venerdì 9 luglio 2010

Giuseppe Cornacchia





Dev'essere forte la scommessa e la sfida all'oblio se, a nemmeno quarant'anni, Giuseppe Cornacchia licenzia Tutte le poesie (1994 –2004) (Lampi di stampa, 2010), chiedendo, già nell'introibo, "ti stupisce tanta presunzione"? Lo spirito è dissacratorio, ma pieno di onestà intellettuale. Un atteggiamento che, insomma, coniuga Angiolieri e Saba, traducibile altresì nella spinta laterale, se non centripeta, verso la società letteraria (come il Cecco in disamore verso lo Stil Novo o Saba rispetto alle mode poetiche del suo tempo). La distanza dai due modelli è comunque evidente: la formazione scientifica costituisce infatti la base dell'operare cornacchiano, tanto che il libro è corredato da uno "scritto teorico" volto a proporre uno studio corale che costruisca un metodo per misurare il valore del poetico. Sforzo improbo, che tuttavia conferma la serietà dell'impegno che muove alla scrittura il poeta pugliese, da anni residente in UK. Scrittura che tiene, fra gli assunti, l'idea di "non richiudersi / in qualche idea fondante", senza tuttavia, per converso, ripercorrere miti romantici, ma che cerca piuttosto di perseguire il sano esercizio dell'osservazione critica, così da "dire le cose / senza parole inutili". Progetto apparentemente limpido, ma che poi deve fare i conti con l'inevitabile fondo pulsionale, notoriamente magazzino immenso e torbinoso, per quanto questo sia volutamente tenuto a bada dal lucido raziocinio dell'ingegno. Abile l'autore ad immergere il tutto in un bagno freddo ma non gelido, come in "Idillio con risveglio", dove la figura dell'eroe, che pure si staglia netta, pianta i piedi nella comunità e non la riscatta, anzi quasi vi si acquieta. Figura e sfondo – qui e altrove – paiono per di più avvolti da un vento velatamente crepuscolare, con annesso sarcasmo, talvolta adolescenziale, come nella chiusa di "my fail", lirica che tiene insieme la vocazione agli scorci esemplari (belli quelli nella sezione "studenti") e gli innumerevoli scarti caratteriali, resi benissimo, in "presentazione", da un vaffanculo riepilogativo, che svela tra l'altro dov'era finita la pulsione prima compressa. Quando la tensione lirica viene cassata in toto, come in "depersonalizzazione / lager", resta un tessuto di nominazione, una forma spolpata dal patos, ma fedele alle tensioni strutturali, "una rete di snodi e di archi" dentro la quale la storia tragica s'intravede. Ovviamente la sospensione del giudizio è programmatica e necessaria, come capita sempre in poesia. Qui tuttavia nasconde l'intento polemico verso chi fa leva sui drammi per convincere il pubblico, chi saccheggia il buoni sentimenti spacciandoli per poesia. Su quest'ultimo punto, il lavoro di Cornacchia è micidiale, soprattutto in rete: si legga, a titolo esemplare,  Stupidaire, i suoi sei anni di commenti su Nazione Indiana.
Nei testi più sperimentali, la cibernetica e il linguaggio di programmazione C++, considerato dagli esperti particolarmente espressivo, traduce, per formule, il modello-uomo e il suo orizzonte interpretativo, come in sicuro dal punto di vista delle eccezioni, di cui riporto l'incipit: "template / class fixed_population / ( / public: / typedef human* conscience; / typedef const human* common_sense;".
Resta il dubbio che poesia coincida per intero con le possibilità plurali del codice riconducibili ad un sistema di "giochi linguistici" a fondo pragmatico, come lascia intendere Giuseppe citando Wittgenstein (ed altri autorevoli studiosi) e che dunque tanto la ricerca simbolista quanto il pensiero della differenza non siano altro che l'ultimo canto del cigno dell'umanesimo. Maggiore chiarezza, forse, verrebbe da uno studio più ampio ed analitico sulla questione, che non proceda per somme sintesi, asserzioni e lacerti come in "Mi costruisco un sistema di pensiero (e una poetica)" che chiude il libro.





(Introibo)


II

Ci sarà qualcuno a dire che scrivo
ed altri d’accordo annuire.
E chiedono soldi per leggermi;
e fanno dei versi un crogiolo
cento storpi che sciacano a braccio
a cercare conforto.



