mercoledì 2 dicembre 2009

Mimmo Cangiano



L'introduzione di Matteo Marchesini all'opera prima di Mimmo Cangiano, Nel frattempo (Kolibris, 2009), assai dotta e rigorosa, rileva l'indole postmoderna dell'autore attraverso la convinzione che esista la poesia di secondo grado, ossia la poesia che fa il verso a un'idea di poesia. Nella fattispecie, l'operazione metaletteraria di Cangiano, secondo Marchesini, consiste nel mettere "in scena lucidamente" l'abbandono, da parte dei poeti della sua generazione, della ricerca, usando lo stesso farmaco, ossia il crepuscolarismo. L'omeopatia sarebbe perciò scelta da Cangiano per mettere in rilievo criticamente questa tabe che, in effetti, colpisce molti autori nati a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, nipotini di Gozzano&dintorni. L'analisi di Marchesini, tuttavia, ha ben altri pregi, non ultimo quello di riconoscere alla poetica cangiana il tentativo di coniugare l'intenzione postmodernista con urgenze più private, così che "ammicco" ironico e "scacco esistenziale [...] si dissolvano esemplarmente l'uno nell'altro". Se così non fosse, Nel frattempo altro non sarebbe che mero esercizio di superficie, figurina bidimensionale ed invece, proprio sulla scorta di Gozzano che, credendo di fare il verso a D'Annunzio, edificò il proprio specchio interiore, narciso e profondamente decadente, Cangiano mette in circolo i propri fantasmi, niente affatto narcisi, lasciando loro la parola, retoricamente d'antan eppure feconda di tracce capaci di dire la disseminazione del presente, il suo sovraccarico culturale, inutile a salvarci eppure caro a chi, come l'autore, attraverso di esso ricompone la propria lacerazione. In questo senso, l'intenzione ironica, che pure non manca, ha radice nell'interrogazione ontologica, passando per l'eventualizzarsi dell'essere nella storia privata: ecco spiegata, almeno in parte, la funzione delle date, dei nomi, dei luoghi, così frequenti nel libro, vere e proprie aperture domestiche nel corpo-mondo-spettacolare-e-pericoloso, vie d'accesso ad un'intimità dolorosa che rimane pulsante ma (parzialmente) invisibile, sorta di pila che alimenta l'interrogare stesso, magmatico nel nascere e crosta crepuscolare appena si distende sulla pagina. Crepuscolare, dunque, la poesia di Cangiano lo è soprattutto per valenza affettiva, per quell'alone d'autenticità che permea le piccole cose di pessimo gusto, corredo che fonda l'agire e dona senso alla vita, di contro al silenzio gelido della Storia, che partorisce solitudini ed idoli plastificati. Per concludere: il titolo del libro, ci suggerisce, forse, che tutto ciò non è in via definitiva, ma vale, appunto, per questo tratto di tempo, nel passaggio dal nido al mondo, nel fra, che separa e tiene insieme, il tempo pascoliano dell'infanzia e quello, a venire, in cui la parola dovrà affrontare il gelo, magari nominandolo in altra maniera.



Cambio casa


Di libri ormai ne sono rimasti
pochi, l'Ulisse nella Guida alla lettura,
le poesie di Mallarmé
l'Einaudi bianca di Mandel'stam, ancora
qualche sparuto scacco, le bottìglie vuote di Bardolino,
i panni sporchi... sul fare dell'attacco decisivo,
il cuscino della febbre impolverato sul divano
una lettera che mi è arrivata dall'America
"si sbrighi per favore che è ora"
l'ampia fronte di Calvino dal Meridiano.
A breve partiranno anche loro
(si è già persa una scarpa e un pezzo del racconto di Vittorio)
mentre me ne sto qui a inventare
il poster stracciato di Van Gogh,
le canzoni di Lou Reed
nel collage da regalo di Michele e Chiara
la gentilezza di Enrico, di Dino Campana,
il ventilatore TOP ORIEM che al negozio
valido l'hanno chiamato
ed è così, che al rito dell'ultimo Montale,
l'abbiamo battezzato,
le tazze per il latte al mattino
la signora Bovary e la signora Muconorm sul comodino.
L'alfiere bianco in campo nero è il vero surrogato di Dio,
non certo io, che stamane, senza pretese, non tento
neanche una sortita dal sogno piccolo e borghese,
io di certo non più di una matita.
E fra breve tutto può affogare
nel ragù di mia madre,
temo non la tendenza
appresa all'ingrassare,
oggi, 25 giugno che la storia
è più magra del solito.



Prima delle medie

..................le merendine non torneranno più
..................N. Moretti-Palombella rossa


Ho appeso al muro
la tua foto da bambina,
la grazia della quinta elementare,
stai senza affettazione, rara,
il giorno dell'esame.
Stazione di Falconara,
eri andata a salutare il babbo?
"ho ancora da studiare", felice
prima delle medie prima
del cratere hai detto,
Matilde Montasi
figlia di ferroviere.

Sarà che in questi giorni
vado di fretta.
Raggiungimi domani
prendi il treno, non l'auto,
la bicicletta.


***
Nel mio latte mattutino
c'era la purezza torbida
di chi mi ha preceduto.



Primavera


Carlotta, occhi sul mondo
e gualdrappina rossa,
mentre Bologna sfiuma nelle vie
della rabbia e della nostalgia
una mattina di festa e grida
e canta, promette tempesta,
Carlotta che ha paura
di perdermi e serra la sua mano
nella mia, e io che sulle guance
le leggo lo splendore dei vent'anni,
Carlotta infreddolita che si sbraccia,
Carlotta illividita, stanca,
Carlotta che non s'arresta, mia speranza,
Carlotta che ha nel nome
la protesta, Carlotta sola, al centro della piazza.
Carlotta che legge dal biglietto
che le ho comprato
"nessuna lotta è vana",
poi stasera giocheremo
alla guerra civile, io prigioniero
tu staffetta partigiana.



