti non in via privata ma con un saggio strutturato dove si citi il testo (cosa rara ultimamente), allora possiamo riparlarne - sarà sicuramente più interessante.

    Dico un'ultima cosa e poi mi schiodo: a mio avviso, per quanto si possa credere nel canone e per quanto la pratica possa aver inculcato le "procedure" della lettura di un testo (pessima abitudine!), dietro e prima del critico vi è sempre l'uomo, ovvero il gusto.

    Mi schiodo.

    Luigi B.

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  17. Ma se si fosse trattato di una strocatura "privata", perché l'avremmo resa "pubblica"?
    Il fatto è che non si è stroncato assolutamente niente in quanto Liguaglossa, per sua ammissione, conosce solo i miei primi libri e all'epoca- sempre ammissione sua- mi stimava molto. Improvvisamente, anni dopo, forse per noia o per chissà cosa,emette giudizi su ciò che precisa di non conoscere e lo fa, questo è il punto, malamente, offendendo, rendendo pubbliche mail private, riferendo una mia frase telefonica senza le esatte parole. Manipolando.
    Ciò, sta all'origine del blog, non una richiesta di consensi, ma una denuncia entro i limiti di un'estrema correttezza.
    Che poi Guglielmin abbia presentato la cosa risollevandola al
    decoro di dibattito, informazione sui miei libri (quale tributo al giudizio dei commentatori), scambio intelligente di opinioni, pensieri, ecc, è solo merito del suo stile.

    Grazie, Luigi, per avermi fornito l'occasione di chiarire.
    Cristina Annino.

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  18. Per carità, amo chiarire e non amo le polemiche, se non necessarie, ma: Quel "Alle minoranze, per sempre!" è allusione al fatto, incontestabile credo, che il pubblico della poesia non è maggioranza,mai. Né la poesia così democratica,(infatti,a scuola, pochi la sanno insegnare)Da sempre, la poesia non è un facile oggetto, né di massa.Non credo, poi, a molte attuali poetiche del facile e comunicativo ad oltranza,cui siamo per fortuna estranei. La mia restando un'ironica risposta,ma non CERTO SOCIOLOGICA PER ALLUDERE AD UNA VOLONTA' DELL'AUTORE,se mai ad UNA REALTA' di SFONDO, un FATTO, CHE VA ACCETTATO. Che poi la grande poesia possa lentamente risuonare all'orecchio di molti, è utopia che tutti sottoscriviamo, se no non scriveremmo. L'altra citazione di un poeta, mondiale davvero, come Vallejo, prediletto, come campo di studio: non ci trovo nulla di offensivo, anzi, sono pochi ancora oggi a conoscerlo bene.Era per dire delle affinità di elezione,nella formazione di un gusto, che stanno "anche" le credenziali di un poeta, non la sua genesi, che resta necessariamente responsabilità personale, ci mancherebbe!(come potevo poi sapere,dell'età della tua laurea?!)Dunque,vorrei che il mio entusiasmo,e parole,( nel cuore della notte testimoniato,durante una buona tracheite),non venga frainteso,peccato se no. Credo di avere usato parole molto belle, al contrario, come sempre.
    Maria Pia Q.

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  19. Mario Bertasa10/9/10 01:01

    io voglio solo sperare che Linguaglossa abbia avuto un isolato momento di debolezza, come capitò a me anni fa, quando facevo il critico musicale, e recensii un concerto sinfonico dopo averne ascoltati solo dieci minuti, su cinquecento e passa recensioni che feci, ebbene una volta mi capitò di agire così, con scarsa deontologia (ma ebbi almeno l'accortezza di dire che era stata un'esecuzione complessivamente apprezzabile...) (se chi ben comincia è a metà dell'opera...)

    se così non fosse, invece, questo episodio non getterebbe buona luce su un intero lavoro di critico, quand'anche fosse condivisibile e pregevole in altre sue tesi, e quindi occorerrebbe avere anche dalla sua campana un'opposta versione dei fatti, o in caso contrario una scusa

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  20. In generale, credoche Linguaglossa sia un critico serio e il suo libro lo dimostra. La sua boutade su Cristina è, appunto, uno slancio conseguente più a motivazioni inconsce che ad un'analisi seria del suo lavoro (cose che si scrivono in privato o anche in pubblico, come dice Bertasa).

    sulla stroncatura se ne parla da tempo e, qudno si faceva, aveva sulle spalle una buona dose di ideologia e rancori personali.

    infine: non si può dimostrare che uno non è un poeta. Semmai che un suo testo è pieno di stereotipi.
    Nel caso dell'Annino è assai difficile farlo.