CONCORSO DI POESIA



1. presentazione

Consideratemi disimpegnato.
Non sarà un bell'affare
ma cosa volete che sia
che non sappia da me.
Ma tu non dirmi a settantenni "Ho sbagliato",
ho delle cose da farti vedere;
va di fare il pagliaccio
se guardi, se no vaffanculo.
Eppoi sono etero.



4. my fall



II declivio scendeva dolcemente
chiamando al litorale, la Marzietta
teneva in mano le sue carte da giocare
e mi mostrava il decolté. Maestro insegna
il buen retiro del signore stagionato,
non sarò a far cappello alla sua gloria.




L’AMO



Alla mia donna ho poco da dire.
A lei non rivolgo saluto
e spesso non so come stia,
né lo domando a chi la frequenta.
So che sta lì e non cerca riparo
quando decido che voglio baciarla.
Cerco dunque un pretesto
per averla a meno di due metri.
In modo molto anomalo
come due sconosciuti che si sanno a memoria
provochiamo un momento che ci leghi.
Una volta vicini
il nitore degli sguardi
sospinge le mie labbra sulle sue.




SENTI


Senti,
a me non frega nulla
che tu non m'ami,
anzi,
mi rende la vita più facile
non doverti badare.
Epperò t'amo
e questo cuore spinge
in modo indecoroso
facendomi tremare.
Se do senza ritorno
e t'investo, mi spiace,
non mi curare,
fa' la tua vita
consueta, non sarà
questa tarda briganza
a recarti un'offesa.



Ieri ho tolto la polvere
a quella grande sedia chiara
sulla quale sedevi
frugando le mie cose.
Cercavi me, dicevi,
un verso o piccoli segni d’affetto,
almeno quello,
un cenno, una speranza
che sarebbe stato normale un giorno
dire “Ti amo, faccio davvero”.
Non ne trovasti.
Sai, dovresti vedermi
ora come allora continuare a sbagliare
e non avere più voglia di ripetermi
uguale a me stesso e molto morto dentro.




IDILLIO CON RISVEGLIO


Chissà che pensa l'uomo sul sentiero,
se guarda intorno all'erta conosciuta
e prega piano, solo sulla pietra,
o volge al ciondolo che porta ad amuleto.
Avalla l'aria è come in dì di festa,
si contano signore per lo struscio
camminare, e giovani suonare.
Un uomo intona un canto e si fa coro.

Ma la roccia non è caricatura
sul costone lato est: chiama mano
un Icaro modesto e un po' di corda,
e prova,
come un Pindaro retorico mai abraso
in questa vita.
La natura non è amica a chi s'appiglia,
se donna attenta a nuova vita
si fa sera,
andrà a Milano e poi chissà.

Cima è punto da cui si vede il mondo
ma anche sforzo di pazienza,
summa di valori e fede che un po' per volta
passerà.
A quote dove il ghiaccio pare eterno
può un boccale
un uomo appena sceso
ha scampato un maestoso temporale



Prove tecnologiche


Risulte computazionali non attese.
Avessi inserito un try/check
il tipo avrebbe convenuto
che l'errore non è mio
nonostante lo spreco di risorse.
Resta un programma avviato, senza dubbio
in qualche parte
fugace, come un cavallo di Troia
bisognoso di rodaggio
ma buono in prospettiva.



(Ma cosa vogliono i poeti)


Prologo

Exceptional C++,
47 enigmi ingegneristici.
Professionale.
In-depth series, Addison Wesley
Editore.
Innovazione. Un proclama? Vederlo,
il giusto avanzamento che si chiede.
Un po' più ricchi dentro
almeno, rifarsi una cera.



Poeta del terzo millennio

Idolatrare la manifestazione del pensiero
per vederci appigli di conoscenza e verità
non mi convince. Tutto questo spolvero
d’analisi in cicli chiusi e aperti affastellandosi
sull’opinione fa torto al vero problema
che è: a chi giova? A chi deve giovare?
Perché, ecco, se si dovesse ammettere
che può tranquillamente non interessare,
la partita è chiusa, torniamo al cuore/amore
ed avremo più pubblico.
Io penso: uno dei segreti è non rinchiudersi
in qualche idea fondante;
io credo sia nostro dovere rischiare ogni volta
si possa trovare un contatto;
ed un contatto è possibile sempre,
s’accetti una dialettica comunque posta.
Ma senza virtù d’astrazione saremmo parziali
schiavi di tecniche compositive e procedure
che portano a dettati privi di spessore.