Fuori un asilo


Quello che non ti ho detto
è la cosa che più amo e più detesto:
fermarsi, indugiare al limitare
degli affetti, e dove in larghi giri
risuonano i richiami dei bambini.
Qui ancora non esiste l'esistenza,
e nell'ora che precede il pranzo
si sta come arginati,
in un sentore di convalescenza.
E in ciò mi pare
di riposare ogni certezza,
in ciò che non è vita
ed è fotografia.
Carlotta mi torce le dita
"dai Mimmo andiamo,
andiamocene via".




Preghiera del poeta postmoderno


Poesia
che non sei vita
né magistra,
che non sei mito
o faro da seguire,
che non sei bestia
o angelo, che non hai
i mezzi quando la notte
arriva (e arriva)
per farla finire,
oggi ti omaggio
per ciò che sei
(tu che non fai paura)
museo, mostra, esposizione
permanente,
fiore all'occhiello
della letteratura.
E ti chiedo:
accanto al sogno
mantieni la ragione,
(andrà a finire male
senza quella)
ed al tuo fianco serra
l'intelligenza,
se la nevrosi è assente
mi trovi pronto agli scherzi
non perdo un attimo, corro,
scrivo alla Palazzeschi,
se invece l'ansia incalza
e i giorni sono neri
stasera gioia mia
torneremo a Sereni,
ed ai nemici (e ai loro cervellini)
serviremo Pasolini
e quando il cuore batte
ricordami Fortini,
niente è vano Poesia?
è in ciò la tua grandezza?
niente da buttar via?
e per la giovinezza
i cristallini suoni
di Gozzano, o quelli
più nebbiosi (nebbiosi al latte)
di Caproni,
e per le mie vecchiaie
preservami la stanchezza
dell'ultimo Montale
dell'ultimo Raboni.



Non è un fiume


Non è un fiume Carlotta
è solo un canale,
quando lo chiudono
(succede di rado)
ci puoi vedere strozzate
nella grata, qualche miseria
umana ed animale,
pezzi di latta,
bottiglie, una volta
un falco pellegrino
o topi.
Dammi la mano
ti porto a vedere
la città, le luci della piazza
che si sfanno
al meridione o poco oltre,
dove si fa incostante
il colore delle strade
e leggere le case.
Vieni
ti porto altrove Carlotta
che qui farnetico.


***

A ripensarci bene
non mi è rimasto molto
del tuo passaggio breve:
l'odio per tuo padre,
il violino mai voluto
né comprare né suonare
(qualcuno mi ha poi detto che eri bravo
ma io non gli ho creduto).
Il tuo gesto (se c'è stato)
riserba intatte le sue cause,
da vecchio amico mi limito
qui ad annotare
quel poco che abbiam detto
quel poco (niente quasi)
che rimane.
Il 9 ottobre del '98
seduti all'osteria, tu pensa,
noi si parlava di ontologia,
positiva nel suo farsi
o nemica?
E tu:
"è temporale
si lega al filo doppio della storia, ci inganna
e già scolora
nel bordo della pagina, si insacca
nelle pieghe, da li
dilaga".



Mimmo Cangiano è nato a Caserta nel 1981. Si è laureato all'Università di Bologna con una tesi sulla ricezione di Nietzsche nel primo Novecento italiano ed ha poi conseguito un dottorato di ricerca all'università di Firenze con un lavoro sul giovane Palazzeschi. Nel frattempo ha collaborato a «Fuoricasapoesia», ha pubblicato due racconti a quattro mani con Eugenio Santangelo su «Atelier» e uno su «Daemon» e, sempre su «Atelier», sono stati pubblicati suoi interventi sulla poesia e sulla narrativa italiana contemporanea.

44 commenti:

  1. E' una poesia tristissima e senza musica

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  2. Questa poesia manca di qualcosa secondo me.

    Probabilmente di una seconda lettura; o forse di una terza chissà.
    A prima lettura sinceramente non mi lascia molto. Ci sono alcuni spunti tra i versi, ma a volte questi si trascinano troppo lungamente ed il dire stroppia in qualcos'altro che si perde e nulla più.
    Della presentazione ho letto le prime righe e mi sono fermata perchè sembra "giustificare" più che presentare questa poesia. Nemmeno colui che la legge è convinto di quello che dice secondo me.

    Ripasserò.
    Anche se so che la poesia che amo è altra e si sa, se è poesia, anche questa deve dare giusto?

    Anila Resuli

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  3. Cari,
    intanto grazie mille a Stefano per la sua presentazione che condivido totalmente.

    Anila, questa poesia, come darti torto, manca di molte cose, ma spiegami meglio cosa intendi con lo strascinamento dei versi che è interessante.

    a prestissimo

    mimmo

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  4. Prima poesia:
    E' una cozzaglia di immagini che in piedi non stanno se non sopra degli stuzzicadenti che hanno voglia di spezzarsi per il peso e basta.

    Seconda poesia:
    Taglierei da "stazione..." a "...ferroviere" che trovo versi "inutili" nel mezzo perchè oltre a quella parola assurda "babbo" che io non userei nemmeno nella vita, figuriamoci in poesia, sono versi che non danno nulla; o meglio, non servono a completare il senso del tutto.

    Terza poesia:
    credo sia la più riuscita tra quelle proposte. Anche se il finale "staffetta partigiana" secondo me pecca un po' di "uscita d'effetto".

    Quarta poesia:
    la lascerei così com'è. Non userei la costruzione che tu le dai, ma regge anche così.

