lunedì 28 settembre 2009

Beno Fignon (in memoria)


DENTRO LE RAGIONI DELLA VITA

Un ricordo delle parole di Beno Fignon
(di Sebastiano Aglieco)


I poeti sono creature fatte di carne e parole. Come tutte le creature anelano a lasciare qualcosa di sé. Se non sono figli, sono parole tirate su come figli. Il corpo vero di ogni poeta è la sua autobiografia. Ma i poeti non vivono solo di parole. Queste sono esperienze concentrate, portano con sé, e raffreddano, qualche senso della vita.

Sono sempre più convinto che i poeti debbano essere creature “civili”, nel senso che non possano sottrarsi al compito di creare parole in contatto/affronto col mondo - specchio del mondo - e che questo lavoro non possa che produrre una bellezza spuria, non una bellezza assoluta.

Questa varietà esperienziale, sicuramente presente in Beno, si sintetizza in un’immagine che egli stesso cita in un’intervista rilasciata a Pietro Pancamo: «da ragazzo, più che lanciare grosse pietre nel fiume, amavo scagliare pugni di sassolini. Anziché quindi provocare note da bassotuba, ottenevo un arpeggio».

Pierluigi Guardigli, in un lucido ricordo dell’opera di Beno, paragona il poeta a una farfalla che volteggia intorno alla luce, cercando disperatamente di afferrarla. Questa luce, che è la poesia, è stata cercata nei termini di una complessità dentro le ragioni della vita tutta. Nell’idea, tutta francescana, di nominare Dio a partire dalle cose umili e vili, Beno probabilmente è cosciente dei limiti della parola a poter sintetizzare, da sola, la complessità musicale di tutte le cose. Laddove la parola non è sufficiente, ogni poeta dovrebbe accettare di vivere più intensamente e immergersi in quel “di più” che, secondo Beno, Dio ci offre per sfida e per conoscenza. Dio è occasione di incontro/scontro: «se lo prendo a sassate vuole dire che lo voglio sempre a portata di mano». Scrivere è, per lui, anche una forma di preghiera civile, di affermazione perentoria delle ragioni di un cristianesimo militante.

Parlare di Beno poeta è dunque riduttivo. La linea sghemba che attraversa i suoi scritti, può essere compresa solo nel desiderio di fermare ciò che, sul filo dell’orizzonte della vita, brilla e si muove incessantemente, rinunciando all’illusione di poter veramente comprendere ma solo testimoniare. Così, se nella pratica della fotografia Beno segnala il rischio dell’accumulo - mai disgiunto, tuttavia, dalla gioia della condivisione - l’aiku e l’aforisma sono occasioni di ricerca della misura, della sintesi; sintetizzano un pensiero/cuore che non è poesia in senso stretto ma sopra e sotto il rigo musicale; illuminazione, proprio nel senso della sfida della durata - brevissima - della percezione; sono forme che si fanno carico di un eccesso di energia da esprimere.

Io credo che Beno ci chieda una collocazione della sua opera, intesa come opera dell’umano che comprende anche la parola. Laddove occorre rinunciare alla Bellezza, ci viene incontro l’urgenza dell’abitare le ragioni inalienabili dell’essere, dell’abitare il mondo, perché «ogni minima buona azione vale la più bella poesia». O ancora: «Ognitanto dalla sua poesia si stacca una vita / ognitanto dalla sua vita si stacca una poesia». Versi di Jahier, che sicuramente Beno accoglierebbe a commento delle sue intenzioni poetiche.


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Mi scrive Fabrizio Bianchi:

"Caro Stefano,
ti allego un po' di materiali. Prima di tutto la foto che più 'gira' su internet, che mi ha mandato Fabiano Alborghetti (ne ha anche altre fatte da lui sempre alle letture di Quintocortile, qualche anno fa, ma non sono
in digitale e andrebbero stampate da negativo e poi passate allo scanner). Mi sembrerebbe doveroso indicarne l'autore, visto che nessuno lo fa. Poi troverai anche due belle foto fatte da Beno in una delle forre in cui il Cellina si inabissa sottoterra per risbucare poi più a valle. Era un bravo fotografo con alle spalle libri fotografici e mostre importanti: in particolare la sua passione per Montereale e la valle del Cellina lo rendeva unico per la bellezza estetica e documentativa dei suoi lavori in zona. Poi ti allego un brano tratto da un suo libro di prose, che riguarda proprio il senso della montagna, quando (e oggi sempre più spesso) si dimostra ostile anche nel quotidiano, nelle piccole contrarietà. E ancora uno dei suoi invii stagionali agli amici di aforismi (un'altra sua specialità), da cui puoi trarne alcuni significativi".