(Ingegneria sociale)

II. ECONOMIA: VERDE

Pianeta, paradiso delle piante,
Isola del Profondo; non c’è Uno
ma un unico vettore mentale
secerne la sostanza. Questa tende
ad infiorare giallo rosa in spore
che vivono d’azoto.
Il fungo vive e sente, sta aspettando
di farsi massa critica
e dirsi senso. Non sarà nemico.
Con fili delicati
intessiamo la rete
che scaldi l’anima.
Nella grande comune del Pianeta
un altissimo bianco pino
è la nostra promessa
non ripetere la tragedia della Terra.
Orfani tra gli eoni
alziamo fiamme al cielo
per alimentarne le colonie.



IV. SOCIETA’ FUTURA: CIBERNETICA

depersonalizzazione / lager

una rete di nodi e di archi
diverse classi d’occupanza
da coda a capo
chiudendo funzioni e obiettivi
su vincoli predefiniti
controllando il susseguirsi
sui sentieri, minimizzando
il tempo di deflusso
la distanza percorsa;
cruccia la congestione
il numero di fila
risvolto dei permessi
d’evacuazione



Giuseppe Cornacchia, 1973, is a chartered engineer in Italy since 2004. He graduated as a nuclear engineer (five years course) in Pisa, Italy, devoting his twenties to the study and to the practice of science, literature and philosophy. The great Renaissance man Leonardo Da Vinci was his model. In September 2006 he moved to England, in order to attend a MSc in nuclear physics & engineering at the University of Birmingham. After graduating with Merit, he started a PhD at the School of Materials of the University of Manchester, where he is expected to graduate in late 2010.

12 commenti:

  1. Ho trovato questo libro veramente interessante e l'analisi di Guglielmin è puntuale e centrata come sempre. Libro eterogeneo (nel senso positivo del termine) ma con una poetica ben definita. Mi spiace solo che Cornacchia abbia terminato di scrivere poesie (ipse dixit) ma ognuno ha un suo percorso. Complimenti per questa opera omnia e per una poetica, a mio parere, originale.
    Luca Ariano

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  2. Ringrazio Stefano per la nota, equa e molto efficace nel restituire la prospettiva dalla quale ho cercato di lavorare. Il saggetto teorico meriterebbe di essere portato a dimensione libro, ma al momento non ne ho le possibilita'. Segnalo comunque il lavoro del prof. Nigel Fabb, sponda per ragionamenti futuri: http://www.strath.ac.uk/english/membersofthedepartment/fabbnigelprof/

    Ringrazio anche Luca, che saluto: mi fa piacere che il libro regga a diverse letture e diverse sensibilita'. In effetti ho smesso di fare poesia perche' non ho trovato gente della mia formazione che guardasse ai linguaggi settoriali come una lingua viva; e' invece diffuso il recupero delle tradizioni creaturali, una sorta di riappacificazione col proprio io soffocato.

    Essendo un individuo tutto sommato relazionale, senza relazioni ho perso interesse, non essendo abituato a scrivere "a tavolino".

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  3. forse non si finisce mai di scrivere poesie. forse finisce un periodo e ne comincia un altro. staremo a vedere.

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  4. Diciamo che il primo eventuale nuovo compito sarebbe quello di sviluppare il saggetto in forma di tesi compiuta; qui in UK usano il corso di MPhil (master di ricerca) per questo tipo di attivita', 12 mesi di studio individuale senza classi da frequentare. Vedo che col prof. Fabb collabora un italiano, il dr Stefano Versace, magari gli mando un e-mail.

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  5. margherita ealla9/7/10 23:28

    Angiolieri mi piace
    (di più Villon, ma anche Angiolieri, ma questo, ovvio, non c'entra)

    e devo dire che il tono ironico, a volte forse caustico, ma sempre in uno stare dentro (cioè che non si chiama fuori),
    in un certo modo corale, come dice gugl,, di queste poesie, mi ha molto colpita e me le fa piacere,
    come poche fra le diverse che ho letto da un po' di tempo a questa parte.