    Quinta poesia:
    la costruzione del testo è completamente sbagliato. non sembra nè poesia, nè canzone, ma solo un flusso di pensieri a casaccio quasi, che stanno lì per caso però senza motivo. le domande in poesia sono bruttissime che siano retoriche o meno. in questa secondo me tutto si trascina; non è poesia, ma sfogo...ed uscito pure male.


    Le ultime due credo possano anche essere inizio di qualcosa di migliore. Secondo me devi lavorare molto sulla musicalità dei tuoi versi e della costruzione di essi.

    *

    In questa poesia, anche se ci sono punti e virgole, manca totalmente il respiro.
    Mi piacerebbe ascoltare una tua poesia letta da te, sinceramente.
    Sarebbe utile per capire anche di più la tua poesia.


    Anila R.

    p.s. spero non ti dispiaccia il mio darmi del tu, visto che siamo coetanei.

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  5. il mio darTi, non darmi :-)

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  6. cara Anila, la poesia di Cangiano a me piace proprio perché annulla la "funzione letteratura", quel canto, che - detto fra noi - perché mai dovremmo oggi sostenerlo? Ti pare che il mondo sia cantabile? e lo dico anche se io, nella mia poesia, un canto lo cerco, anche se nato da una musica assai poco aulica.

    togliere l'aulicità alla poesia e al poeta è compito che già baudelaire aveva intrapreso. Nella tradizione italiana, ciò accade con i crepuscolari e i vociani. La loro lezione passa per saba, penna, caproni, giudici, pasolini, il secondo montale e tanti altri meno noti. Voglio dire: Cangiano poggia su una tradizione autorevole, difficle contestarlo a questo livello. Semmai, data per buona questa poetica, può essere che alcuni versi siano furoi registro.

    prendi queste osservazioni non come un rimporvero, ma scritte per aggiungere ulteriore carne la fuoco.

    ciao!

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  7. Ammetto che a me i crepuscolari non facciamo impazzire; ma qualcosa del crepuscolarismo salverei eccome.
    Per me si pretende troppo di associare questa poesia a questo "genere", anche se non mi piace mai parlare di generi.
    Non è che tutto quello che è scritto senza regola debba far parte di un genere; potrebbe anche darsi che tal poeta (in generale) non sappia proprio scrivere e quindi scrive a casaccio. Anche il crepuscolarismo come ogni genere, è stato riconosciuto tale per certe regole e stilemi all'interno. La poesia è regole PUNTO.
    E non si parla di aulicità o altro. Si parla di respiro, suoni, dettagli personalissimi che ogni poeta deve mostrare nella sua poesia ed alla sua poesia.

    Ogni poeta vorrebbe essere riconosciuto nella sua poesia e tra diversi versi posati a caso sul tavolo. Quindi mi chiedo: per cosa dovrei riconoscere i versi di Mimmo Cangiano tra altri 100 versi (di altre voci) posti sul tavolo?
    Ogni paroliere ha bisogno di mostrare dei dettagli propri UNICI; e scrivere in alcuni versi diversi nomi di poeti per "far scena", non fanno di questi versi, poesia.

    Anila R.

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  8. Cari,
    condivido l'idea che il poeta non sia il più adatto a giudicare la propria poesia, ma visto che non amo quei poeti che a posteriori mostrano sui loro versi un'affettata (o talvolta vera, purtroppo) inconsapevolezza, che diventano, scriveva Berardinelli, come quegli artisti che dicono che non sanno perchè hanno fatto un quadro, provo comunque a dire qualcosa:
    sulla prima poesia "l'accozzaglia" di immagini è ovviamente voluta: poesia diaristica che equipara alto e basso alla stregua di un magazzino tematico e trasforma in oggetti (o meramente in proposizioni) anche alcuni luoghi alti della letteratura: Calvino che è solo un'immagine del meridiano, i versi di Eliot che si sovrappongono al contenuto di una lettera, il quotidiano più retrivo e spettacolistico rappresentato dal ventilatore, signora Bovary e signora Muconorm (che, per chi non lo sa, è una sveglia parlante creata da una ditta farmaceutica) e così via. Insomma, qui il modello è davvero fin troppo chiaro (è perfino dichiarato), il Montale di Satura e degli ultimi "diari". La tradizione in cui si muove questa poesia (senza assolutamente raggiungerne le vette formali sia chiaro), come naturalmente Stefano ha inteso, è quella linea che potremmo definire grosso modo Gozzano-Montale-Caproni (e laterali), lo scadimento in filastrocca, in appunto "impoetico", lo stile dello scolare corretto un po' da una serva.

    Sulla seconda poesia c'è intanto un errore (ma è colpa mia che ad alcune poesie non ho dato i titoli): gli ultimi tre versi sono un'altra poesia, quella finisce a "bicicletta". Non condivido, Anila, la presunta "inutilità" dei versi da te indicati (se la poesia finisse a "esame", come da te indicato, sarebbe un gioioso e melanconico quadro penniano, e il mio obiettivo era appunto di stravolgere, pur amandolo, questo quadro) e non capisco perchè non avrei potuto usare il termine "babbo": al di là del fatto, perdonami, che alla poesia è ormai concesso di usare tutto ciò che vuole, certo cercando di accordare questo "tutto", quale che sia, con l'intento generale di una poetica, cioè di una visione del mondo e della letteratura, al di là di questo, dicevo, io vengo dal Sud e là, fino ad almeno 15 anni fa, il termine babbo era molto più usato di, non so, "papà".

