mercoledì 17 marzo 2010

Incroci di poesia contemporanea



Incroci di poesia contemporanea contiene tutti i poeti invitati alle quattro edizioni dell'omonima iniziativa, promossa dal Dipartimento di Studi Europei e Postcoloniali dell'Università Ca' Foscari di Venezia, e curata da Rino Cortiana e Marco Fazzini, l'uno docente di Letteratura francese, l'altro di Letteratura inglese nella medesima facoltà. Inserita nella collana "Le briciole" diretta da Anna Maria Carpi (n.15, anno 2009), l'antologia presenta una manciata di poesie dei seguenti autori: Yves Bonnefoy, Douglas Dunn, Guy Goffette, Durs Grünbein, Jack Hirshman, Christine Koschel, Don Paterson, Alexandra Petrova, Tom Raworth, Jaques Réda, Mark Strand e André Velter. Per ognuno di essi possiamo leggere una nota esplicativa e, talvolta, un'intervista originale oltre che vedere il ritratto fotografico.
E' sempre un fatto da segnalare quando l'Università va incontro alla poesia contemporanea, specie se con un atteggiamento di umiltà, così da far prevalere l'evento alla cerimonia, la riflessione sul fare poesia sulla celebrazione autoreferenziale. Che sia andata così, lo si capisce dalla premessa, dove si parla di dialogo "con i poeti e i loro traduttori", di intenzione didattica, e della scoperta "che il poeta è il primo a mettersi in gioco in una società complessa [...] facendoci scoprire i modi giusti di relazionarci a tutto ciò che è altro, di produrre valori positivi per la crescita di coloro per i quali la tolleranza civile e culturale è qualcosa che valga la pena di soppesare a questo mondo". Ciò capita, mi pare d'avere inteso, indipendentemente dalle tematiche trattate. Come dire: la poesia è civile perché ara sull'in-comune della lingua, tiene vivo il pulsare del senso comunitario, salvandolo dalla mortificazione del dato. Poesia non è discorso scientifico proprio perché testimonia dall'interno la malattia delle parole (tanto per citare il titolo di un bel libro di un amico scomparso da poco), la mette in gioco nella superficie dei segni; e si allontana dalla filosofia, senza tuttavia mai interrompere il contatto, nella misura in cui ragione e sensibilità sono mossi da una forza altra, che tiene per mano lo stesso autore, più spaesante ancora del demone socratico. Poesia è quanto rimane di questo naufragio dolceamaro, è l'intraducibile che si cimenta con l'impensato, in nome del vero. Immane dunque, lo sappiamo, il lavoro del traduttore, che davvero fa agire l'in-comune, che è l'aprirsi di tutte le voci del mondo, di tutte le pieghe, declinandolo nell'incontro dialogico a due, in quella specifica complessità che sempre tracima e chiede altra via, incrocio essa stessa di possibilità sorgive, di vibrazioni da conservare. Lascio al lettore la verifica di questa meraviglia, che è sempre terra inconquistabile, ma in cui soggiornare senza timori, nell'allerta feconda che ogni nascita procura.





Yves Bonnefoy


PALLADIO, SAN GIORGIO MAGGIORE


Se peut-il que derrière ces façades
Nobles comme l'enfance qui va nue,
II n'y ait qu'une succession de salles sombres,
L'une ouvrant sur une autre, a l'infini?

Oui, tel est le secret de l'Intelligible,
Un soleil prend la forme dans ses mains,
Mais percevez ces pulsations dans la lumière,
L'artère de l'absence bat ici.

Et deux mains se conjoignent, c'est un porche,
Mais ce seuil est celui d'un sacrifice,
L'agneau meurt au plus haut de la symétrie,

Architecte, délivre de ce sang
Cet espoir qu'est la forme dans la pierre,
Le bien de la lumière est a ce prix.




PALLADIO, SAN GIORGIO MAGGIORE



È possibile che dietro queste facciate
Nobili come l'infanzia che va nuda,
Non vi sia che un susseguirsi di sale oscure,
L'una che da su un'altra, all'infinito?