    Prendo ad es. l'incipit di “L'amo”
    (che qui nn è tanto, o non solo, il moto classico (?) d'animo -peraltro piuttosto ineffabile e indicibile, anche se se ne fa un gran parlare-
    quanto il moto di quel provocare “un momento che ci leghi”, dal riscontro tangibile delle “mie labbra sulle sue”, proprio un amo che pesca insomma)

    l'incipit, dicevo, (fantastico!):
    “Alla mia donna ho poco da dire./A lei non rivolgo saluto”,

    da non tanto Tanto gentile e tanto onesto pare...(quel di Cecco “in disamore verso lo Stil Novo“, come dice gugl)
    che sembra ribadirsi successivamente in
    “senti” “a me non frega nulla”
    eppure non è così, anzi, quello che si “sente” è un cuore, molto umano (troppo umano :)) e terreno,
    che “spinge in modo indecoroso”, capace inoltre di un dare “senza ritorno” (bellissimo!,sia nel superare il do ut des -che si fa ma non si dice, anche nei rapporti d'amore-, sia nell'avvertire mi do una volta sola...)
    e cmq, alla mal parata :), capace di un se “t'investo, mi spiace”.

    Cmq sarebbe riduttivo che mi fermassi solo su questi “nodi” “d'amore”, mi interessano infatti tutte quelle “tensioni strutturali della "rete di snodi e di archi" dentro la quale la storia tragica s'intravede” (delle quali dice bene gugl).
    In particolare quello che accenni nel commento, “ai linguaggi settoriali come una lingua viva”,
    quel “dal punto di vista delle eccezioni” che va a delineare, almeno nella parte riportata, la classe (di un tipo nome)con propri metodi, proprietà..., da istanziare (mi piacerebbe leggere il costruttore – quali argomenti- o il distruttore...)

    insomma la problematica più ampia del linguaggio (poetico) e, a questo proposito, butto lì ciò che mi viene in mente e cioè quello che avevo letto tempo fa (in un libro sulla IA, mi scuso, nn ho tempo di cercarlo per citare correttamente) nel quale si faceva riferimento al fatto che il “motore” del linguaggio umano sia costituito dai “i periodi ipotetici, le frasi “immaginarie”, la sintassi della controfattualità, ecc..
    insomma la capacità di darsi ai congiuntivi, “immaginando” le eccezioni, quasi la necessità di “contro-dire” (contraddire) il mondo, di immaginarlo e parlarne diversamente.

    Infine, sono andata a vedere il link che proponi, e, in un lapsus, ho letto topology al posto di “typology of verse”, interessandomi molto, cmq, al “db of rules for verse in the languages of the world”

    ok, finisco, fine

    ciao!.

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  6. Margherita, sei una lettrice molto aperta e generosa, davvero grazie per le belle parole. Mi (ti e vi) auguro che tu possa trovare spesso poesia interessante alla quale prestare le tue considerazioni.

    Il prof. Fabb sta cercando di capire se esistano "invarianti" (ritmi, strutture, accenti, sillabazioni) nelle maggiori lingue dell'umanita', quando queste si muovono nella poesia. Al momento ha trovato qualcosa di comune, cioe' una struttura ritmica che sembra innata in tutti i vocabolari. C'e' da capire se questa comunanza sia un ritmo/respiro o una sintassi/ordinazione.

    Tale interrogativo si lega alle esperienze -nel mio piccolo- su poesia in codice, spazio della scelta fra le soluzioni linguistiche possibili e strutture varie.

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  7. Ho letto e apprezzato - la nota, i testi, i commenti.

    Un saluto a tutti.

    fm

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  8. Ciao Francesco; vediamo se riesco a trovare qualche mese da dedicare alla parte teorica. Puo' essere un'impresa alla portata e tutto sommato stimolante, forse anche utile a chi verra' dopo. Grazie del passaggio.

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  9. ricambio il saluto.

    Giuseppe, un lavoro teorico che sconfini nelle discipline non umanistiche credo sia salutare alla letteratura.

    ciao intanto

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  10. Va bene il completamento della parte teorica, l'aspettiamo, però nel frattempo non dimenticarti di continuare a tradurre: il "tuo" Muldoon è un piccolo capolavoro. Veramente un lavoro eccezionale.

    Ciao Giuseppe, un saluto a tutti.

    fm

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  11. complimenti a Giuseppe per queste poesie che oserei dire "moderne"
    ma non chiedetemi cosa significhi
    in senso generale la modernità di una opera poetica che non saprei rispondere!
    Poi grazie anche a Stefano per le continue proposte e a Francesco che mi ha fatto conoscere il giusco traduttore.
    un saluto a tutti,
    vicenzo celli

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  12. Le ho lette d'un fiato..
    Grazie per averle postate, Sara!

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