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  9. La terza poesia è francamente brutta, sono a lungo stato indeciso sul suo inserimento e, col senno di poi, ora non l'avrei fatto. Fa il paio, del resto, con la "Preghiera del poeta postmoderno" (altra poesia che ora escluderei) ma non per i motivi che dici tu: non riesco davvero a capire, scusami, come una poesia del genere, un così manifesto, direi quasi bambinesco, gioco intellettuale, possa essere preso per "sfogo" o "flusso di pensieri a casaccio" . No, escluderei questa poesia perchè qui, per l'appunto, il gioco ironico è troppo smaccato, la bruttura filastrocchesca che fa pendere il tutto, come nelle mie intenzioni, verso un'esplicita nullificazione del contesto poetico è, appunto, troppo esplicito: tale poesia non concede una seconda lettura, il lettore non può cascarci e prenderla per pathos o "sfogo", anche se a questo punto il tuo giudizio mi conforta, forse avevo giudicato male il mio testo, ma non credo francamente!
    Poi, torno a dire, non credo sia una corretta presa di posizione dire "le domande in poesia sono bruttissime", ricordo, ma davvero solo a titolo di esempio perchè i modelli sono infiniti, certe straordinarie poesie di Palazzeschi costruite sull'interrogativo.

    Sui versi "fuori registro" che dice Stefano è davvero impossibile non essere d'accordo. Questo libro consta di 28 testi, fra essi ne considero buoni 6 o 7, non considero gli altri delle bestialità (non l'avrei pubblicato) ma di certo dei testi non davvero buoni. C'era bisogno di più tempo, ma, forse, c'era anche bisogno di questa pubblicazione perchè io intendessi determinate cose e chiudessi con un determinato periodo della mia vita. Sono del tutto estraneo a qualsiasi concezione "sacrale" della poesia, quindi penso che un libro possa essere pubblicato in ogni caso: i lettori (pochi a dire il vero) ci sono apposta :-).

    mimmo

    p.s. come sempre mille grazie per i commenti che avete fatto ai miei testi

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  10. " un libro possa essere pubblicato in ogni caso" io a differenza di te invece penso che non si deve pubblicare tutto. anzi, prima di pubblicare bisogna meditare molto molto moltissimo la propria poesia. ormai si pubblica di tutto ed è per questo che molti si chiedono DOV'E' LA POESIA? E ci credo, la stanno facendo morire proprio quelle persone che si fanno queste domande e sfornano libri solo per gli amici e gli amici di amici e ristampano pure perchè tanto gli amici quando si gira molto, divengono tanti e possono pure ricevere il regalo...perchè tanto nessuno compra.
    tu vuoi davvero scrivere libri per gli amici? o libri per essere letti perchè meritano?

    Hai giustificato la tua poesia, come ogni "scrittore" giustifica la sua scrittura.
    Ma io sinceramente non la giustifico.

    E già che ti "paragoni" a Palazzeschi, ti direi "vola più basso" per arrivare a volare più in alto.

    Questa poesia per me ha bisogno ancora di studiare.

    Anila R.

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  11. Comunque è proprio vero: tutti cercano nella poesia qualcosa di diverso.

    Io nella poesia cerco "sorpresa" e questa poesia sinceramente invece di sorprendermi, mi delude.

    Anila R.

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  12. Cara Alina,
    trovo difficile credere che il motivo per cui la poesia stia morendo è che si "pubblica di tutto", si è sempre pubblicato di tutto, nel XVI secolo come nel XVIII, all'inizio dell'800 come all'inizio del '900, e allo stesso modo si sono sempre pubblicati "libri per gli amici" (e se ne sono pubblicati tanti), ma comunque non mi sembra di aver detto di aver pubblicato un libro per gli amici, stavo facendo un discorso diverso sull'importanza di pubblicare libri anche non perfetti, poi i tuoi saranno perfetti, non posso che augurarti questo.
    Posso solo dire di aver cercato a più riprese di lavorare perchè la poesia non muoia, ma questo te lo può facilmente dire la mia piccola "storia critica".

    la mia poesia può certo sembrarti brutta, orribile, detestabile e quant'altro, è un tuo sacrosanto diritto! ci mancherebbe altro, forse andrebbe giustificato un po' meglio, con un po' più di cognizione di causa su quanto si dice, magari con un pizzico di riflessione estetica, ma forse anche no.

    Infine, ho passato alcuni anni della mia vita studiando Palazzeschi, non mi permetterai mai di paragonarmi a lui, nè, a rileggere quanto ho scritto nel post precendete, mi sembra di averlo fatto.

    ciao

    mimmo

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  13. La tua poesia non è orrenda. Ma secondo me dovresti pretendere di più da lei.

    Buona giornata,
    Anila


    p.s. io ancora non pubblico libri, appunto perchè non credo la mia poesia sia perfetta. forse pubblicherò libri d'altri. ma ancora non pubblico "miei" libri.

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  14. intanto ho corretto il refuso, distinguendo le due poesie che mimmmo, più sopra, indica.

    volevo dire che Mimmo Cangiano è uno dei più autorevoli giovani critici italiani. ed è giovane modesto, come si evince dai commenti che gentilmente offre ad Anila, altra giovane e interessante poetessa.

    Le due posizioni sono lontane, chiaro, e forse questo cambio di battute può essere utile più a chi legge che ai due contendenti.

    a me pare che Cangiano si difenda con argomenti solidi. Anila, da donna battagliera qual è, sceglie la via emotiva, una via che mette sempre n imbarazzo il poeta-critico perché non può essere deviata. Saggio Cangiano a non fare opposizione di cuore, ma usando la dialettica; brava Anila a non tirare fuori 8troppo) le unghie, per rilanciare invece la domanda: ma perchè dovrei leggere la tua poesia se non mi comunica niente?

    lascio a Cangiano questa patata bollente.

    da parte mia dico che là dove il poeta cerca consapevolemnte una via in grado di dare voce ad un'apertura epocale, merita sempre attenzione.