Sì, qui risiede il segreto dell'Intelligibile,
Un sole prende la forma nelle sue mani,
Ma percepite queste pulsazioni nella luce,
L'arteria dell'assenza batte qui.

E due mani si congiungono, è un androne,
Ma questa soglia è quella d'un sacrificio,
L'agnello muore al vertice della simmetria,

Architetto, libera da quel sangue
Questa speranza, la forma nella pietra:
II bene della luce è a tal prezzo.


(trad. it F. Scotto)





Guy Goffette



UN PEU D'OR DANS LA BOUE

Je me disais aussi: vivre est autre chose
que cet oubli du temps qui passe et des ravages
de l'amour, et de l'usure - ce que nous faisons
du matin a la nuit: fendre la mer,

fendre le ciel, la terre, tour a tour oiseau,
poisson, taupe, enfin: jouant a brasser l'air,
l'eau, les fruits, la poussière; agissant comme,
brûlant pour, marchant vers, récoltant

quoi? le ver dans la pomme, le vent dans les blés
puisque tout retombe toujours, puisque tout
recommence et rien n'est jamais pareil
a ce qui fut, ni pire ni meilleur,
qui ne cesse de répéter : vivre est autre chose.



UN PO' D'ORO NEL FANGO



Mi dicevo anche: vivere è altra cosa
da quest'oblio del tempo che passa,
non le stragi dell'amore e dell'usura –
dal mattino alla notte lo facciamo:

fendere il mare, fendere il cielo, la terra,
volta per volta uccello, pesce, talpa, infine:
giocando a mescolare l'aria, l'acqua, i frutti
e la polvere; agendo come, bruciando per,

andando verso, a raccogliere cosa? Il verme
nella mela, tra le messi il vento, tanto tutto
sempre ricade, tanto tutto ricomincia e niente
mai è uguale a quello che era, né meglio né peggio,

e non cessa di ripetere: vivere è altra cosa.


(trad. it. D. Antonello)




Durs Grünhein



VOM DEUTSCHEN WÖRTERBUCH


Der Grimm, ein Speicher aller deutschen Worte, dreht dir kalt
Den Rucken zu. Vom Daumen speckig sind die meisten Bände.
Die Sprache lebt, saugt frisches Blut. Nur dieser Mund wird alt.
Und ringsum schliessen sich die Bücherwände.

Ihr Brüder wisst ja, auch wenn manchmal eine Zeile fliegt,
Sie landet bald. Und nichts enthält das Grübchen unterm Kinn.
Mag sein, dass für Momente ein Hirn sich ans andre schmiegt –
Steckt in den Silben mehr als das Ich bin, Ich bin?

Heisst das nicht Betteln? Jemand bettelt sich zusammen, zieht
Bedeutung an, dreht seine Runden, wird im Làmi zum Sprecher.
Mit jeder Bitte dringt er tiefer in die Welt, das Kriegsgebiet,
Und kratzt sein Kleingeld aus zerdrücktem Becher.





DEL DIZIONARIO TEDESCO



Il Grimm, granaio del lessico tedesco, gelido
ti da le spalle. Unte dal pollice le coste dei volumi.
La lingua vive, succhia sangue fresco. La bocca sola invecchia.
E te ne stai racchiuso fra pareti di libri.

Fratelli, lo sapete, anche se a volte prende il volo un verso,
subito atterra. E nulla che contenga la fossetta del mento.
Si da per qualche istante che un cervello si addossi ad altri –
ma che c'è nelle sillabe se non Io sono, io sono?

E non è un mendicare? Un tenersi assieme mendicando, un trarre a sé
qualche senso, fare il proprio giro, prendere la parola nel frastuono.
E con ogni supplica affondare più giù nel mondo, area di guerra,
e cavare le proprie monetine da un bicchiere sfondato.