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  21. Il mio era solo un modo per dire che credo ci sia bisogno di un dialogo/discorso più approfondito sulla critica e con la critica, richieste più precise ed anche più pressanti/responsabilizzanti, e da parte dei lettori per una più chiara visione dello stato delle cose e per un maggior/miglior esercizio del senso critico, e per i poeti e per una loro "crescita" (?) - sto parlando in generale e non del caso specifico qui presentato.

    Luigi B.

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  22. sì, l'avevo inteso che parlavi in generale. Solo ho detto che la stroncatura va, prima, pensata criticamente. A che cosa serve? Su che cosa si esercita?

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  23. Siccome ci tengo a risponderti subito, Mariapia, esco più tardi e rissumo al massimo ciò che vorrei dirti:
    @
    mi sono laureata a ventisei anni, ma componevo già da cinque. Questo spiega l'ironia sul "vecchio poeta".

    @
    laura sulla "prosa" di Vallejo e
    nessuna rilettura posteriore delle sue poesie, perchè
    fortemente non voglio innamorarmi di nessuna parola, in primis della mia, e una stima diciamo entusiasta verso il lavoro altrui, può anche inconsapevolmente, portare all'emulazione.
    Non opero da intellettuale, insegnante, critico; sono e resterò solo un poeta. Quindi basta la vita.

    E basta anche così,avevo scritto un precedente commento più lungo, non è uscito per motivi tecnici, spero non compaia adesso.

    Un caro saluto da Cristina.

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  24. Mi verrebbe da rispondere con le parole de La mela di Odessa (musica degli Area, voce indimenticabile di Demetrio Stratos) a questa sbrigativa ‘catalogazione. Mi limito a riportare le parole che ho usato qualche giorno fa per descrivere la poesia di Cristina Annino:
    “La poesia “è opulenta, e qualcuno ne paga le spese”. Cristina Annino non si sottrae alla voracità della poesia, ne dispiega anzi la ricca ferocia. In una grammatica che legifera autonomamente, con passo deciso e mano ferma, lucidità visionaria e polifonica, Cristina Annino declina le sue “voci del mondo”, dipinge peregrinazioni dettate da una necessità tanto imperscrutabile quanto rigorosa, dipinge un universo che trova proprio nella poesia la sua ragion d’essere. Ragione, questa, che rende la poesia, sempre, condanna e diritto inalienabile”.
    So che le riflessioni ‘di nicchia’ che scambiamo qui possono essere avvolte dal fumo radical-chic (lo scrivevo ieri sera prima che un misterioso meccanismo cancellasse il mio commento, ho letto poi che qualcun altro ha usato questo Zeitwort, questa parola del tempo o, si vous voulez, parola datata), ma da cocciuta ex-ragazza degli anni Settanta corro il rischio di usare parole inattuali: ricerca, autenticità, autonomia.

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  25. grazie Anna Maria per queste tue parole radical chic, che sono molto più chiare e limpide di tanto blaterare finto nazional-popolare che gira in Tv da qualche anno. Beati quando eravamo ragazzi, negli anni settanta, con ancora negli occhi la via d'uscita (era illusoria, lo so...)

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  26. La poesia di Cristina Annino è di eccezionale importanza nel panorama della poesia contemporanea italiana. Svalutarla con definizioni desuete mi sembra un'operazione ideologica che tende a difendere la debolezza linguistica e la superficialità tematica dei poeti prediletti da Linguaglossa, che cerca di essere originale con molta presunzione.

    P.S. Mi scuso con Stefano per la prolungata assenza dal suo ottimo blog, ma ho avuto problemi con la password, che spero risolti.

    Marco Ercolani

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  27. Caro Marco, ogni tuo passaggio è prezioso per qualità e garbo!

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  28. Erika Crosara12/9/10 10:22