Un ricordo di Adam Vaccaro:

Beno Fignon ci ha lasciati il 6 settembre scorso e faccio fatica ancora crederlo. La sua scomparsa è stata uno shock, anche per chi era a conoscenza del suo calvario di questi ultimi anni. Da miscredente, non ci credo, perché lo sento ancora presente. E lo dico prima di tutto a lui, così intensamente e autenticamente credente, col quale era però possibile un colloquio, un confronto, perché non era rinserrato nei dogmi come in un fortino arrogante e cretino: il suo forte era al tempo stesso incrollabile e pieno di feritoie e dubbi umani, coltivati insieme alle certezze con amore e intelligenza. (In Milanocosa il seguito del testo)






Ecco gli aforismi cui fa cenno Fabrizio Bianchi, nella email. A seguire, il racconto Il viaggio (in “Andreis. unica polis”, edizioni Rubbettino):

Milano, marzo 2008


Cari amici, i crocus di primavera hanno invaso le cime e le valli. Fiammelle non fatue compulse dagli inferi. Come il Risorto, tassello finale della Creazione, della cui eventuale mancata realizzazione avremmo giustamente incolpato il Padreterno, tacciandolo di dilettantismo.


Buona Pasqua. Oltre la siepe non c'è il buio, ma un'erba più verde e relativi de profundis crocus.


3936 – Guardando la TV vediamo profilarsi la fine (la speravamo un po' più fine).

3937 – Assuefazioni. In fatto di conoscenza e spiritualità, il digiuno elabora la non fame.

3938 – Cronaca nera. La curiosità per la fine batte quella per la vita 9-1.

3939 – 8.000 anni prima di Cristo c'erano le mura di Gerico. 150 anni fa c'erano i Pellerossa. Fra 100 anni non ci saranno né l'Antartide, né Venezia. Come passa il tempo!

3940 - La verità si rivela nell'ospitalità che le si accorda.

3941 – A Dio va bene anche l'etsi Deus non daretur, purché a darsi siano gli uomini.

3942 – Il mondo è infelice quel tanto che è necessario e felice quel tanto che serve.

3943 – Si scambia per autonomia la non comunicazione e per comunicazione la non autonomia.

3944 – Come mai, se ognuno fa del suo meglio, il mondo ne esce sempre del suo peggio?

3945 – Abolita la schiavitù che umiliava tutti, oggi siamo allo spaesamento che non esalta nessuno.

3946 – Olimpiadi 2008. Olimpiadi 1936.
Pechino rima con Berlino.

3947 – Caso Moro. La politica è l'arte del possibile, salvo diventare l'impossibile quando essa si identifica con la verità e la moralità.

3948 – Impariamo a discernere quali gesti di tenerezza mascherano la disperazione.

3949 – Molti credenti sono veramente interessati alla persona e alla verità di Cristo, e angelicamente disinteressati del mondo. Bombe intelligenti.

3950 – Arcani spirituali. I fiori edibili non profumano. Quelli profumatissimi hanno il velenosissimo.

3951 – L'ultima primavera dirà l'ultima parola in prossimità della verità ultima.

3952 – Qualche verità (o la verità) appannata avvolge l'uomo un po' graziandolo, un po' ingarbugliandolo. L'intenzione comunque sarebbe di salvandolo.

3953 – Se Cristo a trent'anni ha rivoluzionato tutto, gli ottantenni che prendono il suo posto possono sonnecchiare.

3954 – Mi chiedi se Christus vincit et imperat. Cosa posso dirti, amico, se lui continua a presentarsi crocefisso?

3955 – Il riscatto terreno non è terra terra. Bisognerà ricordarlo ai terrestri ultraterreni.

3956 – Il liberismo è in fase crescente finché sarà una luna piena. “È successo un pieno!”, esclameranno poi gli angeli sporgendosi dalle nuvole.

3957 – Se uno vuoi ammirare, te non ammainare.
Per ammaestrare, Icaro deve ammarare.
Anche leggi amare dicono d'amare.
Il mondo di molto candore ammantare.

3958 – Eccesso di conoscenza. Eccesso di domanda. Eccesso di insipienza. Solo le prime due sono causa di suicidio.

3959 – Giovani d'oggi. Gli adulti sono riusciti ad abbassargli tutto, anche il cavallo dei pantaloni.

3960 – Il mondo, per quanto straordinario, non si rende abitabile da sé (Pierangelo Sequeri).