(trad. it. A.M. Carpi)



Dan Paterson



From THE BOOK OF SHADOWS


Poetry is a mode of reading, not of writing. We can read
a poem into anything. A poet is someone skilled in mani-
pulating that innate human capacity to make things sign.
They advertise the significance of the form in its shape or
speech, build in enough strangeness and intrigue to have
the reader read in, enough familiarity not to repel them,
and calculate enough reward for their effort. But so much
poetry now is all advertisement, or all familiarity, or all
strangeness, or all calculation.

*

A pianist I know had a hopeless and purely neurotic
dependency on sheet music, and couldn't play a note without
a chart in front of him. After months of trying to cure himself,
he was finally able to take just a blank sheet of paper on
stage, though he never managed to dispense with this crutch
entirely. I hardly use my reference library at alli, yet I'd be lost
without it. Ideally, I'd have the walls covered with empty
books: not just the usual grammars and rhyming dictionaries,
but The Book of Next Lines; A Lexicon of Cadence;
Metaphor Conversion Tables; Rare and Unused Images...


**

La poesia è una modalità di lettura, non di scrittura. Siamo in grado di leggere
una poesia in qualunque cosa. Un poeta è qualcuno esperto nell'arte della mani-
polazione dell'innata capacità dell'uomo di rendere le cose un segno.
Quelle promuovono il senso della forma nella sua struttura o
nel suo discorso, costruiscono sufficiente stranezza e intrigo per far sì che
il lettore ci legga dentro, sufficiente familiarità per non respingerle,
e calcolano sufficiente gratifica per lo sforzo. Eppure, così tanta
poesia ora non è che promozione, o familiarità,
o stranezza, o calcolo.

*

Un pianista che conosco aveva una dipendenza irrecuperabile e
semplicemente neurotica dallo spartito, e non riusciva a suonare una nota senza
un foglio di fronte a lui. Dopo mesi in cui tentò di curarsi,
riuscì finalmente a portarsi solamente un foglio di carta bianca
sul palco, sebbene non ce la fece mai a fare del tutto a meno di questo
supporto. Uso a malapena la mia biblioteca di opere di consultazione, eppure
mi sentirei perso senza quella. Idealmente, vorrei avere i muri tappezzati di libri
vuoti: non solo le solite grammatiche e i dizionari per le rime,
ma Il libro dei prossimi versi, Un lessico delle cadenze,
Tavole per la conversione delle metafore, Immagini rare e desuete...


(trad. it. M. Fazzini)



Tom Raworth


SHOES



shoes come from leather leather
comes from cows come from milk no
no milk comes from cows come
from shoes baby shoes
....................................come
from there to here hear
the shoes of blind children shoes
shuffling tripping a blind child falls into a cement mixer
a death child is crushed by the ambulance racing to the blind
.........child who is the child of some dumb man who makes shoes

that evening he cries over a peace of leather stained with milk
the tear marks make a pattern he tries to read to read
he wants to cut the leather into the shape of a gingerbread man

he wants very much to have his child back
to ride on the cows back




SCARPE



le scarpe provengono dal cuoio il cuoio
proviene dalle vacche proviene dal latte no
no il latte proviene dalle vacche proviene
dalle scarpe scarpe da bambino
...............................................vieni
da lì a qui ascolta
le scarpe dei bimbi ciechi scarpe
che si strascicano incespicano un bimbo cieco cade nella betoniera
un bimbo sordo viene schiacciato dall'ambulanza che corre dal
............bimbo cieco che è figlio di un calzolaio muto che fa scarpe

quella sera lui piange su un pezzo di cuoio macchiato di latte
i segni delle lacrime fanno un disegno che lui cerca di leggere di leggere
vuole tagliare nel cuoio una forma di uomo in pan di zenzero

vuole moltissimo riavere il suo bambino
per farlo cavalcare sul dorso delle vacche


(trad. it. di F. Beltrametti)

18 commenti:

  1. faccio fermata lettura.
    saluti.
    giampaolo

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  2. 1: Raworth non può che essere versato da Beltrametti!