    “cerco di dare alla mosca, cioè, il linguaggio del mondo”: la poesia di Cristina Annino può certamente non piacere a qualcuno, mentre qualcun altro vi si può riconoscere, e anche amarla molto (io la amo molto). tuttavia in essa vi è un punto chiarissimo di attaccamento alla vita senza orpelli letterari, senza avere in testa il pensiero fisso della letteratura, che muove la sua scrittura in una direzione, sua e solo sua, di libertà. credere però che Cristina davvero non legga nulla mi pare tuttavia un po’ ingenuo (quando Cristina dice di non leggere all’inizio ci cascano in molti, io compresa), il poeta trova la vita dappertutto, anche in un vecchio libro di bancarella di tema assolutamente non poetico, come mi disse Cristina una volta: la pietanza può, dovrebbe, essere più ricca e varia di quella offerta dall’esclusivo esempio dei poeti laureati o appartenenti al canone, anche solo a voler considerare l’aspetto linguistico della faccenda (direi: pensiamo anche solo al lessico). mi pare che Cristina affermi, alla fine, la sua tranquilla, libera condizione di lettore che non deve elaborare un sistema di critica per ogni cosa che legge, pur sapendolo fare nelle occasioni in cui viene chiamata o vuole farlo. infatti “non opero da intellettuale, insegnante, critico; sono e resterò solo un poeta”: ottimo.
    altro punto: perché la lectio/scriptio difficilior deve sempre essere considerata elitaria? e nel caso specifico: come pensare che a Cristina Annino non interessi il mondo? rileggere, ad esempio, la sua soluzione non ideologica addirittura nelle prime raccolte (dove i temi “politici” sono più esplicitati e lo stesso contesto sociale risulta più sensibile a tali sollecitazioni: ricordo il “CARO CARO CARO problema della politica”, quel germe radicale di critica presente nelle sue poesie senza che ci si accorga nemmeno che siamo di fronte alla critica…; oppure ancora il celebre “Ci facciamo un’idea del mondo mangiando” di Gemello Carnivoro). invece cosa vogliamo, i trattati? l’esplicazione mimetica del bene e del male? il principio della chiarezza di enunciato? veramente? vogliamo la cronaca perché non siamo capaci di impegnarci in qualcosa che ci faccia pensare non di più, ma almeno in modo diverso? la poesia non ha bisogno della retorica spicciola, trova mezzi più affinati e intelligenti per arrivare al punto, o per prevedere la coesistenza di più punti.
    divago ancora un po’: io sono nata alla fine degli anni settanta, quindi, presumo, nata piccolo-borghese naturale, oggi sarei invece una piccolo-borghese in situazione precaria, domani ancora una piccolo-borghese e chissà. è sicuramente un problema personale oltre che generazionale, ma io davvero faccio fatica con queste definizioni, che mi sembrano più un retaggio, un modo generico che mette assieme situazioni sociali/comportamentali/esistenziali le più disparate. proprio non so, non so nemmeno in che modo poi vadano le pulsioni rispetto alle condizioni in cui ci si trova a vivere, e non credo che basti una sola condizione a definirci.
    un caro saluto a tutti.

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  29. Spero di cuore che alcuni tra gli
    ultimi commenti abbiano risollevato il tono del dibattere intorno alla poesia di Cristina Annino, riportandola in quella luce che le compete,( il mio, del tutto insufficiente flash dell'altra notte era commentino,)ma insomma, credo che in sedi di scrittura, di un serio studio e approfondito, non mancheranno nuovi contributi, poiché, già da Magnificat ( come Nadia A. e Stefano G. hanno fatto), ne abbiamo tutti gli elementi.
    Maria Pia Quintavalla

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  30. e ricordo il mio saggio su Cristina presente in "Senza riparo"

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  31. non capisco perchè "piccolo borghese" ed "elitaria". mi sfugge l'associazione.

    e anche se fosse? ma lo può essere? voglio, dire, cosa significa "piccolo borghese", oggi? è più elitario fabrizio corona o carlo conti? è più piccolo borghese lapo elkann o pennacchi?

    non bastava dire: "La poesia di annino non mi piace?" non bastava dire:"la annino non legge i suoi contemporanei da 30 anni e ciò mi sembra strano ma lo rispetto?"

    ma insomma, vogliamo leggere i testi o infastidirci per un'ammissione oltretutto fantastica della nostra cristina? non legge i contemporanei? magari per la sua scrittura è meglio.

    il critico è giusto che faccia il critico. ma anch'egli dovrebbe sparare sul testo, non tanto sul gossip intorno al testo. mi associo comunque in toto e calcio al lungo commento di anna maria curci, che cordialmente saluto. e un abbraccione alla annino con un "sei tutti noi", e un saluto al padrone di casa.

    franz krauspenhaar

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  32. grazie Franz per l'intervento

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  33. a volte a mio avviso si fa così controproducente e lontano dalla poesia stessa l'uso e abuso di certi "modi" - ma proprio atteggiamenti, primadonnismi e primomaschismi (queste me le invento così come sono!)in un ambito che si chiama letterario? Cosa c'entra "piccolo borghese" con lo scrivere, in tal caso con quello della Annino? Secondo me è un modo di dire "copiato", un vezzo anche quello. a volte credo che chi scrive non dovrebbe sottoporsi neppure alla critica se vengono fuori "risultati" del genere, o se la "critica" si esprime così - non ho letto il seguito del testo in questione, ma dichiaro che mi sarei fermato a quell'utilizzo di aggettivi, loro sì probabilmente "piccolo borghesi ed elitari".
    La Annino mi interessa molto come poeta, la sua scrittura è un salto (che ne comprende un altro e un altro ancora e via dicendo).
    saluti, G. DP

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