3961 – Lo stato di grazia non è lo scoglio a cui aggrapparsi, ma la Fossa delle Marianne e la vetta del Monte Bianco da frequentare.

3962 – Mai un delitto a rovescio, tipo: donna rapisce uomo e lo costringe a sorriderle per una intera settimana.

3963 – Per le persone che vivono nell'ombra per poca autostima o per quelle che vivono di ombre, non sottovalutare il fatto che tu potresti essere una finestrella.

3964 - Libertà e bellezza. Due fiori carnivori e pneumovori. Se tu preferisci il fuoco, sono ancora loro.

3965 – Per fortuna l'anima è un anticorpo.

3966 – Dal “troppo comodo!”, come rimprovero, siamo passati al nefasto comodo troppo. Bisognerà arrivare a un accomodamento, visto che la vita ci è data in comodato.

3967 – Giovanilismo. Il tempo mentale condiziona anche il fisico. Fra le due adolescenti che mi vengono incontro individuo la mamma in quella che fuma. Ma non è detto.

3968 – Il creazionismo è un ottimo primo piatto. L'evoluzionismo è un indispensabile secondo di capra e cavoli.

3969 – La vita, a un certo punto della vita, esclama: “Giochiamo alla morte”, e, per un po' (fino all'inizio dell'eternità) fa sul serio.

3970 – L'Umanità. Sciame compatto che ondeggia, sbanda, si abbassa, si rilancia, si rannuvola, si apre come rosa dagli anarchici pungiglioni, perde il suo tempo, incollata infine alla terra dal suo miele.

3971 – Rivelazioni nella metropoli. Le scale del metró, benché di granito, si rivelano addolcite dai mille soffici passi.

3972 – Se penso al pensiero unico, mi vengono i pensieri.

3973 – Nascere in provetta forse significa nascere in prova, per poter recedere dall'eventuale precarietà.

3974 – Nicaragua. Un cane legato e lasciato morire di fame come opera d'arte. Si accettano domande o prolusioni sul tema: “Censura e libertà”.

3975 – Un brano letterario ostico, una frase musicale impegnativa, se ripresi dopo una pausa, si sciolgono. Non è diverso per l'affinamento dello spirito.

3976 – Uomini politici e politica del Terzo Millennio. Pack alla deriva. Sconvolti pinguini. Orsi bianchi.

3977 – Quando l'uomo aveva le pezze al culo, dalla economia, che ora gliele ha tolte, veniva preso di meno per il culo.

3978 – Presentato un disegno di legge che prevede per ogni ventenne la partenza con una caravella dal porto dell'io con ritorno in zattera.

3979 – La buona qualità della politica di Berlusconi è andata in prescrizione.

3980 – Joseph Ratzinger e il vangelo apocrifo secondo Ciofanni.


Il viaggio

La vecchia strada l’hanno dimenticata, trascurata, abbandonata. La strada che portava al sole della pianura, che stendeva tappeti ai carri trainati dalle donne. La strada che ci promuoveva, nell’imbuto delle rocce, in voluttuari viaggiatori. Ricchi di una inusitata considerazione senza più trafelamenti.


L’ho raggiunta da nord, dal fiume Molassa, nella mia terra friulana. In auto. L’auto racchiude un cielo extra territoriale, espelle i ricordi, le radici, le ragioni. Vive dell’oggi, velocemente, in fuga, senza meta. La diga vecchia ha un nuovo ponte affinché la parola non inciampi, una nuova galleria per penetrare nuovi significati. Ma dopo il primo sfiatatoio del canale ci imbattiamo nella chiave dello strano silenzio delle montagne, quasi minaccioso. La chiamano frana, ma si tratta delle avanguardie ostili di un amore tradito. Chi pone fine alla storia, la natura o l’uomo? La natura che non riconosce l’uomo o viceversa?

“ È finita”, mi sento dire dalla montagna, facendomi sentire defraudato e umiliato. “Torna indietro! Vattene!”. “Sono stato costretto a partire”, replico. Nessuna risposta. I carpini abbarbicati alle rocce e sulle gravine mi scimmiottano nel loro rabbioso ondeggiare per un vento alleato improvviso. Fatico a girare l’auto. Rossore dell’umiliazione e rossore dello sforzo. Congestione, panico, sconfitta. Dunque sono un diventato un estraneo. E con occhi di estraneo vi guardo, rocce, crode, piante, vette, nuvole, acque… Potreste colpirmi con un masso, abbattermi, annegarmi. Selvaggi, rozzi, truci, non sapete discutere, avete una sola nota, un sibilo e i rutti delle caverne, le pernacchie dei gorghi e pisciate da quel cielo sempre gonfio in testa ai vostri stessi fantasmi, in antri umidi e inospitali, siete il Calvario, lo Stige, l’inferno, vendicativi e barbari, fuori fuori dalle vostre gallerie, dalle vertigini, non mi avete rivelato mai nulla, diavoli, matrigne, streghe e spiritelli maligni, le ruote le potete sgambettare per un attimo, ma mi allontanerò, vi lascerò alle spalle, via via…

Ecco lo spiazzo dove, bambino, scrutavo la presenza delle fragole. Scendo. Hanno allargato la strada, hanno distrutto le piantine. Non allungare la mano, il tuo desiderio è solo il guizzo della serpe.