    2: "così tanta / poesia ora non è che promozione, o familiarità, / o stranezza, o calcolo"

    3: cresciuto in un istituto di italianistica dove vigeva la regola che non si affidassero tesi di laurea/dottorato, né articoli o saggi, su autori viventi, ho sempre lodato la cautela epistemologia sottesa a tale accademismo, interrogandomi nel contempo sul perché diffidare delle cautele alternative che un sagace critico sa applicare ad oggetti estetici finiti, tenuti nella vetrina di botteghe tuttora aperte. Coetaneità, convivenza, frequentabilità sono forse agenti altamente inquinanti del giudizio?

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  3. Mario, sui punti 2 e 3: stai dicendo che non è un bene che l'accademia studi autori contemporanei?

    un saluto a Giampaolo.

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  4. non esattamente: intendo dire che non ritengo sensato applicare lo stesso metodo allo studio di un autore vivente, ovvero di uno che può ancora sconvolgere la propria poetica con qualche colpo di coda, e di un autore che, invece, ha 'naturaliter' detto l'ultima parola. Ovvero, la cosa più insopportabile è fare della falsa accademia sui propri coetanei...

    Insomma, per dirla con una similitudine, non posso applicare le medesime modalità osservative ad un fossile di pterocera e ad un mollusco vivo di pterocera che ancora sputa sabbia mentre lo risciacquo...

    Posso dire che sono un antivivisezionista in senso lato?


    (Però è pur vero che se uno è ben allenato nell'applicazione di un metodo d'indagine e non fa ricorso ad altri metodi, allora è meglio che si occupi soltanto di fossili...) (ovvero, è meglio, come deduci tu dal mio ragionamento, che certa accademia lasci stare i viventi) (in giurisprudenza si parla di incompetenza territoriale...)

    (quanto al termine 'contemporaneo', non ce la faccio ad usarlo ((e ricordo una precedente sollecitazione in proposito di Paolo Donini)) finché nel dire comune sarebbero tuttora 'contemporanei' artisti come Calvino, Picasso, Stravinskij, inattivi per cause naturali da un quarto di secolo o più)

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  5. io credo che chi ha quqlcosa da dire su un testo è giusto che lo dica. "giusto" nel senso di "etico". prendere la parola è un atto di responsabilità civile.

    la questione del metodo vale per tutti. non ci sono metodi più contemporanei per avvicinare la poesia, bensì più precisi, articolati, fondati su saperi contemporanei.

    Sei così convinto che non ci siano docenti universitari in grado di avvicinare un testo scritto ieri, giovedì 18 marzo 2010? non ti pare una prospettiva inverosimile?

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  6. margherita ealla19/3/10 21:56

    mi piace molto quell' "allerta feconda" di cui parli, posizione di vero ascolto.

    Così appunto nel confronto di queste voci che conosco, all'interno delle quali Tom Raworth è davvero una scoperta per me (non solo perché l'unico, fra questi riportati, a me del tutto sconosciuto, ma perché proprio colpita da queste "scarpe")
    E mi sa anche che devo rivedere la mia prevenzione in genere per le antologie.

    grazie della proposta
    ciao!
    (ricambio qui il saluto a Mario)

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  7. no, Stefano! non vorrei mai che il mio ragionamento fosse preso per una sentenza definitiva sul mondo accademico, nonostante l'acidulo che mi suscita

    e del resto tu citi il lavoro di due docenti, Cortiana e Fazzini, di letteratura straniera, ambito-ambiente disciplinare a mio parere più "elastico"

    conosco pochissimo del lavoro di Cortellessa, per esempio, ma mi sembra che compia uno sforzo metodologico apprezzabile sulla comprensione della letteratura italiana coeva (anche lui però opera in un DAMS, solitamente uno spazio più dinamico)

    insomma, a priori negare alla critica residente in università la possibilità di sondare la produzione letteraria dei vivi, sarebbe anche un po' da 'mona'...