    RispondiElimina
  15. La mia domanda non era solo quella; ma io vorrei veramente sapere da Cangiano cosa lui cerca di trasmettere con la sua poesia? Io ho parlato appunto di unicità di linguaggio/stile/forma che dovrebbe cercare il poeta. Cangiano cerca di essere riconosciuto o no? Tra i 100 poesie sul tavolo di 100 poeti proposti in anonimato, come dovrei riconoscere/ricondurre proprio quell'unica poesia tra queste, come poesia di Cangiano?
    Parlo per assurdo di 100..potrebbero essere anche solo 5 poeti anonimi di cui uno Cangiano...ma cosa dovrebbe portarmi a dire "questa poesia/stile/forma la riconosco! E' Cangiano!"

    So che può essere un discorso forse assurdo per molti, ma quando io scrivo, voglio che la mia poesia venga riconosciuta come mia, anche se non c'è il mio nome sopra...ma che si capisca che è mia a prescindere dal nome... quindi cerco un mio stile UNICO perchè venga riconosciuto solo come mio...
    quindi Cangiano fa questo lavoro?
    Io da lettrice (non da autrice) cerco di trovare i punti chiave della sua poesia; questa raccolta li ha?
    E' riconducibile a Mimmo Cangiano, aldilà del nome sulla copertina?

    Anila

    p.s. Stefano spero di non "crearti problemi" con i miei discorsi, ma per quel poco che mi conosci, sai che io non so non dire la mia. :-)

    RispondiElimina
  16. la voce di Cangiano, secondo me, si legge nel tono del discorso e nella relazione - ironica e, al tempo stesso, affettuosa - che istituisce con gli oggetti. Non lo devi cercare nellastruttura sintattica giacché, proprio per scelta, adotta quella prosastica del dire comune. Parafrasando Marchesini, Cangiano fa ironicamente il verso al verso (crepuscolare) che non vuole fare il verso (cioé che toglie l'enfasi al verso d'annunziano). E' una operazione metaletteraria, come dico nel mio breve cappello, certo intressante ma non sufficiente a rendere degna di ascolto la poesia di Cangiano. A far questo è, appunto, quando scrivo dopo nel cappello. prova a rileggerlo.

    i tuoi commenti sono sempre i benvenuti.

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  17. aggiungo: il finale (sempre del cappello) mi pare onfermato dallo stesso Cangiano, quando riconosce d'avere oramai fatto uno scarto di lato rispetto a molte poesie di questo libro.

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  18. Cari Stefano e Anila (e altri di passaggio),
    alzo ogni tanto la testa dai fabbisogni formativi dei dipendenti delle aziende dell'indotto Fiat (decisamente sono incappato in un lavoro assurdo :-)) ed è un piacere poter parlare un po' di poesia.

    Non so, Anila, se sono interessato all'Unicità del mio stile, penso che, logicamente parlando, sia impossibile trovare due stili esattamente uguali, simili certo, ma non uguali, in qualche modo ogni poeta è non intercambiale, il più pedissequo imitatore del Petrarca ha comunque il suo stile (e il petrarchista bravo se ne accorge!), lo stile sarà diverso se non altro perchè è diverso il modo di pensare e, in fondo, anche la stessa identica poesia non avrebbe lo stesso stile e sarebbe qualcosa di diverso (ricordi il Pierre Menard di Borges?) ma, anche uscendo dalla logica, devo dire che no, non è un problema che mi sta a cuore, è un problema che può avere anche la sua validità, me ne rendo conto, ma, diciamo, non è nelle mie corde. Penso ora a certi stratagemmi postmoderni finalizzati a creare confusione, a mettere in dubbio il nome dell'autore dell'opera, a nascondere quest'ultimo, a farlo credere un altro e così via, giochini certo, ma giochini molto significativi che attaccavano uno dei grandi idoli della modernità: la numinosità dell'autore, o almeno del suo nome.

    Stefano, prima di tutto mille grazie della stima per il mio lavoro critico, mi fa immensamente piacere.
    Venendo alla domanda sul perchè uno dovrebbe leggere una poesia che non gli comunica niente, non ho risposta, anche se provo a pormela allargando il quadro (perchè qualcuno dovrebbe leggere la mia poesia?) comunque non ho risposta. Ricordo, quando avevo la fortuna di frequentarlo un po' d più, che quel grandissimo poeta che è Giancarlo Sissa insisteva molto sul punto quando hai finito una poesia chiediti a chi cavolo dovrebbe interessare. Non lo so, posso forse rispondere recuperando un io plurale e dicendo che penso di esprimere alcune cose della mia generazione, alcuni nodi e anche alcune questioni strettamente attinenti al fare poesia, ma mi rendo conto che forse non è molto, ma, davvero, dire "dovrebbe leggermi perchè..." mi farebbe sentire troppo un vecchio pontificatore :-)

    mimmo

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  19. E' proprio un peccato che non si fermino altri lettori in questo dibattito.

    Comunque, quando avrò magari più tempo cercherò di leggere ulteriormente Cangiano.
    E' pure mio coetaneo e la cosa mi "attrae" parecchio. Visto che difficilmente si parla di giovane poesia; giovane nel senso dagli '80 ad oggi. Al massimo si tende a parlare dei poeti dei '70, come poeti giovani.