Beno Fignon






Ricordo che il 6 ottobre alle ore 18,00, ad un mese dalla morte di Beno Fignon, Gli amici di Milanocosa, La Mosca di Milano, la Casa della Poesia al Trotter, la Libreria Popolare Tadino, l'Associazione Bibliolavoro, l'Associazione Comunità e Lavoro Salotto Caracci, la Libreria eQuilibri celebreranno una serata commemorativa presso la Sede Cisl Milano Via Tadino 23 – MILANO (MM1 Venezia-Lima).
 
Alcuni siti dove trovare sue poesie Progetto BabeleHaiku furlans, Il Cerchio Azzurro milanocosa 
 
Beno Fignon era nato a Montereale Valcellina nel 1940 e vissuto a Milano dal 1957. Ha pubblicato parecchi libri di poesia, dai primi in friulano e in italiano (Isla de Pasqua, Dialet, Li’ castelanis, Erosmetro) agli ultimi della maturità: Sine glossa (1993) e Il sole insiste (2005). Alla sua Valcellina (Friuli) ha dedicato sia scritti in prosa che non poche memorabili foto. Di rilievo sono scritti saggistici o di recupero della memoria collettiva dei lavoratori: Mille e un respiro (2003) e Lei domani sciopera, dedicati agli anni di lavoro e di impegno sindacale alla Dalmine. Nell’arco dei suoi interessi, non ultimo, quello della fisarmonica, per lui “la fisa”, compagna costante del suo cammino.


Grazie a tutti gli amici che hanno permesso questo ricordo (gugl)

6 commenti:

  1. Drammatico è mischiare il senso umano della (sua) perdita, la tenerezza che evocava e scambiava, la nostalgia, già così acuta di lui a discorsi distaccati, analisi "giuste" della sua interezza e complessità. Bellissime parole di Aglieco, giuste davvero, e di Adam, di Fabrizio.. ma insomma, siamo qui, molto orfani a parlare di te, e con te. Forse perché assetato di Dio ce ne hai trasmessa la sete, e la tua poesia era un modo fa altri, di accostarsi alla luce, proprio come una farfalla. Mariposa, Beno, il tuo bene è spingerci verso la luce.
    Maria Pia Q.

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  2. grazie anche a te, Maria Pia.

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  3. Un settembre di mancanze per chi ha a cuore la scrittura.
    E' un bel gesto ricordare, rendere omaggio. Grazie.

    ft

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  4. marghe ealla29/9/09 19:09

    Ecco perché seguire il tuo blog. Si fanno incontri. Qui e attraverso i link che hai proposto.

    Trovo che quanto detto (ottimamente) da Aglieco:
    “Sono sempre più convinto che i poeti debbano essere creature “civili”, nel senso che non possano sottrarsi al compito di creare parole in contatto/affronto col mondo - specchio del mondo - e che questo lavoro non possa che produrre una bellezza spuria, non una bellezza assoluta.”
    mi abbia fatto proprio da guida, in particolare il tutto risuona in quelle che ho preferito

    “Fin de siècle”, “Natale o del limite”

    e in questa (che ho già in memoria), che trovo racchiuda cielo e terra, i gironi insomma.
    Mi permetto di riportarla:

    "Se in Paradiso
    ognuno avrà voce per l’«Aida»
    e gambe per lo Stelvio
    dimmi che l’Inferno è tutto qui"

    GRAZIE a Beno Fignon e a coloro che me lo hanno fatto conoscere.
    ciao

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  5. è grazie a persone come te che la bellezza dell'umano sopravvive.

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  6. credo che a Beno non dispiacerebbe sapere, anche se questo è il uo post, che su "La poesia e lo spirito" si saluta un altro grande friulano che ci ha lasciati, Luciano Morandini.

    poette leggere qui http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2009/09/29/camminando-camminando-in-ricordo-di-luciano-morandini-di-maurizio-mattiuzza/

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