    solo tengo a ribadire che l'essere in vita l'autore implica talmente tante interferenze alla comprensione del suo operare, che chi non ne tiene conto è anche lui un 'mona' (interferenze che del resto la critica militante conosce benissimo, sia quando gioca di sponda ideologica o di collusioni di varia natura, sia quando difende a denti stretti i propri spazi di autonomia)

    (esco un attimo dal campo poetico per andare in quello teatrale con un aneddoto: Eugenio Barba, uno dei più importanti registi del teatro di ricerca internazionale, è noto per l'estrema vigilanza che impone a chiunque scriva su di lui, e sul suo Odin Teatret, un librone o saggetto che sia: si fa spedire le bozze, le controlla riga per riga, le rispedisce zeppe di correzioni, anche e soprattutto di contenuto e controlla che vengano puntualmente inserite... Ma insomma, vogliamo lasciarli lavorare in pace questi poveri critici?

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  8. ... dimenticavo: chiunque ha qualcosa da dire di una poesia che ha appena letto lo dica, ci mancherebbe, però chi si trova in una posizione di potere da una cattedra o da un inserto culturale di un mass media ha sicuramente una responsabilità maggiore del lettore qualunque che lascia il proprio commento su un blog

    e chi l'autorità se l'è conquistata con una vita di paziente e onesta scrittura ha esattamente lo stesso peso di chi è stato nutrito da baronati e consorterie e s'è intrufolato in qualche corsia preferenziale

    pensa che una volta, un ex compagno di studi passato ad un dottorato di ricerca mi raccontò che, mentre stava stendendo un saggio su Svevo, si sentì dire che una sua certa tesi, per quanto affatto balzana, era meglio non inserirla nel saggio per non fare dispiacere ad un cattedratico amico...
    Ora, quando dico che certe cattedre è meglio per tutti che li lascino stare gli autori ancora viventi...

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  9. caro Mario, conosco poco l'ambiente universitario, ma quanto dici sulle consorterie è purtroppo noto.

    sugli autori viventi dico che, quando hanno licenziato un libro, questo vive di luce o morchia propria. forse gli autori dovrebbero essere più prudenti nel pubblicare troppo.

    Cara Margherita, anche a me ha felicemente sorpreso Raworth: poesia che non si pratica molto in italia, tra l'altro.

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  10. volevo aggiungere, che il prof. Fazzini in questi giorni è in Scozia per un convegno. non conosceva Blanc. Lho informato dell'articolo. Spero che, appena può, dia un segnale.

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  11. visto che domani è la festa della poesia signalo questa iniziativa di Radio 3 Rai:

    "Domenica 21 marzo in occasione della Giornata mondiale della poesia, Radio3 sarà per un giorno interamente affidata ai poeti. Le trasmissioni rispetteranno il palinsesto, ma le voci che accompagneranno gli ascoltatori dalle sei dal mattino a notte inoltrata non saranno quelle familiari dei conduttori, ma quelle, forse radiofonicamente meno esperte, ma forti e intense di un gruppo di poeti, tra i più rappresentativi del panorama contemporaneo. Se la sveglia alle 6.00 di Qui comincia avrà la voce di Maria Grazia Calandrone, la buonanotte di Radio3 suite sarà in compagnia di Silvia Bre e ospiterà al suo interno Andrea Zanzotto, Valerio Magrelli, Gianni D’Elia e Edoardo Sanguineti, mentre la rassegna stampa di Prima Pagina si trasferirà a Milano con Maurizio Cucchi, A3, la trasmissione d’arte, si arricchirà della partecipazione di Antonella Anedda e Radio3 mondo, Pagina3 e File urbani saranno condotte, rispettivamente, dalla poetessa greca Helene Paraskeva, da Lidia Riviello e da Sara Ventroni. Domenica in Concerto avrà come guida musicale d’eccezione Maria Luisa Spaziani e Zazà, il contenitore culturale in diretta da Napoli, ospiterà in studio Gabriele Frasca. Ma anche Uomini e Profeti di Gabriella Caramore, nella sua versione domenicale dedicata alla Bibbia, Le musiche della vita, che per il mese di marzo ospita il grande direttore d’orchestra Antonio Pappano, e La Grande Radio avranno al loro centro riflessioni legate alla poesia e al fare poetico".