    Grazie per lo scambio!
    Anila

    RispondiElimina
  20. non pensiate che io faccia il Ladolfi della situazione :-)

    (con tutto il rispetto per Giuliano, il cui lavoro meriterebbe ora una nuova lettura alla luce del decennale della sua antologia "L'opera comune")

    RispondiElimina
  21. beh, direi che i poeti nati negli anni ottanta dovrebbero avere la pazienza e l'umiltà di aspettare. lo dico per il bene delle loro poarole. la vera poesia è come un vino che invecchia. con tutto il rispetto per Ladolfi, mi sembra comunque che il discorso generazionale non abbia che prodotto mostriciattoli poetici, con un discorso di impostazione metodologica che, se si capiva come reazione alla mafia dei caporioni, poi non ha fatto che produrre piccoli capetti, senza cultura e con un alto tasso di sbruffonismo, con tutte le eccezioni del caso. Anche per questo apprezzo l'umiltà di Mimmo Cangiano
    Sebastiano

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  22. Detto sinceramente ho visto meno umiltà e maturità poetica di questa di Cangiano, in molti poeti degli anni '70 o più..ma hanno più amici ed allora si perdona tutto...

    Anila

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  23. forse è meglio rimanere nell'analisi delle poesie di Cangiano. I discorsi generazionali portano sempre con se la ferita dello strappo artificioso.

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  24. Una premessa: non amo il crepuscolarismo, anche se quella di Mimmo è un'operazione che va oltre, come rileva Stefano. Detto questo, però, trovo che i testi di Mimmo abbiano una costruzione seria ed anche quel "di più" che innalza la costruzione, appunto, al rango di poesia. Il tutto con un timbro per molti aspetti antipoetico, e non è cosa da poco. Poi le opinioni sono personali ed è giusto sia così, ci mancherebbe.

    Inoltre ho molto, molto apprezzato la sua umiltà nel rispondere alle critiche che, per quanto pertinenti e legittime, avrebbero fatto schizzare più di qualcuno, ma non lui.

    Francesco t.

    RispondiElimina
  25. Grazie a Francesco e a Sebastiano,
    posso dire che al di là della modestia che dovrebbe essere sempre direttamente collegata ad un lavoro personale di cui non si ha piena certezza riguardo al risultato (ma in fondo di quale risultato si può avere piena certezza?), chi, come me, cerca di campare adattandosi al tempo (non ai tempi però eh! :-)), cioè all'idea che tutto è modificabile e non perdurevole (tutto è "nel frattempo"), non può di conseguenza "schizzare" (almeno finchè ha il tempo per riflettere) perchè non può credere all'esistenza di un punto di vista non problematizzabile, di una credenza non problematizzabile (anche se oggi Lauretano mi accusa dalle pagine di ClanDestino, proprio a proposito del saggio sui poeti degli anni '70, di "violenza ideologica").

    tornado alle poesie ringrazio Francesco per aver notato che, davvero, non sono scritte di getto e sono comunque, benchè forse il risultato non sia soddisfacente, ragionate, rilette e pensate con cura.

    a presto

    mimmo

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  26. saggio che è stato parzialmente pubblicato su liberinversi proprio quest'estate, aprendo il sito in via del tutto eccezionale.

    si possono leggere, appunto qui (prima parte)

    http://liberinversi.splinder.com/post/21135454/Precondizioni+interpretative+%28

    e qui (seconda parte)

    http://liberinversi.splinder.com/post/21145474/Precondizioni+interpretative+%28

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  27. Infatti avevo letto su Liberinversi.
    Si potrà magari discutere sui contenuti, ma non sul fatto che Mimmo ci metta cura ed attenzione.

    Francesco t.

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  28. non è forse questa la sede ma quel saggio partiva da alcuni presupposti, anche spiegati all'inizio del saggio stesso, per cui le critiche, diciamo, "frontali", mi hanno un po' sorpreso (e non faccio riferimento agli insulti di Laureatano, parlo di chi ha giustamente criticato facendo riferimento al testo, e moltissime critiche sono state ovviamente accolte come giuste). Non è ovviamente facile per il critico lavorare a contatto con materiali del tutto "vergini", su cui nessuno ha scritto un rigo, quindi fare errori di valutazione è normale ed è messo in conto (certo, in alternativa si può decidere di scrivere: "che bella poesia, mi ha toccato il cuore" e così via, ma quella NON è critica). Il critico militante, penso, viaggia accanto ai poeti e, come loro, fa errori e prende strade sbagliate, semplicemente perchè, come i poeti, lavora su ciò che ancora non è stato detto, senza punti di riferimento, cercando di capire un po' i tempi e la sua, perchè no?, "comunità" di riferimento. Quel saggio voleva essere, diciamo, carne al fuoco su una fetta di poeti, i miei coetanei in questo caso, che ancora non avevano una storia critica al di là di qualche inutile scritto d'occasione. Voleva essere un primo mattoncino nella discussione

    mimmo

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  29. Cari,
    vi chiedo scusa ma sono in partenza e devo abbandonare questa discussione. Purtroppo sarò senza computer fino a martedi quindi non potrò intervenire, e immagino che martedi la discussione sarà ormai conclusa. Se così non fosse sarò lieto di tornare nel dibattito.

    Grazie a tutti e un grazie particolare a Stefano per avermi ospitato sul suo blog.

    a presto

    mimmo

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  30. margherita eallaigamma4/12/09 18:48

    mi scuso di avere letto in modo affrettato la discussione, non perché non sia interessante, ma non ho proprio alcuna voce in capitolo, dunque mi limito al post (e alla mia maniera :)).