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  12. su Raworth, oltre a quanto ho già detto a proposito della traduzione di Beltrametti: è un autore capace di pensare e far toccare mondi nuovi, senz'altro uno dei più grandi del secondo Novecento, e che fosse legato da una speciale amicizia proprio con Franco Beltrametti, non solo suo traduttore ma sodale... è uno di quei casi bellissimi in cui il sapore di una nobile amicizia si espande su tutti coloro cui accade l'avventura di scorgerne le tracce (quanto invidio chi li potè frequentare entrambi in certi happening...)... Nulla da spartire, ovviamente, con le amicizie in cui prendono corpo ben altri viscosi progetti...

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  13. ma la lingua non è qualcosa in perenne movimento? e la traduzione non è forse una continua 'ricerca' sulle possibilità che ha la parola di essere 'altro'?
    io l'accademia la conosco, e vi assicuro che uno dei commenti ai giovani dottorandi è di stare attenti quando si scrive su un autore vivo, il motivo? semplice. se uno scrive qualcosa che all'autore vivente non piace e lo smentisce, beh, la carriera del giovane dottorando è già finita!
    ma in lingua spagnola, niente?
    comunque complimenti.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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  14. mentre leggevo mi son detta:
    a) che io certe cose nemmeno, non mi pongo neanche il problema (mi riferisco alla questione degli autori viventi)
    b) che mi piacerebbe far intervenire anna maria (la carpi). provo ad avvisarla.
    c) che il bertasa alle volte è troppo difficile da decifrare... :)

    s.

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  15. parto da Silvia: sulla traduzione, mi sa che ha ragione Alessandro: l'obiezione dell'autore potrebbe avere peso sulla cariera dell'aspirante accademico-critico. ma se è così, che critico è quello che non si assume la responsabilità di quello che dice?

    si può fare buona critica senza assecondare l'autore, senza dirgli: "ma che bravo che sei".

    Se Anna Maria Carpi interviene, sarà senz'altro la benvenuta! Così magari ci dice come mai non ci sono autori spagnoli nell'antologia.

    Su Bertasa/ a Bertasa: il fatto è che il ragazzo ha letto troppi libri e li usa con una testa che è "un brillante", come direbbe la gente di Mazzarò :-) Però, a differenza di questi, Mario è molto più simpatico.

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  16. e io, che invece, ho letto pochissimi libri, ringrazio tutti per i commenti e gli approfondimenti che qui nascono
    spontanei e appassionati.
    Per quanto riguarda la critica ai vivi, penso che il problema non sia se farla o non farla, ma piuttosto nel modo in cui si fa, proprio perchè il contemporaneo può ancora evolversi e cambiare. Naturalmente si parla di Critica e non di invischiamenti.
    vincenzo celli

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  17. se si critica un libro quello è già "per sempre". ilcontemporaneo cambierà pure, ma il suo libro è quello. se poi l'edizione successiva opera alcune varianti, si discuterà su quelle, continuando ad arricchire il senso dell'evento, così come, per altre questioni, afferma l'ermeneutica gadameriana.

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  18. "Tante volte nella vita incontrerete persone che vi stanno istruendo di un argomento attorno al quale si sono preparati bene. Ogni volta penserete che siano dei grandi dotti, dei pozzi di scienza, che abbiano letto chissà quanti libri. Ma non è vero! Non fate mai questo errore! Altrimenti resterete molto delusi quando scoprirete le materie sulle quali sono ignorante, o tutti i libri che non ho mai letto..."

    Silvia, caro Stefano, sicuramente sarà d'accordo che pure l'autore del ragionamento di cui sopra (citato ovviamente col beneficio d'inventario della memoria), era alle volte troppo difficile da decifrare... Claudio Scarpati?... non ti dice nulla, Silvia?

    Baci...

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