    "cambio casa" la avverto composta da due parti,
    la prima parte arriva fino a "sul comodino", ed è caratterizzata da un "accumulo". Di solito non lo apprezzo molto, soprattutto per via del suo aspetto ridondante e statico (spesso ho l'impressione o di qualcosa di troppo autoreferenziale e biografico, o addirittura che il poeta sia incerto e lasci il lettore a sbrogliarsela con il tutto :)), ma qui invece avverto una "necessità" sincera, lo sento come una "ricognizione" del proprio vissuto che può avvenire proprio solo nominando gli oggetti (e non a caso sono anche molti i nomi propri);
    ricognizione tralaltro che giunge dopo un incipit
    che mi porta, non so se per via della "casa, o proprio perché avverto in questo incipit il senso profondo del nominare gli oggetti che viene poi, insomma mi porta a "San Martino del Carso: Di queste case/non è rimasto/che qualche/brandello di muro'
    di questa casa che cambio non sono rimaste che poche cose..., eppure nessuna di esse manca
    (spero di non sembrare eretica, ma questo mi è venuto incontro nell'immediato appena ho letto)

    La prima parte è il distacco: "A breve partiranno anche loro"

    la seconda parte la presa di coscienza di tale distacco, dunque si fa più riflessiva:
    "L'alfiere bianco in campo nero è il vero surrogato di Dio,/non certo io"
    bellissimi versi, ma tutta questa parte è molto bella, con quella data finale a siglare l'oggi addì del Signore :)-

    La riflessione di questa seconda parte, viene inoltre ulteriormente ripresa, variata e in diverso modo approfondita nelll'ultima qui proposta ("A ripensarci bene/non mi è rimasto molto
    del tuo passaggio breve:....").

    Nelle altre anche diversi spunti interessanti, per es mi piace molto lo sguardo leggero ma non banale sugli affetti e sulla "vita" che colgo in "Fuori un asilo", nonché una certa ironia di fondo davvero apprezzabile in un autore così giovane.
    Qualche riserva sulla forma di talune, forse anche sulla scelta del nome "Carlotta" (al quale non so se attribuire una connotazione ironica), ma solo perché un nome con una storia dietro (penso a Goethe. anche se non escludo che sia proprio voluto il riferimento e allora..., ma nn preoccuparti: sono mie pippe :))

    ciao

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  31. Cara Margherita, l'analisi mi sembra molto inetressante. Sei molto acuta e apri strade impreviste.

    su Carlotta, credo che sia meglio restare su Gozzano: "Carlotta canta. Speranza suona. Dolce e fiorita / Si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita".

    a Mimmo: come forse ricorderai, su liberinversi io appoggiai la tua lettura. mi sorprese l'astio dimostrato da alcuni, per cui smisi di intervenire.

    ti ringrazio e ringrazio tutti per questi importanti interventi. spero ti siano utili per continuare adapprofondire la tua voce.

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  32. scelgo decisamente anche io la via emotiva (caro guglielmo :).

    questi testi sono piacevoli, da leggere. ma non mi muovono niente di più che un garbato accenno di buonumore, ogni tanto.
    io voglio di più, dalla poesia.

    mi sarebbe piaciuto arrivare prima e parlarne con l'autore...
    s.

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  33. vedrai che Cangiano non si sottrarrà al confronto.

    volere emozione e conoscenza,dalla poesia, mi sembra necessario. privilegiare l'emozione forte, tragica o drammatica, a quella elegiaca è invece questione di pelle :-)

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  34. Bello leggere la visione di Margherita. (e non è la frase di un libro o un film... :D )

    Crea nuovi spunti necessari per la riflessione.

    Peccato il poeta sia dovuto fuggire; ma il blog è bello anche per questo perchè può ritornare e parlare della cosa in qualsiasi momento.

    Io, si sa, condivido quella bellissima frase di Silvia "Io voglio di più, dalla poesia"


    Buon fine settimana a tutti!
    Anila

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  35. vogliamo tutti di più dalla vita, questa è la verità :-)

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  36. ecco un esempio di discussione costruttiva, che rimane nei limiti della decenza, senza sfociare nelle solite diatribe :)
    Penso che Mimmo e lo ammette lui stesso, prendendo le distanze da alcuni di questi testi, sia un autore in fase evolutiva. Già è molto positivo, che un critico accetti la critica e il tono delle
    sue repliche e spiegazioni, non fanno che aumentare la mia stima verso di lui. Apprezzo molto anche la critica mossa da Anila, non tanto nel contenuto, che resta sicuramente una valutazione personale, ma per il modo schietto e sincero di chi ama profondamente la poesia. Avrei un pò paura a farle leggere qualcosa di mio :)
    ma questa è un'altra storia.
    Bello anche l'intervento di Margherita che apre a nuove discussioni e sono curioso di leggere cosa ne penserà Mimmo quando torna.
    Un saluto al padrone di casa,
    vincenzo celli

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  37. Un apprezzamento per Cangiano che sa essere pacato e lucido nelle risposte, quando gli "attacchi" alla sua poesia si fanno un po' eccessivi.Al di là di ogni valutazione critica ai suoi versi, trovo piuttosto bizzarro il fatto che un poeta sia costretto a "difendersi" e spiegare le proprie intenzioni quasi chiedendo scusa per quanto ha scritto e ricordando che la poesia che lui propone alla visibilità è sempre work in progress, soprattutto per chi è giovane come lui. Forse tra chi lo critica e lui c'è molta confidenza stima e amicizia. Solo così posso motivare e giustificare l'andamento bellicoso della discussione,(confesso di frequentare solo occasionalmente i blogs).La mia ammirazione però va anche a Stefano, al suo equilibrio, al suo senso di "giustizia" e alle sue aperture.Perdonate il mio impulso a...dire la mia. Da questo dibattito ho imparato molto. Grazie!
    lucetta f.

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  38. Se si dovesse dire la verità, quello che si pensa, solo agli amici, beh credo ormai la poesia sarebbe bella morta e sepolta da anni.

    Vincenzo, io non mordo :)

    saluti a tutti,
    Anila

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  39. margherita ealla7/12/09 20:04

    oh
    grazie gugl per avermi chiarito Carlotta (sono rimasta piuttosto indietro di secolo :)).

    Interessanti le considerazioni di Anila, condivido la necessità, o meglio la ricerca di ogni autore (senza violentarsi eh!))di una propria caratterizzazione

    cmq credo che all'interno di un “coro” ogni voce (se sincera) moduli sempre, se non un timbro direttamente udibile, una ragione d'essere,
    poi vogliamo mettere, come dice bene Lucetta, avere la possibilità di crescere :)?

    infine, che M.Cangiani scriva: “ poesia [...]che non hai
    i mezzi quando la notte/arriva (e arriva)/per farla finire”
    mi sembra una gran bel pungolo- “preghiera”, tensione alla e per la poesia...
    ciao a tutti.

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  40. grazie Lucetta per il commento.

    Anila non morde, ma ha grinta e intelligenza da vendere; Cangiano, evidentemente, è già un uomo saggio (probabilmente di batoste ne ha subite di peggiori).

    ringrazio anche Vincenzo, lettore che non si accontenta (giustamente) e poeta da tenere d'occhio.

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  41. Cari,
    eccomi di ritorno.

    Mi sento in ottima sintonia con i commenti apparsi in questi giorni: la lettura di Margherita mi trova d'accordissimo e mi fa molto piacere (Carlotta, come notato da Stefano, è certo gozzaniana, ma del resto anche in quel testo l'ironia di Gozzano dice "non forse, non forse sei quella amata dal giovane Werther?", quindi... :-)).

    Anche la lettura di Silvia, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, mi rende contento, e mi spiego: penso sia abbastanza facile notare il fondo drammatico di alcune di queste poesie (anche se le poesie più dure sono in una sezione del libro che si chiama "Un caso clinico" che qui non compare), eppure il mio obiettivo era per l'appunto trasmettere al lettore un certo buon umore, provocare una sensazione di allegerimento ironico su cose che forse ironiche non sono (la poesia più dura del libro sbocca in un fumetto), invitare, diciamo, a prendere insieme atto di una certa fatuità e accidentalità dell'esistenza: l'ironia (o meglio ancora l'umorismo) come arma di difesa, certo, ma anche di attacco, penso, grimaldello finalizzato a distruggere le "forme" (termine difficile ma non ne esiste una migliore), gli assurdi assoluti, che proiettiamo sull'esistenza. Ma questo discorso forse sarebbe ora troppo lungo, però, mi piacerebbe soffermarmi un attimo su quel "di più" (portandolo fuori dal senso in cui lo intendono Silvia e Anila) per una digressione: un famoso romanzo postumo di Palazzeschi (Interrogatorio della contessa Maria) è incentrato, per l'appunto, su un lungo dialogo fra un letterato e una contessa splendida "divoratrice" della vita. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare non è mai la contessa a far riferimento a un "di più", ma è sempre il letterato, dinnanzi ai racconti della contessa, a dire che c'è "di più", la contessa che vive la sua vita "nel tempo", invece, comprende quel sintagma per ciò che è realmente: "Io ho dato sempre tutta me stessa, è solamente dando tutto che si può avere tutto, il tuo «di più» non esiste, è evasione, è malattia": la contessa sposa il godimento (che forse nella mia poesia è appena "buon umore" :-)) come criterio dell'utile e del giusto, serrandosi nella «verità» della Natura opposta alla «falsa coscienza» degli uomini, la quale è tradotta infatti in termini di impostura, cioè, dal suo punto di vista, di malattia . Il «di più» a cui il letterato si richiama è invece l’eco moderna di un’antica condanna mascherata, quella che (in Platone, in Plotino, in S. Agostino, ecc.), decretando l’impossibilità per l’anima di accontentarsi delle «cose del mondo», di questa tesi si serve per sancire la svalutazione di quelle stesse cose, ma la contessa, e nel romanzo è detto chiaramente, non ha mai voluto "di più" perchè "non ha mai sentito nessuna voce dentro che la rimproverasse". Ecco, e perdonate la lunga elucubrazione, in qualche modo, io che quando ho scritto "Nel frattempo" ero un vattimiano duro, volevo appunto ragionare (anche in termini di ricezione della poesia, in quel "buon umore" che Silvia avverte), sulla necessità di eliminare questo, come lo chiamo?, Super-Io? Da qui quella "disperazione educata" che Marchesini nota nell'introduzione, quel terapeutico tono leggero che voleva indicare la capacità di stare nella vita, cioè nel tempo. (tutto ciò ovviamente era per raccontare la mia poesia, mi sono servito di quel "di più" di Silvia stravolgendone chiaramente il senso originario). Poi, ma davvero non so se sono riuscito a spiegarmi, sono venute certo altre letture e altre esperienze, ho capito che, soprattutto politicamente, l'invito a una costante MOLTEPLICITA' può avere esiti suo malgrado tragici, ma questa è un'altra storia.

    mimmo

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  42. la risposta di Mimmo Cangiano mi sembra il perfetto coronamento di questo post, ricco di spunti, di riflessioni e di rispetto reciproco, ma anche di posizioni forti, non ipocrite.

    direi che è stato un dei più completi che in Blanc siano apparsi. Direi che sia questa la linea dialogica da seguire fra autore, testo e lettori, nello spirito, pur leggerò, dei blog.

    un grazie sincero a tutti e benvengano altri commenti.

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  43. Ottima poesia quella di Mimmo Cangiano, matura, con dentro i nomi che devono esserci, da Carlotta a Raboni, passando per Bologna a 'Primavera' dicendo la 'Preghiera del poeta postmoderno', incrociando rime quasi per caso, salvando, con le proprie, anche parole altrui.

    Complimenti sinceri a Mimmo Cangiano, che già avevo apprezzato in altri spazi della rete...
    Antonio Fiori

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  44. Stare nella vita? Ma questa è una vita triste e anche il tuo viso è triste.

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